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Icona del Mandylion - foto tratta da commons.wikimedia.org



Gesù redentore

di Dario Culot



Come tutti, sono stato allevato con questo insegnamento religioso: «Gesù è morto per i miei peccati. Gesù ha sparso sulla croce il suo sangue prezioso per la mia salvezza. Sono salvato grazie al sacrificio di Gesù che ha espiato al mio posto i miei peccati. La macchia del peccato è stata così tolta dalla mia anima dal sangue dell’Agnello». Naturalmente questo ‘mio’ vale per ‘noi tutti’,[1] ma il richiamo strettamente personale aiuta a far sentire ciascuno di noi più in colpa verso Dio; un Dio che ci ha tanto amati… da far massacrare suo figlio pur di salvarci. Direi strano modo di amare e di salvarci. E in più mi chiedo: ma quali colpe può avere già un neonato che muore in culla? Perché Gesù doveva farsi ammazzare anche per lui?

L’immagine di Gesù Redentore ha talmente impregnato il cristianesimo che è difficile uscirne. Gesù è stato compreso come il definitivo mediatore di salvezza, in quanto solo attraverso uno che è contemporaneamente sia Dio che uomo, Dio ha potuto definitivamente e in maniera irrevocabile determinare la salvezza dell'umanità[2]. La stessa messa, intesa come memoriale del sacrificio dell’Agnello in compensazione dei nostri peccati, ripropone in forma liturgica la visione redentrice di Gesù. Ma, come sappiamo, il sacrificio richiede la distruzione della vittima. Anche se dalla distruzione di una vita, rinasce la vita, è indubbio che parlare di sacrificio della messa significa attribuire a Dio un atto deliberato di violenza cruenta.

Forse avendo incamerato simile idea, molti cristiani sono ancora oggi convinti che la violenza sia parte integrale dell’idea cristiana del mondo: non a caso si è sempre accettata l’idea che Dio condanni facilmente all’inferno, il che è pura violenza[3]. L’ira di Dio, di cui parla spesso la Bibbia, è un altro elemento che comprova la violenza di Dio. Le crociate, l’Inquisizione, i roghi degli eretici, le guerre di religione perfino fra cristiani confermano che il cristianesimo ha pienamente accettato la violenza di Dio e in nome di Dio. Se Dio è violento, perché non lo dovremmo essere anche noi? Il che porta a questa conclusione terribile: la violenza sull’uomo non viene tanto dal diavolo, quanto da Dio stesso, e nello stesso cuore di Dio alberga la violenza. Non vedo grande differenza fra questa immagine (cattolica) di Dio e il mostruoso Elohim Moloch della Bibbia.

Ora, tutti concordano nel dire che la violenza è male, eppure questo non turba l’idea che poi ci hanno inculcato di una Dio capacissimo di violenza inaudita[4]. La stessa redenzione, portata all’umanità dal sacrificio cruento della croce, sottintende ovviamente una grande violenza. Ma una simile immagine, volenti o nolenti, cozza con l’idea che Dio sia onnipotente, visto che non riesce ad evitare e impedire la violenza. E soprattutto cozza con l’idea che Dio sia misericordioso, perché in realtà la capacità di provare pietà per chi già soffre e non infierire contro chi è già in grave difficoltà è esattamente l’opposto dell’usare violenza. Dio non prova alcuna compassione per l’umanità dopo il fallimento di Adamo ed Eva, e visto che ormai l’umanità si trova in uno stato di condanna definitiva, si va di male in peggio, perché prepara (anzi aveva già preparato dall’inizio dei tempi) la morte atroce del Figlio. L’ira cruenta del Padre nei confronti dell’umanità viene concentrata tutta sul Figlio, che per di più non ha minimamente peccato. La vittima, come in ogni sacrificio rituale, va distrutta, e la distruzione di una vita innocente – c’insegnano - porta alla nostra salvezza. Siamo davanti a una necessità di Dio? (Lc 24, 26: non era necessario che il Messia soffrisse?). C’è piuttosto da pensare che la seconda Persona della Trinità ha assunto l’umanità di Cristo non per sua necessità ma per nostra necessità (era l’uomo ad aver bisogno della redenzione). Però, ci vien detto, c’era anche una necessità di Dio, perché se Cristo fosse stato solo uomo e non Dio non avrebbe potuto trasformare la sua vita in un accadimento di salvezza importante per tutti gli uomini in quanto le opere e la sofferenza di un uomo non potrebbero essere idonee per riscattarli[5] e ripagare l’onore di Dio che, essendo infinito, è stato infinitamente offeso. Simile osservazione non mi sembra affatto risolutiva: non si può negare che Dio avrebbe potuto perdonarci i peccati per qualunque azione di Cristo (e tale perdono sarebbe già redenzione), se così fosse piaciuto a Lui[6]. In altre parole, non occorreva certamente ricorrere alla violenza.

