Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano


Perché c’è o perché si dice…?



di Dario Culot



Acquasantiera. Perché nelle chiese c’era l’acquasantiera? Entrando in chiesa (non uscendo, come invece facevano in tanti) si doveva immergere le dita della mano destra nell’acquasantiera e farsi il segno della croce in base all’antica tradizione secondo la quale bisogna in qualche modo purificarsi con l’acqua prima di entrare in contatto con Dio. Per lo stesso motivo una madre che aveva appena partorito doveva essere purificata sul sagrato prima di poter entrare nuovamente in chiesa. Erano tutte tradizioni che abbiamo ereditato dall’ebraismo. L’essere umano, impuro, non poteva infatti avvicinarsi a Dio e avere un contatto con Lui senza un previo rito di purificazione, perché Dio è il puro per eccellenza e non tollerava contatti con chi non è altrettanto puro. Allora era importante osservare tutti questi riti purificatori, perché altrimenti, non potendo avvicinarsi a Dio, qualunque cosa capitasse nella vita restava impedito il contatto con il Puro Assoluto, e soprattutto non si era sotto la sua benedizione e protezione.

Dopo l’ultimo concilio si è affermato che tutti i credenti formano il popolo dei sacerdoti, sì che non c’è più bisogno di un intermediario per contattare Dio e neanche di un previo culto purificatore. Oggi il cristianesimo chiede, più che seguire dei riti, di comportarsi con misericordia verso gli altri non solo la domenica in chiesa, ma in ogni giorno della settimana e verso tutte le persone che attraversano il nostro cammino. Il cammino per incontrare Dio è il cammino che ci porta ogni giorno a farci più umani. Questo è ciò che Dio stesso ha suggerito nel farsi umano in Gesù. E allora coloro che intendono essere seguaci di Gesù devono cercare di comportarsi sempre più umanamente, come ricorda il racconto di Matteo del giudizio finale, perché non verremo giudicati in base ai riti che si sono seguiti scrupolosamente (come se ci donassero una corazza magica di salvezza), ma in base a come ci si è comportati verso gli altri.

Oggi, soprattutto dopo il covid, l’acquasantiera della maggior parte delle chiese è ancora vuota perché ci si è accorti che l’acqua ferma è un ricettacolo di germi, anche questi creati da Dio, per cui non è vero che chi crede che esistano i germi crede nella scienza ma non in Dio. Caduto il principio religioso con il quale si discrimina quello che è puro da quello che è impuro, quello che è profano da quello che è sacro, si può fare anche a meno dell’acquasantiera, che non aiuta molto ad accogliere poi lo straniero o l’emarginato.

Agnello. Perché è rimasta la tradizione di mangiare l’agnello per Pasqua, nonostante gli animalisti facciano sentire sempre di più la loro voce contraria? Sappiamo che la carne dell’agnello ha dato forza per iniziare l’esodo, mentre il sangue dell’agnello pasquale applicato sulle porte delle case degli ebrei in Egitto aveva impedito l’ingresso all’angelo della morte. Quando Paolo scrive che l’agnello pasquale diventa Gesù (1Cor 5, 7: Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato), la morte di Gesù porta la vita oltre i confini della morte per coloro che credono. Oggi, molto più sensibili anche nei confronti degli animali, sempre meno gente è disposta a mangiare l’agnello pasquale, usanza pure questa che deriva dalla tradizionale Pasqua ebraica.

Campanella. Perché una volta, al momento dell’elevazione si suonava la campanella? Quando, al ritorno dall’esilio di Babilonia gli ebrei parlavano aramaico e non capivano più l’ebraico, e non lo capivano neanche tutti quelli che erano dispersi nel mondo mediterraneo, la Bibbia venne tradotta dall’ebraico al greco (la cd. Bibbia dei 70) perché il greco era la lingua comunemente compresa da tutti nell’area mediterranea, come oggi l’inglese è la lingua universale.

