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Distruzione di un carroaermaeto russo ad opera delle forze ucraine a Mariupol - foto tratta da commons.wikimedia.org 

Ucraina: urge un bagno di realismo

di Dario Culot


 

È un po’ che non parliamo della situazione in Ucraina, ma, anche se non se ne parla, la guerra purtroppo continua con morti e distruzioni, a prescindere dalla nostra indifferenza o insofferenza. Assuefatti alle notizie dei quotidiani disastri, sembriamo ormai imperturbabili a tutto quello che succede laggiù. In altre parole, riusciamo a sopportare benissimo, senza problemi, le sciagure che affliggono altri.

Anche se preferiamo starcene fuori, non è possibile cercare di restare seduti su due sedie senza scegliere, e aspettare di vedere come va a finire. L’8 settembre 1943 dovrebbe infatti ricordarci che per noi la guerra non è affatto finita in quella data come molti speravano essendo stato firmato l’armistizio, ma senza aver prima pensato a come uscire veramente dal conflitto; non è bastato di certo chiamarsi fuori: non si poteva stare equidistanti da tedeschi e dagli alleati e aspettare la pace dopo aver deposto le armi; non bastava sganciarsi dalla guerra in corso dicendo di non voler più combattere; bisognava scegliere, e non avendo scelto, la guerra è arrivata pesantemente sul nostro territorio e si è anche iniziata una lacerante guerra civile, con ancora più morti e distruzioni. Insomma, in guerra non basta smettere di combattere per avere una vera pace[1].

Come sanno bene i paesi baltici (ex Urss) che hanno ospitato l’ultimo vertice Nato, non siamo noi che ci stiamo sacrificando per gli ucraini, con gli aiuti militari o sostenendo il prezzo dei rincari energetici; sono loro che si stanno sacrificando per noi. Sono loro che nel difendere sé stessi difendono anche i nostri confini, pagando un prezzo di morti e distruzioni ben più alto delle nostre bollette. Il sostegno militare occidentale è una condizione necessaria per gli ucraini, ma non sufficiente per resistere e opporsi all’attaccante, come ha insegnato l’Afghanistan, dove l’esercito regolare si è sciolto qual neve al sole in pochi giorni, davanti a 50.000 talebani. Se non ci fosse ferma volontà, morale alto, coesione nazionale, l’esercito ucraino avrebbe ceduto di schianto davanti a un attacco portato inizialmente da 150.000 uomini[2] di un esercito considerato fra i più forti del mondo:[3] tanto si trattava solo di un’operazione speciale (di polizia e pulizia). Assurdo perciò dire che gli ucraini stanno facendo una guerra per procura degli americani. Se non avessero voluto farla, come non l’han voluta fare gli afghani, né gli americani né la Nato avrebbero potuto costringerli.

Comunque tutto colpa dell’imperialismo occidentale, della Nato che aggressivamente si è avvicinata troppo ai confini russi? Da un certo angolo visuale può essere anche vero. La Russia ha sicuramente visto l’allontanamento da sé e l’avvicinamento dell’Ucraina all’Occidente come un tradimento, e il regime che governa la Russia non tollera tradimenti, come si è visto di recente col caso Prigozhin. La Russia, che si è sempre considerata superiore rispetto a questi popoli cugini, continua a vedere Ucraina e Bielorussia non come nazioni indipendenti, ma sempre e solo come sue succursali. Dal punto di vista strategico, poi, è ovvio che la Russia si senta più sicura avendo un’ampia zona cuscinetto fra sé e l’Occidente, visto che la storia moderna le ha insegnato che le invasioni sono sempre arrivate da ovest (Napoleone e Hitler insegnano). La Svezia ha smesso di essere una grande potenza europea quando è stata sconfitta dai russi nelle vaste e sterminate pianure dell’Ucraina; lo stesso è avvenuto si può dire nella Seconda Guerra Mondiale, dove lo scontro decisivo è avvenuto in Ucraina (nel Donbass di cui oggi tanto si parla) e sul Don con Stalingrado, non molto lontano dai confini dell’Ucraina. E anche nella Prima Guerra Mondiale gli austriaci si sono scontrati con i russi e sono stati fermati in Galizia (zona dell’odierna Leopoli, oggi sempre Ucraina).

