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Hic portatur corpus Eadwardi regis ad ecclesiam Sancti Petri Apostoli - anni tra 1051 e 1100 - L'Arazzo di Bayeux, noto anche come Arazzo della Regina Matilde, e più anticamente “Telle du Conquest” è un ricamo dell'XI secolo registrato dal 2007 nel registro della Memoria del Mondo dall'UNESCO - Musero degli Arazzi di Bayeux, immagine tratta da commons.wikimedia.org


La Chiesa apostolica

di Dario Culot

Come ultima definizione che il Credo dà della Chiesa si parla di apostolicità, il che significa che la Chiesa confessa la fede degli apostoli e cerca di viverla[1]. Dunque, l’unica Chiesa autentica e vera è quella di Roma perché è nata dagli apostoli e con gli apostoli, e – ancora meglio - questa è l’unica Chiesa che proviene da Gesù, il Salvatore nostro che, dopo la resurrezione, ha dato da pascere a Pietro (Gv 21, 17). È anche ovvio che era sempre molto più facile far accogliere nelle comunità primitiva un insegnamento di chiara derivazione apostolica,[2] perché attribuire ad uno scritto origini nobili ne aumenta indubbiamente l’autorità[3].

Per dare forza alla propria autorità la Chiesa cattolica afferma che Dio, essendo origine di ogni cosa, è l’autorità assoluta e ogni potestà viene da Lui; la Parola di Dio è stata affidata da Cristo agli apostoli; gli apostoli poi, affinché la Parola si conservasse sempre integra e viva nella Chiesa, lasciarono come successori i vescovi, ad essi affidando il loro proprio posto di maestri (nn.77, 1087 Catechismo). Dunque, la Chiesa è apostolica perché confessa la fede degli apostoli[4]. Le liste episcopali testimoniano le ininterrotte successioni vescovili a garanzia di un integro ed inalterato Depositum fidei, per cui la Chiesa cattolica è l’unica vera Chiesa grazie alla successione apostolica,[5] e in quanto tale pretende di ottenere il riconoscimento della propria preminente dignità (autorità)[6]. Quindi la successione apostolica è anche la base dell’autorità della Chiesa. Le due cose sono inscindibilmente legate.

Va però subito osservato che le varie diversità di opinione hanno portato i cristiani a dividersi nel corso dei secoli, per cui oggi troviamo cattolici, ortodossi,[7] protestanti, i quali si sono poi ulteriormente frazionati. Oggi, anche all’interno del cattolicesimo, risulta ormai evidente una nuova vera e propria frattura fra modi diversi di pensare e vivere il cristianesimo, che con semplicità probabilmente eccessiva si possono ridurre a due, come visto in altra occasione (conservatori e progressisti). Però Dio non si spaventa per questo. Come nella parabola del seminatore (Mc 4, 3-8), Dio getta il seme anche dove sembra non serva a niente, senza paura di sprecarlo. Semina su tutti i terreni, anche sulla strada e tra i rovi. Perciò, a differenza di noi che non ci crediamo, se Lui semina su tutti i terreni sembra proprio che creda nei cattolici, ma anche nei valdesi, negli ortodossi e perfino nei non credenti[8].

Dire allora che la predicazione apostolica, conservata con una successione ininterrotta fino ai nostri giorni, ha permesso di conservare una fede unica trasmessa una volta per sempre[9] soltanto nella Chiesa cattolica appare piuttosto azzardato, visto che le due tradizioni (narrativa evangelica e paolina dogmatica) hanno sempre condizionato in maniera diversa la stessa struttura della predicazione, del catechismo e quindi della stessa fede. Di più: di fronte a queste proclamazioni autoreferenziali si può subito obiettare che la nostra Chiesa si fonda soprattutto su san Paolo, il quale non ha avuto l’investitura né da Gesù, né da nessuno dei 12 apostoli; si può obiettare che anche le Chiese orientali Ortodosse vantano un’altrettanta ininterrotta successione apostolica, come del resto riconosce la stessa Chiesa romana (n.1399 Catechismo). Ma allora, se per garantire la “fedele trasmissione della fede” bastasse la successione apostolica (nn.815, ult. co., 833, 1209, 1576 Catechismo), non si capisce come essa non abbia evitato nei secoli opinioni teologiche talmente diverse da impedire una completa comunione fra le varie Chiese (per fare solo qualche esempio di frattura, si pensi al preteso primato di Roma,[10] al Filioque del Credo,[11] al Purgatorio,[12] di cui si è parlato in passato). Dunque, è escluso che basti la successione apostolica. Per di più i Protestanti – che Roma non riconosce come vera Chiesa, ma solo come semplici comunità ecclesiali - replicano che i loro ministri non saranno successori storici degli apostoli, ma sono successori nel messaggio apostolico (“Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli”: Gv 6, 63). E soprattutto non basta la successione storica, perché – ben più arduo – è succedere nella vita apostolica, che è parte integrante della successione apostolica[13]. In altre parole, una successione apostolica non accompagnata da una vita apostolica non è vera successione apostolica, e quest’affermazione mi sembra inoppugnabile. In quest’ottica, forse nessuna Chiesa, oggi, sta veramente nella successione apostolica, motivo per cui tutte perdono credibilità e fedeli. Oggi, papa Francesco, per presentare la Chiesa come erede del messaggio evangelico invita la Chiesa ad uscire, ma in realtà sono molti credenti che escono dalla Chiesa, vedendo ancora un abisso fra ciò che predica e ciò che fa. Quanta gente scappa dal recinto della Chiesa? Quando vedremo la gente che corre verso il recinto della Chiesa, allora e solo allora potremmo credere che la Chiesa sta veramente offrendo una Buona Novella.

