Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Ufficio delle Letture nel Monastero di Bose - foto del direttore



Suor V.M., 

Sorella S.M., 

Rev. C.N.V, 

Rav M.C., 

Dott.ssa G.M.


di Stefano Sodaro



Scende la sera al Monastero di Bose. 

Ed un singolare canonista bancario parla fittamente di questioni ecumeniche fino ad ora tarda con un monaco caro amico, che gli disegna – grazie alla propria esperienza, competenza e saggezza – infiniti mondi di alterità da appena iniziare a scoprire per quel giurista, che, benché canonista appunto, di tutt’altro però quotidianamente si occupa.

Si fa buio intenso, buio notte. Bisogna andare.

Una volpe attraversa velocemente la strada mentre si alza la nebbia dall’asfalto umido di pioggia che traccia la strada a scendere dalla Serra di Ivrea verso Palazzo Canavese. Di solito si vede lo stupendo panorama del Lago di Viverone, ma adesso è ormai notte.

Eppure la notte è bella. La notte, tempo di intimità amorosa, di quiete ristoratrice, di veglie silenziose, di pensieri avvinghiati.

Domanda a bruciapelo: perché l’etica deve essere barbosissima – come il citato canonista infatti -, noiosissima, insipida, avvolta di stantii panni da guardiana della buona educazione e l’estetica, invece, deve rimanere dentro l’acqua bollente del sospetto, della seduzione da esorcizzare, dell’attrattività da terre lontane e da tenere lontana, a debita distanza?

Insomma: esiste da qualche parte un’estetica dell’etica? Un’etica bella e non brutta – talora bruttissima – esiste? Può esistere?

Ricorrendo alla moda in vigore presso alcuni siti e blog – anche di impronta marcatamente tradizionalista – elaboriamo un titolo per questo nostro editoriale composto soltanto di nomi e cognomi ridotti alle mere iniziali, così da rendere sperabilmente irriconoscibili le identità anagrafiche. Presenze femminili testimoni di un’etica talmente bella da lasciare senza fiato.

Sarà meglio chiarire subito una cosa: un’estetica senza etica esiste eccome. 

Ed è un vezzo un po’ furbacchione sostenere che l’estetica è etica in sé. 

Gli Scolastici ponevano un interrogativo drammatico: il diavolo può essere bello? La risposta era ai loro tempi positiva, mentre oggi l’intreccio tra le due dimensioni non la rende più così scontata.

Ma perché bisogna aver paura della bellezza? Il dimenticatissimo Principe Myškin – protagonista de L’idiota di Dostoevskij - ammoniva a ricordare che “la bellezza salverà il mondo”. 

E tuttavia di quale bellezza si parla? Quale bellezza cerchiamo?

Un’ulteriore precisazione si fa allora necessaria: i nomi e cognomi di donna, ridotti ad iniziali nel titolo qui sopra, identificano sì persone precise, ma per nulla ben conosciute allo scrivente. 

Proprio per nulla. Amici da tanto tempo? Ecco, no. 

Proprio no. 

In qualche caso l’incontro è durato il lampo temporale addirittura solo di mezzo pomeriggio, in qualche altro non c’è stato neppure un contatto di persona, bensì un mero scambio mail, per quanto importante.

E allora?

Noi pensiamo che l’etica sia necessariamente composta di tomi e volumi. 

Mentre è assemblata – diciamo così – da sguardi. Estetica ed etica sono perimetri mistagogici, delineano gli spazi del mistero. Gli sguardi pro-vocano, evocano, interrogano.

L’etica del volto di Lévinas. 

Un po’ rozzamente si potrebbe forse dire che mentre l’estetica agisce a livello di corpo senza volto, l’etica si muove a livello di volto senza corpo. Ma un volto senza corpo non esiste, fa anzi venire in mente l’orrore di una decapitazione.

Fermiamoci un attimo e riavvolgiamo il nastro.

Una suora, verrebbe da dire: una comunissima suora. Il cui sguardo e sorriso invece - altro che comuni - spalancano gli spazi dell’infinito. E, per quanto abbia potuto comprendere il sottoscritto, sguardo e sorrisi che si sono lasciati posare sul mondo del lavoro con le sue contraddizioni, fin da un’esperienza nella GIOC.

Quindi una monaca, che nella sua stanzialità celibataria e nella sua continua dedizione alla preghiera trasforma la solitudine in comunione.

Poi una candidata al diaconato nella Chiesa d’Inghilterra, che unisce alla sua preparazione in vista del ministero una perizia specifica e unica nel campo delle arti sartoriali e visive.

Poi una aspirante al rabbinato nell’Ebraismo ortodosso, la cui cura verso le sofferenze altrui ha una profondità che lascia sbalorditi, al netto di ogni sua altra indubbia capacità professionale soprattutto in campo teatrale e nell’abilità divulgativa.

E poi una giurista, laica laicissima, che – similmente al caso della suora - qualche stolto potrebbe liquidare come “una semplice laureata in giurisprudenza” e invece, rovesciando ogni possibile e nefasto luogo comune, fa della propria quotidiana esperienza lavorativa a contatto con il diritto effettivamente praticato una continua occasione di scoperta della bellezza impegnativa della vita.

Quattro donne. Tutte giovanissime. 

E tutte “ordinate” od “ordinabili” secondo un concetto di “ordo” che ha perfettamente messo alla luce il teologo Andrea Grillo nella sua recentissima pubblicazione “Se il sesso femminile impedisca di ricevere l’ordine”. 24 variazioni sul tema, appena edita da Cittadella, facendo soffiare fumo dalle narici di molti nasi maschilisti, ma liberando quel medesimo concetto dal suo incistamento in ristretti alambicchi logici confessionali.

La suora, la monaca, la futura diacona, la futura rabbina, la giurista, che abbiamo scelto come simboli viventi di un’etica bellissima, di un’estetica dell’etica, attestano tutte che una loro “ordinatio - certo in senso latissimo ma non meno problematico storicamente della sola questione di un ministero ordinato femminile cattolico - è già avvenuta o sta per avvenire o avverrà.

Dunque il canto sublime – sì, perché tale è, poche storie – dei fratelli e delle sorelle di Bose ci garantisce l’avveramento della promessa che “la bellezza salverà il mondo”.

E quel canto ci rinvia proprio ai volti di coloro che, con il loro stesso esserci, ci confermano che davvero così sarà: la bellezza salverà il mondo. 

Grazie a: Suor V.M., Sorella S.M., Rev. C.N.V, Rav. M.C., Dott.ssa G.M.

E così sia allora.

E buona domenica.