Ma quand’anche la Russia fosse preoccupata di veder sparire alle sue frontiere uno Stato cuscinetto, si può obiettare che anche il suo disegno è imperialista, perché pretende di affermare la sovranità limitata delle circostanti repubbliche ex sovietiche, come fosse ancora in piedi l’Urss e il Patto di Varsavia[4]. Se questo allora è il ragionamento, hanno pienamente ragione la Polonia, gli Stati baltici e gli ex Stati satelliti dell’Urss di temere di diventare i prossimi aggrediti, per vedersi di nuovo trasformati in zone cuscinetto a favore dell’ingombrante vicino.

La memoria dell’est Europa è in effetti diversa da quella dell’ovest, perché lì sono passati direttamente dal nazismo al comunismo. Ancora per papa Giovanni Paolo II i due regimi che si sono succeduti erano sullo stesso piano, entrambi oppressori, per cui proprio non riusciva a capire, come aveva inutilmente cercato di spiegargli Andreotti, che i comunisti in Italia erano diversi da quelli da lui conosciuti in Polonia. Proprio per quello che hanno vissuto sulla propria pelle, i Paesi che sono stati sotto l’Urss sono oggi i più determinati sostenitori dell’Ucraina e della necessità di vincere la guerra contro la Russia.

Secondo questi Paesi, dunque, non è che la Nato si è espansa; sono loro stessi ad aver chiesto protezione in base alla loro recente esperienza storica. Questa verità è stata appunto ricordata di recente dal presidente della Lettonia, ma trova ulteriore conferma nella Finlandia e nella Svezia (per decenni neutrali) che hanno chiesto a loro volta di entrare pure esse sotto l’ombrello protettivo della Nato. Evidentemente, spaventate dall’aggressività dell’imperialismo russo si sentono più sicure nella Nato[5]. È comunque un dato di fatto che l’aggressione di Putin ha improvvisamente rivitalizzato la Nato, data poco tempo prima (da Macron) per morta cerebralmente,[6] sì che è difficile immaginare che prima dell’aggressione volesse stuzzicare la Russia.

Ma allora, che si fa con tutti questi imperialisti che sgomitano per allargarsi? Basta fare la pace. Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra[7]. Ok! Ma come si fa la pace dopo che la guerra è scoppiata?

Tra le varie forme di pacifismo (lo diceva già Norberto Bobbio) la preferita va rivolta al pacifismo giuridico (non religioso, non ideologico), secondo cui la soluzione pacifica dei conflitti dipende dalla presenza di un Terzo al di sopra delle parti, in grado di giudicare non solo chi ha ragione o torto, ma anche di far osservare la propria decisione. A questo dovrebbe servire l’Onu. Perfetto! Ma quei pacifisti che sono d’accordo che una guerra si può evitare semplicemente imponendo il diritto internazionale, evidentemente hanno dimenticato che Putin ha pensato di sostituire l’ordine internazionale con il proprio, perché è stato lui a invadere il territorio di un altro Stato libero e indipendente, per di più dopo che con un espresso trattato si era impegnato a rispettarne i confini[8]. Evidentemente per lui una firma di un trattato internazionale è una firma sull’acqua.

È chiaro che questa situazione va contro le leggi internazionali, ed è altrettanto chiaro che, senza il rispetto delle leggi internazionali promulgate proprio per cercar di vivere in pace nel mondo, si arriva al caos. Va pure ricordato che l’art.51 della Carta delle nazioni non solo afferma che la difesa legittima è un diritto naturale, ma prevede anche il soccorso collettivo in favore di un Paese aggredito. L’Onu, quindi avrebbe dovuto prendere immediate decisioni contro l’aggressore russo. Peccato che la Russia abbia impedito, col suo potere di veto, che l’Onu intervenisse nella questione; quindi, di fatto, sta sabotando l’intero sistema previsto a livello giuridico internazionale per evitare di vedersi sanzionata nella sua aggressione. Ma anche questo ha la sua logica: come potrebbe la Russia accettare un intervento dell’Onu contro sé stessa, visto che lo può bloccare? Dunque fin qui siamo davanti a un copione già noto: l’impotenza della comunità internazionale a risolvere problemi, che interessano tutta le comunità, attraverso il diritto internazionale.

Non sono un gran ammiratore della Meloni, ma come non condividere la sua frase detta al Congresso americano il 27.7.23, dove ha ricordato che non è possibile accettare un mondo in cui, chi si sente abbastanza forte, può pensare di invadere impunemente un altro Stato indipendente e vicino?

Dunque, visto che il pacifismo giuridico ha fallito miseramente, i rimanenti pacifisti – credo,- possano dividersi in due categorie:

- coloro che ripudiano la guerra per principio, per alti motivi morali o religiosi, e si richiamano erroneamente all’art.11 della Costituzione italiana, perché lo leggono monco[9],

- coloro che parteggiano per la Russia o comunque contro gli Stati Uniti.

