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Quale prova dell’esistenza di Dio?

di Dario Culot

Finalmente una critica pacata e razionale alla religione mi è stata proposta da un ingegnere nei pressi di Milano. Qui di seguito riporto integralmente l’obiezione fattami.

«Io sono stato educato fin da piccolo nel credere in quello che insegna la religione cattolica: esiste un Dio infinitamente buono, onnipotente, onnisciente, eccetera. Poi sono cresciuto. Oggi credo di sapere alcune cose che si possono riassumere in tre immagini, due fotografie ed un’immagine creata a computer.

La prima immagine è una foto scatta dal satellite Voyager quando era abbastanza distante dalla Terra. È il satellite che è arrivato tanto lontano dalla Terra da non crederci. Ormai è a due giorni radio da noi.

Il puntino che si vede all’interno del cerchio è la Terra. In quel puntino ci sta tutto quello che noi conosciamo: le nostre guerre, i nostri amori, i nostri odi, le nostre amicizie, …insomma tutto.

È una foto che mi ha fatto pensare tanto. Noi pensiamo alla Terra come il “nostro mondo”; gli esseri umani dall’inizio hanno ritenuto che noi fossimo al centro dell’Universo, che tutto il resto ruotasse intorno al “nostro mondo”.

Non capendo i fenomeni che succedevano intorno a loro (tempeste, eruzioni, terremoti, e via dicendo) gli esseri umani hanno inizialmente ritenuto che ci fossero degli “esseri superiori” che controllassero quello che loro non potevano controllare: Zeus generava i temporali, Eolo dominava e controllava i venti e le tempeste, Poseidone dominava e controllava i mari, e via dicendo.

Poi qualcuno ha cominciato a guardare con maggiore attenzione. Chi prima, chi dopo, arrivò a pensare che c’era un unico Dio e che il resto erano “forze della natura”. Ma c’era sempre un Dio che aveva creato tutto ed era “il motore di tutte le cose”.

Molto lentamente, nel corso dei secoli, si è passati dal considerare la Terra come il centro dell’Universo (Tolomeo), a considerare il Sole come centro dell’Universo (Keplero), poi a considerare la Via Lattea come l’Universo (secolo XIX). Ma nel secolo XX tutto è cambiato. Si sono scoperte altre galassie oltre la Via Lattea, tante e tante. La più famosa è la Galassia di Andromeda, perché sta nella costellazione di Andromeda, ed è la galassia più vicina a noi.

È una galassia che può essere assimilata alla Via Lattea, anche se oggi si pensa che la Via Lattea sia una galassia a spirale e non ellittica come Andromeda, ma il concetto non cambia. Andromeda è un po’ più grande dalla via Lattea in cui c’è il Sistema Solare, ma non molto. Si pensa che abbia un diametro di 200mila anni luce. Ogni singolo puntino visibile, anche i puntini talmente vicini nel centro da essere indistinguibili nella foto, sono stelle. Le stelle stanno ciascuna a qualche anno luce una dall’altra, come minimo.

Dobbiamo pensare che il Sole è come uno dei puntini alla periferia della nostra galassia. Intorno a questo puntino ruotiamo noi a 150 milioni di chilometri dal puntino chiamato Sole. Nella nostra galassia, la stella più vicina è a quattro anni-luce e mezzo dal Sole. Questo significa che se ci fosse (ma noi sappiamo che non c’è) un pianeta intorno a quella stella, che per la cronaca si chiama Alfa Centauri, e noi avessimo un amico lì, per comunicare via telefono noi dovremmo comporre il numero, dire “Pronto!”, aspettare 9 anni (4 e mezzo di andata più quattro e mezzo di ritorno) per sentire la risposta “Chi parla?” Poi altri nove per dire: “Sono Antonio, c’è Marco?” e sentirsi rispondere “Mi dispiace, ha sbagliato numero”.

