Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

La processione della sposa sul fiordo Hardangerfjord - Adolph Tidemand e Hans Gude - immagine tratta da commons.wikimedia.org

Matrimonio fiduciario


di Stefano Sodaro

Vorremmo interrogarci ancora su un tema giuridico molto particolare, affrontato rispettivamente al n. 614 ed al n. 616 del nostro settimanale. Forniamo i link: https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-614/stefano-sodaro-ma-tu-guarda-la-fiducia e https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-616/stefano-sodaro-onnigamia-concordataria-contro-antagonismo-sovranista. L’argomento attiene alla costruzione di possibili rapporti giuridici fondati su una nozione del tutto particolare di “fiducia”.

La “fiducia”, nella stretta e tecnica impostazione civilistica, fa riferimento ad una pattuizione tale per cui il contratto che viene concluso, stipulato, ha soggiacente un altro accordo che farà produrre al primo effetti altri e diversi, a volte anche esattamente opposti al primo accordo, quella formalmente “divisato”, come si dice. È lecita simile costruzione? Si può stabilire in un contratto una cosa per volerne un’altra? Le sopracciglia si inarcano, c’è come “fumus” di frode. Se poi – ed è questo lo spunto odierno – si giungesse a parlare addirittura della possibile esistenza di un “matrimonio fiduciario”, con buona probabilità l’inarcamento sovra-oculare si trasformerebbe in un sonoro pugno sul tavolo di qualunque legale scrivania.

E tuttavia le cose sono un po’ più complesse e, per fortuna, un po’ più sottili e raffinate.

Iniziamo con il riconoscere che il contratto fiduciario è categoria del tutto lecita, fin dai tempi autorevolissimi del diritto romano: ricordi di università forse riescono a far emergere dalla polvere della memoria la fiducia cum amico e la fiducia cum creditore. Il primo è un negozio giuridico con cui due “amici” – o “amiche”, o “amico” e “amica” – si accordano perché la proprietà di beni dell’uno sia traslata all’altro per un particolare motivo che è a conoscenza soltanto delle parti e che spesso consiste nel far conseguire al primo “amico” un qualche beneficio che, permanendo la titolarità dei beni in capo allo stesso “amico”, non potrebbe essere conseguito. Il secondo, invece, la fiducia cum creditore, è una forma di garanzia e sconta, nel nostro ordinamento, il rischio di confliggere con il divieto di patto commissorio di cui all’art. 2744 del cod. civ. (per capirci, il creditore non può mai, in ragione dell’inadempimento del suo credito, diventare per ciò stesso proprietario dei beni del debitore. Afferma l’appena menzionato articolo di legge: È nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione dell’ipoteca o del pegno). Ma limitiamoci qui alla fiducia cum amico e richiamiamo un contributo dottrinale che ha osato parlare di matrimonio fiduciario.

Viene in evidenza un saggio del Prof. Cesare Grassetti che compare nella collana Studi in onore di Antonio Cicu, vol. II, Milano, Giuffrè, 1951, pp. 572 ss. e può essere letto al seguente link: https://www.academia.edu/33102458/Cesare_Grassetti_Il_matrimonio_fiduciario_1951_.

Un esempio di “matrimonio fiduciario” può essere quello – scrive al tempo testualmente il professore – della «apolide «non ariana» che contrae matrimonio con vecchio belga ricoverato in ospizio per scampare dalla deportazione in Polona» o della «profuga tedesca che contrae matrimonio con il prigioniero francese sulla strada del rimpatrio, per essere ammessa ad entrare in zona «alleata», e così concludere la fuga verso occidente», o, ancora, della «cittadina cecoslovacca che sposa per procura un italiano per sottrarsi, con l’espatrio, a persecuzioni politiche, salvo poi ricongiungersi all’estero con il precedente marito, anch’egli profugo, senza avere frattanto mai visto né conosciuto lo sposo italiano».

Secondo Grassetti non ci si trova dinanzi ad un matrimonio simulato – comunque valido perché la simulazione, diversamente da quanto accade nel diritto canonico, non ha rilevanza nel diritto civile statale -: «È invece da ritenere che l’ordinamento possa dare una valutazione positiva dell’intento perseguito dalle parti, nelle fattispecie in discussione. Perché, in sostanza, il problema è tutto qui. Lo scopo pratico del matrimonio fiduciario in tanto sarà inibito all’autorità privata, in quanto si debba concludere, in base ad una valutazione sociale del rapporto, e con riguardo ai principi informatori del nostro sistema, e particolarmente a quelli del matrimonio, che ad esso corrisponde un interesse immeritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico. (…) Qui l’intento perseguito dalle parti – lo scopo fiduciario – merita di essere apprezzato volta per volta, alla luce della situazione di fatto; esso apparirà non indegno di tutela allor che rappresenta la eliminazione di situazioni ingiuste, la realizzazione di un alto fine di solidarietà umana e sociale. Di fronte ai casi esaminati, si è autorevolmente affermato che, «ad una visione più elevata e più ampia, che tenga conto dell’ordine sociale e dell’autoresponsabilità individuale», la soluzione della giurisprudenza si dimostra sfornita di una giustificazione adeguata [vale a dire che i giudici non potrebbero che dichiarare la nullità di tali matrimoni, NdS]; è questo un discorso che non può non lasciare perplessi. A me pare, tutt’al contrario, che si vi è un caso in cui l’autoresponsabilità privata non può davvero essere invocata, per farne discendere una così grave sanzione a carico di chi ha fatto appello alla solidarietà di un amico, e a carico dell’amico che ha risposto con fraterno gesto, questo è proprio il caso del matrimonio fiduciario. L’opposta soluzione appare inspirata ad un rigido formalismo, che prescinde da ogni valutazione umana e sociale del rapporto.»

Dunque per il Prof. Grassetti la conclusione di un “matrimonio fiduciario” corrisponde ad un “fraterno gesto”. La validità di un matrimonio assolutamente singolare dipende, insomma, dalla fraternità e – diciamo noi nel 2021, settanta anni dopo – dalla sororità.

La “fiducia”, in senso strettamente giuridico, è capace così di disegnare nuove prospettive a codificazioni di rapporti interpersonali che ogni nostro assetto sociale considera, in realtà, intangibili.

La “fiducia” riesce ad entrare addirittura dentro il diritto matrimoniale, al punto da far balenare orizzonti, impensati ed impensabili, di riflessione sulle nostre stesse sistemazioni mentali, per aprirci a qualcosa di forse ancora indefinibile, non chiarissimo, per molti probabilmente persino temibile, ma che risulta più chiaro ai giuristi che ai filosofi e ai teologi. Fa impressione e fa pensare.

Buona domenica.