Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Creazione e piccolezza dell’essere umano

di Dario Culot


La posizione del sole nella nostra galassia e due foto di Dario Culot: rione popolare di New Delhi e rione popolare di Roma Trastevere

Si è già visto al n. 705/2023 di questo giornale (https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-705-19-marzo-2023/dario-culot-luomo-apice-della-creazione) come la Chiesa insegni che Dio ha creato tutto per l’uomo (art. 358 Catechismo), la più nobile delle creature come già diceva il Catechismo di Pio X all’art. 48: «È l'uomo, grande e meravigliosa figura vivente, più prezioso agli occhi di Dio dell’intera creazione: è l’uomo, è per lui che esistono il cielo e la terra e il mare e la totalità della creazione, ed è alla sua salvezza che Dio ha dato tanta importanza da non risparmiare, per lui, neppure il suo Figlio unigenito».

Anche qui, forse, abbiamo orgogliosamente ecceduto un po’ troppo: l’idea poteva funzionare quando si pensava che la Terra fosse al centro dell’universo. Oggi, grazie alla scienza, sappiamo che gli esseri umani non esistono da sempre. La terra esiste da almeno 4.600.000 di anni. L’homo sapiens, specie cui apparteniamo, a sua volta evoluzione di altri ominidi prima di lui, calpesta la terra da circa 150.000-100.000 anni. Si potrebbe paragonare la vita della terra a quella di un uomo di 46 anni. In questo caso, dei primi sette anni non si sa assolutamente nulla; poco si conosce fino ai suoi 42 anni, I dinosauri comparvero all’età di 45 anni,[1] e i mammiferi otto mesi prima dei 46. Continuando così, l’uomo moderno esisterebbe solo da quattro ore. Dunque gli umani, gli esseri più preziosi agli occhi di Dio, sono produzioni piuttosto recenti, e se non fossero esistiti nulla sarebbe cambiato nel funzionamento dell’universo. Quindi è piuttosto azzardato sparare la tesi che l’uomo è più prezioso agli occhi di Dio dell’intera creazione e che la totalità dell’universo è stata creata per lui, visto che nell’universo sembriamo piuttosto creaturine insignificanti e senza la minima importanza.

Putin minaccia di distruggere tutto con le bombe atomiche? E l’Iran spera di fare lo stesso non appena avrà pronta la bomba atomica, così cancellerà una volta per tutte dalla terra il satana americano e Israele (ma ovviamente anche sé stesso)? Anche se l’intera terra esplodesse, nella nostra galassia ci sarebbe solo un’impercettibile perturbazione. Come si vede nella foto iniziale, nella nostra galassia si può vedere più o meno la posizione del sole senza ben individuarlo: ma la piccolissima Terra è del tutto invisibile. Immaginarsi se quell’invisibile moscerino che calpesta questo piccolissimo pianeta, a sua volta invisibile quando si guarda la nostra galassia, è “la più nobile e la più preziosa delle creature”. Nelle altre galassie neanche si accorgerebbero se l’umanità sparisse, e nell’universo ci sono milioni di galassie che continuano ad evolversi. Tutto insomma è evoluzione che non si è mai fermata e non si fermerà in futuro. Se dunque l’energia e la materia originaria hanno questa capacità di interagire organizzando sistemi intercomunicanti sempre più complessi,[2] non ha più senso parlare di una creazione completata e di un’umanità che deve invece darsi da fare per riallacciare la relazione con Dio.

Ridimensionata l’importanza dell’uomo, c’è anche da dire che Dio non interviene di peso nella nostra storia terrena, decidendo come devono andare le cose. Dio non si sostituisce agli uomini, né quando fanno il bene, né quando fanno il male, e gli uomini sono più che sufficienti nel creare da soli la maggior parte del male di questo mondo[3]. Insomma, l’universo che continua a evolversi dimostra solo che la creazione non è finita, e lentamente viene introdotto ordine ed armonia per raggiungere la completezza: «il Padre mio continua a lavorare e anch’io lavoro» (Gv 5, 17)[4]. Indubbio che, per raggiungere il suo scopo sulla Terra, Dio ha bisogno di collaboratori volenterosi:[5] più l’uomo collabora e prima potremo raggiungere la completezza. Pensate a una casa: per mantenere l’ordine occorre sempre immettere lavoro, altrimenti dopo un po’ prevale naturalmente il disordine. In quante case siamo entrati pensando: “che casino qui dentro!” Sicuramente il giorno dell’inaugurazione in quella casa c’era più ordine. O cosa avete pensato quando avete visto una villa ormai abbandonata dentro un parco, pure lui abbandonato? Non avete pensato: “come doveva essere bello qui, quando tutto era in ordine”? Ma l’ordine, la manutenzione, non avvenivano mica per caso: qualcuno lavorava con intelligenza per mantenere la villa ed il parco in buon stato. Nessuno di noi, neanche l’ateo, pensa che la villa ed il parco potessero essere ben curati fortuitamente dal caso. Quando un uomo rende bello un appezzamento di terra, quando costruisce un bell’edificio, contribuisce alla creazione di Dio. Pensate solo allo stato d’animo diverso che si prova quando si entra in una squallida periferia, o quando si vede un bel caseggiato fiorito. Un ambiente brutto abbruttisce la nostra anima; un ambiente bello ci fa respirare e ci allarga il cuore.

