Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Disegno di Sara Sodaro




Credo in un solo Signore

di Dario Culot

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato,[1] della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine.

Ora, la definizione secondo cui Gesù è persona divina, avente però sia natura divina (e quindi eterna al pari del Padre), sia natura umana, sì che sarebbe allo stesso tempo vero Dio e vero uomo (artt. 454, 464 del Catechismo della Chiesa Cattolica), è una conclusione raggiunta dopo scontri teologici durati qualche secolo, che poi si sono definitivamente assopiti; e questa conclusione, accettata ormai da secoli, ha portato a una teologia bloccata sul punto.

La prima cosa che penso di dover dire è che se le idee non si confrontano, accettando passivamente quelle scaturite da un’antica cultura filosofica, non scientifica[2] e ormai del tutto scomparsa,[3] si scivola verso due poli contrapposti: supina accettazione della dottrina insegnata per secoli senza porsi troppe domande, oppure rifiuto totale di questa dottrina ritenuta assurda. Forse non ci si rende conto che adeguandosi al già detto, senza porsi alcuna domanda, c’è il pericolo di analizzare le proprie credenze più che la realtà, perché queste ferree credenze agiscono come un filtro che impedisce di vedere la realtà. Come ogni filtro, cioè, anche questo fa vedere le situazioni non come realmente sono, proprio perché già filtrate dai nostri pregiudizi e dalle nostre strutture mentali ormai consolidate[4].

Sul punto ‘chi è Gesù’ ho già a lungo espresso la mia opinione, per cui non mi resta che rinviare a quanto scritto negli articoli a partire dal n. 573 del 2020 al 607 del 2021: a mio avviso, Gesù è stato un uomo formidabile, ma non può essere Dio. Gesù non è stato neanche solo (né principalmente) un uomo di Dio, mentre possiamo dire che Gesù è la presenza di Dio in questo mondo, capace di rivelarci Dio e dirci molto su come si comporta Dio, ma non su chi è[5]. Probabilmente l’apporto più importante dato da Gesù è stato quello di cambiare radicalmente la nostra idea e la nostra esperienza di Dio.

Normalmente, parlando di Dio-Padre e di Gesù-Dio-figlio noi pensiamo più al rapporto che dal Padre va verso il Figlio (“generato, non creato”, ecc.), mentre pensiamo poco al fatto che Gesù ha messo bene in luce il rapporto che va da un figlio al padre. Anche qui, però, più che capire la paternità divina di Dio, si può pensare semplicemente al fatto che riconoscersi figli significa anzitutto sapere di non essere soli al mondo. E già non è poca cosa.

Quanto al suo regno che non avrà fine, se nel Credo si prendono i vari passi alla lettera, allora qui si parla del regno di Gesù, il che non è propriamente corretto perché per tutta la vita terrena Gesù ha parlato del regno di Padre, non di un proprio regno.

Ma tornando a bomba sul punto centrale, sulla doppia natura, divina e umana di Gesù, riunite in un’unica persona divina,[6] dobbiamo ricordare che la questione non è stata neanche affrontata dai primi cristiani,[7] i quali si accontentavano di ripetere le parole del simbolo della fede battesimale: Credo in un solo Dio, Padre onnipotente…e in un solo Signore, Gesù Cristo…e nello Spirito Santo[8]. Di fronte alla conclusione teologica presa dalla Chiesa, deve essere ribadito che Gesù stesso non ha mai dato alcuna descrizione ontologica (cioè della sua intima natura) di sé stesso, né di Dio-Padre, né della sua relazione col Padre. Allora resta sempre la domanda: Gesù è Figlio in senso traslato – nel senso di una vicinanza particolare a Dio – oppure in Dio stesso vi è un Padre e un Figlio?[9]

Quello che comunque suona piuttosto strano, è che Gesù abbia volontariamente nascosto[10] proprio ai suoi apostoli e ai suoi contemporanei di essere figlio di Dio, generato ab aeterno (nel senso che preesisteva alla sua nascita: art.242 Catechismo), consustanziale a Dio (cioè un solo Dio con lui: art.242 Catechismo), e che lo Spirito santo procedeva dal Padre e da lui stesso quale Figlio di Dio (art.245 ss. Catechismo), tutte statuizioni affermate nei secoli successivi e che tutt’oggi si professano nel Credo della Chiesa cattolica di origine nicenea. Neppure risulta che Gesù abbia mai detto che la sua unica persona era composta da due nature, divina e umana[11].

