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In her words


di Stefano Sodaro


Facciamo una scelta “editoriale” (si dice così?) e la dichiariamo qui, pubblicamente, questa domenica, Giornata Europea della Cultura Ebraica.

Proclamiamo, dunque, con ogni consentita solennità, di voler investire, come testata giornalistica, nella professionalità di Miriam Camerini. E di voler rimanere intricati negli affascinanti pluriversi dentro i quali – ma anche fuori dai quali, con altrettanto fascino – si muove con la sua costante, inesauribile, pervicace, diuturna, testimonianza artistica ed intellettuale.

Dobbiamo dire chi sia Miriam Camerini? Vista la sua fama già tanto consolidata ed in continua crescita, anche no, rimandando, piuttosto, al Comunicato Stampa, che, assieme all’Associazione Culturale “Casa Alta”, abbiamo predisposto in vista di ciò che accadrà tra due settimane – la domenica 2 ottobre 2022 – a Trieste. Qui il link: https://sites.google.com/view/associazionecasaalta/home/pasolini-e-la-maddalena-a-trieste.

Perché tale investimento su di lei? Intanto, prima di tutto, perché quando si investe (anche, se non soprattutto, economicamente), vi è consapevolezza di un valore che potrà portare molto frutto. Qualcosa che ha già una sua intrinseca “quotazione”, che è già molto apprezzato, cioè, e che tuttavia si prevede possa lievitare di molto, raggiungere ulteriori alti livelli, a beneficio non solo proprio, ma di chiunque abbia, appunto, investito in quel “valore”. Una specie di scommessa? Un cedimento all’idea della persona capace come necessaria “azionista di se stessa”? Proprio no. Qui il valore è valore etico, ed estetico, valore di una sapienza che – alla latina – è “sapore” delle cose, dei gesti, dei silenzi, degli sguardi, dei racconti, delle visioni, dei cibi e delle musiche, dei canti e delle danze, delle Preghiere e dei Precetti.

Ma elenchiamo pure altri motivi del nostro investimento, senza timori paralizzanti.

Primo. Miriam Camerini ha qualcosa di proprio da dire, di originale, di non omologabile a nulla, di profondamente vero, secondo un’accezione di “verità” che non corrisponde, tuttavia, alle nostre formule binarie - vero/falso, bianco/nero -, bensì attraversa la policromia tutta della vita, di ogni esistenza. Come ci riesce? Perché il suo guardare è una contemplazione errante, in viaggio, diasporica e cosmopolita, che elegge per Patria e Matria ogni luogo in cui l’essere sosti e si ritrovi (come in una radura, diceva qualcuno, molto amico, come che sia, di Hannah Arendt…). Nel nostro Paese le minoranze non hanno mai avuto particolare considerazione culturale a livello diffuso, residuano molto spesso a mera attrattiva folcloristica, a curiosità, addirittura talvolta a mero passatempo.

Secondo. Il bagaglio culturale che ci portiamo sulle spalle, inconsapevoli del peso oppure perché ben conoscendolo – o credendo di conoscerlo -, è composto in realtà, riconosciamolo, di masserizie piuttosto povere e limitate, consunte dall’uso, ridotte ad oggetti familiari cui abbiamo fatto abitudine. Ma la cultura è tutt’altra cosa e sgorga, come da una sorgente, laddove si notino polle spumeggianti di novità, di alternativa, di critica, insomma di alterità. Ed è appunto proprio l’incontro con l’Altro, anzi l’Altra, a metterci salutarmente in crisi.

Terzo. Crediamo nella forza delle lotte e delle affermazioni del femminismo. Crediamo in un sapere delle donne – non della Donna, quasi fosse un’ipostasi metafisica – irriducibile alle costruzioni culturali maschiliste e patriarcali. Certo, forse costa doverlo riconoscere in modo tanto tagliente, però così è. È grazie a donne con preciso nome e cognome che dei diritti delle donne, almeno a livello teorico, nessuno dubita più nel nostro sistema democratico. Eppure le storie delle donne, storie concretissime, devono ancora essere tutte ascoltate e quei diritti ancora pienamente riconosciuti.

Quarto.

Poniamoci una domanda con assoluta sincerità: che cosa sappiamo dell’Ebraismo in generale e dell’Ebraismo italiano in particolare? La risposta è talmente scontata da correre il rischio di apparire banale. La questione allora diventa: vogliamo rassegnarci a simile pochezza conoscitiva? Vogliamo restare prigionieri di luoghi comuni, frasi fatte, pensieri stinti quando non pericolosi? Eppure ignorare l’Ebraismo significa ignorare noi stessi e noi stesse.

Quinto. Non finiremo mai abbastanza di sottolineare l’importanza fondativa della laicità, che è bene pubblico opposto al laicismo. La laicità non nega, ma incoraggia ogni risorsa di valore – rieccoci -; il laicismo, esattamente come il clericalismo, ritaglia invece perimetri precisi. Aut aut.

In questi giorni si sta svolgendo “pordenonelegge” (https://www.pordenonelegge.it/). E proprio in provincia di Pordenone si trova Casarsa, la città dove visse a lungo da giovane, dai vent’anni sino ai ventotto, Pier Paolo Pasolini e nel cui cimitero è sepolto, accanto alla tomba della madre.

La vicenda professionale di Miriam, che studia per divenire rabbino ortodosso – la prima in Italia -, si incontra singolarmente con la storia d questa specie di “poeta maledetto”. Sulla sua figura e sulla sua traiettoria artistica, umana, ed intellettuale si soffermerà il duo Miriam Camerini-Rocco Rosignoli con lo spettacolo “Le belle bandiere”, che sarà rappresentato a Trieste, presso un altro luogo di fortissima evocazione culturale qual è il Teatrino Franco e Franca Basaglia, domenica 2 ottobre, nell’ambito di un evento che abbiamo voluto intitolare “Pasolini e la Maddalena a Trieste” – e che vedrà, nella sua prima parte, anche la presenza su Zoom della teologa Marinella Perroni -. La perizia con cui il poeta e musicista Rocco Rosignoli ha voluto indagare la figura di Pasolini è garanzia d’un approccio verso il regista e scrittore che aggettiviamo ben volentieri come “friulano” capace di riconsegnarci tra le mani non un santino, ma una serie di interrogativi abitanti la stessa nostra interiorità.

Proprio in ragione dell’ “investimento” di cui s’è detto, da questa settimana proviamo ad immaginare la nostra “Rabbi” “in her words…”, con una serie di interviste, raccolte dalle sue parole vive, che, senza nulla togliere alle scritture direttamente a sua firma per il nostro settimanale online (https://sites.google.com/view/therabbiisin/home), le permettano di esprimersi anche su ciò che – forse – noi tutte e tutti, lettrici e lettori di Rodafà, desideriamo sapere da lei. Vediamo un po’.

Buona domenica.


Le belle bandiere, Castello di Casalgrande, 8 luglio 2022 - foto di Stefano Sodaro

Numero 679 - 18 settembre 2022