Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Stanchi di difendere l’Ucraina dopo due anni? 


di Dario Culot


L’Ucraina è grande circa il doppio dell’Italia. In arancio la parte minima dell’Ucraina che la Russia cerca di annettersi dopo aver occupato Crimea e Donbass 



Dall’aggressione russa dell’Ucraina il 24 febbraio 2022 sono ormai passati due anni, e da quella data l’Europa è uscita dal ciclo storico di pace iniziato nel lontano maggio 1945, con la fine della seconda guerra mondiale.

Purtroppo al momento non si vedono soluzioni diplomatiche, per cui sono sempre le armi a imporre la loro voce:[1] la guerra continua e l’invasore russo è sempre lì. L’unico dato certo è che, minor credibilità la Russia dà al sostegno militare occidentale, minor probabilità di successo ha anche la diplomazia. È certamente auspicabile che un eventuale accordo di pace non sia il mero risultato di scontri brutali sul terreno, purtroppo però l’esito di questi scontri avrà – come sempre,- un grande peso per vedere come si concluderà questa guerra. Per spuntare un ragionevole compromesso, e non firmare una resa totale, L’Ucraina ha infatti bisogno di sedersi al tavolo in posizione di forza, - come del resto era accaduto fra i belligeranti nella guerra di Corea,[2]- altrimenti i due piatti della bilancia non sono più o meno alla pari, e chi pesa di più impone le regole all’altro.

Questa è una guerra imperiale, e normalmente le guerre imperiali o si vincono o si perdono. Difficile che finiscano con altre soluzioni. È una guerra imperiale perché la Russia si sente imperiale,[3] cioè ha la pretesa di comandare e non sente di dover rispettare i vicini come suoi pari. I russi considerano gli ucraini russi mal riusciti, da tenere sotto il loro protettorato.

E se qualche anima ingenua ancora pensa che basterebbe insistere con i tentativi diplomatici per arrivare a una pace onorevole (ovviamente guardandosi bene dal suggerire proposte spendibili che neanche lei ha, e non appelli generici[4]), la sua convinzione dovrebbe essere sfumata dopo quello che si è visto all’Onu almeno dal 20.9.23 in avanti. Tutti sono rimasti fermi sulle loro posizioni iniziali, senza che uno faccia un passao per venire incontro all’altro[5]. Zelensky ha però giustamente ricordato che al momento sono i soldati ucraini a fermare col loro sangue ciò che l’Onu è incapace di fermare col voto[6]. Le Chiese ortodosse si sono schierate con i rispettivi governi. In particolare Putin, come del resto aveva fatto l’imperatore romano Costantino, ha ben pensato di sposare la croce con le armi. Insomma, rinnovando la tradizione costantiniana le Chiese ortodosse non hanno saputo far altro che le cappellane del potere costituito. Il papa si è offerto di andare in Russia e non gli hanno neanche risposto. Il segretario di Stato vaticano Parolin è andato in Russia ma è tornato a mani vuote. Insomma, nessuna Chiesa ha minimamente inciso su questa tragedia: vuol dire che i governi coinvolti nella guerra ritengono che le Chiese non hanno quel tanto di autorità per essere riconosciute come valide mediatrici.

Trump ha promesso di porre fine alla guerra Russia-Ucraina in 24 ore (tanto che sui quotidiani del 21.1.2024 risulta che Zelensky l’abbia subito invitato a Kiev per mostrare come farebbe). Purtroppo c’è da aver paura di chi offre soluzioni semplici per problemi complessi. Come diceva l’acuto filosofo Karl Popper, le risposte semplici le hanno solamente coloro che non conoscono le domande.

In Europa occidentale, fino allo scoppio della guerra, godeva di ampio credito un’idea un po’ particolare della pace: “Dove marcia l’economia non marciano gli eserciti”[7]. Mario Draghi aveva icasticamente rappresentato la vera idea di pace europea: sicurezza militare a carico degli USA, energia a buon prezzo dalla Russia,[8] ricchi commerci con la Cina. Questa è l’unica cosa che veramente c’interessa. Sennonché la sola economia, anche se gira, non basta per avere la pace nel mondo, non basta per appagare la nostra aspirazione al quieto vivere, soprattutto quando non tutti mettono l’economia e il buon tenore di vita al primo posto. Così questa nostra idea di pace è andata in frantumi, anche perché era un’idea piuttosto egoistica, e – com’è noto - l’egocentrismo è una economia molto precisa: i costi vanno scaricati principalmente sugli altri; ma questo non porterà mai alla vera pace nel mondo. La nostra continua ad essere una società che consuma con nervosa bulimia senza riflettere sulle conseguenze. E la vera pace richiede di essere sostenuta da tre altre gambe del tavolo per essere duratura: “Verità e pace si abbracceranno, giustizia e amore si baceranno” (Sal 85,11). Con la sola economia la pace non va.

I primi due presupposti (energia a buon prezzo e affari crescenti e vantaggiosi con la Cina) sono già caduti[9]. Il terzo (sicurezza militare) crollerà definitivamente se Trump sarà rieletto[10]. Tuttavia l’Europa, reagisce con fatica al doloroso risveglio. Sembra non aver ancora realizzato che se non trova un accordo per parlare al resto del mondo con un’unica voce, se si spacca, resta afasica. Purtroppo spetta sempre e solo a noi europei scegliere se essere sistematicamente più marginali, oppure se diventando sempre più una federazione potremo avere un qualche peso internazionale. Non si costruisce una seria autonomia strategica dell’Unione (che significa capacità per l’Europa di difendersi da sola anche quando gli Stati Uniti si ritireranno) proclamando ad alta voce la necessità di non essere “vassalli né di Washington, né di Mosca, né di Pechino”, dimenticando però, fra l’altro, che il primo è un alleato con cui condividiamo valori, istituzioni politiche e libero mercato, mentre gli altri due propongono un mondo al cui interno i valori occidentali ed europei sarebbero ininfluenti e quasi certamente a rischio di sopravvivenza. Una minor centralità americana e occidentale (quindi anche europea), cui molti oggi aspirano, disegnerà un mondo che sarà meno sicuro per le democrazie, a cominciare da quelle più deboli, come l’Italia. Qui, infatti, si vede piuttosto bene come a voce sbandieriamo grandi valori che però, al momento della decisione pratica, non vogliamo difendere perché il difenderli ci costa troppo: ecco che a parole siamo prodighi nel dire che aiuteremo l’Ucraina fino alla fine, poi però non vogliamo combattere concretamente. Quando il gioco si fa duro, tendiamo a defilarci.

