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Compianto sul Cristo morto, Guido Mazzoni, 1483-1485 - Chiesa del Gesù, Ferrara - immagine tratta da commons.wikimedia.org




Quiz estivi


di Dario Culot

Visto che in questo periodo normalmente la gente è in vacanza e si dedica ai passatempi, vediamo di fare anche qui qualcosa di più leggero. Ecco allora qualche domandina per vedere a che livello è la preparazione religiosa di chi legge.

1. Gesù nasce: a) in una locanda; b) in una casa; c) in una grotta; d) in una stalla.

2. Chi è il primo divulgatore della Buona Novella? a) un sacerdote; b) un apostolo; c) un discepolo; d) un lebbroso.

3. Gesù chiede a) di amare Dio; b) di aver timore di Dio; c) di amare l’uomo, mentre non chiede di amare Dio; d) di amare sia l’uomo, sia Dio.

4. L’edificio chiesa è: a) la casa di Dio; b) è la casa di Dio solo se c’è l’ostia consacrata nel tabernacolo, segnalata dalla luce rossa accesa; c) il luogo dove viene facilitato il contatto con Dio; d) è l’edificio dove si raccoglie la comunità dei credenti.

5. Il discepolo amato è: a) Pietro; b) Giacomo; c) non si sa chi è; d) Giovanni.

6. Portando il patibolo per la crocifissione, Gesù cade: a) una volta; b) 3 volte; c) mai; d) 2 volte.

7. La prostituta perdonata è: a) Maria di Cleofa; b) Maria di Magdala; c) non si conosce il suo nome; d) Marta.

8. Quanti anni poteva avere Maria al momento dell’annunciazione?: a) 24; b) 20; c) 18; d) 14.

9. Il capo dei diavoli è: a) Satana; b) Lucifero; c) non esiste un capo; d) Belzebù.

10. Qual è il capolavoro di cui Dio si vanta nella Bibbia: a) la Terra, b) l’uomo; c) le stelle; d) l’ippopotamo.

1. Che Gesù bambino sia nato in una grotta ce lo dicono i vangeli apocrifi (protovangelo di Giacomo XVIII e XIX[1]), perché secondo Matteo Gesù è nato in una casa come tutti (Mt 2, 11).

Luca parla di mangiatoia perché non c’era posto nell’alloggio (Lc 2, 7): molti ancora ricordano che nelle nostre montagne, fino a dopo la seconda guerra mondiale, spesso gli animali stavano al piano terra e gli abitanti al piano superiore, ricevendo anche riscaldamento (a fiato) dagli animali che stava al piano di sotto attraverso le fessure del pavimento. Duemila anni fa non doveva essere molto diverso; se l’alloggio (normalmente formato da una sola stanza) era già al completo, si dormiva anche nel locale della casa utilizzato normalmente per animali, attrezzi da lavoro e, in caso di necessità, anche per ospiti. Siamo indubbiamente in un contesto agro-pastorale di modeste condizioni, ma tutta Betlemme allora doveva essere così:[2] un alloggio costituito da un’unica stanza, e una seconda stanza usata come deposito/stalla, magari ricavata in una grotta contro la quale era poggiato il ‘monolocale’; sfruttando la cavità si evitava di costruire ben tre mura della seconda stanza-deposito. Sicuramente la devozione popolare ha drammatizzato il momento della nascita, mentre il vangelo segnala semplicemente che il Messia si è trovato fin dalla nascita in ristrettezza, un anticipo delle preferenze e delle scelte che poi farà nel corso della sua missione: i suoi messaggi ai poveri e ai sofferenti non vengono da chi è nato e vissuto nell’agiatezza, ma da chi ha sperimentato disagi e oppressioni fin dall’infanzia[3].

