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Monastero di Bose, 30 giugno 2023 - Lo Shabbat di tutti, condotto da Miriam Camerini
Monte Antelao da San Vito di Cadore - foto tratta da commons.wikimedia.org
Elenco partecipanti al prossimo Sinodo: dalla fabbrica dei preti (in città) allo Shabbat di tutti (in montagna)
di Stefano Sodaro
È stato diffuso l’altro ieri l’Elenco completo dei e delle partecipanti alla prossima XVI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi (della Chiesa Cattolica), che avrà inizio il 4 ottobre.
A questo link si apprende che vi saranno, per la prima volta nella storia dei Sinodi, 54 donne con diritto di voto.
Ovviamente sono possibili diverse chiavi di lettura della composizione della prossima Assemblea.
La nostra è solo una prima proposta di analisi. E, in tal senso, ci pare di assoluto rilievo la nomina, quale invitato speciale, di don Severino Dianich, per ciò che la sua testimonianza di teologo ha significato nella storia della Chiesa italiana del postconcilio. È stato uno dei fondatori dell’Associazione Teologica Italiana (ATI) nel 1967, divenendone Presidente dal 1989 al 1995. La sua riflessione cristologica ed ecclesiologica ha segnato un profondo rinnovamento d’approccio a queste aree disciplinari del sapere teologico.
Ed anche l’attuale Presidente dell’ATI, Riccardo Battocchio, risulta tra i Membri di nomina pontificia.
Tra gli invitati speciali si notano il Priore di Taizé, Frere Alois; tra le assistenti spirituali, la Badessa del Monastero benedettino di Viboldone Maria Ignazia Angelini e, quale Referente per la Liturgia, padre Matteo Ferrari della Comunità Monastica di Camaldoli. Tra gli Esperti e Facilitatori, il canonista Alphonse Borras e il gesuita peruviano Juan Jorge Bytton Arellano, che partecipò con il sottoscritto al primo ciclo del Corso sulle Feste Ebraiche tenuto quest’anno online da Miriam Camerini, a cura del Museo Nazionale dell’Ebraismo e della Shoah (MEIS) di Ferrara.
Sono presenti i rappresentanti di tutte le Chiese Orientali Cattoliche, compreso l’Arcivescovo Metropolita di Asmara, capitale dell’Eritrea. Anzi, uno dei Presidenti Delegati dell’Assemblea è proprio Ibrahim Isaac Sedrak, Patriarca di Alessandria dei Copti, Capo del Sinodo della Chiesa Copta Cattolica.
Tra i Membri di nomina pontificia compare il monaco benedettino Mons. Manuel NIN, O.S.B., Esarca Apostolico per i cattolici di rito bizantino in Grecia, Vescovo titolare di Carcabia e che, essendo stato in precedenza Rettore del Pontificio Collegio Greco a Roma, ha ampia esperienza di formazione di seminaristi fidanzati in attesa di sposarsi, prima di ricevere l’Ordine Sacro, secondo la disciplina canonica orientale.
I Vescovi italiani designati dalla CEI sono: Roberto Repole, Arcivescovo di Torino; Mario Delpini, Arcivescovo di Milano; Franco Giulio Brambilla, Vescovo di Novara; Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto; Domenico Battaglia, Arcivescovo di Napoli.
Merita, scorrendo l’intero elenco dei nomi, ricordare due punti di grande rilievo dell’Instrumentum Laboris del prossimo Sinodo.
Al n. 9) della Sezione B 2.4 del documento si legge: «È possibile, come propongono alcuni continenti, aprire una riflessione sulla possibilità di rivedere, almeno in alcune aree, la disciplina sull’accesso al Presbiterato di uomini sposati?»
Ed al n. 4) Sez. B 2.3): «La maggior parte delle Assemblee continentali e le sintesi di numerose Conferenze Episcopali chiedono di considerare nuovamente la questione dell’accesso delle donne al Diaconato. È possibile prevederlo e in che modo?».
Sono domande, e questioni, dirompenti - va riconosciuto - e che sinora non hanno avuto risposte chiare, né di respingimento, né di accoglienza.
La prima questione, quella dell’accesso al Presbiterato di uomini sposati, ha a che fare, per appunto, con una specifica attitudine più propriamente sociopsicologica, appurato che non vi sono ostacoli dogmatici di alcun tipo nel dare eventuale risposta positiva, come insegna la Tradizione di tutte le Chiese Orientali, cattoliche ed ortodosse.
Insegna il n. 16 del Decreto “Presbyterorum Ordinis” del Vaticano II, sul ministero e la vita dei presbiteri: “La perfetta e perpetua continenza per il regno dei cieli (…) non è certamente richiesta dalla natura stessa del sacerdozio, come risulta evidente se si pensa alla prassi della Chiesa primitiva e alla tradizione delle Chiese orientali, nelle quali, oltre a coloro che assieme a tutti i vescovi scelgono con l'aiuto della grazia il celibato, vi sono anche degli eccellenti presbiteri coniugati: per questo il nostro sacro Sinodo, nel raccomandare il celibato ecclesiastico, non intende tuttavia mutare quella disciplina diversa che è legittimamente in vigore nelle Chiese orientali, anzi esorta amorevolmente tutti coloro che hanno ricevuto il presbiterato quando erano nello stato matrimoniale a perseverare nella santa vocazione, continuando a dedicare pienamente e con generosità la propria vita per il gregge loro affidato.”