Ora, essendo noi italiani fermamente amanti della “pace” - che però concretamente poi non sappiamo costruire - ci cincischiamo con slogan inconcludenti e futili che lasciano il tempo che trovano (“pace subito, cessate il fuoco”) e manifestiamo un disagio sempre maggiore pensando che stiamo gettando soldi nostri in una guerra (apparentemente) lontana da noi, sì che cresce l’idea che quei soldi li stiamo sottraendo al nostro benessere:[11] quante scuole, quanti ospedali, quale miglioramento nel sistema di trasporti potremmo gestire con quel 0,07 del PIL destinato all’Ucraina. Ma a noi, seduti tranquillamente sul divano di casa, che diciamo di essere stanchi della guerra Russia-Ucraina che combattiamo solo a parole e con un po’ di euro in più usciti dal nostro portafoglio (ma se non fosse stata quella guerra, sarebbe stata comunque l’inflazione o qualche altra guerra – tipo israeliani-arabi, o i razzi degli yemeniti Houthi – a far salire i prezzi), giustamente ha risposto Olena Zelenska, moglie di Zelensky:[12] «noi in Ucraina non possiamo permetterci di stancarci. Se ci stancheremo moriremo e senza aiuti internazionali la resistenza ucraina è impossibile». Mi sembra piuttosto ovvio che se la Russia smette di combattere arriva la pace, se l’Ucraina smette di combattere muore come Stato indipendente. Quindi, quella che per noi è solo una questione di sicurezza, per l’Ucraina è una questione di vita o di morte: la minaccia per l’Ucraina è esistenziale. Altrettanto ovvio che se Putin otterrà l’agognata vittoria dopo aver impunemente invaso l’Ucraina e dimostrerà che la sua idea di un’Europa imbelle e decadente[13] era corretta, perché non dovrebbe essere invogliato a continuare a inglobare altri Stati, visto che vive di potere e di gloria?[14] Soprattutto perché in questi ultimi anni non ha mai fatto mistero dei suoi progetti espansivi. Com’è che non ci rendiamo conto che quella guerra, - che è vicina e non lontana,- ci riguarda direttamente, che la nostra sicurezza è indissolubilmente legata all’esito di quel conflitto, e che se l’Ucraina cessasse di esistere, altri Paesi avranno una Russia pericolosamente imperialista ai propri confini?[15] Ma perché la Russia dovrebbe venire fin da noi? Oh bella! Per ‘denazificarci’ (avendo già fatto ampia pubblicità al saluto fascista di cui recentemente ha dovuto occuparsi fin la nostra corte di cassazione). Non ha invaso con questa scusa l’Ucraina? E inoltre per il fatto che, se la Russia di Putin riuscirà ad assorbire l’Ucraina, non sarà di certo quel boccone a sfamare la fame di potere di uno zar vincitore. L’appetito vien mangiando. In altre parole, una conquista russa dell’Ucraina non farà altro che aumentare il rischio di nuove aggressioni russe in Europa.

Eppure, forse proprio perché ancora non ci piovono addosso bombe, perché vediamo la guerra solo in tv come fosse un film, cenando al caldo, la vediamo sempre più come una fastidiosa incombenza. Ormai per molti europei, il prolungarsi della guerra ne affievolisce la drammaticità, ma soprattutto evapora il senso di pericolo che si era percepito all’inizio anche da noi.

Ora, questo scenario - dell’affaticamento, della stanchezza che serpeggia nella nostra società, con conseguente sollecitazione a tirarsi fuori costringendo l’Ucraina a una pace, purché sia,[16] - alimenta ogni giorno di più la speranza di Mosca di poter ribaltare l’attuale situazione di stallo e arrivare alla vittoria. Per logoramento nostro,[17] s’intende. Non essendo riuscito a vincere finora sul campo di battaglia, Putin ha intuito che le democrazie occidentali saranno anche più forti della Russia economicamente, ma sono più deboli spiritualmente e non hanno la stoffa per resistere. Putin aspetta che gli occidentali si stanchino ancora di più, riducano il loro sostegno, e alla fine mollino l’Ucraina al suo destino. A quel punto la Russia avrà una facile vittoria sul campo, perché fra i due contendenti è indubbiamente la più forte. Ma avere alla fine ragione con la forza, sicuramente non potrà mai portare a una vera pace: al più alla pace del padrone che dà un pezzo di pane al suo servo. Il problema è che alla Russia interessa solo tornare centrale nei giochi geopolitici, per cui non la tocca il mantenere nel mondo uno stato di tensione permanente.