2. Il primo grande messaggio, che l’evangelista più antico ci ha lasciato, è il brano del lebbroso (Mc 1, 40-45). Il lebbroso era il simbolo del peccatore per eccellenza, l’uomo castigato e maledetto da Dio. Il lebbroso, personaggio anonimo che quindi rappresenta il prototipo di tutte le persone indegne, impure e peccatrici, non poteva avvicinarsi al Signore: non ne era degno. Gesù rovescia questa dottrina ben radicata in quella cultura, escludendo in primo luogo ogni collegamento fra peccato e malattia (Gv 9, 2s.). Non esiste più una persona che è indegna di avvicinarsi al Signore: accogli il Signore ed Egli ti renderà degno; altro che invitare al continuo pentimento e penitenza nel timor di Dio. Per la religione l’uomo deve meritare con i suoi sforzi l’amore di Dio. Per Gesù, l’amore di Dio non va più meritato ma va accolto come dono gratuito da parte di Dio. Dopodiché l’uomo, consapevole della Buona Novella, deve dirigersi verso gli altri suoi simili, per incontrarli e accettarli con amore; quindi deve muoversi in direzione orizzontale per incontrare il prossimo che è sempre facilmente raggiungibile, non verticalmente verso un Dio lontano e irraggiungibile. Gesù propone un nuovo rapporto con il Padre in cui l’essenza del credente sta solo nell’assomigliare a questo Padre praticando un amore simile al suo.

Non a caso, dunque, Marco termina questo episodio del lebbroso dicendo: «ma quegli (cioè il lebbroso) allontanatosi cominciò a proclamare e a divulgare il messaggio»[4] (Mc. 1, 45). L’ex lebbroso non va al Tempio a ringraziare Dio; non va neanche a raccontare in giro agli altri il fatto della propria guarigione miracolosa, ma è il primo ad andare in giro a divulgare “il messaggio” di Gesù. E qual è questo messaggio? Il messaggio è la Buona Novella: Dio non è il dio terribile predicato dai sacerdoti, non è il dio della religione che discrimina e punisce, ma Dio è un Padre e una Madre il cui amore si rivolge a tutte le persone, anche a quelle che la religione ha discriminato e ritiene non meritevoli, così impuri e indegni da non poter entrare in chiesa (nel Tempio). Non esiste da parte di Dio nessun castigo, nessuna maledizione per l’uomo, qualunque sia il suo passato di peccatore. Se c’è una maniera che rende visibile la cancellazione del passato è un atteggiamento nuovo di vita, la conversione, il cambio di mentalità; e qui vediamo proprio questo: il passato di peccatore (lebbroso) è stato cancellato; sono stati cancellati i peccati del lebbroso per i quali aveva “meritato” il castigo della lebbra, senza che neanche abbia dovuto fare alcun percorso umiliante di penitenza.

Come ben sappiamo, oggi il vangelo può essere divulgato solo dal magistero della Chiesa perché così – dice sempre la Chiesa – avrebbe voluto proprio Gesù Cristo. Invece il Vangelo di Marco ci sta dicendo qualcosa di molto diverso, visto che il primo divulgatore della Buona Novella non è un apostolo, non è un sacerdote, non è un raffinato teologo, ma un lebbroso, cioè un peccatore anonimo che è stato purificato perché ha semplicemente accolto il messaggio di Gesù. Questo laico peccatore comincia a predicare dappertutto il messaggio evangelico: non è vero che Dio discrimina le persone, che rifiuta i non meritevoli e allontana da sé gli impuri e i peccatori, ma l'amore di Dio è rivolto a tutti.

3. Gesù non chiede di amare Dio con tutta la propria anima, con tutte le proprie forze, il che contrasta con la prima e fondamentale norma ebraica, recepita ancora oggi nei nn. 1844 e 2133 del Catechismo. L’unica cosa che chiede Gesù è di assomigliare al Padre, cioè cercar di amare come Dio ama, perché è solo nell’amore per l’altro che si rivela anche l’amore per Dio. È la Bibbia, non il vangelo, che ci dice che bisogna amare Dio al di sopra di tutto, cioè in modo assoluto, con tutto il cuore, con tutta la propria anima e con tutta la propria mente (Dt 6, 5), e il prossimo solo come sé stessi, cioè in modo relativo (Lv 19, 18).