La vita, sul nostro pianeta, è sempre andata verso un aumento dell’ordine, e non del disordine: dal batterio si è arrivati all’uomo. Come mai, visto che questa tendenza è contraria al secondo principio della termodinamica?[6] Forse perché c’è un qualcuno che noi non vediamo, ma che continua a immettere lavoro, energia vitale, dando la possibilità che si crei l’ordine in questo nostro pianeta-casa. E, come si ricava dalla Genesi, se in alto c’è Dio e in basso il caos informe della materia che attende le forze divine per raggiungere forma e bellezza, anche noi uomini portiamo in noi questo innato disordine della creazione non perfetta, e rischiamo continuamente di essere risucchiati in basso, dal vortice del caos e di venirne deformati[7]. Ovviamente sto parlando per metafore, perché nell’universo non esiste l’alto e il basso. Se non collaboriamo per ottenere l’armonia ordinata, continueremo a cadere nel caos del disordine. I racconti iniziali della Bibbia (la caduta di Adamo, il fratricidio di Caino, la torre di Babele) sono miti che contengono delle grandi verità, perché i desideri smisurati dell’uomo portano alla frattura con sé stessi, alla divisione col proprio fratello, al disordine mondiale[8]. Tutto questo ci risucchia verso il caos. Uscire dalla collaborazione/comunione nei confronti di Dio presumendo di ampliare la propria natura, cercando un accrescimento divino della propria vita oltre i suoi limiti creaturali, ossia nel desiderio di diventare come Dio, porta al caos, come dimostra il mito di Adamo ed Eva[9].

La continua energia vitale divina, che incessantemente continua a irrorare il mondo e gli dà la possibilità di emergere sempre più armoniosamente dal caos, non basta però ad eliminare il male, perfino se tutti gli uomini collaborassero. Dio offre in ogni istante tutto sé stesso ad ogni creatura, nessuna esclusa. Perché? Perché è vero che Dio, essendo il Bene Infinito, ha l’infinito bene dentro di sé. E se questo infinito bene che Egli ha lo tenesse tutto per sé, non potremmo chiamare infinitamente buono colui che può dare, e invece tiene tutto per sé: essere ricchi non vuol dire anche essere generosi,[10] e chi non è generoso non è buono. L’amore di ciò che non ho è desiderio, e cerco quello che non ho; ma quando ho tutto quanto quello che posso avere, l’amore è necessariamente bontà, e non c’è bontà se non c’è il dare. Dare totale. Donazione totale. Se faccio qualche riserva nel dare, vuol dire che sono un po’ egoista. Se Dio escludesse qualcuno nel dare non si potrebbe definire infinitamente buono chi può dare, ma non dà, tutto ciò che può essere dato, a tutti senza escludere nessuno. E se Dio non è Bontà Infinita non può essere neanche Amore Infinito.

Il problema è che l’uomo, essendo limitato, non può accogliere che frammenti di questa energia amorevole, e frammento dopo frammento può crescere.

Mi spiego meglio: se Iddio crea il non-Dio, l’altro-da-Dio, la creatura, l’altro-da-Dio come sarà? L’infinito? Evidentemente no. L’uomo (come le altre creature) è un’entità finita, limitata[11]. Se è limitato avrà il bene? Sì, ma solo secondo le sue capacità. Non di più. Perché? Perché la bellezza, come bellezza, è la bellezza assoluta. Ma se questa è la bellezza di un paesaggio idilliaco, di una montagna o di un mare in tempesta, non può essere la bellezza di una donna che, come dicono i musulmani, è comunque l’aspetto risplendente della luce di Dio. E ogni essere limitato, avendo una tale bellezza, non può avere le altre perché non può avere contemporaneamente due o più bellezze. Il soggetto che riceve, essendo limitato, ha il bene secondo la capacità di quella creatura che è. Non è che Dio non voglia dare, ma c’è l’incapacità della creatura che non può ricevere. L’acqua dell’oceano, una volta riempito il secchio, non può continuare a riempirlo. Neanche l’onnipotenza di Dio può far sì che la creatura riceva di più di quello che può ricevere: se ricevesse di più non sarebbe più quella creatura lì, ma qualcosa di diverso. E questo vale anche per l’uomo.