Non c’è da stupirsi, allora, come oggi sia abbastanza diffusa l’idea che le strutture divine del Credo e le dottrine teologiche appartengano all’ellenismo, diffuso nei primi secoli dopo Cristo, ma non alla rivelazione biblica. Alcune formule umane pensate troppo a lungo in quella cultura hanno fatto di Gesù un’entità metafisica, lontana e astratta, diversa dalla figura dei vangeli, che lo dipingono come una persona viva, con gesti e parole, del tutto assenti nel Credo. Ovvia allora la conseguente domanda: si tratta di una trasposizione legittima del vangelo o di una deformazione che lo snatura?[12]

Ecco allora, la prima delle tante cose che la mia piccola mente non riesce a capire: la Chiesa mi dice che Dio, - a un certo punto della storia, - si è incarnato nell’umano Gesù, il quale però resta Dio; questo vuol dire che Gesù, se è e resta Dio, resta anche il trascendente, cioè l’inconoscibile per definizione. Ma, allora, come può l’infinito trascendente improvvisamente fondersi all’interno in una cornice umana finita, cioè in un soggetto che si può vedere, toccare, studiare come oggetto? La trascendenza, a quel punto, che fine ha fatto? Se non è trascendente non è più Dio: l’infinito che rimane definito dalla finitudine umana è la cosificazione di Dio. Perciò, quando nella religione (che fa parte dell’immanente) pensiamo di attrarre Dio Trascendente nel nostro ambito di conoscenza, e vogliamo ridurre il divino inconoscibile a cosa immanente e conoscibile, il concetto di Dio su cui ragioniamo diventa «una cosa», «un oggetto» mentale (immanente) della nostra conoscenza, una «rappresentazione» che noi elaboriamo nella nostre teste. Ma così, attraverso questo processo di conversione mentale, noi sicuramente deformiamo il vero volto di Dio,[13] sì che l’uomo, che crede di essere a quel punto in contatto con l’essenza più profonda di Dio, con l’assoluto metafisico, con la sua vera struttura, è in realtà entrato in relazione solo con le rappresentazioni di Dio da lui stesso costruite nella sua mente[14]. E quando facciamo di Dio una cosa, un oggetto della nostra cognizione, anche se poi rivestiamo questa immagine oggettiva col nome solenne e altisonante di Assoluto, Altissimo, Onnipotente, Sapientissimo,[15] ecc. ecc., Dio resta in realtà trascendente, sempre fuori del nostro campo di comprensione, sì che tutti i superlativi che usiamo non ci permettono certamente di capirlo e definirlo. È il magistero che c’insegna che Dio-Padre e Gesù-Dio sono così, perché loro hanno capito perfettamente che è così leggendo la Bibbia. Ma l’hanno letta come noi, chi studiando un po’ di più, che un po’ di meno. Però sono giunti a un’affermazione illogica e incredibile perché, se come uomini non possiamo raggiungere l’irraggiungibile che è per definizione il Trascendente, che senso può avere l’affermazione che Gesù Cristo, preesistente in Dio e uguale a Dio, è della sua stessa sostanza quando non sappiamo proprio cosa è la sostanza di Dio? Perché non riconoscere che non ha neanche senso domandarsi o domandare se ‘Gesù è Dio?’ per la semplice ragione che stiamo domandando qualcosa che non sappiamo cos’è, sì che in realtà non sappiamo quello che stiamo domandando, perché non conosciamo il contenuto del termine Dio e quindi il contenuto della domanda?