Al momento la Russia, che non sta ancora vincendo sul campo, sembra stia comunque vincendo la guerra: deve solo aspettare che Trump vinca le elezioni americane, che la stanchezza serpeggi ancora di più in Europa, che si incrinino a quel punto le relazioni USA-Europa (per quel che riguarda la Nato in particolare[18]) e che la stessa Europa si sfaldi aiutata in questo anche dalla gestione dei flussi migratori che, in gran parte, sono in mano soprattutto alla stessa Russia e alla Turchia, sia nel Mediterraneo (dalla Libia in particolare), sia nella rotta balcanica, sia verso i confini con le Polonia e con la Finlandia. Come non notare che la Russia ha tutto l’interesse a destabilizzare l’Europa per scompigliare l’alleanza europea pro Ucraina, che i partiti italiani pro Putin sono anche quelli che più infiammano la questione migrazione soffiando sulla paura e sull’ostilità verso i migranti, facendo così il gioco della Russia che, proprio su questo tema, ha tutto l’interesse a veder indebolita la coesione europea?[19] La Russia spera caldamente che il fronte dell’Occidente si innervosisca sempre di più, diventi più instabile, si incrini e infine si spezzi; se si spezza, se in particolare l’Europa si frantuma, si divide, se perde in solidarietà e aumenta in incertezza, Putin non avrà più alcuna ragione per fermarsi. Perché il suo sogno imperiale dovrebbe fermarsi all’Ucraina? Se la Russia vince, perché non ci chiediamo quali pressioni riuscirà ad esercitare nel prosieguo su un’Europa sempre più stanca e amorfa, e senza più l’ombrello protettivo americano, chiuso da Trump che considera l’Europa un parassita?[20] Perciò come mai non ci si rende conto che l’indipendenza dell’Ucraina oggi è pregiudiziale alla nostra? Come mai non si capisce che la sicurezza non solo dell’Italia, ma del resto d’Europa, è legata direttamente al conflitto russo-ucraino? Come mai non ci si rende conto che avere una Russia allargata vicina ai nostri confini, vista la sua visione imperiale, va contro il nostro interesse? Come mai non si capisce che se un invasore qualunque oltrepassasse i nostri confini, non potremmo tenerci neanche il welfare, le scuole e gli ospedali che avremmo costruito con tutti i soldi risparmiati sulla difesa? Come mai non si capisce che con le belle parole inneggianti alla pace non ci si può tirare fuori da una situazione geopolitica che non abbiamo innescato, ma nella quale dobbiamo necessariamente vivere?

Anche se, purtroppo, sembra che la storia non riesca a insegnare niente, è opportuno rivedere le pagine magistralmente scritte dallo storico greco Tucidide,[21] il quale riporta l’incontro fra i rappresentanti della minuscola isola di Melo (colonia di origine spartana rimasta fino a quel punto neutrale durante la guerra fra Atene e Sparta), che – come oggi noi - voleva restar fuori dal conflitto non essendo interessata a quella guerra e l’ambasceria ateniese. I Meli pensano che il non parteggiare per nessuno (il tirarsi fuori) li salverà: non sono contro gli ateniesi, né contro gli spartani. Rispondono cinicamente gli ateniesi che nel cosmo umano urge «eterno, trionfante, radicato nel seno stesso della natura, un impulso: a dominare ovunque s’imponga la propria forza. È una legge che non fummo noi a istituire, o ad applicare primi ... l’ereditammo che già era in vigore e la trasmetteremo perenne nel tempo; noi che la rispettiamo, consapevoli che la vostra condotta, o quella di chiunque altro, se salisse a tali vertici di potenza, ricalcherebbe perfettamente il contegno da noi tenuto in questa occasione»[22]. Inutile dire che l’ingenuo pacifismo dei Meli non è stato premiato neanche in allora: gli uomini dell’isola sono stati sterminati, e le donne e i bambini ridotti in schiavitù. Ma la storia passata (che ormai neanche si studia più a scuola) non sembra più essere d’ispirazione per comprendere il presente.

E, riferendoci al presente, noi oggi abbiamo già la prova provata che i soldi che le anime ingenue pensano di

poter tranquillamente destinare agli ospedali, alla tutela del territorio, ecc., non potranno comunque essere mai spesi in questa pacifica e benemerita direzione: li stiamo già spendendo per altro. I dati di Winward, società specializzata nell’analisi dei traffici marini, ci dicono che il 90% degli scambi commerciali mondiali avviene via mare. Il 12% passa attraverso il canale di Suez, ma per l’Italia la percentuale sale al 40%. L’imbuto per arrivare al canale è talmente stretto che gli Houthi, armati e addestrati dagli iraniani,[23] possono facilmente controllarlo dallo Yemen, e infatti colpendo navi mercantili sono riusciti a colpire l’economica occidentale, con la scusa di punire i sostenitori d’Israele. Così quasi tutte le compagnie di navigazione (escluse però quelle cinesi che non vengono colpite) hanno deviato preferendo circumnavigare l’Africa, il che comporta almeno dieci giorni di navigazione in più con notevole lievitazione di costi. Il costo dei container dall’Asia all’Europa è aumentato in un mese del 92% e l’Italia a causa della sua posizione, è fra i Paesi più colpiti[24]. L’aumento di costi per il trasporto di gas e petrolio dal Qatar, dal Kuwait, dagli Emirati Arabi e dall’Irak faranno di nuovo aumentare le nostre bollette, e l’aumento delle bollette trascina l’inflazione. L’aumento dei costi delle materie prime per le nostre industrie si riverbera sui prodotti lavorati che poi dovremmo esportare. Già con questa situazione, anche non volendo essere coinvolti, in realtà lo siamo, perché siamo colpiti non solo nelle importazioni, ma troviamo anche maggiori difficoltà per le nostre esportazioni, col rischio che le imprese nostrane possono essere messe fuori mercato dall’aggravio dei costi. Ecco dove stanno già andando quei soldi che pensavamo di risparmiare negandoli alla difesa. Però, guardandoci attorno, l’Egitto, perdendo gl’introiti del turismo e gran parte del pedaggio del canale di Suez, sta peggio di noi; e siccome è anche uno dei Paesi nordafricani col maggior rischio di emigrazione, se la sua economia andasse a rotoli (causa perdita di turisti, perdita dei noli del canale e continuo aumento dell’inflazione[25]), aumenteranno a dismisura i suoi emigranti. Non dimentichiamo che l’Egitto ha circa il doppio degli abitanti dell’Italia. E dove pensate che cercheranno di andare queste nuove ondate di gente che ha perso il lavoro in Egitto? Forse in Russia? Forse in Iran? Forse in Yemen? No, verranno da noi in Europa occidentale, perché ogni migrante cerca un posto dove stare meglio, e se sceglie di venire qui vuol dire che pensa che qui si stia meglio che in Russia, in Iran e in Yemen. Del resto, visto che noi campiamo di diritti individuali, come facciamo a negare a un altro il diritto di andare a stare meglio, anche spostandosi? Siamo coinvolti, eccome se siamo coinvolti, per cui abbiamo il dovere di calibrare le nostre decisioni in base ai pericoli concreti che sorgono attorno a noi. E se a novembre vincesse Trump con la sua idea di isolazionismo, resterebbero principalmente sul groppone europeo non solo l’Ucraina, ma anche il Mediterraneo (col Medio oriente) e l’Africa (dove Russia e Cina si stanno già muovendo da tempo) con le sue risorse energetiche e minerarie, con i suoi movimenti di migranti e, purtroppo, anche di terroristi.