Oggi sappiamo che l’uomo è un prodotto tardivo dell’evoluzione. Sappiamo anche che il 95% della storia dell’essere umano fa parte della preistoria. Siamo veramente cresciuti in questo brevissimo lasso di tempo che chiamiamo storia, e la scrittura per trasmettere la storia è stata inventata appena 5.000 anni fa[12]. Evidente allora che un Dante non poteva comparire sulla terra 6.000 anni fa: l’umanità non si era ancora evoluta a sufficienza.

La capacità di appenderci a una sbarra spiega la nostra origine arboricola: né un gatto, né un cane, né un leone possono farlo, il che dimostra che siamo imparentati con le scimmie, non con il leone. Ma a differenza del gorilla o dello scimpanzé – con cui comunque condividiamo il 98,5% del DNA - abbiamo una mano che possiamo utilizzare come una pinza, ad esempio per raccogliere bacche; né il gorilla, né lo scimpanzé sono in grado di farlo alla pari dell’uomo, perché pollice e indice sono troppo separati; la loro mano è più larga, perfetta per appendersi ai rami, cosa che noi possiamo fare, ma ormai con fatica[13]. Di nuovo questo ci fa pensare che non siamo noi esseri umani il vertice della creazione universale, la più nobile delle creature esistenti. Nella Bibbia, del resto, Dio parla e dice: “come ho creato te (uomo), ho creato anche l’ippopotamo… Guarda che forza ha nella schiena e nei muscoli del ventre…è il mio capolavoro” (Gb 40, 15-19). Allora neanche per la Bibbia l’uomo è il capolavoro di cui Dio va orgoglioso. Perciò un po’ di umiltà non guasterebbe.

L’uomo, per quel che ne sappiamo, è anche l’unico essere vivente insoddisfatto della sua natura. Solo chi è fragile e mortale, e non vorrebbe esserlo, può pensare alla perfezione di un Dio, perché lui vorrebbe essere così. L’uomo sente in sé l’innata tendenza ad essere la parte più vera e più nobile che sente nel profondo di sé, ma non può sdoppiarsi: da un lato deve fare i conti col suo “Io” fragile e mortale, dall’altro sente di poter aspirare al divino. Ma se prevale la parte meno nobile dell’essere umano potrebbe anche accadere che la razza umana si estingua, mentre l’universo proseguirebbe tranquillamente il suo sviluppo. E come potrebbe estinguersi? Da sé stesso, per la propria insipienza e stupidità, come spiega questo racconto della spiritualità indiana, checché pontifichi la religione cattolica:

 

Un vecchio Cherokee era seduto davanti al tramonto con suo nipote.

“Nonno, perché gli uomini combattono?”

Il vecchio rispose con calma: “Ogni uomo, prima o poi, è chiamato a farlo. Per ogni uomo c’è sempre una battaglia che aspetta di essere combattuta, da vincere o da perdere. Perché lo scontro più feroce è quello che avviene fra i due lupi.”

“Quali lupi, nonno?”

“Quelli che ogni uomo porta dentro di sé.”

Il bambino non riusciva a capire. Attese che il nonno rompesse il silenzio che aveva fatto scendere fra di loro, forse proprio per accendere la sua curiosità.

Infine, il vecchio che aveva dentro di sé la saggezza del tempo, riprese con tono calmo: “Ci sono due lupi in ognuno di noi. Uno è cattivo e vive di odio, gelosia, invidia, egoismo, risentimento.”

“E l’altro?”

“L’altro è il lupo buono, che vive in pace, con compassione, amore, generosità, fede.”

Il bambino rimase a pensare un momento, e poi domandò: “Ma quale lupo vince?”

Il vecchio Cherokee si girò verso di lui e guardandolo negli occhi rispose: “Quello che hai nutrito di più.”

 

Il vecchio Cherokee non partiva dal nostro Dio, ma in cinque minuti ha fatto una lezione di catechismo forse migliore di quella che tanti preti fanno ai nostri ragazzi nell’arco di un intero anno scolastico.