L’universo quindi è grande, ma grande, ma più grande di quello che possiamo immaginare: la distanza fra le stelle che stanno agli estremi della Via Lattea sono distanti qualcosa come 200mila anni luce. Dimensione che confrontata con i 18 anni necessari per comunicare quattro parole con la stella più vicina fanno sorridere.

Ma non è tutto qui. Le ultime osservazioni hanno convinto gli astronomi che il numero delle galassie (non singole stelle, ma galassie, come quella di Andromeda e la Via Lattea) nell’universo è praticamente sterminato. Oggi si parla di “ragnatela cosmica” per indicare la struttura dell’universo.

In questa immagine, ovviamente generata a computer (non sarebbe possibile con la tecnologia attuale ottenere una fotografia come questa) ogni puntino luminoso rappresenta una galassia, come la Via Lattea o la Galassia di Andromeda.

Questa immagine dovrebbe avere le dimensioni di un paio di miliardi anni luce in orizzontale.

Si stima che l’universo si estenda per 15 miliardi di anni luce, e quindi chi guarda questa immagine deve moltiplicarla mentalmente in ogni direzione: destra, sinistra, ma anche dietro, per cercare di farsi un’idea di cosa sia l’universo. E queste sono solo le stime attuali!

La conclusione che ne traggo?

Io non so se tutto questo è stato creato da una mente superiore, che non posso capire perché troppo grande. Men che meno posso capire come può uno “spirito” avere “creato” tutto questo”.

Quello che però mi riesce assolutamente impossibile da capire (e credere) è che questo “spirito” possa aver generato uno spirito “figlio” e lo abbia mandato su quel puntino della prima foto per “redimere” i suoi abitanti.

Vorrei infine ricordare che noi, esseri umani, possiamo segnalare la nostra esistenza intorno a noi solo con segnali radio; abbiamo iniziato a trasmettere segnali radio circa un centinaio di anni fa. Quindi i nostri segnali sono arrivati al massimo a cento anni luce di distanza, e la Via Lattea ha 160mila anni luce di diametro. In altre parole, nessuno nella nostra galassia sa ancora che esistiamo… tranne il nostro ipotetico creatore, ovviamente».

Che dire? Non posso obiettare nulla davanti a simile ragionamento. I dubbi espressi dal mio interlocutore sono anche i miei dubbi. Perché mai questo Dio, se esiste, avrebbe dovuto preoccuparsi di questi insignificanti microbi che siamo noi, rispetto al resto dell’universo? Per la gente comune Dio significa un essere piuttosto simile agli uomini, con cui potersi relazionare personalmente, solo con molti più superlativi (onnipotente, onnisciente, ecc.); ma se effettivamente guardiamo all’immensità dell’universo, e consideriamo quanto insignificante e accidentale in esso è la vita umana, questa immagine non sembra più molto verosimile. Perché questa mente enormemente superiore dovrebbe essere interessata a quello che succede su questa briciola di materia che chiamiamo pomposamente Terra (con la “T” maiuscola), e che nella nostra sublime saggezza continuiamo a maltrattare e distruggere come se il Padreterno potesse poi darcene subito un’altra? E poi perché si sarebbe preoccupato così tanto da mandare suo Figlio per redimerci dai peccati?[1] E di fronte alle immagini angoscianti che ci sono recentemente pervenute dall’Afghanistan, di genitori che consegnavano i propri figli spingendoli oltre il muro perché almeno loro si salvassero, non viene istintivo chiedersi: ma dov’è questo Dio? Però, prima di dire dov’è, dovremmo chiederci chi o cosa è? Perché non interviene? Forse perché è solo un’illusione creata dall’uomo?