Infine, come aveva detto acutamente il patriarca siriano dei Melchiti Maximos IV, nell’ultimo concilio, la Chiesa deve essere governata dai successori di Pietro e degli apostoli, ma non da Pietro circondato da membri del clero romano. Da questa perspicace idea era nato qualche anno dopo il sinodo dei vescovi[14].

Comunque, se andiamo a vedere quali sono state le prescrizioni finali di Gesù, vediamo che non c’è quella di istituire una Chiesa, non c’è quella di osservare le leggi divine, non c’è quella di obbedire ai legittimi pastori della Chiesa. Gesù non aveva pensato a una Chiesa di sacerdoti,[15] ma eventualmente solo a una comunità diaconale, cioè a una Chiesa tutta di servizio.

Infatti le tre prescrizioni indicate da Gesù nell’ultima cena sono di tutt’altra natura rispetto alle prescrizioni poi imposte dalla Chiesa:[16] i discepoli devono lavare i piedi agli altri, ossia servire e non farsi servire (Gv 13 1ss.); devono spezzare il pane, cioè darsi totalmente, come colui che si fa cibo e bevanda per tutti (fate questo in memoria di me; 1Cor 11, 24s.); devono amare gli altri,[17] vivere sempre così, poiché in questo è incluso l’amore a Dio (Gv 13, 34s.). Nessuna di queste prescrizioni fondamentali è richiamata nel Credo, eppure tutte e tre fanno parte della successione nella vita apostolica.

Purtroppo è accaduto che la comunità di credenti nata dal Vangelo si è presto organizzata come un’istituzione,[18] e in particolare come un gruppo nel quale si è stabilita una separazione e anche una distanza cruciale e considerevole fra i ministri della comunità e la comunità stessa. Coloro che, secondo la volontà di Gesù (così come risulta nel Vangelo), dovevano essere i servitori della comunità, hanno finito per essere i membri privilegiati di un sacro ordine (ordo), diventando quelli che, da allora, hanno dominato e si sono imposti sulla stessa comunità[19]. Ma se l’amore servizievole doveva distinguere i seguaci di Gesù, i suoi apostoli e i loro successori, chi ha potuto disporre nella Chiesa la divisione fra chierici che comandano e i laici che non devono far altro che sottomettersi e obbedire? Sottomettere anche il proprio pensiero, la propria volontà, la propria coscienza e il proprio comportamento. Sottomettere cioè tutto ciò che è fondamentale nella vita. Chi ha fondato e stabilito simile Chiesa? Dove sta scritto questo nei vangeli e chi ha avuto l’autorità per imporlo?[20] Non a caso questo consolidato modello ecclesiale viene oggi messo pesantemente in discussione.

Che però questa sia ancora la situazione attuale è confermato nella regola granitica posta da papa Pio X a fondamento della Chiesa, più volte richiamata e rimasta inalterata fino all’ultimo concilio: “la Chiesa è per sua natura una società ineguale, cioè una società formata da due categorie di persone: i Pastori e il Gregge, coloro che occupano un grado fra quelli della gerarchia, e la folla dei fedeli. E queste categorie sono così nettamente distinte fra loro, che solo nel corpo pastorale risiedono il diritto e l'autorità necessari per promuovere e indirizzare tutti i membri verso le finalità sociali; e la moltitudine non ha altro dovere che lasciarsi guidare e di seguire, come un docile gregge, i suoi Pastori”[21]. Cosa c’è di più antievangelico di questo principio che ancora non è stato cancellato?

Per la dottrina ufficiale, ancora oggi non si è veri credenti cattolici se non si riconosce il principio di autorità della Chiesa cattolica, attribuito ai suoi pastori, il che significa: obbligo di aderire a una dottrina da lei insegnata o obbedire[22] a una norma da lei emanata sulla sola base di motivi legati all’identità di chi la propone, e non per motivi intrinseci alla cosa stessa[23]. La scelta non è tra argomentazioni, ma tra autorità[24]. Si ricorda, infatti che viene definito eretico chi dubita o rifiuta ostinatamente la dottrina insegnata dalla Chiesa, e scismatico chi non si sottomette al papa[25] (n. 2089 Catechismo della Chiesa Cattolica).

