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Della “trasfigurazione” o “risurrezione” di Bose


7 agosto 2023

Questa volta la morbosità sensazionalistica dell’ultima cicaleccio ecclesiastico non sembra essersene accorta, perché troppo distratta evidentemente, ma – nel silenzio proprio della scelta monastica – avvengono cose importanti; si può leggere quanto segue sul sito del Monastero di Bose:

Nella notte della Trasfigurazione del Signore, tra il 5 e il 6 agosto scorsi, fr. Federico e fr. Paolo, giunti al termine del tempo di probandato, hanno emesso la loro professione monastica definitiva, impegnandosi a vivere radicalmente il Vangelo nel celibato e in una vita comune di obbedienza e condivisione dei beni, fissando nella nostra forma vitae la loro vocazione battesimale.

Pochi giorni prima, nella festa dei ss. Marta, Maria e Lazzaro, amici e ospiti del Signore, si era concluso un percorso avviato oltre trent’anni fa, per un più esplicito radicamento ecclesiale della nostra realtà comunitaria.

(…)

La Comunità e in particolare i fratelli e le sorelle incaricati di preparare la bozza delle nuove Costituzioni hanno potuto ascoltare e confrontarsi con monaci e monache di diverse confessioni, esperti di vissuto comunitario e di diritto canonico, facendo tesoro della loro sapienza e competenza. La forma canonica che ci è sembrata corrispondere maggiormente alla nostra realtà è stata individuata nel “Monastero sui iuris di diritto diocesano”, per cui si è provveduto a redigerne le Costituzioni e a votarle al termine del capitolo generale dello scorso gennaio.

Il Vescovo di Biella +Roberto Farinella ha ottenuto dal Dicastero per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita Apostolica la licenza di erigere il monastero secondo le Costituzioni approntate dalla Comunità, che sono state approvate ad experimentum per cinque anni, riconoscendo la Comunità come “segno tangibile di quei frutti auspicati dal cammino ecumenico nel quale le Chiese cristiane sono impegnate da decenni e che, pur non essendo ancora pervenuto alla piena comunione, ha contribuito a un importante riconoscimento reciproco”. Il medesimo Vescovo ha quindi eretto canonicamente l’Associazione in “Monastero sui iuris di diritto diocesano”. Tale decisione è stata notificata alla Comunità riunita nella sala capitolare lo scorso 29 luglio, in un clima di ringraziamento al Signore e a coloro che ci hanno accompagnato in questo cammino, con la loro competenza e disponibilità. Speriamo, anche incoraggiati da questo segno di benevolenza, di crescere con l’aiuto dello Spirito santo nella grazia del nostro battesimo e della vocazione monastica.

Siamo consapevoli che ciò che più vale è la vita, alla sequela del Signore, insieme ai fratelli e alle sorelle, nella comunione di tutta la Chiesa. Ma sappiamo anche che, nella nostra fragilità, abbiamo bisogno di essere sostenuti e accompagnati. Affidiamo dunque anche questo passo del nostro cammino alla misericordia di Dio, mentre chiediamo a voi tutti, amici e ospiti, di continuare a farci il dono della vostra preghiera e amicizia.

Il motu proprio “Authenticum charismatis” di Francesco papa – del 1° novembre 2020 – incide infatti anche sul can. 615 del Codice di diritto canonico, che prevede l’istituzione dei monasteri “sui iuris”: Monasterium sui iuris, quod praeter proprium Moderatorem alium Superiorem maiorem non habet, neque alicui religiosorum instituto ita consociatum est ut eiusdem Superior vera potestate constitutionibus determinata in tale monasterium gaudeat, ad normam iuris peculiari vigilantiae Episcopi dioecesani committitur.

Traduciamo: Il Monastero di diritto proprio, che oltre al proprio Moderatore non abbia altro Superiore Maggiore, né sia unito ad alcun altro istituto religioso così che il Superiore del medesimo goda su tale Monastero di vera e propria potestà come determinata dalle sue costituzioni, è affidato, a norma del diritto peculiare, alla vigilanza del Vescovo diocesano.