Invece un’immagine di Dio, che accetta in compensazione dell’offesa da lui ricevuta il sangue di una vittima innocente, crea oggi seri problemi di accettazione di questo Dio. Evidente infatti che, finché si continua a parlare di sacrificio espiatorio necessario si continuerà anche ad accettare la violenza. E parlare di misericordia violenta è un ossimoro.

Naturalmente questo rimarcare la violenza del sacrificio della croce fa parte della teologia dell’espiazione, che segue questa ricostruzione: l’uomo è stato creato perfetto da Dio, ma a causa del peccato originale c’è stata la caduta dell’uomo, che da solo non è in grado di riconciliarsi con Dio; di qui il necessario intervento di Dio che attraverso il sangue di suo Figlio ci ha riscattati dal peccato riconciliandoci con Lui. L’architrave che regge tutta la costruzione è dunque il peccato. Se il peccato segna la caduta, la redenzione è vista come il ristabilimento nella perfezione iniziale. Alla fin fine, allora, “beata” la colpa di Adamo ed Eva,[7] perché senza di essa Dio non si sarebbe attivato per inviarci il Redentore. Ma allora, a ben vedere, se si fa ruotare tutto attorno al peccato, la religione stessa finisce per mettere in ombra perfino Dio: il Redentore infatti nasce dal peccato; perciò senza peccato questo Redentore, che Dio ha dovuto inviare per salvare il salvabile, non avrebbe avuto ragione di esistere.

Ora, poiché ci hanno anche insegnato che Dio ha esentato la Madonna dal peccato originale,[8] non sarebbe stato assai più lineare e semplice se l’esenzione avesse riguardato tutta l’umanità dopo Adamo ed Eva? Quanta fatica e quanta sofferenza si poteva evitare! Tanto più che, anche se si parla dell’amore gratuito di Dio, il quale gratuitamente ci ha inviato il Redentore, non tutto è in realtà gratis,[9] perché una volta che Gesù, morendo, ci ha aperto la porta del ritorno alla perfezione dobbiamo comunque seguire i vari precetti e le regole divine: altrimenti la redenzione è inefficace. Dunque la redenzione ancora attende di essere pienamente realizzata. Ma di nuovo, se il Redentore è stato mandato per salvare (Gv. 12,47: «...non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo»), non sarebbe stato molto più semplice estendere a tutti – e non riservare alla sola Madonna - l’esenzione dal peccato? Se la Madonna, essendo priva del peccato originale non aveva l’inclinazione al peccato[10] (che invece esiste in tutti gli uomini ed ha attirato perfino gli angeli), non era più facile dare la stessa esenzione ed inclinazione a tutti? Così Dio non avrebbe avuto neanche bisogno di sacrificare il proprio figlio e saremmo vissuti tutti in un mondo migliore, che Dio onnipotente ben poteva realizzare da subito.

Va bene che i disegni di Dio sono imperscrutabili, ma se devo andare da Trieste a Venezia seguo la via più breve, non vado di certo prima a Vienna, poi a Belgrado, poi attraverso l’Adriatico. Perciò se veramente Dio vuole salvare tutti… La domanda da porsi, allora è: possiamo ancora accettare oggi l’immagine arzigogolata di Dio che ci viene proposta? Non è il caso di cominciare a pensare a una interpretazione diversa?

Inoltre, se l’uomo e la donna – fino a quel momento in piena comunione con Dio - sono stati attratti irresistibilmente dal frutto proibito dell’albero del bene e del male, l’unico che non dovevano toccare, semplicemente ascoltando la voce della tentazione incarnata in un serpente, c’è da pensare che, forse, l’uomo non è stato creato  così perfetto, come ci raccontano. Per di più, se Eva è caduta davanti a uno spirito potente paragonabile all’angelo, Adamo è caduto di fronte a una donna. Allora com’è stato possibile sostenere per secoli la superiorità dell’uomo sulla donna? Infatti la Chiesa ha visto da allora il demonio tentatore solo nella donna, non nell’uomo: sarebbe stato più logico sostenere l’inverso. Ha giustamente osservato con arguzia Mark Twain: Adamo era solo un essere umano imperfetto come noi, e questo spiega tutto perché la mente umana subisce sempre un’attrazione irresistibile per ciò che è proibito. Adamo non voleva la mela per amore della mela. La voleva perché era proibita. Allora lo sbaglio di Dio è stato quello di non proibirgli il serpente, perché allora avrebbe mangiato quello, e fine della storia.