Come diceva se ben ricordo Ortensio da Spinetoli, siamo davanti a costruzioni soggettive, per non dire arbitrarie, che pretendono di aver colto la verità nei termini definitivi, una volta per tutte. Non è vero, allora, che seguendo l’insegnamento ortodosso si dimostra di aver fede, mentre manifestando pensieri diversi si cade nell’errore e nell’eresia, perché neanche il dogma ortodosso è in grado di cogliere la verità che cerca di proporre con orgogliosa sicurezza. Se Dio trascende tutto e tutti, si deve logicamente concludere nel senso che nessuno – neanche il magistero infallibile della Chiesa – lo può abbracciare, né comprendere, né descrivere, né analizzare[16].

Se qualcuno è di idee contrarie, ed è convinto che le parole che recita nel Credo siano veramente illuminanti come compendio della sua fede, mi piacerebbe che illuminasse anche me. Mi piacerebbe in primo luogo sentire su quale base ha tranquillamente annullato frasi del vangelo che sembrano negare espressamente l’insegnamento del magistero: ad es., dicendosi sempre sottomesso al volere del Padre (Gv 10, 30), lo stesso Gesù ammette di non essere uguale a Dio, e allora come fa ad essere Dio vero da Dio vero? E, ancor meglio, cosa intendiamo quando diciamo “Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero”? Forse che Dio da Dio non è già Dio vero da Dio vero? Siamo davanti a un’inutile ripetizione oppure è un tentativo di arrivare a un altro vuoto superlativo per descrivere la divinità, come Altissimo al posto di alto, Onnipotente invece che potente?

Non è poi così strano allora se, nonostante i dogmi e nonostante la Chiesa abbia cercato di soffocare ogni voce discorde, l’idea che Gesù sia stato solo un uomo si è mantenuta nel corso dei secoli.

Giustino, nel suo Dialogo contra Trifone (48: R136), racconta che uomini di origine ebraica confessano che Gesù è il Cristo, ma lo predicano come uomo che deriva dagli uomini. Lasciamo pur perdere la tesi di Ario, alla fine dichiarata eretica ma che per lungo tempo era la tesi maggioritaria nella stessa Chiesa. Sappiamo che solo verso il 200 si è cominciato a riflettere sul rapporto intradivino di Gesù con Dio, e che le vere discussioni, passate attraverso Nicea e altri concili, hanno trovato una forte conclusione in Calcedonia (nel 451 d.C.), ma neanche questa conclusione è stata accettata da tutte le Chiese cristiane. Chi non ha accettato si è staccato dalle Chiesa di Roma e di Costantinopoli[17].

Solo per fare qualche altro esempio, si può ricordare che ancora nel 1590 le monache del monastero di Santa Chiara di Udine, erano convinte che Gesù fosse stato soltanto un uomo, e vedevano Roma come Babilonia si che si aspettavano “un angelo bianco che taglierà il capo al papa”[18]. Ora, per quanto sia stata la Chiesa a tagliare molte teste di eretici, non c’è dubbio che il cristianesimo sia stato da sempre un fenomeno ben più complesso e variegato di quanto oggi molti immaginano.

