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Ordinazione diaconale del Prof. Stefano Parenti in rito bizantino, Roma, 12 febbraio 2023 - foto di Stefano Sodaro

A Roma, a Roma!

di 

Stefano Sodaro


Con dieci anni di scarto rispetto alla successione papale di Francesco a Benedetto XVI, anche la sede episcopale di Trieste vede succedere a mons. Giampaolo Crepaldi, vescovo del capoluogo giuliano dal 4 ottobre 2009, il nuovo presule Enrico Trevisi, che – lo si sa soltanto da pochi giorni – sarà ordinato vescovo sabato 25 marzo nella Cattedrale di Cremona e prenderà possesso della Cattedrale di San Giusto a Trieste domenica 23 aprile.

Dieci anni, tuttavia, non sono poca cosa ed in questo periodo le condizioni stesse dell’intera Chiesa Cattolica sono molto mutate.

Però procediamo con ordine.

È stata, quella che si è appena conclusa, una settimana densissima di eventi ecclesiali, tutti peraltro incentrati a Roma, così come dal Papa – Vescovo di Roma - è stato nominato Vescovo di Trieste mons. Trevisi.

Domenica scorsa, 12 febbraio 2023, nella Chiesa di Sant’Atanasio, attigua al Pontificio Collegio Greco, è stato ordinato diacono il prof. Stefano Parenti da mons. Giorgio Demetrio Gallaro, divenuto Segretario Emerito del Dicastero per le Chiese Orientali solo tre giorni (!) dopo tale ordinazione, con la nomina del sacerdote maronita, non vescovo, padre Michel Jalakh a nuovo Segretario del medesimo Dicastero. Il prof. Parenti era attorniato da moglie e figlio ed ora è incamminato verso l’ordinazione presbiterale secondo la disciplina del rito bizantino, cui appartiene.

A Trieste esercita giurisdizione personale propria verso i fedeli ucraini di rito bizantino l’Esarca Apostolico appositamente nominato per l’Italia dal Papa - mons. Dionisij Ljachovič - e che risiede, pure lui, a Roma. Si può rinviare all’Ansa dello scorso maggio: https://www.ansa.it/friuliveneziagiulia/notizie/2022/05/07/chiesa-nuovo-assetto-canonico-per-cattolici-ucraini-trieste_e9c82895-11bb-4141-bf9e-336a7f6bd283.html.

Aggiungiamo una considerazione di stretto diritto canonico piuttosto importante: con Rescritto Papale del 26 novembre 1992 (cfr. Segreteria di Stato, Rescriptum ex audientia 26 november 1992, AAS 85 (1993) 81), la norma di cui al canone 32 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali – che consente il passaggio tra diverse Chiese Orientali con il consenso scritto dei due vescovi, a quo e ad quem – è stata estesa alla disciplina del passaggio di un fedele latino ad una Chiesa Orientale (ovviamente Cattolica). A Trieste, dunque, con il consenso scritto dell’Esarca Apostolico degli Ucraini Bizantini e del Vescovo stesso di Trieste, un fedele latino – o una fedele latina – potrebbe passare dal rito latino al rito bizantino-ucraino.

Questione in apparenza astrusa e forse addirittura incomprensibile, eppure – riflettiamo – un fedele latino sposato potrebbe, senza più i divieti di un tempo (la famigerata, ben nota ai “tecnici”, proibizione “excepta sacrorum ordinum receptione” o “exceptis ordinibus”), transitare alla Chiesa Ucraina Bizantina e venire ordinato prete, da sposato. In perfetta, persino pacifica, regolarità canonica.

Louis Massignon, dunque (https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-685-30-ottobre-2022/stefano-sodaro-se-massignon-fosse-morto-in-amazzonia), potrebbe di per sé rivivere a Trieste (così come – beninteso – in qualunque altra parte d’Italia su cui eserciti giurisdizione personale il menzionato Esarca Apostolico).

Abbiamo visto, in effetti, “rivivere Massignon” domenica scorsa a Roma in Via del Babuino 149.

Però, si diceva, dieci anni sono tanti, ed essere, adesso, collocati nell’anno di grazia 2023 non è come essere nel 2013, in un altro tempo delle nostre vite e della storia del Mondo e della Chiesa, allorché – lo ricordiamo tutte e tutti – un Papa rinunciò ed un altro fu eletto (benché il primo abbia poi continuato a vestire di bianco ed abitare in Vaticano…).

Che cosa è cambiato? Rimaniamo in ambiti molto specifici, quasi – appunto – “tecnici”: è cambiata la sensibilità verso gli aspetti patrimoniali, economici, non solo della vita della Chiesa, ma anche, verrebbe da dire “soprattutto”, delle persone. Lattuale congiuntura lo attesta in maniera drammatica. Ed è cambiata l’attenzione, anche proprio specificamente giuridica, verso i fenomeni deviati degli orrendi abusi ecclesiastici.

Fermiamoci al primo profilo. Il canone 1302 del Codice di Diritto Canonico dispone al suo §1: “Chi riceve fiduciariamente dei beni per causa pie sia con atto tra vivi sia con testamento, deve informarne l’Ordinario, indicandogli tutti i beni anzidetti sia mobili sia immobili con gli oneri annessi (…)”.

Trieste è città ricchissima di importanti patrimoni di grande valore culturale. Vi potrebbe risiedere, o transitare di passaggio, senza alcuna difficoltà d’ipotesi, “chi” – non necessariamente né cattolico, né cristiano, dal momento che anche la formulazione latina della norma canonica riporta soltanto un “qui accepit”, senz’altre specificazioni -, vi potrebbe dunque essere chi a Trieste riceva ingenti patrimoni di rilevanza culturale “per cause pie”, senza che alcuna norma canonica tuttavia precisi cosa debba intendersi al riguardo, aprendosi dunque un campo interpretativo di enorme ampiezza. Ad esempio, ricevere “fiduciariamente” – e bisognerà ritornare su tale avverbio che ha un significato giuridico molto preciso e puntuale – una intera biblioteca di volumi di teologia perché non vadano dispersi è una “causa pia” oppure no? La risposta sembra abbastanza scontata, ma vedremo di approfondire la questione in altra occasione.

Per il momento ci fermiamo ad osservare – dal momento che anche i Codici della Chiesa sono emanazione della potestà suprema del Vescovo di Roma – che, nel contesto cattolico, le grandi rivoluzioni avvengono quasi sempre dall’alto e dal centro. Ma se sono rivoluzioni reali (e lo sono), se ne può trarre motivo di grande consolazione anche alla base.

Buona domenica.