Ma tornando a quanto ci è stato insegnato, dopo aver mangiato il frutto proibito Adamo ed Eva si sono accorti di essersi separati da Dio, e la triste conclusione è che l’incantevole e perfetto Eden è stato da quel momento definitivamente perduto anche per tutti i discendenti di Adamo ed Eva; e se il serpente da allora è stato condannato a strisciare, l’uomo ha dovuto guadagnarsi la vita col sudore della fronte e la vita è diventata una lotta. Ma soprattutto si è persa l’iniziale immortalità, nel senso che la morte era un castigo per essere stati espulsi dall’Eden. Quindi se la vita è diventata una lotta, una sofferenza che termina in ogni caso con la morte, questo è colpa dell’uomo, anzi: del primo uomo. Eppure noi dovremmo chiederci: “E noi cosa c’entriamo? Se mio bisnonno avesse ammazzato una persona, mica dovrei essere chiamato anch’io a rispondere di quell’omicidio”. Come fa la disobbedienza di due antenati a ripercuotersi sull’intera razza umana?  Sta di fatto che il magistero è riuscito per secoli a convincerci che anche noi siamo colpevoli, appena nati, quando siamo ancora incapaci d’intendere e di volere, senza spiegare perché l’azione di una coppia maldestra avrebbe dovuto incidere mortalmente su tutto il genere umano. Tanto più che, in un altro libro della Bibbia si afferma, al contrario, che «Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per la vita, le creature del mondo sono salutifere e in esse non c’è veleno mortifero» (Sap 1,13-14). Del resto gli ebrei, che di Bibbia forse se ne intendono abbastanza, non hanno la teoria del peccato originale. Inoltre, nei 4 Vangeli canonici il peccato originale non esiste,[11] nel senso che Gesù non ne ha mai parlato[12]. Ciononostante, senza dare esauriente risposta sul come e sul perché questa caduta rovinosa ci ha coinvolto tutti, si è passati subito alla domanda successiva: come riparare al danno fatto, all’offesa infinita recata a Dio dai nostri due antenati? Come riscattare l’umanità schiantata?

Ecco dunque l’assoluta necessità della redenzione per ristabilire la comunione con Dio. Paolo è stato il primo a scrivere che Gesù era morto per i nostri peccati (Rm 5, 8; 1Cor 5, 3). Quindi Gesù si è sacrificato per noi, visto che lui era senza peccato: dopotutto era pur sempre Dio, e Dio non può peccare. Ma come poteva essere senza peccato visto che tutti gli uomini sono peccatori e anche Gesù – ci dicono - era vero uomo? Qui una risposta è stata data da sant’Agostino: il padre di Gesù era Dio, puro spirito; la madre era vergine sì che non si era sporcata con un atto sessuale, mentre il peccato originale si trasmette solo sessualmente dal padre al figlio che viene concepito attraverso un concupiscente atto sessuale. “Il seme nell’atto stesso di concepire si altera, si macchia, si corrompe, onde l’anima che v’è infusa contrae la macchia del peccato”[13] scriveva un papa che doveva essere assai triste, senza ovviamente chiarire come un atto meramente materiale (accoppiamento) può incidere negativamente su qualcosa di squisitamente spirituale (l’anima, appena creata pura da Dio). Cioè come fa un peccato immateriale ad essere veicolato da generazione in generazione attraverso un materialissimo atto sessuale? E aggiungeva lugubremente sempre questo stesso papa: “Felici quelli che muoiono prima di nascere o appena nati”. Ma se ogni abortito è felicissimo, allora perché la Chiesa è contro l’aborto? La madre che abortisce avrebbe appena reso felice il proprio figlio. Invece, se si moriva appena nati, essendo già macchiati dal peccato originale, si finiva dritti all’inferno, per cui anche qui è difficile parlare di felicità. Comunque all’epoca non si sapeva che anche la madre contribuiva al Dna del figlio, e si pensava che la femmina fosse una semplice incubatrice; quando si è scoperto che anche la donna contribuiva con metà del patrimonio genetico si è dovuto per forza inventare il dogma dell’immacolata concezione: miracolosamente Maria è stata esentata dalla corruzione del peccato originale, che quindi non è stato trasmesso all’uomo Gesù. In altre parole, il sesso è di per sé male, sempre, perché implica concupiscenza. Tutti, dopo Adamo ed Eva, sono nati attraverso un concupiscente atto sessuale, sì che tutti sono macchiati dal peccato originale. Maria, anche se nata da un concupiscente atto sessuale dei suoi genitori, è stata miracolosamente esentata, sì che anche l’uomo Gesù è esentato, perché come vergine non si è sporcata con un libidinoso atto sessuale, ed essendo esentata dal peccato originale trasmessole dai suoi genitori non ha neanche ritrasmesso i suoi 12 cromosomi bacati, che miracolosamente sono rimasti puri.