La liturgia cattolica ha continuato ad usare la lingua latina anche quando il popolo non la capiva più e usava la lingua volgare. Perciò, durante la messa – attorno al XIII secolo - essendo difficile per i fedeli individuare a che punto si trovasse la celebrazione, venne l’usanza di richiamare l’attenzione del popolo al momento importante della consacrazione e ostensione del pane e del vino col suono della campanella.

Si è dovuto aspettare il concilio Vaticano II per celebrare le messe nelle rispettive lingue nazionali, abbandonando la messa in latino nella Chiesa cattolica (anche se alcuni nostalgici la richiedono a gran voce). Determinante per la decisione conciliare fu l’intervento del patriarca siriano dei Melchiti Maximos IV Saigh, il quale disse: “Il valore assoluto attribuito al latino nella Chiesa è problema della Chiesa d’Occidente, non di quella d’Oriente. Gesù parlava la lingua dei suoi contemporanei... Tutte le lingue sono liturgiche, come dice il salmista: ‘Lodate il Signore, popoli tutti’ La lingua latina è morta, ma la Chiesa vive, e anche la sua lingua deve essere viva perché destinata agli esseri umano e non agli angeli”.

Clackson. Perché ai matrimoni tutto il corteo di automobilisti suona in continuazione il clackson? L’origine di questa antichissima consuetudine – diffusasi in tutta Europa – è legata agli spiriti maligni, idea propria del paganesimo. Storicamente si pensava che far rumore (come, ad esempio, suonare uno strumento udibile a distanza) potesse tenere lontane le negatività, nel caso specifico dalla felicità degli sposi. Per la stessa ragione, in alcuni momenti di festa, come nella notte di San Silvestro, si sparano i fuochi d’artificio, colorati e volutamente rumorosi.

Sempre per lo stesso motivo ci si vestiva a lutto: si pensava che lo spirito maligno che aveva ormai carpito il defunto volesse prendere anche i suoi familiari, ma costoro si rendevano irriconoscibili cambiandosi d’abito.

Inumazione. Perché da noi i morti vengono sotterrati, mentre in India i cadaveri vengono cremati? Da qualche decennio anche da noi si pratica la cremazione, ma i più ancora preferiscono la sepoltura in terra. Come si spiega questa preferenza tradizionale? Proprio focalizzandosi sulla promessa di Dio dell’Alleanza, prese piede la convinzione che Dio avrebbe onorato quel patto se, a sua volta, l’uomo l’avesse onorato in vita. Come risulta ad esempio dal libro biblico dei Maccabei, poiché Dio non è mendace, era suo preciso dovere compensare la morte subita per essere rimasti fedeli all’Alleanza, con una seconda vita sulla terra, non nel cielo inaccessibile agli uomini, e con un corpo perché l’essere umano è un corpo animato. Per questo motivo i morti venivano inumati e non cremati, perché da morti dormivano, erano cioè in attesa di un risveglio. Dunque questa idea di dormire e svegliarsi, giacere e alzarsi (e resurrezione significa appunto alzarsi di nuovo) è frutto di un ragionamento teologico. Infatti è chiaro che un corpo disteso può rialzarsi, la cenere dopo la sua cremazione no[1]. Questa idea biblica è passata nel cristianesimo, come si vede, ad es. da questo inno: “svegliati tu che dormi, sorgi fra i morti” (Ef 5, 14). Il giudaismo credeva alla resurrezione finale dei giusti, in vista di una loro partecipazione al regno messianico[2]. Noi, anche in questo campo, abbiamo seguito la tradizione ebraica.