Ai pacifisti moral-religiosi chiederei come possono fidarsi di un politico che fa coriandoli di trattati internazionali che il suo stesso Paese aveva sottoscritto. Inoltre chiederei come Putin possa ancora ottenere credito dicendo di essere il vero difensore della cristianità, quando con i suoi missili distrugge la cattedrale ortodossa di Odessa (consacrata proprio dal patriarca Kirill, dopo la ricostruzione), e quando Kirill si è appiattito sulle posizioni politiche del Cremlino supportandole con elementi interpretativi dottrinali (qualcuno ha scritto che il patriarca ha ammantato la guerra con giustificazioni metafisiche[10]), identificando la guerra come una crociata legittima, perché si tratta di una lotta del bene contro la promozione dei modelli di vita peccaminosi e contrari alla fede cristiana portati avanti dall’Occidente decadente.

I pacifisti antioccidentali, e sono i più, negano di parteggiare per la Russia, ma stranamente non hanno mosso un dito quando, ad es. è stata dichiarata fuori legge l’Ong Memorial - premio Nobel per la pace, - nata per documentare le malefatte comuniste; il Gruppo Helsinki organizzazione per i diritti umani; il centro Sakharov per la libertà d’informazione;[11] né quando recentemente l’oppositore Alexei Navalny è stato nuovamente condannato a una lunga pena detentiva: perciò qualche dubbio che parteggino solo per una parte non appare del tutto infondato[12]. Quanto alla guerra in Ucraina, pensano – beati loro! – che la cosa sia chiara: non è affatto vero che gli ucraini si stanno sacrificando per noi, siamo noi che, anche troppo, ci stiamo sacrificando per loro. Chiaro che questi pacifisti italiani si sentono lontani dalla guerra, e dicono che è meglio smetterla di rompere le scatole alla Russia, sennò il disastro in casa ce lo ritroveremo noi. Quindi, la soluzione per far finire la guerra è semplice: basta smettere di rifornire di armi l’Ucraina, perché le cause di questa guerra sono da ricercare nel fatto che l’aggressione russa sarebbe stata provocata dall’allargamento della Nato e dal desiderio dell’Ucraina di farne parte. Abbiamo visto sopra che non è forse proprio così.  Si aggiunge che la Russia, per noi italiani così distanti, non costituirebbe affatto una minaccia, indipendentemente dall’andamento del conflitto, per cui noi dovremmo tirarci fuori. Come? Lo ripeto: visto che l’unica cosa che facciamo al momento è inviare un po’ di armi, tirarsi fuori vuol dire smettere di farlo. Se non si danno più armi all’Ucraina, essa sarà costretta a trattare[13]. Sinceramente io direi qualcosa di diverso: premesso che le nostre forniture sono quasi irrilevanti,[14] se tutto l’Occidente smettesse di rifornire l’Ucraina, la stessa verrebbe abbandonata al suo destino e senza più armi l’Ucraina sarebbe costretta non a trattare, ma ad arrendersi perché disarmata. Davanti a simili suggerimenti mi sembra opportuno richiamare quanto – vari secoli fa - aveva già detto un acuto politico: “Non c’è confronto fra un uomo armato e un uomo disarmato, perché non è pensabile che un uomo armato obbedisca ad uno disarmato. Inoltre, chi vuol essere sempre buono sarà condannato a perire fra i tanti che buoni non sono”[15]. Machiavelli era cinico o forse era realista? Purtroppo quando scoppia una guerra uno vince e uno perde: se l’Ucraina perde vince la Russia. La resa dell’Ucraina significherebbe ovviamente gratificare colui che ha aggredito in violazione delle norme internazionali occupando territori non suoi, ma di un altro Stato indipendente. Non è allora abbastanza ovvio pensare che se l’aggressore ottiene un risultato positivo, sarà galvanizzato e tenterà di riproporre una ulteriore aggressione non appena si sentirà pronto? Perciò, questa soluzione proposta dai pacifisti antioccidentali non mi sembra una grande idea per sperare di ottenere una pace duratura e un’Europa più sicura.