Dopo il peccato originale gli uomini hanno continuato a soffrire come previsto nella condanna divina: Abramo ha preferito Isacco a Ismaele, facendo soffrire quest’ultimo; tutto il popolo prediletto ha sofferto la schiavitù in Egitto; poi l’esodo e la lotta in attesa dell’arrivo del Messia. Per cercar di accelerare questa venuta il popolo ebraico è ricorso al sacrificio del capro espiatorio sul quale venivano caricati tutti i peccati del popolo (Lv 16, 20ss.). Inoltre, come gli ebrei si erano salvati in Egitto col sangue dell’agnello (Es 12, 22) così noi siamo stati salvati dal sangue di Cristo, identificato con l’agnello. Ma in Egitto l’agnello non era umano e quindi non era un essere morale. Con Gesù si è invece sacrificato in riparazione dei peccati un essere umano: una bella differenza, direi. In Egitto il sangue aveva segnato gli stipiti delle porte; qui c’è stata la croce. La croce cattolica presenta sempre l’uomo crocifisso, e questo simbolo fondamentale del cristianesimo richiama appunto la redenzione, pagata a caro prezzo[14]. Con la lettera agli Ebrei[15] Gesù diventa l’offerta perfetta, il sacrificio perfetto: come Adamo ha portato tutti alla morte, tutti rivivranno in Cristo (1Cor 15, 22), grazie alla sua immolazione.

Dunque, la Chiesa ha accolto e seguito in pieno la tesi di Paolo: il Dio dei padri ha deciso la morte del figlio per la redenzione e la salvezza di tutti i credenti (1Cor 15, 3; Rm 4, 25; Gal 1, 4). Non si deve mai dimenticare che Paolo aveva ricevuto un’educazione da fariseo, sì che centro di quella religiosità era appunto il sacrificio espiatorio (Lv 4, 22ss.; Nm 15, 27-29), che era un rito sacro per il perdono dei peccati (Lv 5, 14-17). Del resto, simile spiegazione poteva essere accettata nell’ambiente giudaico proprio perché era già conosciuta l’idea del sacrificio espiatorio, mentre in nessun altro modo si sarebbe potuto far accettare a quella gente che un uomo morto sulla croce, e quindi maledetto da Dio (Lv 21, 17-21; 2Sam 5, 8), fosse il Messia inviato da Dio. Poiché però, come ha giustamente affermato uno storico, spesso i fatti non contano in quanto vale di più la lettura che ne viene fatta,[16] l’interpretazione teologica paolina dei fatti ha prevalso, ed è così venuto fuori che il ruolo di Gesù in questo mondo è stato solo quello del sacrificio espiatorio per giungere alla redenzione dell'umanità. Ci si è dimenticati così dei fatti, perché i vangeli ripetutamente affermano che Gesù è stato ucciso dalla classe dirigente[17] e non dal Padre.

Conclusione abnorme di questa teologia paolina? Dio stesso vuole la sofferenza e il sacrifico di sangue, come ben spiega del resto lo stesso Paolo (Eb 9, 20-22: “senza effusione di sangue non c’è perdono”). Paolo non riesce a discostarsi dall'idea che Dio si possa adorare solo attraverso sacrifici e sofferenze.