Luna. Ancora si usa l’espressione: “Hai la luna di traverso”. Da dove arriva l’espressione? Nell’antichità il sole, la luna e tutte le stelle erano considerate delle divinità viventi, e non semplicemente degli astri inanimati; erano cioè viste come potenze vive, capaci di frapporsi costantemente tra gli dèi del cielo e gli uomini della terra; erano considerate delle potenze angeliche o demoniache, tutte capaci di influire sull’uomo. Si legge, infatti, nel Deuteronomio (Dt 4,19): “perché alzando gli occhi al cielo e vedendo il sole, la luna, le stelle, tutto l’esercito del cielo, tu non sia trascinato a prostrarti davanti a quelle cose e a servirle, perché Jahvé tuo El è lui il tuo Dio”. La Bibbia cercava dunque di far riconoscere che c’è un solo Dio, ma faceva fatica a imporsi.

Ridicolo adorare gli astri pensando che possono avere influenza su di noi? Mica tanto, se ancora oggi molti di noi credono all’astrologia, all’oroscopo: in tanti credono ancora all’influenza degli astri (tolta solo la parola ‘viventi’), esattamente come avveniva nell’antichità, per cui ancora oggi c’è un sentimento molto forte di dipendenza da poteri cosmici, che generava angoscia di fronte al destino per cui si tentava di manipolarlo in un modo o nell'altro. Ancora oggi, non ci aspettiamo forse dagli astri le catastrofi più minacciose e imminenti? Un asteroide che colpirà e distruggerà la terra?

Quindi dire ‘hai la luna di traverso’ significa che sei sotto l’influenza negativa di questo astro. Solo che oggi non ci rendiamo più conto dell’origine del detto, che risale a quando il cambiamento d’umore era attribuito all’intervento diretto della forza demoniaca della luna vivente sull’uomo.

Panico. Il termine proviene dal nome del dio Pan. La stessa immagine più utilizzata e conosciuta del diavolo viene, guarda caso, proprio dalla rappresentazione di questo dio mitologico che aveva il corpo di capra, con coda, zoccoli e corna, ma un volto umano. Pan era quello strano essere – dio dispettoso o spirito maligno che dir si voglia - che provava divertimento a nascondersi, saltar fuori all’improvviso e spaventare a morte i viandanti nei boschi; poi questo dio è rimasto immortalato fino ai giorni nostri come l’immagine più realistica del diavolo.

Stella. Perché ancora oggi si usa dire di qualcuno che è nato sotto una buona stella[3]. Si è detto che nell’antichità gli astri erano considerati esseri viventi. Per gli antichi, lo ripetiamo, tutto il cosmo era animato, e queste credenze sono giunte – seppur modificate – fino ai giorni nostri[4]. Si credeva anche che alla nascita di ogni persona nascesse una stella, la quale scompariva alla sua morte: la nascita di un personaggio importante era messa in relazione con la comparsa di una stella particolarmente luminosa,[5] tant’è che anche nel Vangelo di Matteo la nascita di Gesù è accompagnata dalla nascita di una stella luminosa (NB: i Vangeli non parlano di una stella cometa[6]).

Nella Bibbia si parla anche di El Zebaoth, cioè del Dio degli eserciti (es.1Sam 17, 45; Ger 7, 21; Is 25, 6; Sal 84, 2), e ancora quando ero giovane si usava nella nostra liturgia questo titolo: “Santo! Santo il Signore Dio degli eserciti, i cieli e la terra sono pieni della tua gloria”. Non avendoci mai spiegato il significato di Dio degli eserciti, credo che – come tutti i bambini – si pensava che Dio fosse così forte da essere il generalissimo di tutti gli eserciti del mondo: non per niente era onnipotente; e poi si sapeva che in tutti gli eserciti c’erano i suoi emissari, i cappellani. In realtà, con questo attributo, non si intende un dio comandante supremo di tutte le forze armate terrestri, ma il signore delle milizie celesti; il sole, la luna, i pianeti, le stelle, tutto concorreva a formare questa milizia celeste che era subordinata a Dio:[7] «le stelle brillano nelle loro postazioni di guardia e gioiscono. Il Signore le chiama ed esse rispondono: Eccoci! Sfavillanti di gioia in onore del loro Creatore» (Bar 3, 34-35).