Di nuovo, sembra che la storia non insegni proprio niente. Nella seconda metà degli anni ‘30 del secolo scorso c’erano già i pacifisti che si facevano sentire davanti alle mire espansioniste di Hitler. Ricordate lo slogan pacifista ancora nel 1939, poco prima che Hitler invadesse la Polonia? “Morire per Danzica? No di certo”. Ma questo pacifismo, che in realtà era da intendersi come una politica di accomodamento verso l’imperialismo di Hitler non ha portato affatto all’agognata pace. Di lì a qualche mese è scoppiata la Seconda  Guerra Mondiale. Dunque questo tipo di pacifismo non sembra proprio in grado di ammansire l’aggressore; anzi, se nessuno reagisce, l’aggressore si sente ancora più forte e invogliato a volere sempre di più.

Ma c’è dell’altro: anche se noi ci riteniamo distanti dalla linea del fronte, non è vero che possiamo dormire sonni tranquilli, perché si dimentica che c’è una guerra portata avanti con mezzi diversi dalle sole armi, la quale ci sta già coinvolgendo direttamente su un altro fronte, anche se non ce ne accorgiamo proprio perché non vediamo le armi (che pur ci sono).

Quanto sta avvenendo nel Sahel, una delle aree più turbolenti del mondo, è una faccia ulteriore del conflitto in Ucraina. La compagnia mercenaria russa Wagner,[16] dopo aver dissestato in questi ultimi anni la zona appoggiando colpi di stato in Mali, Burkina Faso e Ciad, cerca ora di approfittare della stessa situazione in Niger,[17] ultimo Stato democratico dell’area, baluardo fondamentale per regolare i flussi migratori verso l’Europa, e per contenere l’espansione della Jihad islamica assai attiva nell’area. Questo dovrebbe farci capire che anche se domani, improvvisamente, ci fosse un cessate il fuoco sul fronte ucraino, i problemi non sarebbero affatto risolti, neanche per l’Italia che i pacifisti ritengono così lontana dal fronte ucraino, sì che di nuovo non ci possiamo tirare fuori. La Russia sta indubbiamente assestando un duro colpo all’Occidente intero. La Wagner ha già dato il sostegno ai rivoltosi in Niger, la folla ha assalito l’ambasciata francese. Ormai è chiaro che nel centro Africa si sta creando una cintura di Stati satelliti politicamente vicini alla Russia. Sabotare i rapporti fra Europa e Stati africani (capaci al momento di coprire circa 1/3 dei minerali rari di cui l’Europa ha bisogno) è un problema che non sarebbe minimamente risolto smettendo di inviare armi in Ucraina. Il problema è geo-politico, ed è facile capire quale aumento di pressione verso l’Europa potrebbe essere fatto anche con l’immigrazione e il jihadismo che passano attraverso il Sahel, che dunque è ormai di fatto la nostra frontiera meridionale, anche se i pacifisti non se ne rendono conto. Il problema è che i pacifisti non si rendono neanche conto del fatto che, se il Niger cessasse di esportare uranio per le centrali nucleari francesi, queste non potrebbero più produrre la stessa quantità di elettricità che producono oggi. Forse ignorano che l’Italia compra una grande quantità di elettricità dalla Francia: quindi meno elettricità in Francia, ancor meno elettricità in Italia. Forse questi signori si accorgerebbero del problema solo quando qui non avrebbero più elettricità per ricaricare i propri telefonini.

Anche il rifiuto di prorogare l’accordo sul grano è un caso emblematico di guerra indiretta. Proprio su questo, le inutili proteste del segretario generale dell’Onu Gutierres sul rifiuto russo di continuare sull’accordo del grano, in un con gli attacchi missilistici sui porti danubiani ucraini e sul porto di Odessa dove sono state distrutte 60mila tonnellate di grano[18] dimostrano non solo la totale evanescenza dell’Onu nella questione, ma soprattutto l’intenzione di usare la sicurezza alimentare di varie aree del mondo (già compromessa dai cambiamenti climatici e dai costi dell’energia) come nuova arma da guerra. Il blocco del grano ucraino e l’aumento della fame in Africa aumenterà la massa di persone che, per fame, vorranno venire verso l’Europa, e ne approfitterà la Russia capace di controllare (attraverso la Wagner, nella Cirenaica governata da Haftar) buona parte di questo flusso migratorio. Tutti sanno che l’Europa non vuole essere invasa, per di più in maniera disordinata, per cui questo è un altro modo indiretto per cercar di disgregare l’Europa che già si è dimostrata un blocco politico assai poco compatto. Evidente che Putin (giustamente dal suo punto di vista) cerchi di moltiplicare i problemi per l’Occidente - da lui ritenuto fiacco e decadente, e questa sua idea verrebbe subito confermata qualora cedessimo nell’aiuto militare dell’Ucraina, - contando sul fatto che ci si stanchi presto nell’opporsi alle sue mire espansionistiche e, deponendo le armi, gli si lasci fare tutto quello che vuole.

