Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

La prima delle tre tentazioni di Gesù, Rembrandt, 1635-40, National Gallery - immagine tratta da commons.wikimedia.org


Il messaggio del vangelo



di Dario Culot


Il Gesù dei vangeli fa presente Dio in un modo in cui non siamo abituati, e noi cristiani dovremmo credere non in Dio, ma nel Dio di Gesù Cristo. Pensiamo ad esempio alle parabole del figliol prodigo in Lc 15, 11ss. o del buon samaritano in Lc 10, 25ss., e vediamo subito che Gesù ha spostato l’asse della religione togliendola dal tempio (dalla chiesa), dalle mani dei sacerdoti, separandola dal rito, e collocandola nell’insieme della vita quotidiana profana. Se crediamo o meno al Dio di Gesù si vede da come ci rapportiamo con gli altri. Questo è il primo passaggio che dovremmo capire del Gesù storico.

La seconda novità portata da Gesù, e per la quale è stato ucciso, è che lui presenta un Dio completamente differente dal dio delle religioni. In tutte le religioni, dio crea l’uomo per essere servito, impone degli obblighi, minaccia dei castighi in caso di violazione della sua Legge divina. Gesù invece elimina l’idea primitiva di dio caratteristica delle religioni, cioè il premio per la buona condotta e il castigo per chi viola le sue Leggi. Gesù sostiene che Dio è Amore e ama tutti indipendentemente dal loro comportamento. La parabola del padre misericordioso (Lc 15,11ss.) spiega che a Dio non importa se abbiamo peccato, se abbiamo violato le Leggi divine; quello che importa è farci sapere che ci aspetta, perché Dio è Amore che ci aspetta per far festa insieme a noi. Dio si riconcilia con noi e scruta l’orizzonte in attesa di abbracciarci se solo facciamo un minimo passo verso di Lui (come si vede nel figlio scapestrato), senza imporci prima pentimento, confessione, o umiliazione alcuna.

In ogni caso deve essere chiaro che il motivo per il quale hanno deciso di farla finita con Gesù non è dovuto alla perversione morale dei capi religiosi di allora ma, al contrario, alla convinzione di essere fedeli nell’adempimento del proprio dovere in qualità di capi, il che li obbligava a mantenere rigorosamente l’osservanza più stretta delle norme della Legge, del culto religioso e del rispetto che meritava il Tempio di Dio. Invece Gesù non incontrava il Padre nello spazio sacro del Tempio, e neanche nel tempo sacro del culto religioso. Gesù parlava del Padre e col Padre nello spazio profano della campagna o della montagna e nel tempo profano della convivenza con la gente, con ogni tipo di persone. Ecco perché ho detto che Gesù ha spostato l’asse del sacro, in quanto lo ha portato via dal Tempio e dai suoi sacerdoti, dalla religione, dalle sue norme o sue minacce, e lo ha posto nell’essere umano, in tutti gli esseri umani e nelle relazioni che ciascuno mantiene con gli altri. Questo è l’unica cosa veramente sacra per Gesù. Avendo Gesù sacralizzato l’uomo, chi ama l’essere umano prendendosene cura, chiunque sia, già ama Dio. In questo sta la chiave di tutto il cristianesimo (Castillo J.M.).

Insomma, Gesù ha sostituito l’immagine corrente di un Dio, onnipotente, a volte lunatico, che fa pagare le colpe degli uomini fino alla terza-quarta generazione (Dt 5, 9), con quella di un Padre misericordioso, benevolo con tutti i suoi figli, anche se scapestrati (Lc 15, 11-24), oppure con quella del sovrano che condona gratuitamente somme spropositate (Mt 18, 24-27: diecimila talenti, quando un talento era pari a circa 30,25 kg di argento); non gl’interessa essere riverito con sacrifici e culti, ma è interessato alle necessità dei poveri, degli oppressi (Lc 4, 18) degli affamati, dei senzatetto, dei forestieri (Mt 25, 35-36) (Ortensio da Spinetoli). L’esistenza concreta (la vita che ha condotto) Gesù è stata perciò la fine del culto religioso. Per trovare Dio non è più necessario il culto rituale che si offre nei templi (un giorno alla settimana), ma il culto esistenziale, che è stata la vita quotidiana di Gesù, e a noi è chiesto di cercar di seguire quel modello.