Andrebbe dunque serenamente riconosciuto che uno dei motivi di più fiera – a volte persino livorosa se non rabbiosa – reazione verso la possibile ordinazione dei cosiddetti “viri probati” consiste proprio in effettive cause d’ordine psicologico, che affondano in una sorta di sessuofobia, mai dichiarata come tale, di cui è stata buona custode la (ex) Congregazione per la Dottrina della Fede, come del resto attesta anche il recentissimo diniego alla elezione del nuovo Decano dello Studio Teologico di Bressanone, le cui motivazioni non sono di certo competenza del Dicastero per la Cultura e l’Educazione. Vale a dire – ad utilizzo di chi finge di non capire -: quest’ultimo Dicastero accorda o non accorda il nihil obstat alla nomina, ma le motivazioni del diniego – che nel caso di Bressanone sarebbero da rinvenirsi «nelle pubblicazioni del prof. Lintner su questioni di morale sessuale cattolica» - sono di esclusiva competenza del Dicastero per la Dottrina della Fede. Che peraltro brillò di particolare ostinata chiusura nelle tematiche di etica sessuale, giungendo ad affermare ad esempio, nel 1986: “Nessun programma pastorale autentico potrà includere organizzazioni, nelle quali persone omosessuali si associno tra loro, senza che sia chiaramente stabilito che l'attività omosessuale è immorale. Un atteggiamento veramente pastorale comprenderà la necessità di evitare alle persone omosessuali le occasioni prossime di peccato.” Ed ancora, testualmente: “Vanno incoraggiati quei programmi in cui questi pericoli sono evitati. Ma occorre chiarire bene che ogni allontanamento dall’insegnamento della Chiesa, o il silenzio su di esso, nella preoccupazione di offrire una cura pastorale, non è forma né di autentica attenzione né di valida pastorale. Solo ciò che è vero può ultimamente essere anche pastorale. Quando non si tiene presente la posizione della Chiesa si impedisce che uomini e donne omosessuali ricevano quella cura, di cui hanno bisogno e diritto.
Un programma pastorale autentico aiuterà le persone omosessuali a tutti i livelli della loro vita spirituale, mediante i sacramenti e in particolare la frequente e sincera confessione sacramentale, mediante la preghiera, la testimonianza, il consiglio e l'aiuto individuale. In tal modo, l’intera comunità cristiana può giungere a riconoscere la sua vocazione ad assistere questi suoi fratelli e queste sue sorelle, evitando loro sia la delusione sia l’isolamento.
16. Da questo approccio diversificato possono derivare molti vantaggi, non ultimo la constatazione che una persona omosessuale, come del resto ogni essere umano, ha una profonda esigenza di essere aiutato contemporaneamente a vari livelli.”
Il documento, da cui sono tratte le citazioni, del 1° ottobre 1986, reca la firma del Prefetto Card. Joseph Ratzinger e la menzione dell’approvazione del Papa Giovanni Paolo II.
La questione della soggettività e della correlata libertà sessuale sarà uno dei grandi temi che interrogheranno l’assise sinodale.
Il Mar Rosso non è stato sinora mai ancora attraversato.
La “Fabbrica dei preti”, rispondente al modello del seminario tridentino, non ha mai sinora potuto aprirsi ad un dialogo alla luce del sole di che cosa significhi un’opzione celibataria, sostanzialmente di natura monastica, a fronte della necessità di vivere in pienezza la propria sessualità, ciò che è certamente possibile in forma celibe, ma parlarne si deve, è necessario, vitale come l’ossigeno.
La scorsa settimana il nostro settimanale, insieme alla Comunità di Bose ed all’Associazione Culturale “Casa Alta”, ha promosso uno “Shabbat di tutti”, proprio a Bose – il venerdì sera -, che ha entusiasmato quante e quanti vi hanno partecipato.
Da parte nostra tentammo di farne una specie di termine di confronto dell’esperienza liturgica dell’eremita Adriana Zarri, all’interno del volume, edito da Claudiana, Guardare alla teologia del futuro, curato da Marinella Perroni e Brunetto Salvarani. Lo Shabbat di tutti come condivisione festosa e creativa di pane e vino, che non richiede accrediti identitari di alcun tipo.
Ed uno dei precetti del Sabato ebraico è la unione fisica, sponsale, tra le persone che si amano.
Forse, ormai in tempo di canicola estiva cittadina, refrigerio spirituale potrebbe venire da una dislocazione in terre montane di uno Shabbat di tutti. Prima che inizi il Sinodo. Chissà.
Per averne una visione più completa e dell’alto.
Chissà, chissà.
Intanto crescono attese e speranza dell’intera Chiesa Cattolica.
Buona domenica.