Noi in Italia non sappiamo cosa è la fame: l’Africa già lo sa. E allora faremo bene a ricordarci come Stalin, nel 1932, usò proprio l’arma dell’affamare per ridurre all’obbedienza l’Ucraina, uccidendo vari milioni di agricoltori che non volevano adeguarsi al piano agro-alimentare sovietico. L’Holomodor (cioè la morte per fame) non è stata ovviamente dimenticata in Ucraina, e permettetemi un ricordo personale: mio padre, che aveva fatto la campagna di Russia (rectius: Ucraina) durante la seconda guerra mondiale, mi aveva sempre detto, dopo essere fortunosamente rientrato sano e salvo, che gli ucraini sarebbero passati con armi e bagagli ai tedeschi, se solo i tedeschi avessero assicurato loro l’indipendenza;[19] anche se allora neanche lui capiva (forse non sapeva dell’Holomodor) il perché di quest’acredine nei confronti dei cugini russi, aveva però subodorato nettamente l’aria che tirava.

Veramente viene da pensare che solo l’odio per gli Stati Uniti ottenebri la visione di tante persone, e che tante persone non siano capaci di distinguere i fatti per quel che sono; anzi, non vogliono proprio farlo. La conferma viene dalla sfilza dei tanti pacifisti che, dopo aver ripetuto di non contestare minimamente la distinzione tra aggressore e aggredito, denunciano in vario modo «l’entusiasmo» con cui gli Stati Uniti, la Nato e l’Europa starebbero alimentando la guerra, invece di lavorare a una soluzione diplomatica, senza naturalmente dire quale sarebbe questa brillante soluzione. L’affermazione è di per sé talmente incoerente che può essere fatta solo in malafede: se siamo d’accordo che la guerra la sta facendo l’aggressore, cioè la Russia, l’entusiasmo o la furia «bellicista» andrebbero cercati lì; se siamo d’accordo che siamo davanti a un aggredito e un aggressore, rimproverare qualcuno di soccorrere l’aggredito con troppo entusiasmo è del tutto contraddittorio, contrario all’art.11 della Costituzione italiana, e contrario all’art.51 della Carta delle Nazioni Unite. In realtà si sottintende sempre l’idea che non ci siano affatto un aggressore e un aggredito, che la colpa sia tutta dell’Occidente e dell’Ucraina che hanno intorbidato l’acqua del ruscello a cui la Russia si stava pacificamente abbeverando. Questo mi fa venire in mente una cartolina che vendevano in un negozio di Ginevra per due franchi e mezzo, la quale mostrava un branco di lupi avvicinarsi a un gregge di agnelli e il capo branco rivolgeva al gregge questa frase ultimativa: “Per dirla francamente, né i miei amici né io siamo interessati a una soluzione negoziata”.

Quanto al non dover noi italiani aver paura perché la Russia non ci minaccia direttamente, è chiaro che ormai abbiamo una minaccia piuttosto evidente dalla parte sud del Mediterraneo. Se non siamo minacciati direttamente dalle armi russe ai nostri confini nazionali è perché l’Italia è già membro della Nato, anche se dipende ancora oggi dagli USA per la sua difesa. E la Russia non minaccia un Paese facente parte della Nato, come l’Italia, perché in caso di aggressione invocheremmo il famoso articolo 5, coinvolgendo tutti i Paesi membri contro l’aggressore. Una cosa è combattere contro il resto del mondo (anche la Germania di Hitler aveva cercato di farlo in occidente, e il Giappone in oriente, e sono stati sconfitti), una cosa è combattere solo contro l’Ucraina. Ma a maggior ragione non dovrebbe essere difficile capire il desiderio di entrare nella Nato da parte dei Paesi ex Patto di Varsavia che l’hanno già fatto, dei Paesi ex neutrali che l’hanno fatto dopo aver visto l’invasione russa in Ucraina, e della stessa Ucraina che forse temeva questa invasione.

Sicuramente anche l’Occidente ha sbagliato. Sembra di nuovo che la storia non insegni nulla, visto che il fuoco, divampato nel 2022, già covava da una decina di anni nel Donbass. E sempre Niccolò Machiavelli, evidentemente più lucido di tanti politici odierni, ammoniva che se i problemi si prevedono per tempo si risolvono presto, ma se non si intuiscono i pericoli e li si lascia crescere, non c’è più rimedio[20].