Quando Gesù parla del giudizio finale (Mt 25, 31) parla solo dell’amore per il prossimo, che non sta in relazione diretta con Dio, tant’è vero che anche i giusti si meravigliano che Cristo consideri fatto a lui quello che è stato fatto soltanto agli uomini[5]. Ciò significa che col discorso sul giudizio finale Cristo fa capire due cose: che si può credere benissimo in Dio senza amare il prossimo (ma in questo caso si è empi, davanti a Dio); che si può amare il prossimo (ed ottenere la salvezza) senza credere affatto in Dio.

4. Se il Tempio era prima considerato la casa di Dio, con Gesù è l’uomo che diventa la casa di Dio (Gv 13, 20; 1Cor 3, 16; 2Cor 6, 16; At 7, 48 e 17, 24). L’edificio chiesa diventerà la casa del popolo di Dio, il luogo dove si radunano i credenti (simile alla sinagoga, potremmo dire, se il termine non richiamasse troppo l’ebraismo), ma non è più il luogo dove Dio abita: la chiesa non è la casa di Dio, neanche per i cattolici; è solo il luogo dove i credenti si riuniscono. Correttamente, allora, i protestanti fanno rilevare[6] che, in realtà, nella Chiesa cattolica c’è ancora una reminiscenza del Tempio di Gerusalemme (si era convinti che lì fosse la casa di Dio in terra), visto che la conservazione delle ostie consacrate costituisce una sorta di presenza permanente della divinità nell’edificio chiesa.

Ricordo che Gesù non va mai a pregare, cioè a comunicare con Dio, nei luoghi sacri; per pregare va sempre nei luoghi profani: sul monte (Mt 14, 23), nel deserto (Mc 1, 35); mai nel Tempio, mai nella sinagoga. Gesù non si serve della sacra casa di Dio come luogo dell’incontro con Dio.

La stessa Apocalisse (Ap 21, 22), poi, finisce con un “non vidi”. Cosa non si vede più? Il Tempio, il santuario, la casa di Dio. L’uomo di tutte le religioni cerca sempre di costruire l’edificio sacro, in qualunque situazione si venga a trovare, in qualunque realtà umana esistita sulla terra. Per ogni religione è importante che ci sia un santuario, un Tempio, una chiesa, una moschea, perché da quel momento ci sarà chi ne controlla lo spazio e potrà dire: “tu puoi entrare, tu non puoi entrare!” Gesù è venuto a dirci che non c’è più niente che impedisce l’accesso diretto a Dio: nessuno può dirci di non entrare nello spazio sacro, e per questo elimina l’ostacolo del santuario, il quale, con le sue categorie di puro/impuro, rendeva difficile l’avvicinamento a Dio[7].

5. Nel Vangelo di Giovanni appare più volte la figura del discepolo amato. Ci è stato insegnato che questo discepolo si identifica con l’evangelista Giovanni,[8] e questa identificazione è antica risalendo fino a Ireneo di Lione[9]. Si giustifica logicamente l’abbinamento sostenendo che i discepoli prediletti erano Pietro, Giacomo e Giovanni che venivano spesso presi in disparte (ma invece oggi sappiamo che essere presi in disparte non è affatto una connotazione positiva, perché ad essere presi in disparte sono gli apostoli più refrattari)[10]. Pietro non può essere il discepolo amato perché nominato nel vangelo assieme a questo discepolo (Gv 20, 2); Giacomo non può essere perché martirizzato ben prima della stesura dello stesso vangelo; resta Giovanni, che evidentemente avrebbe mantenuto il silenzio sul suo nome per modestia[11]. Al contrario, come è stato fatto notare da un ateo giustamente polemico,[12] si dovrebbe sostenere che Giovanni doveva essere gravemente ammalato di protagonismo e narcisismo cristico[13] se oltre a presentarsi nel proprio vangelo come il discepolo prediletto di Gesù, pretende anche di essere stato il primo ad aver accolto la sua chiamata, il primo a essere arrivato al suo sepolcro vuoto ed aver capito tutto, eccetera, eccetera.