Ora, se il sangue di Gesù è stato versato per redimere noi tutti dai nostri peccati come sostiene Paolo, vien naturale vedere Gesù come un uomo programmato fin dall’inizio dei tempi dallo stesso Dio-Padre per soffrire,[18] e allora l’ombra minacciosa della croce si estende rapidamente su tutta la relazione fra Dio e noi. C’è allora da chiedersi come per secoli si sia potuto ritenere santo e degno della massima adorazione un padre che aveva deliberatamente voluto inchiodare suo figlio sulla croce, solo per riparare al suo altissimo senso di onore offeso dalla disobbedienza di Adamo ed Eva? Concordo perciò con quanti ritengono sbagliato attribuire la morte di Gesù al volere divino, come momento di un progetto salvifico, una necessità intrinseca alla storia della salvezza. Si tratta invece di un avvenimento storico determinato dall’ostinato rifiuto da parte di chi deteneva in allora il potere della proposta rivoluzionaria che Gesù andava facendo. Questo almeno emerge chiaramente dalla lettura di tutti i vangeli. Dio è certamente coinvolto nell’avventura di Gesù, ma la sua fine tragica è decisa solo dagli uomini. Gesù ha vissuto la sua morte come un’ingiustizia e, come tale, contraria al volere di Dio[19]. Gesù ha mostrato un percorso, contrastato dai potenti, ma non ha pagato i debiti di nessuno perché i debiti possono essere pagati solo da chi li ha contratti. Non ha potuto cancellare le colpe degli uomini perché non era nella sua possibilità convertirsi in loro vece[20]. Un altro può camminare con noi, ma nessuno può camminare per noi, e si è già detto che nel concetto di conversione – richiesta a tutti da Gesù - è implicita una nota di coinvolgimento personale. Occorre cioè che all’offerta di amore di Dio, che vale per tutti, ogni uomo risponda personalmente. La conversione è poi di per sé sufficiente per il perdono dei peccati, come risulta assai chiaramente - ad esempio - dall’episodio di Zaccheo (Lc 19, 1-10) o dalla chiamata di Matteo (Mt 9,9–13 , Mc 2,13–17 e Lc 5,27–28)[21].

Perciò interpretare la passione e morte di Gesù come il risultato di una decisione del Padre del cielo, che aveva bisogno della sofferenza del Figlio per placare la sua ira contro gli uomini peccatori, vuol dire adorare un dio sadico e impresentabile a qualunque persona di normale buon senso di oggi: quale padre normale vorrebbe la morte del figlio innocente, per di più con grandi sofferenze? Nessuno. Allora è scontato che quando l’uomo si scopre migliore del dio al quale viene invitato a credere rifiuta questo dio che gli sembra inferiore a noi uomini nella capacità di amare. E qualunque pretesa di spiegare la sofferenza a partire da Dio finisce per dire che la sofferenza è cosa buona, il che è oggi semplicemente inaccettabile[22].

Correttamente già Nietzsche aveva obiettato che l’idea di un Dio amorevole e misericordioso faceva a pugni con la teoria della espiazione (e della soddisfazione[23]), e anzi metteva in evidenza un Dio orientaleggiante, incapace di dominare il proprio altissimo senso dell’onore e l’impulso alla vendetta,[24] capace di accettare l’umanità peccatrice solo quando gli era stato pagato un congruo contributo di sangue: insomma, un simile Dio cristiano è paragonabile a un terribile vampiro che ha bisogno del sangue umano (anche quello di suo figlio) per placarsi, in linea col Dio biblico che preferisce inebriarsi del sangue della carne dei sacrifici di Abele piuttosto che delle primizie vegetali offertegli da Caino: altro che Abba. Logicamente allora questo filosofo aveva concluso che il dio creato da Paolo - contrapposto nettamente al Dio-amore dei vangeli e a un Gesù ammazzato dalle persone piissime di allora, - è la negazione di Dio (deus, qualem Paulus creavit, dei negatio[25]). Avendo difficoltà a confutare logicamente l’obiezione pregnante di Nietzsche, il magistero lo ha colpito con l’anatema, mettendo i suoi libri all’Indice e impedendo ai fedeli di leggerlo: nessuno doveva porsi strane e pericolose domande. Qualcuno avrebbe potuto fermarsi e cominciare a meditare su quello che gli era stato insegnato dal magistero.

Oggi facciamo sempre più fatica a riconoscerci nei punti tradizionali della dottrina che continuano a insistere sui temi del peccato, della nostra profonda indegnità, del sacrificio e delle sofferenza, perché capiamo che non sono affatto un Lieto Annuncio. Oggi, se partiamo dall’idea che Dio è amore, bisogna eliminare una volta per tutte l’idea che Dio sia il responsabile della sofferenza, e che si compiaccia della nostra sofferenza. Certo ci vuole coraggio per cambiare radicalmente una teologia tradizionale, ma forse oggi i tempi sono finalmente maturi perché stiamo progressivamente prendendo coscienza dei limiti della dottrina dogmatica tradizionale. Si può offrire una spiegazione diversa? Credo di sì, e provo a indicarne una, in base alla quale il credente di oggi può pensare che la redenzione non ha nulla a che vedere col sacrificio di una vittima umana che sparge il suo sangue sulla croce affinché Dio si degni d perdonare l’uomo peccatore.