E, coloro i quali beatamente annegano nella certezza che il cristianesimo sia l’unica vera religione, mentre tutte le altre spiritualità sarebbero false, dovrebbero essere in grado di rispondere facilmente a queste domande: cosa induce i cattolici ad essere convinti che lo Spirito santo sia agli arresti domiciliari presso i capi della Chiesa cattolica? Se lo Spirito soffia dove vuole (Gv 3, 8), se lo spirito di Gesù è già presente dove due o tre si riuniscono in suo nome (Mt 18, 20), come possono pensare che resti incatenato a doppio filo alla sola gerarchia ecclesiastica vaticana? Su che base si fonda la certezza che Dio si è volontariamente autolimitato, obbligandosi da una certa data in poi a contattare esclusivamente la gerarchia vaticana? Da dove si ricava la certezza che Dio si è impegnato a tacere per sempre nei confronti di tutto il resto dell’umanità, delegando in esclusiva il magistero vaticano a rappresentarlo in terra e a parlare in sua vece, in regime di pieno monopolio? È a causa di questa convinzione che la Chiesa ha bruciato quelli che considerava eretici; è a causa di un’analoga convinzione che l’istituzione religiosa ebraica ha ucciso tanti suoi profeti e ha ucciso lo stesso Gesù, semplicemente perché i magisteri seguivano la logica della religione che in tutti i luoghi e in tutti i tempi pretende di sequestrare Dio nelle proprie categorie teologiche; e questo è il peccato originale di tutte le istituzioni religiose che si ritengono uniche, convinte di possedere già la Verità, perché Dio stesso gliel’ha comunicata.

Alla fine di questa storia, se negli uomini prevarrà il lupo cattivo riusciranno a uccidersi tutti in una guerra atomica, come in questi tristi giorni sembra sempre più possibile. Ma anche in tal caso la vita sulla Terra continuerà, magari dopo qualche migliaio di migliaia di anni. La Terra ha tempo; l’essere umano, no. Probabilmente se fossero sopravvissuti i dinosauri la specie umana non sarebbe riuscita a emergere, e forse oggi avremmo il dinosauro sapiens, e forse anche il dinosauro sapiens sarebbe convinto – come tanti di noi cattolici, - di essere la creatura più importante dell’universo.



NOTE

[1]  Sulla terra si sono già avute varie estinzioni. Negli anni 70-80 del secolo scorso sono stati gli americani Alvarez (padre e figlio) i primi a pubblicare l’esito dei loro studi (iniziati nella Gola di Bottaccione presso Gubbio) secondo cui era stato lo scontro della Terra con un meteorite a distruggere, alla fine del periodo cretaceo (circa 65 milioni di anni fa), la maggior parte delle specie viventi sulla terra e tutti i dinosauri. La loro prova poggiava su due argomenti:

a) Il calcare dell’ultima fase del periodo Cretaceo conteneva in abbondanza foraminiferi (minuscoli organismi marini) di dimensioni notevoli. Appena sopra c’era uno strato d’argilla, totalmente privo di tali organismi.  Sopra l’argilla un altro strato di calcare conteneva di nuovo foraminiferi, ma appartenenti a una specie diversa e molto più piccoli dei precedenti (se ne dedusse che lo strato privo di organismi dimostrava che la vita era scomparsa).

b) L’iridio (metallo raro sulla terra, ma comune nelle meteoriti) era presente in dosi massicce nello strato d’argilla.

I due studiosi furono a lungo contestati e snobbati, ma la loro tesi venne definitivamente accolta quando venne infine individuato a ridosso dello Yucatan il punto d’impatto (un cratere di circa 150 km, all’inizio scambiato per un vecchio cratere vulcanico (Kolbert Elisabeth, La sesta estinzione, Neri Pozza, Vicenza, 2014, 91ss.).

[2] Col che il principio d’intelligenza e di amore resterebbe preservato anche se l’homo sapiens scomparisse autodistruggendosi (perché non si sente in relazione amichevole con l’universo), perché tale principio si incontra già nell’universo e solo in seconda battuta negli uomini; quindi ri-emergerebbe, magari dopo altri milioni di anni, in qualche altro essere più complesso e organizzato di noi (Boff L., La più grande minaccia contro la vita, in Adista Documenti, n. 33/2012, 4), che forse più di noi sarebbe disposto a collaborare al progetto creativo dell’universo. Pacifico che autodistruggendosi l’homo sapiens (o meglio demens) distruggerebbe solo quello che è, non quello che ancora non è, non avendo ancora raggiunte tutte le sue potenzialità nascoste (così sempre Leonardo Boff).