Finalmente, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, si è cominciato seriamente a dubitare che il quarto evangelista sia una sola persona, e che il quarto evangelista possa essere il discepolo prediletto,[14] e oggi buona parte della dottrina ritiene che il discepolo prediletto corrisponda semplicemente al prototipo dei discepoli, nel quale ogni lettore può riconoscersi[15].

Il punto essenziale è che non solo non si dice mai che questo discepolo è apostolo,[16] ma soprattutto non ha nome, per cui non è lecito identificarlo, così come non si deve identificare nessun personaggio anonimo (si pensi alla prostituta perdonata, o al lebbroso primo divulgatore della Buona Novella di cui si è a detto al n.2). Ogni qualvolta manca il nome, l’evangelista vuole figurare un personaggio rappresentativo ideale, nel quale ogni lettore, ogni ascoltatore si può identificare. Allora è chiaro da una parte che identificando il discepolo prediletto con Giovanni si svilisce l’importanza di questo personaggio. L’evangelista ci vuol solo dire che quello è il modello di discepolato: colui che accoglie pienamente Gesù, gli è intimo nel seguirlo e nel donarsi come lui.

6. Non cade mai, stando ai vangeli canonici. Quindi la via crucis racconta fake news.

7. Anche in questo caso la prostituta è e resta un personaggio anonimo, mentre Maria Maddalena è fin dall’inizio individuata col suo nome. Ancorare ai vangeli ogni spiegazione – come ha sollecitato il Concilio – vuol dire restar strettamente legati al testo, non separarsene neanche di un centimetro, perché quando si imbocca questa seconda strada del “è probabile, è possibile,” allora ogni fantasia diventa possibile. Sono stati proprio i ben pensanti, sconvolti dal fatto che Gesù potesse perdonare una prostituta senza neanche chiederle di cambiare vita, a seguire in questo caso la seconda strada, creandosi a loro uso e consumo la storiella del pentimento e della redenzione, che ovviamente si attagliava molto meglio alla credenza che senza penitenza e pentimento non ci può essere perdono. In tal modo i moralisti si sono sentiti finalmente rinfrancati: ma non è questo che dice il vangelo, e i suoi insegnamenti non devono essere coperti da pietosi veli per nascondere o modificare ciò che in realtà sta dicendo. Col modificare i vangeli a proprio uso e consumo, le persone religiose dimostrano di scambiare per fede il proprio desiderio di sicurezza. Il grave è che questa storiella l’hanno ripetuta talmente tante volte che più o meno tutti sono ormai convinti che Maria Maddalena sia la prostituta pentita,[17] a cominciare da Papa Gregorio Magno che, nel VI secolo, decise di identificare Maria Maddalena con la peccatrice[18]. Nell’immaginario collettivo, poi, più degli scritti conta la pittura, e nella “Cappella della Maddalena” che si trova nella Basilica inferiore di Assisi, Giotto congiunse in un’unica figura Maria di Magdala, la peccatrice e Maria sorella di Lazzaro. Questa errata identificazione di Maria Maddalena con la peccatrice è stata formalmente rigettata dalla Chiesa cattolica appena nel 1969. Ma quanti sono a conoscenza del fatto che il concilio Vaticano II, nella revisione del Messale romano ha rettificato l’immagine della peccatrice ribadendo che il giorno a lei dedicato, il 22 luglio: «Celebra solo colei a cui Cristo apparve dopo la risurrezione e in nessun modo la sorella di santa Marta, né la peccatrice alla quale il Signore perdonò i peccati»?[19] La maggior parte dei cattolici ancora crede che Maria Maddalena sia la prostituta pentita. Effetto di secoli d’insegnamento sbagliato ma martellante.