Queste creature angeliche o demoniache erano spesso anche in rivalità fra loro per il predominio sugli umani, per cui potevano influire sul destino degli uomini governando lo spazio fra il cielo e la terra. San Paolo classifica queste potenze demoniache dividendole in principati, troni, forze, dominazioni, potestà (Col 1, 16; 2, 10.15; Ef 1, 21; 3, 10); riconosce che la “nostra battaglia” è contro di essi e non contro gli esseri umani (Ef 6, 12), e ritiene che il messaggio di Gesù finirà per eclissare tutti questi falsi idoli. Quando il vangelo sostiene (Mc 13, 24) che il sole si oscurerà, la luna non darà la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte, non siamo davanti a una spaventosa catastrofe cosmica, ma al momento in cui queste potenze non faranno finalmente più presa su di noi. La lettera di Giuda e la seconda lettera di Pietro combattono nei cristiani quelle idee che annacquando la divinità di Cristo reintroducono queste antiche potenze. Da come viene ancora oggi seguito l’oroscopo, sembra che siamo ben lontani da questa auspicata caduta.

I nomi alquanto misteriosi di troni, principati, potenze, dominazioni e potestà – di cui ci parla anche san Paolo (Ef 1, 21; 6, 12; Col 1, 16; 2, 10; 2, 15) che, senza gran successo ha tentato di sconfiggere la precedente mentalità e convincere gli uomini che Gesù è superiore a tutte le potenze e principati celesti ed ha completamente sottoposto a sé tutte queste milizie celesti[8] – erano per l’appunto nomi di potenze spirituali, esseri viventi che si frapponevano nei cieli fra Dio e gli uomini condizionandone la vita. Per togliere quest’aurea negativa sono stati trasformati in categorie di angeli, quindi collaboratori fedeli di Dio.

Eppure, anche se tutti questi spiriti più o meno maligni sono solo formalmente scomparsi, – come aveva avvertito il papa emerito[9]- non sono del tutto scomparse le potenze da essi impersonate,[10] come non è scomparsa nemmeno la tentazione di assolutizzare quelle potenze: in questi termini, il politeismo esiste ancora. Queste potenze non sono scomparse dal mondo odierno perché l’uomo non comincia dal punto zero, ma sviluppa la sua peculiarità in connessione con la realtà che gli sta attorno, che lo segna e gli dà forma: il potere dell’ambiente, il potere della tradizione nazionale, queste sono le potenze e le dominazioni di oggi[11]. Se oggi molti, per fortuna, non credono più alle vecchie potenze, credono spesso alle nuove: abbiamo sempre nuovi demoni. Se ti hanno fin da piccolo insegnato che lo zingaro o il negro sono di razza inferiore, come puoi sottrarti a questa idea? a questo demone? Come fai a capire che l’immigrato cerca solo un po’ di pane, un po’ di affetto e un posto dove sentirsi a casa, esattamente come ciascuno di noi?[12]

Fra paganesimo pre-cristiano e post-cristiano c’è, però, almeno questa differenza: ancorché queste forze pagane cerchino ancora di affermarsi come assolute, hanno perduto irreparabilmente la maschera del divino, per cui sono costrette a mostrarsi in tutta la loro genuina profanità: sappiamo che non abbiamo a che fare con esseri celesti, ma con pregiudizi, emozioni, tendenze.

Succube. In passato si era certi dell’esistenza dei demoni invisibili, e si credeva che questi esseri influissero pesantemente nella vita delle persone[13]. Succube (dal latino “giacere sotto”) e incubo (dal latino “giacere sopra”) erano i demoni che la notte sia accoppiavano con le persone. I demoni erano sia maschi che femmine: il demonio incubo si accoppiava con le donne. Il demonio succube era quella che si infilava di notte nel letto degli uomini e li faceva partecipare involontariamente ad un atto sessuale: come potevano spiegare a quell’epoca il fenomeno naturale della polluzione notturna dei giovani maschi, cioè l’emissione di sperma durante un sogno erotico? Era il demonio che era venuto ad accoppiarsi con quell’uomo

Voce che grida nel deserto. Nel vangelo (Mt 3, 3) si fa riferimento alla predicazione del Battista, il quale viveva nel deserto, predicava e attirava tanta gente che accorreva per farsi battezzare (Mt 3,5): dunque questa voce che grida nel deserto trova un’eco immediata fuori del deserto, a Gerusalemme e in Giudea.