E, a proposito di terroristi, per proteggerci in caso di attentati, non si era invocato l’intervento in strada di forze di polizia, se non dell’esercito? Forse i pacifisti vorrebbero che tutti questi difensori fossero disarmati e disarmassero gli eventuali terroristi convincendoli a parole o facendo intervenire un mediatore culturale?

Perciò vorrei che qualcuno ci spiegasse come possiamo pensare di tirarci fuori da un mondo così globalizzato e dedicarci solo al nostro welfare, dopo aver cancellato ogni euro destinato alla difesa (perché l’Italia ripudia la guerra), dal momento che siamo così esposti non solo ad aggressori forti, ma possiamo essere messi in ginocchio persino da quattro scalcagnati di Houthi che però sono armati e usano le poche armi che hanno per metterci in difficoltà. Gridare ‘Fermate la guerra! Viva il disarmo’ non mi sembra al momento in grado di convincere neanche gli Houti a fermarsi. Immaginarsi i russi[26]. Mi ricorda perciò tristemente solo quel film italiano del lontano 1970 “Fermate il mondo… voglio scendere”.

Non ci rendiamo conto che, non agire di fronte a un pericolo che a noi sembra lontano ma in realtà non lo è, gridando che noi vogliamo la pace e non la guerra, non rende affatto l’Europa più sicura e più pacifica. Guardare passivamente alla situazione che va aggravandosi di settimana in settimana, sperando che altri difendano i nostri interessi (fra cui la cura del nostro welfare, che in tanti credono di poter migliorare semplicemente non spendendo più un euro per la difesa), mi sembra del tutto irreale, mentre si lascia esposto il proprio Paese ad ogni tipo di minaccia.

Stiamo perdendo la ragione? Non lo so. Certo, esistono anche persone così miti capaci di accettare serenamente anche la morte per non deflettere dai loro principi: il priore di quei sette trappisti uccisi in Algeria, che immaginava che di lì a poco sarebbe stato ucciso, aveva scritto in anticipo queste righe al suo assassino: “Quando ti vedrò negli occhi tu scoprirai il mio perdono. E ci ritroveremo insieme un giorno, di fronte allo stesso Dio a cui ora tu credi di obbedire. Vedrai nei miei occhi l’offerta del Suo perdono, perché non sai quello che fai”[27]. Ma noi, compresi tutti quelli che oggi gridano “pace subito!”, siamo veramente capaci di bere il calice che quel priore ha bevuto? Pochissimi hanno il coraggio di Alexei Navalny[28]. Pochissimi sono capaci di seguire con convinzione il Vangelo che invita ad amare perfino i nemici. Temo che i più, nascondendoci dietro ad alti richiami alla pace proclamati con la bocca, arrivati al dunque chinerebbero il capo e rientrerebbero nel gregge silente, forse anche pentendosi di non aver fatto nulla quando c’era ancora tempo per fare qualcosa.





NOTE

[1] Se già Isaia diceva “Non conoscono le vie della pace” (Is 59,8), potremmo dire che il mondo non è cambiato di molto in questi ultimi millenni, e del resto sempre la Bibbia avvertiva che l’uomo è incline al male non appena entra nell’adolescenza (Gn 8, 21).

Tonio Dell’Olio, nel suo mosaico quotidiano “L'avevamo detto molti morti prima”  del 25.1.2024, ha rimarcato che, se fin la Lega ha chiesto al governo di impegnarsi “nelle competenti sedi europee per una concreta e tempestiva iniziativa volta a sviluppare un percorso diplomatico, al fine di perseguire una rapida soluzione del conflitto in quanto i ventitré mesi di combattimenti hanno chiarito che nessuna delle due parti ha la capacità di ottenere una vittoria militare decisiva sull'altra, ed è pertanto impossibile pensare ad una soluzione esclusivamente militare”, significa che si è riconosciuto almeno implicitamente che la via diplomatica non è stata finora perseguita con il dovuto vigore. Ottimo! Peccato solo che non si spieghi quale Stato terzo avrebbe l’autorevolezza per imporsi ai contendenti, e soprattutto cosa in concreto la diplomazia non ha fatto mentre avrebbe dovuto proporre per far chiudere il conflitto. Generici richiami alla diplomazia e dichiarazioni di rito sulla bellezza della pace non risolvono nulla.

[2] La guerra di Corea è terminata nel 1953 riportando le parti esattamente alla situazione antecedente allo scoppio della guerra. Nel nostro caso analoga soluzione non è immaginabile perché la Russia non è disposta a rinunciare alle regioni ucraine che ha occupato nel 2022 e ha anche unilateralmente annesso. Ma, in una prospettiva di pace, lasciare quei territori a Putin vorrebbe dire che lo stesso ha vinto la guerra e gli ucraini sarebbero morti inutilmente.

[3] Gli ex imperi (Gran Bretagna, Francia, Portogallo) hanno capito di non essere più tali, e che ormai rappresentano solo  uno Stato. Quando anche la Russia capirà questo, la guerra finirà (intervista a N. Tocci, direttrice dell’Istituto Affari Internazionali, “il Giornale” 30.8.2023, 13).

[4] E chi non vuole la pace? La pace la vogliono tutti, ma dipende da quale. Se non si chiarisce quale pace si vuole raggiungere, la parola resta vuota di contenuto.