Ma arrivando ad oggi? Quei concetti e quei termini che nei dibattiti teologici dei primi secoli (specialmente dal IV al VII) tanto avevano appassionato i cristiani, sono ancora comprensibili? Sono certo che attualmente assai pochi credenti sappiano dire qualcosa dei termini chiave che entrarono allora in gioco: physis, ousía, hipóstais, ecc.[19] Chi capisce oggi questa terminologia? A chi interessa? Ma soprattutto: quali problemi pratici ci risolve? Come ha detto chiaramente don Luciano Locatelli:[20] cosa ci cambia nella vita sapere che Gesù è Dio?[21] Credo niente. Forse più di qualcosa potrebbe cambiare in noi credendo veramente che Dio si comporta come Gesù. Sicuramente nessuno può dire che il Trascendente (che per definizione è al di fuori della nostra portata, della nostra comprensione), è così o colì, come fossimo davanti a un teorema di geometria. Il magistero, con le sue dottrine, finisce con l’attribuire più importanza a ciò cui credono i cristiani che a come vivono. Però, dobbiamo tener presente che fin quando il magistero insegna una dottrina, trasmette una teologia, fin che si vuole ortodossa, ma non certamente il Vangelo, che ci mostra un modello di vita. Oggi dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che il centro del cristianesimo non sta nelle nostre idee, nel nostro modo di pensare, perché oltre a questo, è decisivo il nostro modo di vivere[22]. Oggi il magistero dovrebbe avere l’umiltà di riconoscere che finora ha fatto solo finta di sapere tutto della Verità ultima, e perfino di com’è la struttura intima di Dio che evidentemente – per il magistero,- non è più un mistero. Cioè il magistero è convinto che il mistero divino era una realtà in cui lui è tranquillamente entrato. La verità invece è che neanche il magistero può definire Dio, che resta un mistero; può al più spiegare come si comporta Dio, per cui può al più dire che Dio è come Gesù; che Dio si è manifestato, incarnato, umanizzato in Gesù, e se l’uomo Gesù con la sua vita ci ha offerto (nei vangeli giunti fino a noi) un modello per capire cosa significa essere umani, se si è umani col dono di sé e col perdono (non col potere e non col denaro), allora si deve partire dalla carne dell’uomo Gesù per intuire qualcosa di Dio, restando per il resto la sua struttura trascendente un mistero incomprensibile. Invece costruire oggi la nostra fede in Gesù con ingredienti dottrinali metafisici non risolve nessuno dei problemi che nel nostro tempo si prospettano davanti a noi, che cerchiamo di essere credenti in Dio, in Gesù Cristo e nel Vangelo[23].

Perciò non posso che aderire a quanto spiegato da Bruno Mori nel suo sintetico ma brillante articolo:[24] a Nicea si è arrivati a un consenso sulla struttura di Dio (tre persone divine, Padre, Figlio e Spirito santo, concorrono a formare Dio), entrando nella sua intimità e implicitamente escludendo che fosse ancora un mistero. Peccato che non abbiano mai spiegato attraverso quali rivelazioni soprannaturali avevano potuto ottenere accesso a questa intimità della vita divina, essendo ormai tutti dell’idea – perfino un papa conservatore come papa Benedetto XVI, unico vero papa secondo tanti credenti,- che Dio è e rimarrà sempre un mistero assoluto, inaccessibile all’intelligenza umana.

Dunque, se lo stesso papa Benedetto, ancora prima di diventare papa, aveva scritto che, quando si parla del Dio Trascendente, non sappiamo sostanzialmente nulla e riusciamo solo ad accennare alla verità, che tuttavia nella sua totalità non coglieremo mai in questa vita, appartenendo noi a un ambito diverso,[25] ci si deve pur chiedere: com’è che il magistero di oggi continua imperterrito a imporre ai fedeli la stessa concezione trinitaria di Dio che si era formata nel IV secolo, in una società e in una cultura in cui si era anche certi e convinti che la terra fosse al centro dell’universo, che era sufficiente salire in verticale nel cielo per arrivare fino a Dio,[26] che Dio viveva in un mondo parallelo a quello terrestre[27], che gli astri erano esseri viventi capaci di influenzare la vita sulla terra, ecc.?

