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Lo Shabbat di tutti previsto a Trieste per venerdì 21 gennaio 2022 è annullato a motivo delle condizioni epidemiologiche in atto



Shabbat di tutti, Shabbat per sempre


di Stefano Sodaro


Il prossimo venerdì 21 gennaio, con inizio alle ore 19:30, a Trieste, presso la Trattoria “Antico Spazzacamino”, di Via Settefontane 66, il nostro settimanale, assieme all’Associazione Culturale “Casa Alta”, organizza una serata che s’intitola “Lo Shabbat di tutti” e di cui è ideatrice la regista, attrice e studiosa di Ebraismo Miriam Camerini, che è pure Socia Onoraria di “Casa Alta”.

L’iscrizione (con una quota di € 40) è ancora possibile sino a tutta questa domenica, i dettagli sono rinvenibili qui: https://sites.google.com/view/associazionecasaalta/home/shabbat-di-tutti-venerd%C3%AC-21-01-2022, e nella locandina sopra il titolo del presente editoriale.

La paura del contagio blocca un po’ gli entusiasmi, ma la garanzia del rispetto assoluto delle norme che consentono la realizzazione di simili eventi potrebbe/dovrebbe agevolare la partecipazione.

Perché l’occasione sarebbe davvero da non perdere.

L’idea di fondo dello “Shabbat di tutti” è un’idea forte e chiara di condivisione e di desiderio di conoscenza proprio tramite tale condivisione.

Non è raro udire assurdità secondo le quali il Sabato ebraico prevedrebbe il digiuno o vieterebbe l’assunzione di vino.

L’ignoranza al riguardo è talmente inveterata che o subentra la triste rassegnazione, oppure la volontà di reagire diffondendo sempre più cultura e desiderio di sapere e comprendere.

I saperi religiosi sono assediati da un virulento laicismo che non ha nulla a che vedere con la laicità. È la violenza dell’antagonismo, come che sia, trasformando mostruosamente la critica in un nuovo dogmatismo, quello di tutte-le-religioni-uguali-e-criminali.

Il nostro settimanale reagisce a simile chiusura mentale, che spesso difende se stessa lanciando ingiurie, diffamando, insinuando dubbi e sibilando complotti.

Davvero il campo della vita sembra conoscere una distinzione tracciata con la vernice bianca tra chi ama e chi odia.

Domani, 17 gennaio, è la Giornata del Dialogo Ebraico-Cristiano, prima che inizi, martedì 18, la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani. Il senso dell’accostamento è molto semplice (e molto negletto): non si può essere Cristiani senza essere Ebrei. Si può, invece, essere Ebrei senza essere Cristiani. Chiaro come il sole, limpido come acqua di sorgente.

Però c’è qualcosa di più. Il Sabato ebraico – Shabat – è contestazione di ogni attitudine appropriativa, quand’anche rivestita dei più nobili ed eleganti panni intellettuali. Estremizzando: di Shabat non si fa niente tranne pregare, perché non c’è niente di più importante dell’inutilità della preghiera. Così com’è inutile la poesia, così com’è inutile l’arte figurativa, la pittura, la fotografia, il cinema; così com’è inutile il teatro. Così com’è inutile l’amore. E qui la questione si fa – come va alla moda dire – “grossa”. Serve amare? Forse una risposta convincente potrebbe essere: certamente sì, perché fa stare bene.

Invece l’amore non fa per niente star bene e, se così fosse, non si tratterebbe d’amore.

L’amore non è una risposta, bensì una domanda. Non rientra in alcun questionario da riempire per poi vederselo somministrato in dosi necessarie a vivere. No.

L’amore è intrinsecamente, totalmente, inestricabilmente sabbatico. Disarticola, destruttura, rovescia, persino distrugge. È la dissipazione di Bataille, l’eccesso di Nietzsche, la radura dell’essere di Heidegger, ma molto di più e molto prima: il volto di Lèvinas. L’etica non morale (ma non per questo amorale) dei volti che con la loro stessa presenza interrogano le nostre vite. L’indefinibile, altrettanto sabbatica, Alterità.

Speriamo di essere in tante e tanti venerdì prossimo a Trieste.

Shabat Shalom!

Buona domenica!

Numero 645 - 16 gennaio 2022