[5] Su “il Regno” n. 20/2023 è stato Piero Stefani a far notare che a Vestfalia, nel 1648, dopo trent’anni di guerra in cui cattolici e protestanti si combatterono come nemici assoluti (e in Europa i morti furono milioni), la pace fu possibile quando le trattative si aprirono all’ascolto dell’altera pars, dell’altra parte. Quando cioè le rispettive verità vennero rielaborate a fronte del bisogno di pace. La cosa non sembra purtroppo ancora matura nel caso di Russia-Ucraina, e comunque nessuno indica su che punti l’Ucraina potrebbe aprirsi all’ascolto dei russi, e viceversa.

Ulteriore annotazione: nel 1648, a non firmare per l’accettazione del pluralismo cristiano nascente (cuius regio eius et religio), il germe della libertà religiosa, fu proprio il cardinale legato di papa Innocenzo X. Quella che allora al papa parve una sconfitta netta e indigeribile dei cattolici, oggi è un programma da perseguire. Anche la perdita dello Stato pontificio, nel 1870, parve a Pio IX una catastrofe, mentre nel 1970, cento anni dopo, Paolo VI la considerò un evento provvidenziale.

[6] Edi Rama, il premier albanese che presiedeva il consiglio di sicurezza, ha risposto sarcasticamente alle proteste russe di far parlare per primo Zelensky: “Interrompete la guerra e Zelensky non parlerà”.

[7] A noi occidentali del XXI secolo importa vivere bene. Il punto focale, per noi, è la qualità della vita. La Germania è stata finora lo Stato trainante in Europa sul punto, ed è stato con il cancellierato di Schroeder che si è cominciato a parlare di “nazione commerciale”. Gli aspetti politici dell’Ostpolitik di Brandt sono passati in secondo piano, e si è puntato sul Wandel durch Handel (cambiamento attraverso il commercio). Seguendo la Germania, noi europei occidentali campiamo di economia, e non riusciamo a capire che gran parte del mondo non vuole vivere come noi. Non riusciamo a capire come altri Paesi (ad esempio, Russia o Iran) vogliano vivere di potenza e di gloria, per cui non saranno le nostre sanzioni economiche a piegare Paesi che non vogliono vivere di economia. Invece noi, se la nostra economia entra in difficoltà, entriamo subito in crisi.

Vivere di gloria vuol dire invece voler finire nei libri di storia; far sì che le generazioni future dovranno ricordarsi (a livello storico) di come si è comportata valorosamente la generazione di oggi in quello Stato. Perciò, l’unica cosa che in quelle nazioni non si ammette è l’essere umiliati nel proprio orgoglio nazionale da parte dello straniero: se questo accade, il governo di quel Paese cade. La guerra russo-giapponese oppose le ambizioni imperialistiche dell'Impero russo e dell’Impero giapponese per il controllo della Manciuria e della Corea. La guerra era finita nel 1905 con la disfatta navale russa di Tsushima, e l’umiliazione scotta ancora oggi in Russia. Fu quell’umiliazione a dare inizio al crollo del regime zarista, allora al potere: come reazione nacquero i primi soviet, ci fu l’ammutinamento dei marinai della corazzata Potëmkin che rifiutavano di battersi per uno zar perdente, e il tutto finì circa un decennio dopo con l’ulteriore sconfitta della Russia da parte dei tedeschi nella prima guerra mondiale: la famiglia dello zar perdente venne fisicamente eliminata.

Quindi, Putin sa che se venisse sconfitto, i russi non lo accetterebbero più come capo perché uno zar non può essere un debole perdente, per cui Putin non può permettersi di perdere la guerra che ha iniziato sbagliando i calcoli (visto che pensava di finirla in pochissimi giorni).

Ha scritto Angelo Panebianco, su “Il Corriere della sera” del 29.8.2023, a p. 30, che la differenza fra un potere che uccide impunemente (Putin – Prigozhin; Putin - Navalny) e lo fa sapere a tutti (Prigohzin è stato ucciso in Russia, non in Africa) contando sul fatto che ciò lo rafforzi, dipende dal fatto che l’anarchia fa più paura di un potere forte che non può permettersi segni di debolezza. E la Russia ha conosciuto solo regimi autocratici intervallati da periodi di anarchia. In altre parole, da loro, si può dire che gli eserciti marciano sia che l’economia marci, sia che non marci.

[8] Sia Russia che Cina mirano a lucrare maggiori influenze in un’Africa più caotica che mai: se noi acquistiamo energia da questi Paesi dove ormai si è rafforzata la presenza stabile di Russia e Cina, torneremo facilmente al punto precedente in cui pensavamo che fosse un affarone acquistare tutta l’energia dalla Russia.

Anche la Russia ha i suoi problemi, perché avendo l’Occidente chiuso le porte al commercio con la Russia, la stessa deve vendere gran parte del suo grano e del suo petrolio alla Cina, ma è la Cina a imporre il prezzo. A sua volta, la Cina si considera il centro del mondo, e non accetta alleati alla pari, sì che la Russia corre comunque il rischio di diventare l’ancella della Cina. Per di più la Cina ha ambizioni sulla Siberia, che fa parte dell’Asia, e la Russia ha cominciato ad occuparla appena verso il XVI secolo.

[9] Lo stesso Draghi, nel discorso del 7.6.2023 al Massachussets Institute of Technology (MIT), aveva messo in luce che l’invasione russa dell’Ucraina, che fa parte di una strategia a lungo termine di Putin, aveva segnato il tramonto dell’illusione secondo cui la diffusione del libero mercato sarebbe stata decisiva per l’affermarsi nel mondo dei valori della democrazia liberale.

[10] Trump aveva già espresso - nel suo primo mandato,- l’idea di lasciare all’Europa la difesa dell’Europa. Per lui la Nato si poteva anche sciogliere perché era stufo di spendere i soldi degli americani per l’Europa che non faceva nulla per difendersi. E recentemente ha ribadito questa idea, sostenendo che non difenderà da un’aggressione russa quegli Stati europei che non hanno pagato le giuste quote di difesa (Rampini F., Un problema, “Corriere della sera”, 12.2.2024, 30; Mastrolilli F., Trump, uscita shock, “La Repubblica”, 12.2.204, 10; Peduzzi P., Proteggersi da tutto, anche da Trump, “Il Foglio”, 13.2.2024, 1).