Se è certo che non possiamo sapere con assoluta certezza nulla di Dio, nemmeno se esiste, come potremmo pretendere di affermare che ha un Figlio divino e che questo Figlio si è storicamente incarnato in un individuo della nostra razza? Non ci troviamo forse qui in un puro delirio teologico? Il dogma cristiano dell'incarnazione di Dio e della divinità di Gesù continuerà a essere la pietra d'inciampo contro cui si scontreranno e si infrangeranno tutti i tentativi di riformulare, in un linguaggio più conforme alle nostre attuali conoscenze, l'osservazione di una Energia amorevole e intelligente che si manifesta ovunque nell'Universo e che si "incarna” realmente nelle profondità più segrete della materia che lo costituisce. Se si vuole dire che un essere umano è una "incarnazione di Dio", tale affermazione potrà essere accettabile oggi solo se intesa in senso simbolico. Infatti, basta il senso comune per dirci che un essere umano non potrà mai essere Dio e che Dio non sarà mai umano. Del resto anche Calcedonia aveva affermato che non ci può essere confusione fra natura umana e natura divina, e allora possiamo creare corrispondenze analogiche, ma mai simmetrie ontologiche come sostiene il magistero[28]. Se invece diciamo che la stessa persona è Dio ma è anche uomo, creiamo proprio quella confusione che Calcedonia aveva voluto evitare.

Riconosco che posso anche sbagliare nel parlare in questi termini, ma mi sembra che essi siano comunque meno confusi dell’insegnamento del magistero, e che quindi possano essere presi come base per ulteriori approfondimenti e ragionamenti. Come ha infatti detto una volta Péter Krekó (direttore del Political Capital Institute), la verità emerge più facilmente dall’errore che dalla confusione.

L’uomo Gesù ci ha presentato un ritratto di Dio diverso da quello proclamato nel Credo, tanto che è stato preso subito per bestemmiatore nel suo annunciare questo Dio diverso. Anzitutto Gesù ha parlato di un Padre misericordioso, invitando a dimenticare tutto quel che sappiamo di Dio per fissare solo il volto di un Padre[29]. Il messaggio di Gesù è stato presentato come “la buona notizia” (Mc 1,1), l’annuncio di “una grande gioia”: mai prima presente nella storia delle religioni: un Padre che ama talmente le sue creature da investire col suo amore persino i peccatori, i cattivi, gli eretici, insomma tutti!

Di fronte a questa proposta innovativa, l’accoglienza è stata immediata da parte dei miscredenti, dei peccatori, ma non da parte delle persone pie e religiose, e non da quanti non riescono proprio ad accettare questa idea di amore gratuito da parte di Dio preferendolo “meritarlo” con il proprio impegno. Dopodiché, l'amore di Dio a costoro è ‘dovuto’, come il fariseo che presentandosi di fronte al Signore si compiace e gli snocciola tutto quello che lui ha fatto per Dio (Lc 18,9-14), tutti i suoi meriti: “non sono come l’altra gentaglia... digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo...”. Quel fariseo non aspetta nessuna “buona notizia”; è lui che presenta la sua buona notizia al Creatore... tutto quello che io ho fatto per te! Che aspetta Dio a ringraziarlo? Il pubblicano è pieno di peccati. Che meriti ha il pubblicano peccatore? Nessuno. Ma il fariseo così ricco di meriti, che è convinto di essere in grazia di Dio, che sa di essere più degno, più puro e quindi più vicino a Dio, che fine fa? Il Padre semplicemente lo ignora e dirige tutto il suo amore al povero pubblicano che non ha neanche il coraggio di entrare nel tempio[30]. Secondo Gesù così si comporta Dio. La parabola insegna che l’aspetto patologico dei buoni credenti sta proprio nel sentirsi dalla parte giusta e nel pensare che sono solo gli altri a dover cambiare[31]. Il fariseo non torna a casa giustificato, cioè in giusto rapporto con Dio,[32] perché pensa di essere lui il principio del bene che compie. L’uomo spirituale è consapevole di non essere lui il principio della sua perfezione ed azione (Gv 5, 19: il figlio non fa nulla da sé)[33]. L’uomo spirituale sa che non è lui ad amare, ma è il bene che già esiste fuori di lui e che in lui cerca di diventare amore; non è lui a volere, ma la forza della vita che in lui cerca di diventare desiderio, azione[34].