E intanto l’Italia, che fa? Si limita a dar da mangiare una montagna di chiacchiere. Ormai in Italia la questione Ucraina sembra una zuffa verbale fra opposte tifoserie. Si dividono i buoni dai cattivi e i buoni sono ovviamente i tifosi della propria parte. Da noi, gli stessi estremi opposti (destra e sinistra) spesso convergono nel chiedere una pace immediata. E chi non vuole la pace? Ovvio che tutti la vogliono. Peccato che non basti ripetere cose giuste e fare cortei per le strade italiane dove non si corre alcun pericolo per arrivare a una pace giusta[21]. Il difficile è trovare una proposta che scontenti entrambi i contendenti (perché solo una resa senza condizioni di una parte potrebbero rendere contenta l’altra parte). Finora nessuno (né tra i guerrafondai, né tra i pacifisti) è stato capace di mettere sul tavolo proposte pratiche e attuabili. La missione a fine di giugno del cardinale Zuppi non è stata accolta. Del resto neanche la consacrazione della Russia e dell’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria ha portato un qualche giovamento. Anche definire chierichetto di Putin - come ha fatto all’inizio il papa - il patriarca ortodosso Kirill, che aveva dato un sostegno mistico alla guerra iniziata dalla Russia, non facilita di certo la diplomazia; anche se oggettivamente, è un vero disastro avere un Patriarca che prima consacra la chiesa (la cattedrale di Odessa) e poi benedice il missile che l’ha dstrutta, come ha detto il capo della Chiesa Greco-cattolica ucraina, Sviatoslav Chevchuk[22]. Prima di Zuppi, però, - smentendo di nuovo la versione pacifista che nessuno in Occidente ha voluto negoziare - avevano fallito Macron, Draghi, Scholz, il cancelliere austriaco, per parlare solo dei tentativi europei. Parimenti fallimentari (tranne che per l’accordo sul grano) erano stati i tentativi di Erdogan, e del primo ministro israeliano. Né si può pensare che gli USA, che stanno giocando la partita rifornendo quasi col 50% delle armi l’Ucraina, possano presentarsi e farsi accettare dalla Russia anche come arbitri di questa stessa partita.

Basterebbe che l’Europa si muovesse all’unisono, perché avrebbe più peso se si muovesse unita. Certo. Peccato sia pura utopia perché politicamente l’Europa è un nano inconsistente, tanto che non ha previsto nulla di quanto poi è successo: né l’attacco iniziale, né la capacità di resistenza dell’Ucraina, né la distruzione della diga Nova Kakhovka; né la rivolta di Prigozhin con la sua Wagner[23]. L’attacco iniziale l’avevano previsto gli USA, e qui in Europa si sorrideva con condiscendenza. È triste, ma l’Europa è del tutto irrilevante geopoliticamente a livello globale, e sembra anche impreparata.

USA ed Europa dovrebbero fare pressioni sulla Cina perché solleciti la Russia a finire la guerra?  E come no! La Cina pensa che, una volta fatta la pace in Europa, tutto l’Occidente potrebbe poi concentrare il suo interesse nella nuova guerra fredda con Pechino. Pensiamo che i cinesi siano così stupidi quando hanno tutto da guadagnare dal logoramento dell’Occidente con la Russia? Più a lungo dura, meglio è per Pechino, che fra l’altro sembra non vedere l’ora di sostituirsi agli USA nel ruolo di egemone nel mondo[24].

Di fronte alle proposte finora viste, alla domanda cosa può fare realmente il pacifismo in tempi di guerra, la risposta mi sembra perciò semplice: niente! In effetti, oltre a belle ma vuote e inutili parole, non è riuscito ad ottenere neanche il più piccolo risultato. Inutile illudersi che possa far terminare la guerra e la violenza, qui in Europa o anche in Africa, invitando i contendenti al negoziato. Cerchiamo di essere realisti: quando l’alluvione rompe gli argini del fiume è troppo tardi per intervenire. Il pacifismo avrebbe forse avuto qualche possibilità prima, per cercare di evitare l’esondazione futura; ma per fare questo occorreva lavorare alacremente prima del disastro, e certamente il fallimento è garantito se si segue una politica di accomodamento verso un qualunque tipo di imperialismo. Dopo è troppo tardi in ogni caso.