Eppure noi usiamo oggi la frase con un significato del tutto diverso: ci si riferisce a una persona che parla ma non viene ascoltata; in particolare, è riferita a chi dà consigli (oppure avvisa di un pericolo) e viene ignorato.

Forse questo cambiamento è avvenuto per influsso del Vangelo di Giovanni dove, dopo aver detto che il Battista non era la luce ma doveva dare testimonianza alla luce, si afferma che Gesù Cristo non venne riconosciuto (Gv 18-11). O forse perché nella nostra mentalità, nella nostra esperienza, il deserto fa paura, siamo soli e non c'è nessuno che possa veramente ascoltare la nostra voce.





NOTE

[1] Lenaers R., Il sogno di Nabucodonosor, Massari, Bolsena (VT), 2009, 191ss.

[2] Daniélou J., La risurrezione, Borla, Torino, 1970, 90.

[3] Schillebeecks E., Per amore del Vangelo, ed. Cittadella, Assisi, 1993, 105 s.

[4] Maggi A., Gesù e Belzebù, ed. Cittadella, Assisi, 2009, 47ss.

[5] Da Spinetoli O., Il vangelo di Natale, ed. Borla, Roma, 1996, 130, con vari richiami agli autori antichi e ai personaggi famosi.

[6] La presenza della stella richiama Nm 24, 17, dove il profeta prevede la comparsa di un astro, un sovrano che sconfiggerà tutti i nemici di Israele. Matteo conferma che Gesù sarà lui il nuovo sovrano.

[7] Tillich P., Teologia sistematica, ed. Claudiana, Torino, 1996, vol. 1, 259s.

[8] Anche l’Apocalisse (misto di apocalisse e profezia) ha fallito come Paolo, perché ancora oggi il libro è visto come annuncio di catastrofe, mentre annuncia gioiosamente che il compimento è già avvenuto in Cristo, anche se la storia continua nel tempo del compimento sulla terra: c’è ancora tempo per convertirsi e per partecipare alla pienezza. La notte, però, è passata; Cristo è venuto ed è sorta alba. Le fiaccole non servono più. Ora si possono interpretare i testi dei profeti perché loro non sapevano quello che Cristo ha fatto e rivelato. Esempio tipico si trova in Ap1, 17: non temere! Tutto è ormai nella mano del vivente (non della morte): non c’è più da temere perché Satana e la morte non hanno più avere potere sugli uomini. Cristo ha il potere su tutto e tutti. La supremazia di Cristo su tutto ciò che poteva fare paura all’uomo non ha tolto, invece, l’angoscia.

[9] Ratzinger J. Introduzione al Cristianesimo, ed. Queriniana, Brescia, 2000, 106.

[10] Ecco perché molti distinguono ancora oggi fra demone, cioè l’essere, ed il demonio, cioè la forza che promana dal demone.

[11] Ratzinger J. Introduzione al Cristianesimo, ed. Queriniana, Brescia, 2000, 239.

[12] Veglia 2013-2014 della Fraternità di Romena, Rischiamo il coraggio.

[13] Vedasi la bolla di Papa Innocenzo VIII, Summis desiderantes affectibus, § 1, in cui si equipara l’eresia alla stregoneria, ed il papa lamenta che certe persone, oltre a fare incantesimi, fatture, scongiuri ed altre esecrabili pratiche, si danno ai diavoli incubi e succubi (https://books.google.it/books?id=s_mIHw0OH7AC&pg=PA296#v=onepage&q&f=false).