Oggi non si può dire che è cambiato molto: appellandosi proprio all’insegnamento di Gesù, gli si fa dire spesso l’opposto di quanto ha detto, e si continua a insegnare che Dio premia i buoni e punisce i cattivi: quel fariseo cioè, che ha sempre rispettato la legge, dovrebbe essere premiato e quel pubblicano punito. Così il figlio maggiore che ha sempre obbedito al padre, come ci racconta la parabola del figliol prodigo. Il Padre che spinto dal suo amore “tutto copre” (1Cor 13,7) è stato cancellato e si è tornati al Dio minaccioso e tremendo al quale nulla sfugge, nulla perdona, e tutto annota nel suo grande libro dei peccati. E – come dice Alberto Maggi - lo sguardo premuroso del Padre al quale neanche gli aspetti più insignificanti della nostra vita appaiono tali[35] è stato sostituito dal terribile occhio al centro del triangolo trinitario, che spia incessantemente e ovunque le mosse di ogni singolo uomo, godendo poi quando lo coglie in fallo!

Evidente che quello che si poteva dire di Gesù nel Credo, innanzitutto la buona novella, non è stato detto. È stato invece detto quello che di Dio e di Gesù non si poteva sapere e non si sa.


NOTE


[1] Dio genera a partire da sé stesso, ma crea a partire dal nulla. Secondo i musulmani, invece (Il Corano - CXII – La sura del culto sincero o della fede pura) Dio non ha generato, né è stato generato, e questo verso è indirizzato contro il Credo dei cristiani, che dice all’opposto che Gesù Cristo è stato generato, non creato. Pronunciando questo verso, ogni musulmano pensa oggi ai cristiani (Samir Khalil Samir, Cento domande sull’Islam, ed. Marietti 1820, Genova, 2002, 19).

[2] Perché, come sappiamo, la scienza non punta a imporre delle verità, ma a diminuire le incertezze.

[3] Per fare un esempio in un altro campo, pensiamo solo a come la cultura della globalizzazione di questi ultimi decenni ha sviluppato un insieme di legami fra ordinamenti giuridici diversi, impensabili fino al secolo scorso. Oggi anche il nostro diritto nazionale è caratterizzato da interdipendenze, assenza di un sistema giuridico unitario, da sovrapposizioni, intrecci e nuove gerarchie che hanno portato allo stravolgimento di un sistema che durava, pure lui, da secoli. Non accettare oggi queste novità significa non saper analizzare la realtà.

[4] Non è forse anche per questo che la Chiesa istituzionale, costruita con un sistema di regole e di norme calate dall’alto della gerarchia, con poca disponibilità a mettersi in discussione, sta perdendo rilevanza?

[5] Castillo J.M., El Evangelio maginado, Desclée De Brouwer, Bilbao (E), 2019, 154. Tornerò sul punto più avanti nell’articolo.

[6] Fu col concilio di Nicea del 325, in cui venne redatto il Credo tutt’oggi professato, che venne affermato il dogma che Gesù è Dio, che Dio è comparso sulla terra come persona, la persona del Figlio. Il 431 il concilio di Efeso proclamò che le due nature – umana e divina - si trovano nell’unica persona del Figlio di Dio. Nel concilio di Calcedonia del 451 si affermò l’umanità di Gesù (in Il nuovo catechismo olandese, ed. Elle Di Ci, Torino, 1969, 98).