Ora, se Putin ha già formalmente (anche se illegalmente) annesso le regioni ucraine occupate del Donbass, e i russi non sono disponibili a discutere di un diverso stato di fatto, chi può pensare che siano disposti a trattare sulla loro restituzione all’Ucraina? Gli ucraini, all’opposto, non sono disponibili ad accettare simili perdite del loro territorio (quasi il 20%). Tutto il mondo può invocare fin che vuole negoziati, ma né russi, né ucraini ne parlano. Perciò, se Mosca non vuol negoziare senza vedersi riconosciuti i territori occupati, e Kiev non vuol negoziare senza vedersi restituiti i territori occupati, i nostri pacifisti dovrebbero spiegarci, in maniera lineare e pulita, quale brillante soluzione pensano di proporre (oltre al solito invito alla resa dell’Ucraina). Non basta di certo urlare “negoziato!” Resta evidente che la guerra potrà finire per sopravvenuto sfinimento, quando uno dei due contendenti cederà, cioè quando militarmente l’Ucraina libererà di fatto i territori occupati o si renderà conto che non è in grado di liberarli (con le armi).

Allora, la vera soluzione qual è? Sinceramente non lo so. So solo che, come dicevano i romani: “Mala tempora currunt” (Stiamo vivendo tempi bui).

 

 


NOTE

[1] In Afghanistan, col ritiro degli occidentali, l’esercito regolare afghano ha smesso di combattere e i talebani hanno ripreso il controllo dello Stato. Sarebbe da chiedere alle donne afghane se sono contente di questa ‘pace’.

Che una semplice tregua non significhi affatto pace è dimostrato dalla situazione in Nagorno Karabakh fra Armenia e Azerbaigian. Qui gli azeri (militarmente in vantaggio) stanno strangolando i 120.000 armeni che abitano nell’area contesa impedendo ogni entrata e uscita (cfr. L’Unità, 15.8.2023, 1-7; Avvenire 24.8.23, 12).

[2] Giusto per richiamare le debite proporzioni, ricordo che nella battaglia cd. del solstizio, nel 1918, l’Austria – già allo stremo,- aveva attaccato da Asiago al Piave con 600.000 uomini.

[3] Questa era la convinzione anche in Occidente, tanto che gli americani hanno offerto a Zelensky di fuggire subito. Neanche loro si aspettavano una simile prova di resistenza.

[4] Col che, proprio l’aggressione all’Ucraina, mi sembra smentisca la tesi di chi sostiene che la Russia si è ritirata da tutti i territori che aveva occupato lasciandoli liberi di decidere il loro destino: e la Georgia? E la Crimea? E il Nagorno Karabakh dove vivono da secoli gli armeni?

[5] Oppure anche qui, i pacifisti antioccidentali diranno che sono stati costretti dagli Stati Uniti ad entrare nella Nato? In tal caso farebbero meglio a fornire le prove.

[6] E forse lo stesso sta facendo Xi Jinping, visto che c’è in atto una riconciliazione nippo-coreana in funzione anticinese. Insomma, sembra che l’autoritarismo dimostri tutti i suoi limiti, nel senso che sia Putin che Xi si stanno accerchiando da soli.

[7] Così aveva detto alla radio, il 24.8.39, pochi giorni prima dello scoppio della seconda guerra, papa Pio XII.

[8] Nel 1994 l’Ucraina, la Russia, gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno firmato a Budapest un Memorandum sulle garanzie di sicurezza a cui si sono in seguito unite Francia e Cina. In base a questo Memorandum l’Ucraina, che aveva un arsenale gigantesco di armi nucleari nel suo territorio, vi rinunciava e aderiva al trattato di non proliferazione nucleare come Stato libero da armi nucleari. Tutto ciò in cambio dell’integrità dei suoi confini e della sua sovranità. Ora Putin ha violato quella promessa legalmente formalizzata a detrimento della sicurezza mondiale.

Oggi si potrebbe dire che se l’Ucraina avesse ancora le armi nucleari Putin e i suoi non potrebbero minacciare di usare le proprie, perché saprebbero perfettamente che un attimo dopo averle lanciate si beccherebbero un po’ di bombe nucleari sul loro territorio.

[9] Cfr. l’articolo Ucraina, al n.659/2022 (https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-659-1-maggio-2022/dario-culot-ucraina-1) di questo giornale. È scontato che con lo scarso 2% del PIL che l’Italia investe nelle forze armate si potrebbero fare tante altre cose, più utili per la popolazione. Immaginate cosa potrebbe fare la Russia per il suo popolo, che nelle sue forze armate sta ormai investendo quasi 1/3 del suo PIL, nel silenzio totale dei pacifisti nostrani.