Trump sembra aver ora accettato l’idea di dividere le sfere d’influenza nel mondo fra Stati Uniti, Cina (e forse Russia), riducendo l’Europa a un semplice mercato senza vera autonomia, non avendo l’Europa peso politico adeguato alla sua economia. L’Europa, invece, cincischia credendo di vivere ancora in tempi di pace prosperosa, mentre viviamo in tempi in cui la pace non c’è più né ai nostri confini orientali (Ucraina), né a quelli meridionali (Palestina). Volenti o nolenti viviamo in tempi di guerra, tanto che ne subiamo già alcuni effetti. Volenti o nolenti resteremo inesorabilmente sempre più coinvolti, anche se vorremmo tanto restarne fuori.

Per nostra fortuna, il 14.12.2023 il Congresso americano ha approvato una legge che impedisce a un presidente americano di ritirarsi dalla Nato senza il consenso del Congresso stesso (una legge in vista di Trump?). Dico fortuna perché mi sembra risibile la tesi sovranista la quale vorrebbe l’Italia fuori dalla Nato per non essere marionette dell’impero americano e vittime di una guerra che non ci riguarda. Come potrebbe l’Italia difendersi da sola? Un’uscita dalla Nato e l’abbandono della posizione occidentale in favore dell’Ucraina sarebbe un chiaro segnale a qualunque famelico aggressore: “Se ci attaccherete nessuno ci difenderà e neanche noi saremo in grado di farlo. Noi siamo miti pacifisti. Venite pure”.

L’Europa ha già dimostrato l’anno scorso la sua totale inconsistenza politica: pensiamo all’Afghanistan, dove Washington non ci ha neanche consultati prima di decidere il ritiro dal Paese; oppure al caso Armenia-Azerbaigian: in Nagorno-Karabck, l’Azerbaigian si è comportato come la Russia con l’Ucraina. La posizione dell’Italia, tanto per cambiare, è ambigua: dice di stare con i Paesi aggrediti, ma sta rifornendo di armi anche l’Azerbagian in cambio di petrolio. L’Europa si rende anche perfettamente conto che, allo stato attuale, non sarebbe in grado di sostituire gli USA negli aiuti militari all’Ucraina, non perché non ha i mezzi economici per farlo, ma perché manca la volontà politica e manca l’appoggio deciso dell’opinione pubblica. Ovvio che in un regime autocratico le decisioni sono rapide perché il governo non deve rispondere al suo popolo e non c’è obbligo di rispettare le regole come in democrazia. La difficoltà che hanno le democrazie quando vengono aggredite è che i propri nemici non hanno fretta, non devono rispondere a nessuno delle loro azioni: questo vale per Putin, come per Hamas, come per l’Iran.

Il Kiel Intitute (che monitora l’aiuto dei Paesi occidentali all’Ucraina) ha specificato che, alla fine di ottobre 2023, gli Stati Uniti avevano contribuito con 43,9 miliardi di euro, la Germania con 17,1, la Gran Bretagna con 6,6, la Francia con 0,54, l’Italia con 0,69. Di sicuro noi italiani non ci siamo svenati nell’aiutare l’Ucraina. E proporzionalmente al PIL, i piccoli (Lettonia, Estonia, Lituania) hanno dato ben di più degli altri in spese militari: più dell’1% del loro PIL, contro lo 0,07% dell’Italia (un po’ di spiccioli). Quindi, la Russia potrebbe indubbiamente festeggiare la fine del sostegno militare degli USA, non certo quello italiano, anche se noi qui litighiamo, ci riempiamo la bocca di parole e sembra che – senza il nostro aiuto - l’Ucraina dovrebbe collassare. I Paesi baltici - che sono stati in un recente passato sotto la Russia - dimostrano di averne ancora un sacro terrore. L’Italia dipende ancora oggi dagli USA per la sua difesa. Ma se domani ci chiedessero quanti italiani sono disposti a morire per la difesa degli USA?

Se l’Europa dovrà sbrigarsela da sola, causa il ritiro americano, se l’Europa non si prepara per tempo e continua a far finta che il problema non esista, prepariamoci a tempi ben peggiori di questo.

[11] Il ministro della Difesa Crosetto ha dichiarato che “è di vitale importanza rimanere un passo avanti rispetto alle minacce che crescono ogni giorno”. Un autorevole pacifista ha osservato ironicamente: “E io che credevo che le minacce degli italiani derivassero dalle liste d’attesa per accedere a un esame medico o a un intervento chirurgico e dalla decisione di indebitarsi per rivolgersi a un privato oppure rinunciare, non arrivare alla fine del mese nonostante il lavoro particolarmente faticoso, la messa in sicurezza del territorio di fronte ai fenomeni crescenti di esondazioni, le morti sul lavoro (mosaico dei giorni di Dell’Olio, “Tranquilli, per la sicurezza abbiamo il Gcap” del 15.12.2023, in https://www.mosaicodipace.it/index.php/rubriche-e-iniziative/rubriche/mosaico-dei-giorni/4096-tranquilli-abbiamo-il-gcap). [Il Gcap (Global Combat Air Programme) è il progetto di sostituire gli aerei Eurofighter Typhoon con un aereo di nuova generazione].

Personalmente mi sembra che la stabilità pacifica, che si dava per scontata all’interno dell’Ue (dove credevamo di poter migliorare in santa pace le liste mediche d’attesa, di mettere in sicurezza il nostro fragile territorio, ecc.), dopo l’invasione russa e gli attacchi degli Houthi al commercio marittimo non può più essere data per scontata all’interno delle nostre frontiere. Sfortunatamente il denaro speso per la difesa non è fine a sé stesso, ma serve per difendere la nostra libertà, la nostra sicurezza e anche la nostra prosperità, come invocato da Dell’Olio.