Eppure va ricordato che il cristianesimo primitivo era stato assai più pluralista e conflittuale del cristianesimo di oggi. Il cristianesimo delle origini si caratterizzava per la libertà di espressione, per il contrasto di opinioni, incluso la serietà dei conflitti[26]. In effetti, è stato ben ricordato che anche quando due cattolici s’incontrano, spesso hanno una visione diversa; mica serve il mussulmano, mica serve un ateo per litigare sulla fede: spesso non riusciamo a incontrarci neppure tra di noi che pensiamo di essere credenti cattolici[27]. Questa pluralità c'insegna che l'unità della Chiesa non richiede assolutamente uniformità[28]. La diversità è stata fin dalle origini un elemento costitutivo del cristianesimo, e la pluralità fa parte necessariamente della definizione che il cristianesimo dà di sé stesso[29]. Anche papa Francesco ha detto che l'unità non è uniformità[30].

Nel prossimo numero parlerò della Chiesa e dell’autorità, ma già su queste cose fin qui dette dovremmo soffermarci a meditare quando si esalta un po’ troppo la nostra Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.


NOTE

[1] Benedetto XVI, La gioia della fede, ed. San Paolo Cinisello Balsamo (MI), 2012, 98.

[2] Mateos J. e Camacho F., Il Vangelo di Marco, ed. Cittadella, Assisi, 1997, 7.

[3] Per questo stesso motivo si attribuì fondazione apostolica alle maggiori chiese occidentali.

[4] Benedetto XVI, La gioia della fede, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2012, 98.

[5] Fu Ireneo (nel secondo secolo) a sviluppare il tema della successione apostolica (Adv Her Libro III, Cap.3, 3).

[6] «Ma poi, se vi siano eresie, le quali abbiano l'ardire di sostenere che esse sono strettamente congiunte alla purezza e all'integrità dell'Epoca Apostolica, così da voler quasi dimostrare che derivano in certo modo dagli Apostoli direttamente, perché all'età loro fiorirono, noi possiamo risponder così: ci dimostrino chiaramente le origini, dunque, delle Chiese loro; ce lo dichiarino in quale ordine si siano susseguiti i vescovi loro, cominciando dall'inizio e venendo giù ordinatamente nel tempo, in modo che quel primo vescovo possa a sua volta riconoscere come predecessore e sostenitore qualcuno degli Apostoli o di quei primi uomini apostolici che cogli Apostoli ebbero assoluta comunione di vita e di fede» (Tertulliano, De prescriptione Hereticorum, 32, in www.documentacatholicaomnia.eu.).

[7] Le Chiese ortodosse sono una famiglia di 14 Chiese autonome, denominate in base allo Stato in cui si trovano. Il capo di ogni chiesa si chiama patriarca. Quello di Costantinopoli è considerato ecumenico (universale), ma è un primus inter pares, e non il vicario di Cristo in terra come pretendeva di essere il papa romano.

Grossi problemi ci saranno adesso col patriarcato di Mosca, quello che annovera più fedeli in assoluto, perché anche se in Ucraina hanno costituito la Chiesa autocefala ucraina (col beneplacito del patriarca di Costantinopoli), il che ha già creato una rottura con Mosca, la maggior parte dei fedeli è rimasta fedele a Mosca. Però ora, con la guerra, mentre il patriarca di Mosca Kirill è arrivato a dire che la guerra iniziata dalla Russia è giusta perché fatta contro chi sostiene i gay, vedendo questa guerra come una lotta “metafisica” tra chi vuole imporre la normalità del peccato omosessuale e chi resiste, il primate di Ucraina – fino ad ora fedele a Mosca - aveva parlato dell’attacco russo all’Ucraina come di Caino che vuol uccidere Abele. A guerra finita ci sarà di sicuro una resa dei conti. Per leggere le esatte parole del patriarca Kirill rinvio all’articolo di Marco Politi in

https://www.ilfattoquotidiano/2022/03/08/ucraina-shock-per-le-parole-del-patriarca-kirill-sui-gay-il-divario-con-francesco-ora-e-totale/6518970/

[8] Olivero D., Possiamo fidarci, Effatà, Cantalupa (TO), 2021, 8s.

[9] Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione – Dei Verbum § 8 – del 18.11.1965.

[10] Cfr. l’articolo Chissà se il primato petrino fu contestato agli inizi della Chiesa, al n.520 di questo giornale.

[11] Cfr. l’articolo Credo in un solo Signore, al n.643 di questo giornale.