8. All’epoca il maschio si sposava verso i 18 anni, e la femmina fra i 12 e i 14. Allora le donne raggiungevano la maggiore età a 12 anni:[20] quindi potevano essere sposate a 12 anni e celebrare le nozze a 13. Oggi si parlerebbe di pedofilia. I maschi si sposavano a 18 anni, ma potevano farlo dai 13 in poi[21]. Ricordiamo che in Israele, la prima fase del matrimonio (sposalizio), si concludeva con un accordo fra i capi clan perché il matrimonio non era un affare privato ma del clan[22]: con l’accordo sull’ammontare della dote quella determinata donna era formalmente riservata come moglie in favore dello sposo, ma continuava a vivere nella propria casa, senza rapporti matrimoniali; a quel punto lo sposo aveva però un suo diritto sulla donna e la donna aveva l’obbligo di fedeltà,[23] pena la lapidazione riservata alle promesse spose adultere[24]. La seconda fase (nozze) comportava l’uscita della donna dalla casa paterna dando adempimento agli impegni presi con lo sposalizio[25]. Il corteo della sposa andava a casa dello sposo, e a quel punto i festeggiamenti duravano da 7 a 14 giorni[26]. La prima fase avveniva fra i 12 e i 13 anni, la seconda un anno dopo[27].

Poiché Maria afferma di non conoscere uomo (Lc 1, 34), cioè di non avere avuto rapporti matrimoniali, significa che le nozze non si sono ancora celebrate.

9. Non c’è alcun capo. Il diavolo, o satana in ebraico, è sempre una persona in carne ed ossa, o un insieme di persone in carne ed ossa. Cfr. l’articolo Satana al n. 472 di questo giornale.

10. L’ippopotamo, non l’uomo, è il capolavoro di Dio (Gb 40, 19).


NOTE


[1] In Vangeli apocrifi, ed. Giunti Demetra, Firenze, 2006, 37 e 39.

[2] Ravasi G., Il bue, l’asino e la grotta di Betlemme, “Famiglia Cristiana” , n. 51/2012, 135.

[3] Da Spinetoli O., Il Vangelo del Natale, ed. Borla, Roma, 1996, 279.

[4] Alcuni testi traducono impropriamente: “cominciò a raccontare quello che gli era capitato” o “a raccontare il fatto”. Ma il testo greco usa il termine logos, che si riferisce a un concetto, a un messaggio.

[5] Arias J., Il dio in cui non credo, ed. Cittadella, Assisi, 1997, 132.

[6]Gounelle A., I grandi principi del protestantesimo, ed. Claudiana, Torino, 2000, 46. Kampen D., Introduzione alla spiritualità luterana, ed. Claudiana, Torino, 2013, 48: Cristo non ha istituito la Santa Cena, affinché il pane fosse esposto e venerato, ma affinché venisse distribuito e mangiato.

[7] Pérez Márquez R., L’Antico Testamento nell’Apocalisse, ed. Cittadella, Assisi, 2010, 428.

[8] Lo pensava già San Girolamo, La perenne verginità di Maria (Contro Elvidio), ed. Città Nuova, Roma, 1988, 51. Vedasi fino ai giorni nostri rev. Laux J., Church History, ed. Berzinger Brothers, New York e al., 1945, 35.

In tal senso, ancora oggi il cardinal Tettamanzi, in “Famiglia Cristiana,” n.15/2012, 12, o n.15/2013, 15. In passato, vedasi Schindler P., Petrus, ed. SAT, Vicenza,1951, 134.

[9] Ireneo, Adversus haereses III, 1, 1, in www.documenta-catholica.eu.

[10] AA.VV., Il cristianesimo questo sconosciuto, ed. Didaskaleion. Torino, 1993, 129.

[11] Ibidem.