La paura causata dall’invasione ha necessariamente indotto a pensare che la sicurezza europea dovrebbe essere costruita a livello europeo. Ma l’Europa ancora ha irrisolti almeno due grandi problemi militari:

- Litighiamo su quanto spendere complessivamente e non ottimizziamo le spese, perché circa l’80% degli acquisti militari avviene in ogni Stato su scala nazionale;

- non siamo propensi a cedere la sovranità nazionale sul nostro esercito, mentre sarebbe indispensabile un comando centralizzato.

Perciò l’Europa è riuscita finora a mettere insieme una sola brigata (circa 5.000 uomini) di pronto intervento, quando gli Stati Uniti hanno trasportato in poco tempo in Europa, dopo l’invasione russa all’Ucraina, circa 20.000 uomini.

[12]  Riportata su “ La Stampa” 10.12.23, 1.

[13] Anche l’arcivescovo cattolico di Kinshasa, mons. Ambongo Kesungu, vede l’Occidente decadente, e ha messo in guardia dal «promuovere le devianze» come la benedizione degli omosessuali concessa dal Papa (cose ne è parlato la scorsa settimana). Ambongo Kesungu ha aggiunto: «Vogliono imporci le loro pratiche che il presidente Putin definisce costumi decadenti dell’Occidente. Oggi il sistema delle Nazioni Unite è quello di far passare l’ideologia Lgbtq». Parole in assoluta sintonia con il patriarca ortodosso Kirill, promotore della guerra santa in Ucraina, secondo cui l’Occidente esige da chi vuole entrare nel suo club il tributo del gay pride e la Russia è punita per opporvisi.

[14] Vedi quanto detto alla nota 7. Non si può non vedere che l’emergente colonialismo di oggi è quello della Russia che cerca di estendere i suoi territori come ai tempi dello Zar; è quello dell’Iran che tende ad aprirsi uno spazio vitale tutto suo fino al Mediterraneo (Libano), e finora sembra riuscirci senza pagare pegno alcuno perché manda avanti  Hamas, Hezhollah e gli Houti; è quello della Cina, che al momento è più economico che militare, ma la Cina già opera da bullo militare nelle zone che lei – non il diritto internazionale,- considera ormai sua proprietà in prossimità del Mar Cinese. Insomma, la nuova regola sembra che chi può prendersi qualcosa è legittimato a farlo, com’era avvenuto ai tempi di Mussolini con l’Etiopia e di Hitler con l’Europa. Diritto internazionale (e anche la morale) sono ormai fronzoli inutili.

[15] In primis i Paesi baltici e la Polonia. Essendo già stati sotto l’URSS sanno bene cosa questo vuol dire. Ancor di più se il rancore di Trump lo porterà a dissociarsi dalla Nato (come aveva già minacciato di fare nel suo primo mandato) e a quel punto anche l’Italia si troverà a non avere più un ombrello difensivo quasi gratis. Non è un caso se questi Paesi nordici rientrano fra il terzo di Paesi della Nato ad aver alzato il budget della difesa ad oltre il 2% (l’Italia resta ben al di sotto, e al momento ha un esercito di circa 165.000 uomini; cioè, messi insieme, neanche 28 brigate, neanche tre Corpi d’armata, quando a Caporetto vennero travolti in pochissimi giorni, dagli austro-tedeschi, ben tre corpi d’armata nostri). Da notare anche che a Gaza (circa tre miloni d’abitanti, sebbene la metà di giovanissimi e giovani idonei al servizio militare), Hamas conta ben 20 brigate.

[16] “Ogni moto inconsulto, ogni turbamento dellordine pubblico, non solo opera oggi nel senso di ritardare la pace con il rinfrancare il nemico, ma tende pure a rovinare la pace futura. Sabotare oggi la guerra vuol dire anche sabotare la pace; vuol dire rovinare il Paese cercando di costringere ad una pace vergognosa e disastrosa. Il reclamare poi la pace immediata o la pace a qualunque costo equivale all'invocar la peggiore delle paci, una pace, non solo di disonore e di obbrobrio di fronte agli Alleati, ma anche di completa rovina della Patria, prolungando ogni maggiore danno e sofferenza popolare anche per il dopo guerra. Il Paese ha messo tutta la forza della sua anima fiera e gentile in questa guerra come guerra di affermazione dei propri sacrosanti diritti di sicurezza e di indipendenza. Il segreto della vittoria è uno solo; una sola è la via che vi possa condurre: perseverare e resistere, e non solo al fronte, ove si combatte con le armi, e a questo pensano i nostri soldati di terra e di mare, ma anche nell'interno del Paese, domando le proprie sofferenze, limitando i propri bisogni ed i consumi di ogni specie, frenando con tenace volere le passioni, le ambizioni, le impazienze, superando perfino i patimenti e le angosce con lanimo che vince ogni battaglia .... Mai come oggi si poté affermare con sicurezza che vincerà sui nemici chi saprà meglio vincere sé stesso.

Questo non è un discorso di oggi; è la parte finale del discorso del 25 ottobre 1917 dell’on. Sonnino alla camera dopo la disfatta di Caporetto (da https://www.storiologia.it/mondiale2/bollettino22.htm). Oggi possiamo dire che la prima guerra mondiale è stata un’inutile strage, ma va anche detto che se l’Italia si fosse arresa nel 1917 avrebbe pagato un pegno durissimo: né nemici, né alleati le avrebbero fatto alcun sconto.

[17] Diceva già Niccolò Machiavelli che “Il popolo è facile da convincere ma difficile da tenere fermo nella convinzione” (Machiavelli N., Il Principe, Bur-Rizzoli, Milano, 2013, 6[6]).

[18] Almeno all’inizio l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha migliorato il rapporto non proprio disteso dell’Europa con la Gran Bretagna post-Brexit; ha dato nuova vita alla Nato (tanto da far entare anche Svezia e Finlandia); ha creato perfino coesione all’interno del G7 portando altri Paesi (come l’Australia e la Corea del Sud) a una nuova alleanza con l’Occidente.