A sua volta Francesco papa ha disposto, nel citato motu proprio, che: Sedis quidem Apostolicae est Pastoribus consilio adesse unde ducantur ad discernendam rationem quo pacto nova Instituta vel novae Societates dioecesani iuris in Ecclesia constituantur. Nam Adhortatio Apostolica postsynodalis Vita consecrata, cum de novis consecratae vitae generibus agit, his verbis aperte asseverat: «vitalis eorum vigor oportet ab Ecclesiae auctoritate excutiatur, cuius est necessarias experiri probationes quibus et finis concitantis veritas confirmetur simulque nimia institutionum inter se consimilium multitudo vitetur, imminente scilicet periculo ne magno cum detrimento in parvulos manipulos diffringantur» (n. 12). Hanc ob rem, nova Instituta vitae consecratae et novae Societates vitae apostolicae ab ipsa Sede Apostolica, cui uni contingit supremum iudicandi munus, publice probari debent.

Erectio igitur canonica horum Institutorum et Societatum, ab Episcopo effecta, ambitum dioecesanum revera exsuperat ac magnum momentum tota in Ecclesia universali obtinet. Omne vero Institutum vitae consecratae atque omnis Societas vitae apostolicae, sua natura, quamvis utrumque oriatur in contextu Ecclesiae particularis «sicut donum totius Ecclesiae, non est aliquid ab eadem seiunctum vel in margine positum, sed cum ipsa Ecclesia intime coniunctum, immo insitum est in imis Ecclesiae praecordiis haud secus ac pars eius missionis praecipua» (Lettera ai Consacrati, III, 5).

Versione ufficiale in italiano: Alla Sede Apostolica compete accompagnare i Pastori nel processo di discernimento che conduce al riconoscimento ecclesiale di un nuovo Istituto o di una nuova Società di diritto diocesano. L’Esortazione apostolica Vita consecrata afferma che la vitalità di nuovi Istituti e Società «deve essere vagliata dall’autorità della Chiesa, alla quale compete l’opportuno esame sia per saggiare l’autenticità della finalità ispiratrice sia per evitare l’eccessiva moltiplicazione di istituzioni tra loro analoghe, col conseguente rischio di una nociva frammentazione in gruppi troppo piccoli» (n. 12). I nuovi Istituti di vita consacrata e le nuove Società di vita apostolica, pertanto, devono essere ufficialmente riconosciuti dalla Sede Apostolica, alla quale sola compete l’ultimo giudizio.

L’atto di erezione canonica da parte del Vescovo trascende il solo ambito diocesano e lo rende rilevante nel più vasto orizzonte della Chiesa universale. Infatti, natura sua, ogni Istituto di vita consacrata o Società di vita apostolica, ancorché sorto nel contesto di una Chiesa particolare, «in quanto dono alla Chiesa, non è una realtà isolata o marginale, ma appartiene intimamente ad essa, sta al cuore stesso della Chiesa come elemento decisivo della sua missione» (Lettera ai Consacrati, III, 5).

I due nuovi monaci di Bose Federico e Paolo, che hanno fatto la professione nella notte tra il 5 ed il 6 agosto, appena ieri, non sono dunque più semplici associati di un’Associazione privata di fedeli – qual era sino ad ora la Comunità di Bose – ma “veri e propri” (diciamo così…) professi di un monastero riconosciuto come tale dalla Chiesa a tutti gli effetti, anche giuridici.

Sabino Chialà è, pertanto, il Priore canonico di Bose, non diversamente da come un abate è guida del proprio monastero.

E Bose, stando alla lettera del Comunicato sul sito, conserva tutte le proprie peculiarità: il suo carattere ecumenico e la presenza congiunta di donne e uomini. Diversamente, non sarebbe più Bose.

La nostra testata ha cercato di mantenere sempre una costante, appassionata, affettuosa, attenzione verso le monache di Bose, che ipotizziamo siano in tutto equiparate ai fratelli nelle nuove Costituzioni.

Questo prossimo mese (diamoci una data: l’8 settembre può andar bene?) vorremmo - prima di tutto lo proponiamo a noi stessi – costruire, ma del tutto artigianalmente, uno spazio di silenzio attorno a noi, e provare ad elaborare un segno ecumenico anche parecchio dirompente, “disruptive” si dice, che metta al centro la storia delle donne: diremo a suo tempo cosa, come e dove.

Per quante e quanti amano Bose si apre un tempo del tutto nuovo, inedito, ma non più incerto. Ora sappiamo bene – finalmente - che cosa quella Comunità sia.

La “trasfigurazione di Bose” è allora, in effetti, la sua “risurrezione”.

 


Rubrica quindicinale Omnia probate 

a cura di fratel Guido Dotti della Comunità Monastica di Bose 

(cliccare sotto la foto)

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