[3] In quest’ottica è chiaro che anche il tradimento di Giuda non è iscritto nel disegno di Dio: Giuda esercita liberamente la sua volontà, tant’è che Dio non lo ferma; ma Dio sfrutta anche quest’atto negativo nel suo progetto di disegno salvifico.

[4] Oggi si pensa piuttosto che l’azione divina può diventare realtà umana solo se ci lasciamo coinvolgere; se poniamo resistenza non può esprimersi in noi. L’azione di Dio non si pone accanto o in concorrenza o in aggiunta alla nostra azione, ma è creatrice, offre cioè possibilità di azione. Se invece noi resistiamo alle possibilità donate, l’azione di Dio in noi non esiste.  In questo senso la formula dimorate in me ed io in voi (Gv 15, 4) esprime l’atteggiamento fondamentale della vita spirituale. Essa consiste nell’interiorizzare o accogliere il flusso creatore. Dio non invade mai l’uomo, lo costituisce, lo fa crescere, gli offre possibilità (Molari C., omelia del 2006 a Gv 15, 1-8).

[5] Eppure, ancora oggi molti di noi pensano al proprio rapporto con Dio non come suoi collaboratori, ma come oggetti del suo terribile giudizio. Invece siamo chiamati a collaborare, non a contrapporci (Cives D., Tonino Bello, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2013, 239).

Gesù invece ha chiamato per primi, per formare la sua comunità al fine di mostrare come si doveva vivere, alcuni pescatori che stavano lavorando. Il vangelo non dice che quei pescatori stavano pregando nella sinagoga o nel Tempio, né che stavano seduti oziando e godendosi tranquillamente il sole. Da subito Gesù vuole gente disposta a lavorare (Mc 1, 16ss.)

[6] Mancuso V., L’anima e il suo destino, ed. Raffaello Cortina, Milano, 2007, 111. Semplificando a livello divulgativo, il principio ci dice che una macchina termica non potrà avere un rendimento del 100%, il che ci vieta il moto perpetuo e ci condanna a lavorare con fatica perché la macchina, pian piano, ma inesorabilmente, non si fermi e smetta di produrre per noi energia, di cui abbiamo sempre bisogno. Altro es. pratico: una tazza intera se cade si frantuma (disordine), e non si ricompone (non torna nell’ordine di prima). Il principio ci dice che il disordine, non l’ordine, è innato nel mondo.

[7] Vannucci G., Esercizi spirituali, ed. Comunità di Romena, Pratovecchio (AR), 2005, 114 s.

[8] Dall’omelia di Papa Francesco a Lampedusa l’8.7.2013: «… “Adamo, dove sei?” è la prima domanda che Dio rivolge all’uomo dopo il peccato. “Dove sei?”. È un uomo disorientato che ha perso il suo posto nella creazione perché crede di diventare potente, poter dominare tutto, essere Dio. E l’armonia si rompe, l’uomo sbaglia e questo si ripete anche nella relazione con l’altro che non è più il fratello da amare, ma semplicemente l’altro che disturba la mia vita, il mio benessere. E Dio pone la seconda domanda: “Caino, dov’è tuo fratello?” … Questa non è una domanda rivolta ad altri, è una domanda rivolta a me, a te, a ciascuno di noi…» (“La Repubblica”, 9.7.2013, 3).

[9] Il serpente insinua che Dio si sente minacciato dall’idea che gli esseri umani possano diventare come Lui, per cui li ostacola dicendo di non mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male. Adamo ed Eva – determinati a diventare come Dio - si fidano del serpente, non di Dio, mangiano il frutto e gettano l’intera creazione nel disordine.

[10] L’immensa ricchezza che Dio ha in sé, non la considera “proprietà privata” o “possesso egoistico”, ma vuole comunicarla e parteciparla (Chimirri G., Libertà dell’ateo e libertà del cristiano, ed. Coop. Fede&Cultura, Verona, 2007, 82).

[11] Il nulla è il limite della creatura, non è qualcosa dal quale proviene il mondo. Il mondo non viene dal nulla, ma dalla pienezza e abbondanza traboccante della bontà divina (Chimirri G., Libertà dell’ateo e libertà del cristiano, ed. Coop. Fede&Cultura, Verona, 2007, 80).

[12] Millás Juan José y Arsuaga Juan Luis, La vida contada por un sapiens a un neandertal, Penguin Random House, Barcelona (E), 2021,9.

[13] Idem, 47s, 65s.





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