Albero dei cachi, Magnano - Foto tratta da commmons.wikimedia.org

OMNIA PROBATE


(Vagliate tutto / Ritenete il buono)







Rubrica quindicinale a cura di Guido Dotti, monaco di Bose


n° 16


MERITARE IL POTERE


Dag Hammarskjöld






di Guido Dotti

Dag Hammarskjöld, fotografia tratta da commons.wikimedia.org -

Fotograaf Onbekend / Anefo Auteursrechthebbende: Nationaal Archief

Merita il potere solo chi ogni giorno le rende giusto.


Dag Hammarskjöld, Tracce di cammino, Qiqajon, Bose 2005, p. 83.




Qualunque tipo di potere – che sia legislativo, esecutivo o giudiziario, finanziario, morale o spirituale, ovunque esercitato, nella società come nella chiesa, in piccole associazioni locali come in consessi internazionali – lo si può ottenere in molti modi: attraverso procedimenti democratici, per eredità o cooptazione, oppure ce ne si può impadronire con la forza o l’inganno e se ne può abusare prevaricando o ancora conservarlo con la repressione. Anche una volta ottenuto o usurpato lo si può esercitare in modalità differenti: con protervia, con ignavia, con astuzia, attraverso la partecipazione e la condivisione, con competenza o tracotanza, per il bene comune o per il vantaggio personale… Non ogni potere è giusto anche se ottenuto lecitamente, ma a chiunque lo eserciti è chiesto di “renderlo giusto” ad ogni passo compiuto e decisione intrapresa, condizione che, secondo Dag Hammarskjöld, è il solo modo per “meritarselo”.

Il secondo Segretario generale dell’ONU si confrontò in prima persona con l’esercizio di un potere più di persuasione che operativo e lo fece trasformando la sua solitudine, personale e istituzionale in uno strumento privilegiato per divenire uomo di comunione: “la tua solitudine sia di sprone a trovare qualcosa per cui vivere, abbastanza grande per cui morire”, scriverà nel suo diario, trovando questo “senso” nel servizio reso alla collettività, con rettitudine e integrità.

Il suo monito sull’opera quotidiana di rendere giusto il potere risuona di cogente attualità, così come le parole dell’editoriale del New York Times nel settembre 1961, all'indomani della scomparsa di quest’uomo risolutamente mite: “Se non fosse stato per la paziente, instancabile guida di Dag Hammarskjöld, l’ONU forse oggi non esisterebbe. Con calma, sagacia e perseveranza ha faticato per conservarla nonostante pesanti contrasti e per accrescerne l’efficacia in un mondo che vacilla sull’orlo della catastrofe. Egli ha posto il proprio incarico e l’ONU come strumenti di un codice etico. Se l’umanità sopravvive alla minaccia di un olocausto nucleare per evitare il quale quest’uomo si è battuto così valorosamente, la storia annovererà certamente la sua carriera come una delle grandi forze per un mondo migliore… Ha saputo fare di se stesso e della propria funzione una delle grandi speranze per la pace nel mondo. Ha rappresentato ciò che vi era di degno d’onore e di razionale in un mondo pieno di odio e di sospetto”.

Potremmo dire che ha reso giusto il potere che gli era stato conferito.



Dag Hammarskjöld (Jönköping 1905 – Ndola 1961), diplomatico svedese, è stato per due mandati Segretario generale dell’ONU, dall’aprile 1953 alla sua morte il 16 settembre 1961, quando il suo aereo venne abbattuto mentre si recava a una difficile trattativa per tentare di risolvere la drammatica crisi congolese. Premio Nobel per la Pace alla memoria nello stesso anno, “in segno di gratitudine per tutto quello che ha fatto, per quello che ha ottenuto, per l’ideale per il quale ha combattuto: creare pace e magnanimità tra le nazioni e gli uomini”.


Chiesa monastica di Bose - foto tratta da commons.wikimedia.org