[12] Odifreddi P., Perché non possiamo essere cristiani, ed. Longanesi, Milano, 2007, 137.

[13] Quanti preti e/o zelanti custodi della fede avete incontrato, affetti da questo tipo di narcisismo? Incapaci di dire una frase senza mettervi dentro la parola “Dio” o “Cristo”; sempre con gli occhi rivolti al cielo, ma incapaci di darvi una mano in silenzio quando siete veramente i difficoltà.

[14] Schnackenburg R., Il Vangelo di Giovanni, ed. Paideia, Brescia, 1977, P.I, 121 ss.; Brown R.E., Introduzione al Vangelo di Giovanni, ed. Queriniana, Brescia, 2007, 208 ss., dove si riconosce che questo discepolo deve essere stato mosso in modo particolare dallo Spirito Santo, e l’autore del IV Vangelo non è una sola persona, ma una scuola particolarmente imbevuta dello spirito del discepolo amato.

[15] Fabris R., Giovanni, ed. Borla, Roma, 1992, 73; Mateos J. e Camacho F., Vangelo: figure e simboli, ed. Cittadella, Assisi, 1997, 109 s.; Wengst K., Il Vangelo di Giovanni, ed. Queriniana, Brescia, 2008, 776; Maggi A., Il mandante, ed. Cittadella, Assisi, 2009, 37s. Ravasi G., Il discepolo amato figura del vero credente in Cristo, “Famiglia Cristiana”, n.46/2013, 116.

[16] Bortuzzo A., Giovanni e la sua opera, relazione tenuta a Trieste il 13.3.2012.

[17] Anche “Avvenire” riconosce che questa tesi è ormai comunemente rigettata: Iannaccone M., Gesù e l’adultera, “Avvenire” 28.9.2011, 27.

[18] Gregorio Magno, Omelia, II, XXXIII, 1, in Opere di Gregorio Magno, II. Omelie sui Vangeli, a cura di Cremascoli G., ed. Città Nuova, Roma 1994, 422-423; cfr. anche Gregorio Magno, Lettera, VII, 22, in Opere di Gregorio Magno, V/2. Lettere. A cura di Recchia V., ed. Città Nuova, Roma 1996, 450-453.

Questa sovrapposizione non avvenne, invece, nelle chiese orientali: Saxer V., Les saintes Marie Madeleine et Marie de Béthanie dans la tradition liturgique et homilétique orientale, in “Revue des Sciences Religieuses” 32 (1958) 1-37.

[19] Calendarium Romanum generale (cioè il calendario liturgico ufficiale della Chiesa Cattolica), Roma, giorno 22 luglio.

[20] Chizzoniti A.G. e Tallacchini M., Cibo e religione: diritto e diritti, ed. Libellula, Tricase (LE), 2010, 88 nota 5; Sole F., Il matrimonio presso gli israeliti, “Palestra del clero”, 1964, 1090.

[21] Sole F., Il matrimonio presso gli israeliti, “Palestra del clero”, 1964, 1090.

[22] Dellagiacoma V., Il matrimonio presso gli ebrei, “Rivista Biblica” 1959, 230.

[23] Idem, 23s. nota 37.

[24] Sole F., Il matrimonio presso gli israeliti, “Palestra del clero”, 1964, 1092)

[25] Tosato A., Il matrimonio israelitico, ed. Biblical institute press, Roma, 1982, 86, 109; Sole F., Il matrimonio presso gli israeliti, “Palestra del clero”, 1964, 1092.

[26] Sole F., Il matrimonio presso gli israeliti, “Palestra del clero”, 1964, 1094; Montagnini F., Il matrimonio nella legge rivelata, in Enciclopedia del matrimonio, ed. Queriniana, Brescia, 1960, 134; Dellagiacoma V., Il matrimonio presso gli ebrei, “Rivista Biblica” 1959, 236.

[27] Da Spinetoli O., Il Vangelo di Natale, ed. Borla, Roma, 1996, 92 nota 56.