[10] Nell’omelia del 6 marzo 2022, confermando il suo pieno appoggio a Putin, il patriarca ha detto, tra l’altro, “il perdono senza giustizia è capitolazione e debolezza. Tutto ciò indica che siamo entrati in una lotta che non ha un significato fisico, ma metafisico". Così ha dato una forma di sacralizzazione a questa ‘lotta’ (rectius: guerra, parola che non si può dire in Russia), a cui cerca di dare addirittura un valore trascendente.

[11] Cfr. il quotidiano La Nazione, 20.8.2023, 9.

[12] Ricordate come i pacifisti sostenevano che la democrazia non si esporta con le armi? Avevano ragione. Ma come non arrivano alla stessa conclusione ora che una dittatura cerca di esportare il suo sistema con le armi?

[13] Il “Corriere della Sera” dell’8 maggio 23 ha pubblicato un articolo dell’ex ambasciatore a Mosca Sergio Romano in cui si chiede lo scioglimento della Nato, oggi priva delle ragioni per cui è nata. L’ambasciatore ricorda che “in seguito all’implosione dell’Urss la Nato prese a svolgere una costosa campagna acquisti di tanti Paesi portandoli tutti a giocare contro la Russia e arrivando ai confini del suo territorio. Possibile che nessuno abbia ancora detto che così facendo si stava favorendo lo scoppio della Terza guerra mondiale?” Ma è stato proprio così, oppure i Paesi dell’est erano ancora estremamente sospettosi della Russia, come si è detto sopra? Anche il fisico Carlo Rovelli, dal palco del Concertone del 1° maggio 2023, si è espresso negativamente sull'invio di armi in Ucraina, tirando in ballo, senza nominarlo, il nostro ministro della Difesa. Ne è seguita una ricca polemica, perché noi italiani siamo bravissimi a discutere, meno a risolvere i problemi. Anche Alessandro di Battista, ha detto: “Mi sono vergognato sia nel vedere i leader europei, da Meloni a Macron e Scholz, trasformarsi in piazzisti di armi incapaci di pronunciare la parola negoziato". Bravo! E quale negoziato sarebbe in grado di suggerire lui?

Tutti questi pacifisti che non sanno indicare altra via per la pace che il disarmo degli ucraini dovrebbero spiegare come, disarmandoli, non li si consegni direttamente ai russi, e come da una simile situazione l’Europa ne uscirebbe più sicura. Se non vedono questi diretti collegamenti è dura discutere. Se lo vedono sarei proprio curioso di sapere su che base pensano di non far coincidere la cultura della pace con la resa. Avete mai sentito al riguardo una chiara spiegazione da parte di qualcuno che si proclama pacifista? Io no.

[14] Diciamo pure che con le sole armi italiane gli ucraini non sarebbe in grado di combattere. Le nostre armi non sono certo risolutive: contribuiamo pro forma, per dar segno di solidarietà, ma non nella sostanza. Gli Stati Uniti da soli hanno contribuito con più del 50%, rispetto al resto degli alleati, e solo una loro cessazione di forniture sarebbe di sicuro rilevante.

[15] Machiavelli N., Il Principe, Bur-Rizzoli, Milano, 2013, 14[1] e 15[1].

[16] Pagata però dal governo russo (come è sfuggito di dire dal Cremlino al momento della rivolta di Prigozhin, che forse temeva di vedersi sottratto il suo giocattolo), sì che è un’unità della quale deve rispondere il governo russo.

[17] Il New York Times del 12.8.2023 dice che – secondo le fonti americane, manca ogni prova di un coinvolgimento diretto della Russia o della Wagner in quel colpo di stato.

[18] Cfr. quotidiani del 24.7.2023.

[19] Ma la Germania nazista, e questa è stata alla fine probabilmente una fortuna, ritenevano tutti i popoli slavi inferiori alla razza ariana, sì che mai hanno pensato di dare l’indipendenza all’Ucraina.

[20] Machiavelli N., Il Principe, Bur-Rizzoli, Milano, 2013, 3 [7].

[21] Pensiamo anche a quei poveri giovani russi e ucraini, andati a servire nell’esercito del proprio Paese non per propria scelta, ma perché questo è loro toccato senza neanche poter dire qual era la propria idea.

[22] “Avvenire” 25.7.23, 6.

[23] L’unica cosa di cui l’Europa ora sarà certa, dopo l’eliminazione di Prigozhin, è che l’unico interlocutore in Russia resta Putin.

[24] Sembra a proposito che al momento sia già sulla buona strada per comprarlo economicamente, senza occuparlo militarmente.