[7] Quando Gesù era presente in mezzo agli apostoli, nella pienezza della sua umanità, non per questo essi lo avevano classificato come appartenente all’umanità comune. Così, quando dopo morto e risorto era stato assunto in cielo per risiedere alla destra del Padre, non per questo avevano optato in favore di un Cristo celeste. Negli apostoli il Messia riconosciuto nella persona di Gesù ed il Messia sovrannaturale erano rimasti confusi senza respingersi (Gentile P., Storia del Cristianesimo dalle origini a Teodosio, ed. Rizzoli, Milano, 1969,102). In poche parole, non avevano approfondito il problema. Ma, deve essere sottolineato che, sia Pietro il rinnegatore pentito, sia Tommaso il cinico dubbioso convertito, sia Paolo, il persecutore convertito, furono alla fine certi che Gesù parlava ed agiva in nome di Dio.

[8] Io credo in Dio Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra.

Ed in Gesù Cristo suo Figliuolo unico, Signor nostro.

Cfr. il simbolo apostoli riportato al n. 634 di questo giornale.

[9] Paolo (Rm 1, 3-4) parla di Gesù “nato come uomo dalla stirpe di Davide” e tramite la resurrezione fu “costituito Figlio di Dio”, il che, più che un richiamo alla divinità di Gesù, appare essere un letterale richiamo ad un uomo glorificato, costituito da Dio come salvatore di tutti gli uomini (Masina E. e al., Linee di un catechismo per l’uomo d’oggi, ed. Rocca, Assisi, 1971, 167). Mi sembra impossibile negare che Paolo veda Gesù in posizione subordinata rispetto a Dio. A rafforzare questa idea vedasi ancor più chiaramente Rm 8, 14-17: lo Spirito di Dio, che ha resuscitato Gesù dai morti, ora abita nei credenti, e li rende “figli adottivi” di Dio, ma “se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo”. Deduzione logica: se Cristo è Dio, non può essere erede di Dio, perché nessuno può essere erede di sé stesso; quindi Gesù è posto da Paolo su in piano inferiore a Dio.

[10] Il papa dice che, se il Sommo sacerdote domanda: “Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto,” significa che simile interpretazione era diventata ormai di dominio pubblico uscendo dalla cerchia dei discepoli (Ratzinger J-Benedetto XVI, Gesù di Nazareth, ed. Libri Oro Rizzoli, Milano, 2008, 346). È vero, ma tale domanda sorge spontanea dal momento che il sinedrio ben era stato informato del fatto che Gesù sembrava mettersi sullo stesso piano del Dio vivente, ad es. quando Gesù dice in pubblico al paralitico: ti sono rimessi i tuoi peccati (Mc 2, 5). Se Gesù parlava e operava così in pubblico è chiaro che la sua azione era di dominio pubblico.

[11] Augias C. e Pesce M., Inchiesta su Gesù, ed. Mondadori, 2006, 40.

[12] Gounelle A., Parlare di Cristo, ed. Claudiana, Torino, 2008, 27.

[13] Questo è stato correttamente definito il «processo di conversione diabolica» (Ricoeur P., Della interpretazione: saggio su Freud, Il Saggiatore, Milano, 1967) in virtù del quale Dio in sé stesso si riduce a un concetto filosofico, metafisico.

[14] Meno male, allora, che ci sono gli atei a distruggere i nostri idoli, le false immagini di Dio create dall’uomo (Guardini R., Fenomenologia e teoria della Religione, in Scritti filosofici, vol. II, Fabbri, Milano, 1964, 280). Gli atei hanno una funzione purificatrice benefica sui credenti perché li obbligano a ripensare l’immagine che essi si sono fatti di Dio, a scoprire che le false immagini di Dio che si sono fatti devono essere abbandonate.

[15]Dicendo che Dio è sapientissimo non sappiamo cosa sia in Dio la sapienza, perché conosciamo solo la sapienza umana Perciò, quando attribuiamo a Dio una perfezione illimitata non aggiungiamo conoscenze maggiori alla realtà divina (Molari C., La funzione dell'analogia nel linguaggio teologico, "Rassegna di teologia" 1994, n.4, 407 e 410).

