Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Saggezza in pillole


di Dario Culot


Pubblicato il volume di Dario Culot che ripropone in una nuova veste editoriale, ed in un unico libro, molti dei suoi contributi apparsi sul nostro settimanale: https://www.ilpozzodigiacobbe.it/equilibri-precari/gesu-questo-sconosciuto/


La settimana di Ferragosto è tradizionalmente dedicata al riposo, per cui interrompo le mie considerazioni (piuttosto lunghe e forse anche troppo impegnative) su come – a mio parere - bisogna vivere per poter essere definiti cristiani. Riprenderò l’argomento la settimana prossima, per concluderlo a breve.

Per questa domenica mi limito a richiamare alcune brevi storie che danno comunque da pensare, anche sotto l’ombrellone.

 

Dio

1.- Un ateo prende un aereo e si siede vicino a un contadino che sta leggendo la Bibbia.

“Senta” gli dice, “perché non parliamo un po’? Così il viaggio ci sembrerà più breve”.

Il contadino dice “Perché no?” e chiude il libro. “E di cosa vuol parlare?”

“Per esempio dell’esistenza di Dio” dice l’ateo, che già aveva adocchiato il libro in mano al contadino, e voleva irriderlo.

Il contadino lo interrompe subito e gli dice. “Senta! Io ho tanti animali che mangiano tutti erba. Ma le capre fanno la cacca a pallini, mentre le mucche…, come sa, la fanno larga come le torte e i cavalli a polpette. Come mai?”

L’ateo resta un attimo interdetto in silenzio e poi dice “Proprio non ho idea.”

Al che il contadino replica: “Senta! Come può pretendere di parlare di Dio, se non sa neanche parlare di merda?”

 

2.- Un aereo in volo perde il funzionamento dei motori, e i piloti cercano invano di farli ripartire.

Il comandante, credente, ad un certo punto avvisa i passeggeri dicendo: “Fratelli, siamo nelle mani di Dio”.

Uno straniero, che non ha capito, chiede al vicino di fila, che è ateo: “cosa afere detto comandante?”

L’ateo risponde: “Ha detto che stiamo precipitando”.

 

3.- “Non si può parlare di Dio senza dire una quantità inverosimile di stupidaggini. Se questa frase sembra folle, sostituiamo al termine ‘Dio’ il termine ‘amore’, che è il suo equivalente: è impossibile parlare dell’amore senza dire una quantità inverosimile di stupidaggini” (Bobin C., Autoritratto al radiatore, Anima Mundi, Otranto, 2018, 147).

4.- «Per me, quel Dio degli uomini di chiesa è morto e sepolto. Ma sono forse ateo per questo?

Gli uomini di chiesa mi considerano tale, ma io amo, e come potrei provare amore se non vivessi e se altri non vivessero?

Nella vita c’è qualcosa di misterioso. Che venga chiamato Dio, o natura umana, o altro, è cosa che non riesco a definire chiaramente, anche se mi rendo conto che è viva e reale, e che è Dio o un suo equivalente».

(Vincente van Gogh, lettera del 21.12.1881, riportata da Mancuso V., Dio e il suo destino, Garzanti, Milano, 2015, 5).

 

 

Fame nel mondo

5.- L’umanità, ai tempi dell’abbondanza, si divideva in due categorie: chi aveva e chi non aveva. Una ventina di uomini, detti “grandi della Terra”, quasi tutti in sovrappeso, si riunivano ogni tanto per discutere della fame nel mondo. E della sete. Mangiando e bevendo, consumando portate faraoniche, dicevano di voler risolvere la fame e la sete del mondo. Sarebbero stati più credibili se avessero osservato il digiuno. Non che avrebbero risolto il problema, ma almeno avrebbero dimostrato qualche rispetto verso i popoli morenti d’inedia. Invece niente. Prima si rimpinzavano per bene, poi davano da mangiare ai poveri montagne di chiacchiere (Corona M., La fine del mondo storto, Mondadori, 2010, 122s.)

 

Gesù

6.- Sotto Natale la maestra parla ai bambini in classe della nascita di Gesù. e poi domanda: “Sapete dirmi dov’è adesso Gesù?”

“Per me in paradiso”, dice uno.

“Io dico in cielo”, dice un altro.

Pierino si alza dal banco in fondo e afferma deciso: “Per me è in bagno”:

La maestra allibita gli domanda: “Perché pensi sia in bagno?”

“Perché ogni mattina sento mio papà che batte furiosamente sulla porta del bagno e grida: “Cristo! Ma quante ore stai là dentro?”

 

7.- Da bravo ateo, ma ammiratore di Gesù ed in particolare del discorso della montagna, un autore scriveva a proposito di buone idee, o meglio idee buone: “Quella di essere misericordiosi è l’unica buona idea che abbiamo avuto finora come umanità. Magari un giorno ci verrà qualche altra buona idea: a quel punto ne avremo due!” (Kurt Vonnegut, Quando siete felici fateci caso, Bompiani, Milano, 2022).

 

Guerra

8.- Dallo scritto di un soldato italiano semianalfabeta che aveva combattuto durante la prima guerra mondiale, Rabito Vincenzo, Terra Matta, Einaudi, Torino, 2007, 264: “I tedeschi paura non avevino, perché dicevino che chi moriva per la Patria faceva una bellissima morte. E questo era affessato in tutte li mure. Io diceva tra me: Bella mincia, che chi muore per la patria non muore!”

(traduzione: “I tedeschi non avevano paura, perché dicevano che morire per la Pataria è una morte bellissima. E questo pensiero era scritto su manifesti affissi su tutti i muri. Io dicevo tra me: “Che minchiata dire che chi muore per la patria non muore!”