È stato proprio l’Illuminismo ad aiutarci a passare dall’idea eteronoma [26] a quella autonoma del mondo, che così diventa un mondo adulto, dando un peso assai maggiore all’uomo liberandolo dalla tendenza egoistica che metteva al centro il proprio ‘Io’, ma al tempo stesso liberandolo da un Dio che, dal di fuori, dominava e decideva tutto. Come aveva intuito Dietrich Bonhoeffer – col suo cristianesimo senza religione - integrare le due visioni (quella umanistica la quale afferma che l’uomo è il solo responsabile della sua redenzione, e quella religiosa la quale afferma che la redenzione – dopo il peccato originale - può venire solo da Dio) sembra ormai una strada percorribile. Come accennato nell’articolo Etsi Deus non daretur,[27] Bonhoeffer contrappone il Dio esteriore all’universo (tipico della concezione eteronoma del mondo), al Dio interiore, cioè quell’Amore originario che si manifesta nell’evoluzione cosmica e in tal modo dall’interno si rende almeno parzialmente visibile all’umanità.

Dio non interviene nel nostro mondo dall’esterno, da un suo mondo parallelo. Dio non opera neanche qualcosa che la creatura non ha operato, non corregge qualcosa che la creatura ha fatto, perciò non corregge il peccato di Adamo mandando suo Figlio nel mondo, ma rende solo possibile alla creatura di agire. Noi vediamo solo questa causa secondaria: l’azione della creatura (anche se questa creatura poi si muove spesso contro quello che sarebbe il desiderio di Dio). Secondo la nota definizione di Telhard de Chardin “Dio propriamente parlando non fa: egli fa che le cose si facciano,”[28] cioè permette all’universo e all’umanità di divenire. Dio offre alla realtà naturale di essere lei stessa a operare. Dio ha fornito di creatività le sue stesse creature, per cui il creato è sempre in via di farsi: siamo in pieno dinamismo, in piena evoluzione; non siamo nella staticità, né in una perfezione iniziale decaduta alla quale Dio deve porre rimedio intervenendo soprannaturalmente dall’esterno. Dio non scolpisce il Mosè di Michelangelo perché il Mosè è di Michelangelo; ma affinché Michelangelo possa realizzare quel capolavoro l’uomo deve essere creato in modo da essere poi capace di realizzarlo. Così agisce Dio, il quale fa che le cose si facciano, dando semplicemente l’energia, la forza per cui gli eventi della creazione possano accadere, anche se ci vuole tanto tempo, anche se ci vuole l’evoluzione, perché l’homo sapiens calpesta la terra da almeno 100.000 anni, ma 100.000 anni fa Michelangelo non poteva esistere, come non poteva esistere il chirurgo che opera col laser. Ci sono voluti migliaia e migliaia di anni perché la potenzialità di Michelangelo si manifestasse in un uomo reale, o perché l’uomo inventasse il laser. In altre parole, se Dio offre alle creature e non si sostituisce mai alle creature, anche la redenzione non può venire allora da un altro mondo parallelo, che non esiste, in cui Dio – a un certo punto - avrebbe operato in prima persona decidendo di mandare su questo mondo il proprio Figlio per risolvere il problema dell’umanità peccatrice. La redenzione deve scaturire dall’interno dell’essere umano che via via si umanizza sempre di più.

Sicuramente, oltre a questa, si potranno trovare anche molte altre spiegazioni sulla redenzione, ma almeno con questa già si cancella l’idea perversa di un Dio sadico che manda volontariamente a morte il figlio innocente. Chi vuol essere oggi salvato dal sangue di un innocente?


NOTE

[1] Rom 5,8: mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.  Nel Credo si dice: Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo…fu crocifisso per noi… Nella messa si dice di Gesù che è l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, cioè quelli di noi tutti. Ma se nel Vangelo si dice che Gesù è l’Agnello che toglie il peccato del mondo (Gv 1, 29), al singolare, perché si continua a usare il plurale dando un significato completamente diverso alla frase evangelica?

[2] Rahner K., Corso fondamentale sulla fede, ed. Paoline, Alba, 1977, 361 e 385ss.

[3] Soprattutto quando la pena appare del tutto sproporzionata: ricordo che si andava all’inferno eterno anche per aver mangiato di venerdì una fetta di prosciutto. L’inferno è il luogo di pena eterna delle anime che sono morte in stato di peccato mortale (Cavalcoli G., L’inferno esiste, ed. Fede&Cultura, Verona, 2010, 48), e il n.472 del Catechismo di san Pio X insegnava che violare un precetto costituiva peccato mortale, e chi mangiava carne di venerdì violava il secondo precetto (n. 483).