[12] Cfr. l’articolo su Il purgatorio, al n.455 di questo giornale.

[13] Che nella successione apostolica non basti l’apostolicità del ministero, ma occorra anche quello della vita è ormai opinione diffusa (Castillo J.M., I poveri e la teologia, Cittadella, Assisi, 2002, 340).

[14] O'Malley J.W., Che cosa è successo nel Vaticano II, Vita e Pensiero, Milano, 2010, 194s.

[15] La Chiesa non pensa di poter esistere senza ministri del sacro, e li hanno chiamati sacerdoti senza che nessun testo sacro consentisse questa differenziazione fra chierici e laici. Solo l’ultimo concilio ha esteso a tutto il popolo di Dio il sacerdozio, ma anche se ha previsto una struttura unica permane ancora la divisione fra clero e laici (Riflessioni di Marinella Perroni , Presidente delle teologhe italiane e Andrea Grillo, liturgista e teologo, n.3, in https://www.raiplaysound.it/audio/2022/01/Uomini-e-Profeti-del-09012022-5eb8ea7a-c912-41d2-bce0-e81012725351.html).

[16] Ricordo che l’art.3 del Catechismo di san Pio X così definiva il vero credente cristiano: vero cristiano è colui che è battezzato, che crede e professa la dottrina cristiana e obbedisce ai legittimi Pastori della Chiesa.

[17] Come ha detto una volta Ermes Ronchi, lo specifico del cristiano non è amare (lo fanno molti, dovunque, sempre, e alcuni in un modo che dà luce al mondo) ma amare come Cristo. Con il suo modo unico di iniziare dagli ultimi, di lasciare le novantanove pecore al sicuro, di arrivare fino ai nemici. La prima caratteristica dell’amore evangelico è dunque amare come Cristo. Non quanto Cristo, impresa impossibile all’uomo perché il confronto ci schiaccerebbe. Nessuno amerà quanto Lui. Ma come Lui: con quel sapore, con quello stile, con quel suo amore creativo che non chiude mai in un verdetto, che non guarda mai al passato, ma apre strade nuove.

[18] Cfr. l’articolo Chiesa-istituzione e Chiesa-popolo al n.462 del 2018 di questo giornale.

[19] Castillo J.M., El Evangelio marginado, Desclée De Brouwer, Bilbao (E), 2019, 209.

[20] Idem, 230.

[21] Enciclica Vehementer Nos, dell’11.2.1906, in www.vatican.va / Sommi pontefici/ sito web Pio X/ Encicliche.

[22] Cfr. gli articoli Legare e sciogliere al n.523 del 2019, e Le chiavi del regno al n.524 di questo giornale.

[23] McInerny R., Vaticano II, che cosa è andato storto?, Fede&Cultura, 2009, 25 ss., 43 s., 52. Mancuso V., Io e Dio, Garzanti, Milano, 2011, 194 s.

[24] Idem, 81.

[25] Naturalmente se questo principio fosse applicato severamente come in passato, sarebbero scismatici il cardinal Müller, monsignor Viganò, e una buona fetta di alti prelati che operano oggi in Vaticano e si oppongono apertamente a papa Francesco. Vuol dire che neanche nella curia romana più credono a questa definizione.

[26] Nei suoi primi anni, poco dopo la morte di Gesù, la Chiesa nacque segnata da divisioni, conflitti e contrasti. C’erano comunità nelle quali i dirigenti si facevano carico della Chiesa per trarne denaro o per sottomettere la gente come tiranni (1Pt 5, 1-3). Nelle comunità do Paolo si faceva notare il peso dell’autorità di quell’uomo che si vedeva messo lì da Dio (Gal 1, 15; Rm 1,1). In modo che, quando predicava, era come se Dio stesso parlasse (1Ts 2, 2-4. 13; 4, 15; 1Cor 14, 37; 2Cor 5, 18-20). E chi rifiutava il vangelo di Paolo rifiutava Dio (1Ts 4, 8; Gal 1, 8). E perfino negli stessi sinottici non si tiene nascosto e s’informa delle pretese di essere i primi, per poter comandare, che ebbero i primi apostoli (Mc 10, 35-45; Lc 22, 24-27).

[27] Mancini R., Non potete servire Dio e mammona, XIX Settimana biblica, Montefano, 2015.

[28] Aguirre D.R., El mito de los orígenes de la iglesia, relazione tenuta a Bilbao il 15.11.2004,

in: http://servicios.elcorreo.com/auladecultura/rafael_aguirre1.html.

[29] Vouga F., Il cristianesimo delle origini, ed. Claudiana, Torino, 2001, 9. Lenaers R., Il sogno di Nabucodonosor, Massari, Bolsena (VT), 2009, 87.

[30] In www.vatican.va/ Discorsi/ 2016/ novembre/ Ai partecipanti alla Plenaria Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani.