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"Bruto! Codardo!" - dalle illustrazioni di un artista anonimo per An Ideal Husband di Oscar Wilde, 1907 - immagine tratta da commons.wikimedia.org

Le leggi e gli amori di Giairo Zan



di Stefano Sodaro


Andrea Camilleri, in un’intervista, rivelava di affidarsi talvolta all’elenco telefonico (quando ancora esisteva…) per escogitare nomi e cognomi dei suoi personaggi.

Riparati all’ombra di simile autorità, può esserci dunque consentito ricorrere allo stratagemma di inventarci di sana pianta l’identificazione anagrafica del protagonista del nostro odierno editoriale, ricorrendo – tuttavia - da una parte alla più stretta attualità civile, statuale, e dall’altra alla non meno attuale prescrizione liturgica di lettura evangelica nelle chiese cattoliche di rito romano per questa XIII domenica del Tempo Ordinario dell’Anno B.

Ma iniziamo dall’inizio.

La questione sessuale è ancora il discrimine della nostra cultura. Sembra, anzi, che ogni aspetto della nostra vita debba incentrarsi sul sesso, così costruendo una gigantografia di significati e di aspettative che, per quanto possa sembrar ovvio doverlo anche solo annotare, di rimbalzo frustra – fino a vere ossessioni o disperazioni – chi del sesso invece non ha mai fatto una dimensione esaustiva dei propri progetti sia politici che personali e chi ha vissuto il sesso con la semplicità e l’immediatezza felice di un amore vissuto od anche solo di una gioia momentanea, ma vera, autentica, perché all’insegna del reciproco consenso e perché lontana da ogni mercimonio, non solo di denaro, quanto piuttosto distante da qualunque contrattualizzazione del piacere, da qualsiasi do ut des.

Difatti, se tale “questione sessuale” rimanesse un interrogativo da affrontare a livello filosofico, psicologico, letterario, astratto, accademico, teorico, nessuno e nessuna avrebbe alcunché da ridire, ma siccome attraversa la storia di ognuna ed ognuno di noi scatta un – anche inconscio – bisogno di vicendevole, biunivoco, controllo, la “biopolitica” di Foucault, che mette in allerta anche ogni potere rispetto a coloro su cui è esercitato, sia laico o religioso.

Il sesso insomma fa problema, enorme problema, da qualunque parte lo si guardi.

Se ci pensiamo, la guardiania culturale sul sesso lo suddivide in “sano” e “malato”, come pure l’amore. “Fatti curare” è divenuta una battuta, ma racchiude una verità proveniente dal nostro piantone interiore che dovremmo guardare con una certa avvertenza, perché verità non è detto che sia.

Il disegno di legge Zan – lo afferma anche l’amico Dario Culot in questo numero del nostro settimanale (e ci pare un segno di serietà e vitalità della scrittura il fatto che le opinioni possano essere diverse) – sarebbe un progetto di legge “malato”. La ormai ultracelebre Nota della Segreteria di Stato della Santa Sede (non del Vaticano) dice la stessa cosa.

Qui bisogna un attimo fermarsi e articolare un ragionamento non tanto scontato.

Le leggi sono effettivamente atte a presentarsi talora come “cattive” leggi, persino “malate”, “tossiche”, se pensiamo ad alcuni periodi storici addirittura “criminali”, o comunque, abbassando il loro livello di morbosità, non suscettibili di obbligare ad una loro generale osservanza ed è precisamente di fronte ad esse che si legittima, per contrasto, per opposizione potremmo dire, la cosiddetta “obiezione di coscienza”. C’è, cioè, una legge più costringente di quella formale, la legge di coscienza. Però allora è appunto la coscienza a dover essere interrogata.

Giairo, “uno dei capi della sinagoga” riportano tutti e tre i Sinottici, obbedisce ad un appello interiore di padre, che è anche un obbligo di legge, salvare la vita della figlia morente. Bisogna guarire chi sta male e salvare la sua vita se è possibile. Se non lo si fa, la colpa può essere gravissima, sino all’omicidio (solitamente colposo in questi casi).

Dunque nei confronti di chi fa del male a chi ama chi è del proprio medesimo sesso riteniamo sia necessario reagire oppure no? È un male o forse non è un male, perché – magari – riteniamo che male sia piuttosto proprio l’amore omoaffettivo?

È davvero assai sterile per la dialettica democratica sfuggire a simile domanda per rintanarsi piuttosto nelle discussioni di tecnica legislativa che può essere migliorata all’infinito, ma che è soltanto funzionale a quella risposta. Colpire, fisicamente od anche solo verbalmente, una donna che ama una donna ed un uomo che ama un uomo è male? Sì o no?

Torniamo a Giairo. “Auguri e figli maschi” è un portato – per fortuna desueto – della nostra stessa tradizione cultural-popolare. “Uno dei capi della sinagoga” – ripetiamolo: uno dei capi della sinagoga – sembra coraggiosamente remare però contro la corrente della nostra cultura, per quanto oggi sembri ridotta a rigagnolo.

Merita tornare, come fosse un ritornello martellante, sulla domanda inevasa: chi fa del male a chi ama dev’essere punito più gravemente di chi fa del male e basta, a prescindere dall’odio verso chi ama? Bisognerebbe rispondere a simile domanda. E bisognerebbe riconoscere, però, che il problema sta tutto e soltanto lì: si tratta di amore? Per il sottoscritto sì, senza che sia possibile nemmeno dubitarne per un nanosecondo.

“Dogmatismo progressista”, come ha detto qualcuno? Beh, salvo non ci si sciacqui solo la bocca con la parola “ecumenismo”, le altre Chiese e Confessioni Cristiane avranno pur qualcosa da insegnare. La loro riflessione teologica sull’amore – e pure sull’amore sessuale - non ha da dire nulla ai Cattolici?

La questione abbraccerebbe ben altre domande. E pure al di fuori dei perimetri ecumenici.

Ad esempio, non ci vuole poi molto per scoprire che la vituperatissima “identità di genere”, che aprirebbe la porta a temibili e terribili interpretazioni liberticide, è in realtà già ben presente nel nostro ordinamento giuridico in forza della legge di ratifica della Convenzione di Istanbul, la quale, all’art. 3, lett. c., rubricato “Definizioni”, precisa: «con il termine “genere” ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per uomini e per donne;». (https://www.gazzettaufficiale.it/do/atto/serie_generale/caricaPdf?cdimg=13A0578900000010110002&dgu=2013-07-02&art.dataPubblicazioneGazzetta=2013-07-02&art.codiceRedazionale=13A05789&art.num=1&art.tiposerie=SG).

Per la cronaca, la legge italiana di ratifica è la n. 77 del 27 giugno 2013 (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2013/07/01/13G00122/sg).

E già: otto anni di legge proprio oggi.

Per quanto mi riguarda, formulo i più sentiti auguri.

La coscienza vive essa stessa negli spazi dell’amore, non della mera, algida, coerenza razionale.

Se riteniamo che amarsi sia un valore, che non ci debba mai nascondere perché si ama, che non sia possibile avere paura di manifestare il proprio amore pubblicamente, le conseguenze vengono da sé. E per quanto riguarda le faccende giuridiche, ci sarà modo di riparlarne, magari quando il disegno di legge sarà discussa in aula.

Buona domenica e buona settimana.