[4] Ci scandalizziamo perché Erode ha fatto ammazzare qualche decina di bambini in un villaggio sperduto (Mt 2, 16)? Come mai non ci scandalizziamo allo stesso modo quando leggiamo che Dio ha fatto ammazzare migliaia di primogeniti di quella che allora era la più potente nazione del mondo (sarebbe come dire tutti i primogeniti degli Stati Uniti oggi)? E prima ancora aveva già sterminato quasi tutta l’umanità col diluvio (Gn 7, 23) e distrutto intere città con tutti i loro abitanti (Gn 19, 24-25).

[5] Solo se Gesù è divino può portarci la salvezza (Tanner K., The Trinity as christian theology, in “The Oxford Handbook of the Trinity, ed. Oxford University, Oxford-New York, 2011, 355s.). Era comune l’idea secondo cui, se Gesù era solo un uomo, non poteva salvarci: poco pensiamo di lui, poco possiamo ricevere da lui (Placher W.C., A history of christian theology, ed.Westminster John Knox Press, Louisville-London, 1983, 69).

[6] Rahner K., Saggi di cristologia e di mariologia, ed. Paoline, Roma, 1965, 73 e 75.

[7] Proprio così si dice: “O felice colpa, che ha meritato un tale e così grande Redentore!” (n. 412 Catechismo della Chiesa cattolica).

La tradizione giudaico-cristiana ha attribuito alla natura, in quanto creatura di Dio, la bontà, e la crudeltà all’uomo che, con la colpa, ha infranto la bellezza della creazione (Galimberti U., Cristianesimo, Gedi News Network Spa, Torino, 2023, 481).

[8] Papa Pio IX, nella Bolla Ineffabilis Deus  ha definito la Madonna preservata dal peccato originale fin dal primo istante della sua esistenza, dichiarando: “La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale”.

[9] Secondo i protestanti, la morte di Gesù non fa parte del progetto di Dio, che non salda alcun debito: quando Dio perdona e salva lo fa gratuitamente, senza condizioni, senza esigere nulla: né riscatto, né risarcimento, né sacrifici espiatori, né punizioni sostitutive per i peccati dell’umanità (Gounelle A. Parlare di Cristo, ed. Claudiana, Torino, 2008, 59, con tutta la ricca bibliografia di teologici protestanti che si sono espressi in proposito).

[10] Al punto 5. di www.amicidomenicani.it/varie-domande-serrate-sulla-madonna-come-ad-esempio-dio-non-poteva-mettere-la-madonna-al-posto-di-eva-fin-dall-inizio/

[11] Mateos J., L’utopia di Gesù, ed. Cittadella, Assisi, 1991, 178.

[12] Di più: Gesù, sempre stando ai vangeli, non ha mai detto di essere stato mandato nel mondo per redimere il peccato. Ciò che Gesù ha annunziato non era la redenzione, ma l’accettazione della condizione umana (Galimberti U., Cristianesimo, Gedi News Network Spa, Torino, 2023, 144).

[13] Innocenzo III, De contemptu mundi, e d. Cantagalli, Siena, 1979, libro I, cap.1, 25.

[14] Sulla croce Gesù porta il peso della disumanità degli uomini (Antonietta Potente, commento a Luca 19-20 – Luca, una storia sottosopra - 15. La missione a Gerusalemme, 19.1.2023 per l’associazione Liberare l’Uomo), non la sentenza di condanna di Dio.

Da ribadire che Gesù non è stato ucciso neanche dai peccatori, ma dalla casta sacerdotale, dalle persone pie e religiose. Non è stato ucciso perché questa era la volontà di Dio, ma perché questo era interesse della casta (Gv 11, 50: “ci conviene”).

È anzi curioso notare come Gesù, dopo aver cacciato i mercanti dal Tempio, perché hanno trasformato la casa di Dio, la casa di preghiera, in un mercato, dopo aver cioè cacciato chi vende Dio, finirà lui stesso venduto dai sacerdoti (altri mercanti nel Tempio) per 30 denari. Se Gesù ha messo al centro della casa del Padre la vita, i sacerdoti del Tempio tolgono la vita (don Luciano Lucatelli,  nel commento a Luca 19-20 (Luca una storia sottosopra – 15. La missione a Gerusalemme, 19.1.2023 per l’associazione Liberare l’Uomo).

[15] Che oggi sappiamo non scritta da Paolo, ma dalla sua scuola verso l’anno 80.

[16] Del Boca L.., Grande guerra, piccoli generali, ed. Utet, Torino, 2007, 7.