[16] Castillo J.M., Dio e la nostra felicità, ed. Cittadella, Assisi, 2008, 76.

[17] I monofisiti (cioè quelli rimasti convinti che l’umanità di Gesù si è dissolta nella divinità enormemente superiore) sono rimasti tali non accettando i dogmi del Concilio di Calcedonia, e diventarono per Roma eretici e scismatici. Sono stati chiamati giacobiti. O più precisamente: non accettando Calcedonia, la chiesa armena, quella siriaca monofisita (giacobita) occidentale e quella siriaca nestoriana orientale, nonché la chiesa copta egiziana si sono definitivamente separate dalle Chiese che invece avevano accettato Calcedonia (Bucci O. e Piatti P., Storia dei concili ecumenici, ed. Città Nuova, Roma, 2014, 144).

[18] Prosperi A., Eresie, ed. Quodlibet, Macerata, 2021, 499.

[19] Già molti secoli fa quando il mondo greco, nel quale si elaborò il dogma cristologico, si estinse, le sue rappresentazioni, concetti, presupposti e schemi mentali si sono via via rivelati estranei all’umanità (Smulder P., Mysterium Salutis, vol. III, tomo I, a cura di Johannes Feiner e Magnus Löhrer, Brescia, Queriniana, 1967-1978).

[20] Nella conferenza Incarnazione e Chiesa, a Treviso, in https://www.youtube.com/watch?v=VYyPsFTzNxo.

[21] Ma lo stesso succede con la Madonna. Cambierebbe qualcosa sapere che ha avuto altri figli? Solo per aver avuto altri figli non la riterremmo più degna di devozione e non la riconosceremmo più per quella grande donna che è stata?

[22] Castillo J.M., El Evangelio maginado, Desclée De Brouwer, Bilbao (E), 2019, 194.

[23] Idem, 78.

[24] Mori B., Tra miti e nuove narrazioni, “Adista”, 23.10.21, n.37.

[25] Ratzinger J., Introduzione al Cristianesimo, Queriniana, Brescia, 163s.

[26] Questi collegamenti col cielo, contenuti nel Credo e in altre preghiere come il Gloria (Signore Dio, Re del cielo) rispecchiavano la cultura dell’epoca. Lo stesso Gesù – a conferma del fatto che era un uomo, - quando pregava alzava gli occhi al cielo. Ovvio che, come tutti, pensava che Dio abitasse nel cielo sopra di noi. Ovvio che, se lo si descriveva come Dio, poteva scendere e salire in cielo a suo piacimento.

[27] Per la visione eteronoma del mondo si rinvia all’articolo Credo in Dio Padre Onnipotente, al n. 639 di questo giornale.

[28] Mori B., Tra miti e nuove narrazioni, “Adista”, 23.10.21, n.37, 9.

[29] Se avesse allora parlato anche di un volto materno, l’avrebbero lapidato seduta stante. Nella Bibbia non è mai stato dato a Dio il titolo di Madre. Papa Giovanni Paolo I, affacciato sulla piazza di S. Pietro, ha osato parlare per la prima volta di Dio non solo come Padre, ma anche come Madre, perché madre significa anche protezione e specialmente amore. La sua morte immediata ha sollevato più di qualche sospetto, soprattutto perché non è stata fatta un’autopsia chiarificatrice, con la scusa che il corpo di un papa è intangibile.

[30] Maggi A., Parabole come pietre, Cittadella, Assisi, 2007, 90.

[31] Maggi A. e Thellung A., La conversione dei buoni, ed. Cittadella, Assisi, 2005, 44.

[32] Giustificato significa reso giusto, salvato dal Cristo morto e risorto per noi (Benedetto XVI, La gioia della fede, ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2012, 51).

[33] Molari C., Per una spiritualità adulta, ed. Cittadella, Assisi, 2008, 131.

[34] Idem, 129.

[35] “Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo sappia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!" (Mt 10,29-31).