 

Potere

9.- Non erano grandi, detenevano solo la grandezza del potere. Avevano solo quello e la sua forza era di molto superiore a quella dei soldi. Un milionario spocchioso e maleducato, infatti, lo si poteva anche mandare a cagare, questi no, Questi erano investiti della sacra immunità del potere, che li rendeva simili ai papi. Per cui dire che erano dei buoni a nulla comportava sempre qualche rischio. Di querele o di minacce da parte dei numerosi servi e parassiti che razzolavano, umili e sottomessi, nei loro cortili. E questi servi, a loro volta, sottomettevano quelli di grado più basso, in una gerarchia discendente (Corona M., La fine del mondo storto, Mondadori, 2010, 123s.).


Vivere

10. È ben dura costruirsi dentro. Sì, è dura, ma gli effetti si vedono. Ricordo il caso di due ragazzi, di 26-27 anni, entrambi sportivi accaniti, e li ricordo perché mi ha colpito la loro vicenda assolutamente parallela. Uno – un mio amico italiano - si era spezzato la spina dorsale su uno scoglio sommerso tuffandosi in mare, ed era rimasto paraplegico. L’altro – un americano la cui storia ho letto sui giornali - era rimasto pure lui paraplegico in seguito a un incidente stradale. Quello che mi ha colpito è questo: nello stesso periodo in cui il primo si sposava, l’altro otteneva dai giudici il permesso del suicidio telecomandato; attraverso un ago che aveva in vena, l’americano poteva far cadere nella flebo una pastiglia mortale, ma essendo lui a schiacciare il pulsante, era lui che decideva se e quando suicidarsi (e per il moralismo americano questo era il massimo della perfezione). Due ragazzi, stessa età, stessa storia, stessa vita; uno pieno di amici, pieno di vita, presente con la sua carrozzina dovunque, con intorno gente che da lui tira fuori forza di vivere, e dall’altro uno che schiaccia il pulsante per uccidersi. Il secondo, allora, aveva come ideale di vita il raggiungere le mete sportive e risultati esterni. Se a tuo figlio si danno solo queste cose: i vestiti, i giocattoli, il primeggiare nelle gare … Guarda che un sacco di gente lo fa, non dà ai figli altra meta. Se poi per questo figlio, quando cresce, il successo è che gli altri apprezzino come è vestito, o il fatto che ha il giocattolo più bello, e magari vive in una famiglia dove il papà si crede arrivato perché ha un’automobile un po’ più lunga degli altri, o perché ha una casa un po’ più grande e un po’ più bella, o perché ha appena cambiato i mobili di casa (“guarda che bei mobili mi sono fatto, guarda che carriera ho fatto”), che forza interiore gli è stata data? Se poi pensiamo che quelle cose esteriori gli possono venire rubate in un attimo... Ecco, se noi genitori non cambiamo per primi, se noi genitori non aiutiamo i nostri figli a cambiare, la nostra e la loro felicità resterà sempre a rischio. E prima o poi qualcosa interviene nella vita e ci mette in crisi. Allora c’è da fare un cambiamento profondo, interiore, per mettere al sicuro la nostra vita e quella dei nostri figli (Chiesa S., Genitori per tempi difficili, ed. Lampi di stampa, Milano, 2008, 37s.).

 

11.- Una ragazza americana sognava di diventare medico, ma improvvisamente un giorno finì in coma per una grave malattia. I medici  dissero che  sarebbe rimasta comunque invalida, anche se si fosse ripresa.  Parzialmente ripresasi, ma ridotta ad uno straccio, la figlia insisteva nel voler continuare a studiare.  Il padre, terrorizzato all’idea di veder peggiorare le sue già precarie condizioni di salute, disse che non le avrebbe più pagato gli studi.  Fu la madre, invece, a dirle  che le avrebbe lei pagato gli studi,  e l’accompagnò anche per lungo tempo a lezione sulla sedia a rotelle.  Pian piano la figlia, si riprese, terminò gli studi, ed ora – in barba alle previsioni mediche -  è un’affermata  pediatra e psicoterapeuta. Quando, passati gli anni, questa figlia chiese alla madre il perché di questa scelta assai rischiosa, la madre le rispose che era terrorizzata quanto il padre perché sapeva che quello che i medici dicevano era probabilmente la verità, ma aggiunse che era ancora più terrorizzata di quello che sarebbe successo se la figlia avesse dovuto rinunciare ai suoi sogni: la malattia l’avrebbe sicuramente divorata.

Qual è il succo di questa storia?  Come ben evidenziato dalla stessa autrice dell’articolo, medico a sua volta,  non è iperproteggendo il figlio, la figlia, che si risolvono i suoi problemi.  Invece, credere in lui/lei, incoraggiandolo/la a realizzare i propri sogni e ad assumersi la responsabilità di farlo anche se questo costa fatica, impegno, sacrificio, e mantenere la nostra fiducia nel figlio e nelle sue capacità di farcela, soprattutto nei momento difficili, è il miglior dono d’amore che un genitore possa dare al proprio figlio (raccontata dalla dr.ssa A. Graziottin, nel giornale Il Gazzettino, 2.4.2002, 23).

 

12.- Stamattina un ragno appeso a un filo invisibile faceva ginnastica. Guardando quel corpicino scuro salire e scendere nell’aria nitida ho pensato che avevamo ricevuto entrambi il dono dell’esistenza. Ero di pessimo umore, mi ero svegliato male. Il ragno, invece, danzava. Della vita che ci è stata donata nello stesso modo, in quel momento lui faceva un uso migliore del mio. Questo appunto è un po’ lungo, lo riassumo: stamattina ho preso lezioni di danza da un ragno e questo pomeriggio sto molto meglio (Bobin C., Autoritratto al radiatore, Anima Mundi, Otranto, 2018, 110).

 

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Buon Ferragosto!