Abbastanza evidente che una Nato fragile, senza l’appoggio americano, esporrà l’Europa alle pressioni e all’influenza russa.

[19] Dovremmo ricordarci che le stesse forze politiche più impegnate - negli anni ante Covid – nel chiedere l’uscita dall’euro, nell’entusiasmarsi per la Brexit e per la vittoria di Donald Trump, erano anche le più convinte nel chiedere di rimuovere le sanzioni contro la Russia. Si trattava dell’intero schieramento antieuropeista italiano, dal Movimento 5 stelle alla Lega (Fratelli d’Italia compresi, prima che arrivassero al governo). Ma sappiamo che gli italiani hanno la memoria corta, e questo l’hanno già dimenticato.

Invece recentissimamente Medvedev ha ribadito che, in vista delle elezioni europee, la Russia si attiverà per sostenere le forze antisistema (indifferente se di destra o di sinistra), col chiaro intento di far implodere l’Unione europea dal di dentro.

[20] Vedi nota 10. Ha fatto notare il giornalista Stefanini S., La roulette russa di Putin, “La Stampa”, 5.1.2024, 1: Putin sa che non può competere con l’Europa sul piano economico e con la Nato sul piano militare. Ma potrà farlo con successo se l’Europa si presenta in ordine sparso come ha fatto finora e orfana degli USA. La responsabilità della difesa dell’Europa spetta ormai all’Europa, per cui l’Europa deve svegliarsi.

[21] Dal Libro V della Guerra del Peloponneso (§§104s.) di Tucidide (Traduzione di Ezio Savino), Garzanti, Milano 1974, 372ss.

[22] Oltre duemila anni più tardi Nietzsche riprenderà lo stesso concetto quando affermerà che il mondo è volontà di potenza e nient’altro (ripreso da V. Mancuso, Il bene del mondo e la Chiesa, “La Repubblica”, 4.10.2013, 35).

[23] Che, non dimentichiamo, sono anche grandi fornitori di armi alla Russia.

[24] Tra l’altro, il porto di Trieste è uno dei più a rischio, ma tutto il Mediterraneo rischia di essere isolato. Al momento gli Stati Uniti (anche quello USA è ovviamente un impero) sono intervenuti militarmente contro gli Houthi, anche se sono assai meno interessati di noi all’aumento dei prezzi. I trasporti dall’Asia verso gli Stati Uniti vanno principalmente verso i porti californiani, ma non si deve dimenticare che navi di grandi dimensioni che volessero attraccare sulla costa atlantica arrivando dal Pacifico non riescono già oggi a passare per il canale di Panama, causa la siccità e il più basso livello dell’acqua. Quindi, se la cosa continua, potrebbe incidere anche sull’economia americana.

[25] I noli del canale fruttavano circa 20 miliardi di euro all’anno, e l’inflazione ha ormai raggiunto in Egitto la quota del 35% (fonte “Avvenire” 2.2.2024, 5), quando noi ci strappavamo i capelli non avendo superato il 12%.

[26] La Russia soffre da una parte di un complesso di superiorità (a differenza nostra, il popolo russo è orgoglioso di considerarsi una potenza mondiale), e di uno d’inferiorità (si rammarica che l’Occidente non lo capisca e anzi la respinga: cf. intervista di Putin al giornalista americano Tucker Carlos del 9.2.24, riportata in vari siti). Nei confronti dell’Ucraina si sente superiore, e il popolo russo si sente offeso perché questi cugini, comunque inferiori, hanno rivolto lo sguardo verso occidente, tradendo la grande madre Russia che li trattava con condiscendente paternalismo. Dunque, per la Russia, ci sono precise gerarchie statali da rispettare, e la razza forte deve prevalere su quella debole. Oggi sono gli ucraini, domani… chissà. Fin dove si spingerà la volontà di rivalsa contro gli occidentali che, secondo Putin, hanno orgogliosamente umiliato la Russia? La maggioranza dei russi sta quindi con Putin, considerato alfiere della grandezza russa, e staranno con lui a meno che non perda e si dimostri conseguentemente incapace di difendere davanti al resto del mondo l’alto senso dell’onore russo. Putin, da buon politico, sa benissimo che un imperatore è tale se ha tanti nemici, se trionfa e si fa rispettare. Un imperatore non ama, e un Vangelo che invita ad amare anche i nemici non ha alcun peso in politica: inutile pensare che il cristianesimo possa valere in questo senso.

Probabilmente i russi pensavano anche che in pochi giorni il governo ucraino sarebbe scappato mentre il popolo ucraino li avrebbe accolti come liberatori. Sul primo punto, anche gli americani avevano la stessa idea perché – come detto dallo stesso Zelensky - gli avevano offerto di fuggire. Invece è indubbio che gli americani abbiano poi fornito armi (come l’Iran e la Corea del nord stanno facendo con la Russia) e intelligence, ma il coraggio sul terreno l’hanno messo gli ucraini.

[27] Riportato in Molari C., Quando Dio viene nasce un uomo, Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), 2023, 241.

[28] Su “il Foglio” del 27.2.2024 è stato riportato, a proposito della morte di Navalny, questo passo di Eugenio D’Ors: “Vi sono due modi di uccidere, uno quello designato francamente dal verbo uccidere. L’altro, che si sottintende abitualmente dietro il delicato eufemismo ‘rendere la vita impossibile’. È l’assassinio perpetrato, in modo lento e oscuro, tramite una folla di invisibili complici. È un auto-da-fè, senza strangolamento e senza rogo, messo in atto da una inquisizione che non conosce giudici né sentenze” (in https://www.ilfoglio.it/esteri/2024/02/17/news/il-secondo-assassinio-oscuro-di-navalny-6230972/?fbclid=IwAR0oNS8tLzSS4-L5gnz6KIrS0GSI2Af07trDWoGHnDuOhR6CcwZRRJJ2iLI).