Inoltre nella sua vita Gesù non ha mai tollerato che fra i suoi discepoli qualcuno si ponesse al di sopra gli altri, e ancor meno che comandasse sugli altri. La sua religiosità si centra su una forma di vita che si concentra nella misericordia verso tutti, in armonia con un Padre che ama tutti e perdona tutto e tutti. Mai e poi mai si menziona nei vangeli che Gesù abbia organizzato funzioni religiose o assemblee di culto sacro. Gesù andava per le strade, i villaggi, i paesi, andava a casa degli ammalati, se lo si vedeva nella sinagoga non era mai per pregare, ma per parlare alla gente, mai per dispensare verità vincolanti racchiuse in sacri dogmi su cui era vietato discutere. Alleviava le sofferenze, accoglieva quelli che nessuno voleva, parlava di Dio come di un Padre che ama tutti, accoglie tutti, non rifiuta mai nessuno. Pur volendo portare la gente a Dio non ha ordinato di costruire neanche un piccolo tempietto, non ha individuato luoghi sacri, non ha organizzato alcun luogo di ritiro o di preghiera, mai ha chiesto di fare immagini od oggetti sacri; non ha ordinato nessun sacerdote (neanche nessuno fra i 12 apostoli è stato ordinato sacerdote, per cui non può aver imposto il celibato ai nostri sacerdoti), si è fatto seguire anche dalle donne contravvenendo allo stile dei maestri giudaici, non ha proibito di mangiare certi cibi, né chiesto di digiunare in certi giorni; non ha scritto né ordinato di scrivere un codice di regole religiose (cosa fatta perfino da un santo come san Francesco) o liturgiche (Castillo J.M.).

Per Gesù, parlare del regno di Dio era parlare della vita e della dignità delle persone, soprattutto quelle dei poveri, degli esclusi e degli ammalati, nonché della felicità di coloro che soffrono o hanno perso la speranza, tant'è che con le sue guarigioni dava nuova vita a coloro la cui esistenza era mutilata e limitata. Gesù però non presenta una maniera estrema e stravagante di vivere. Quello che ci suggerisce è una maniera di vivere che non è determinata e condizionata dal denaro, dal potere e dal benessere, ma dal progetto di alleviare la sofferenza, dalla lotta contro coloro che fanno violenza, dal rispetto per la dignità ed i diritti di tutti, dall’impegno di rendere felici coloro che ci circondano. Questo ci ha voluto dire Gesù col suo stile di vita, per cui non ha presentato un progetto stravagante, ma un progetto di umanità piena (Castillo J.M.).

Allora Gesù non ci salva perché ha espiato i nostri peccati al posto nostro, come insegna la dottrina, ma perché ci ha ricordato che figli non si diventa per singolare privilegio (magari attraverso il rito del battesimo), ma solo attraverso la somiglianza al Padre. Allora sì, Dio in Gesù ci salva dal peccato, ma solo se reputiamo il peccato come atrofia della vita, un rimpicciolimento del cuore, un fallimento esistenziale, perché peccato è tutto ciò che rende piccola la vita, la persona, dove non c’è spazio per niente e per nessuno, tranne che per il proprio egoismo. Gesù ha operato la salvezza mostrandoci che vivendo invece il suo stesso stile di vita viviamo da viventi, cioè da risorti (Scquizzato P.).

Seguendo Gesù si può anche noi somigliare al Padre. L’essenza della sequela è la conversione, cioè cambiare modo di pensare. Gesù non chiama tutti a seguirlo fisicamente, chiede però a tutti di convertirsi: ad es. l'indemoniato di Gerasa, una volta guarito, chiede di seguirlo, ma Gesù lo manda a casa, dove diventerà partecipe della storia di Gesù annunciando nel suo ambiente ciò che Gesù aveva fatto per lui (Mc 5, 19-20); lo stesso accade con la samaritana incontrata al pozzo, che converte molti concittadini (Gv 4, 30.40s.). La famiglia di Lazzaro rimane sempre a casa sua senza mai seguire Gesù nei suoi spostamenti continui (Gv 11, 3-35). Il cieco Bartimeo viene invitato a tornare a casa, e invece segue fisicamente Gesù (Mc 10, 46-52). Da ricordare anche che il primo divulgatore della Buona Novella non è un apostolo, non è un sacerdote, ma un lebbroso (Mc 1, 45), cioè un peccatore anonimo che è stato purificato perché ha semplicemente accolto il messaggio di Gesù; e questi si trasforma in testimone di Gesù autonomamente, non accodandosi a Gesù. Un peccatore anonimo (e tutti possiamo identificarci nel personaggio anonimo) comincia a predicare il messaggio evangelico attorno a lui. E qual è questo messaggio? Che non è vero che Dio discrimina le persone e allontana da sé gli impuri e i peccatori, ma l'amore di Dio è rivolto a tutti.

Il problema – per noi cristiani - è che questo ormai lo sappiamo, ma poi non sappiamo come fare perché mettiamo ancora al centro della nostra vita spirituale la dottrina con i suoi dogmi, e non la vita dell’uomo Gesù.


Numero 672 - 31 luglio 2022