Vediamo un es. pratico in Mt 11, 19: Gesù viene visto, in contrapposizione all’asceta Giovanni Battista, come un mangione e beone. Ma realmente Gesù era così? Un’interpretazione diversa può convincerci che, festeggiando a tavola con gli emarginati, Gesù stava sfidando i valori tradizionali d’Israele perché nei banchetti si riproduceva la gerarchia della società, e nella commensalità ugualitaria di Gesù c’erano evidenti segni di sovvertimento del sistema in allora vigente.

[17] Cfr. l’articolo Chi ha causato la morte di Gesù? al n. 446 del 2018 di questo giornale (ma non più disponibile sul sito perché troppo risalente).

[18] Se tutto è stato programmato in anticipo da Dio, non fu Gesù a decidere in libertà: c'è solo una sottomissione in obbedienza (Castillo J.M., Vittime del peccato, ed. Fazi, Roma, 2012, 185s.).

[19] Molari C., Quei tanti Gesù. Approcci recenti in cristologia e soteriologia, in internet più siti: digitare Carlo Molari approcci recenti).

[20] Ortensio da Spinetoli, Bibbia e catechismo, ed. Paideia, Brescia, 1999, 137 e 149.

[21] Leggiamo l’episodio in cui Gesù chiama a sé il pubblicano Matteo (Mt 9, 9; Levi per Mc 2, 13 e Lc 5, 27). Cosa fa Gesù? Gesù chiama al suo seguito non un pio credente, ma un peccatore ufficiale, un ladro di professione che incamerando le tasse chiedeva sempre più del dovuto, e tartassava la gente. I pubblicani, cioè gli esattori delle tasse per conto degli impuri occupanti romani, vivevano a tal punto nell'impurità da essere certi di non potersi salvare. Questo pubblicano lo segue; ma di nuovo, se Gesù fosse stato una persona veramente religiosa (e avesse seguito ciò che ancora oggi insegna la Chiesa), a questo peccatore incallito che ha passato tutta la vita nel peccato, per prima cosa avrebbe detto: “Adesso che hai deciso di seguirmi ti fai qualche settimana di penitenza, ti purifichi, ti penti, digiuni per un po’ (magari nel deserto), preghi, restituisci il maltolto; alla fine di tutto questo ti concedo il perdono del Signore, e finalmente meriterai di entrare a far parte del mio gruppo”. Niente di tutto questo: Gesù, come questo si alza e lo segue su semplice invito, lo porta subito a pranzo con lui, il che voleva dire – per i ben pensanti - che il peccatore impuro avrebbe infettato anche Gesù. E invece non hanno capito che non c’è prima il pentimento, la penitenza e poi il perdono del Signore: accogliere il Signore rende di per sé puri, mentre non bisogna essere puri per accogliere il Signore.

[22] Castillo J., Dio e la nostra felicità, ed. Cittadella, Assisi, 2011, 83-85. Invece in passato era accettata: ricordate quando tante persone si cingevano col cilicio per soffrire, visto che la sofferenza era gradita a Dio? Correttamente è stato affermato che, nella prospettiva cristiana che giustifica la sofferenza in questa vita terrena e transeunte in vista della vita eterna, il dolore non è solo da sopportare, ma addirittura da abbracciare (Galimberti U., Cristianesimo, Gedi News Network Spa, Torino, 2023, 485).

[23] Vedi quanto già spiegato in proposito nell’articolo al n. 529/2019 di questo giornale [non più disponibile però sul sito].

[24] Nietzsche F.W., Aforismi, a cura di Vannini M., ed. Tascabili economici Newton, Roma, 1993, 61.

[25] Nietzsche F., L’Anticristo, ed. Adelphi, Milano, 1987, 66.

[26] Dio sta in alto, fuori del nostro mondo, in un mondo parallelo, ma può entrare a piacimento in questo nostro mondo. Questa era la dottrina dei due mondi, la dottrina del teismo: sopra, nell’alto dei cieli, c’è un Essere onnipotente che presiede al corso degli eventi e al quale nulla è impossibile, e da quel mondo Lui e tutte le presunte forze soprannaturali (demoniache o angeliche che fossero) potevano interferire in maniera pesante nel nostro mondo di sotto

[27] Cfr. al n. 713 di questo giornale, https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-713-14-maggio-2023/dario-culot-etsi-deus-non-daretur.

[28] Telhard de Chardin P., Nota sulle modalità dell’azione divina nell’universo, 1920, in La mia fede, Scritti teologici, Queriniana, Brescia, 33. Ma già Spinoza aveva affermato che Dio non ha un rapporto personale con noi, e semplicemente rende possibile la nostra esistenza.