Indubbio che quando si fa un’affermazione categorica bisogna essere in grado di provarla, e come diceva l’astronoma Margherita Hack – dichiaratamente atea,- si deve essere consapevoli che la scienza non può dimostrare né l’esistenza né l’inesistenza di Dio[2]. Perciò di fronte alle osservazioni di chi mi ha scritto, non mi resta che confermare quanto già detto in un’altra occasione: alla domanda se si crede all’esistenza di Dio si può rispondere con le parole di Eric-Emmanuel Schmitt (La notte di fuoco, ed. e/o, Roma, 2016): “ci sono tre categorie di individui intellettualmente onesti che alla domanda se credono che Dio esista replicano così: il credente che dice ‘Non lo so, ma credo di sì’, l’ateo che dice ‘Non lo so, ma credo di no’, e l’indifferente che dice ‘Non lo so e non me ne importa un fico secco”. In altre parole, la nostra ignoranza è sempre più vasta della nostra conoscenza, e neppure il più competente dei filosofi, dei teologi o degli scienziati è in grado di dare una risposta sicura al 100%, cioè di fornire una prova inconfutabile in grado di dimostrare l’esistenza o l’inesistenza di Dio. Quindi neanch’io posso fornire alcuna prova che con assoluta sicurezza mi dimostri che Dio esiste. Il dubbio permane e resta assillante[3]. Il dubbio che attanaglia tutti noi non può però portarci alla sconsolata conclusione che nessun pensiero riguardante la spiritualità può allora essere affidabile e che tutta la nostra conoscenza è fallace. Di sicuro possiamo soppesare, e accettare che due persone, le quali vagliano lo stesso caso utilizzando entrambe i pochi dati in nostro possesso, arrivino a conclusioni opposte, comunque mai certe al 100%. Perciò, per quanto il dubbio persista sia in chi crede sia in chi non crede, per quanto sia razionale il pensiero agnostico sopra esposto dall’ingegnere milanese, a me sembra che si possano contrapporre altri motivi altrettanto razionali per ipotizzare che Dio esista.

Pensiamo ad esempio a un intenso e radioso tramonto.

Per il tecnico che ragiona esclusivamente in termini materiali abbiamo assistito solo a un cambio di frequenze d’onda, come ce ne sono tanti nell’immenso universo. Ma perché le frequenze d’onda qui sono luce e colori? Perché c’è l’occhio dell’uomo che li vede; altrimenti sarebbero vibrazioni, appunto frequenze d’onda e basta. Che senso avrebbe parlare di un radioso tramonto se l’uomo non lo vedesse e non si struggesse di fronte a quei colori intensi? E non è che in quei pochi minuti quei colori cangianti riescano forse a comunicare qualcosa che fa lontanamente intuire l’esistenza di un Creatore? È incarnata nell’uomo la possibilità di dare alla materia quello che altrimenti non avrebbe. Tutto ciò che invade il campo dell’uomo non può essere solo materia. C’è questa innata tendenza, che abbiamo tutti dentro di noi, verso il di là della materia. Non credo che la nostra enorme galassia, o anche soltanto il nostro sole abbiano in sé questa tendenza, che noi, insignificanti briciole di materia, invece abbiamo. Noi umani partiamo dalla materia, siamo limitati dalla materia, ma poi andiamo oltre. Insomma, l’uomo è certamente condizionato dalla materia, ma ha qualcosa di più. Il trapezio, la materia, condiziona l’acrobata, ma cosa si può fare con quel trapezio! L’uomo vede il ferro: mero materiale. Anche l’animale lo vede, anche il sole lo vede, ma si fermano lì. L’uomo va oltre: studia, ci pensa su, inventa. Dal vapore nasce l’idea della caldaia, della locomotiva, della centrale elettrica che ci darà calore d’inverno. L’uomo vede il tramonto. Anche l’animale lo vede, e si ferma lì. L’uomo va oltre: s’immalinconisce, oppure viene indotto a scattare una foto per non far durare per sempre quel momento magico, oppure si mette a scrivere una poesia;[1] quando due innamorati guardano insieme lo stesso spettacolo provano insieme un tuffo al cuore e un attimo di mancamento. Se dentro di noi nasce questo senso di meraviglia, di mistero, di felicità ci sarà un motivo, o no? Se tutto è materia che casualmente si combina in certo modo, come mai nessun animale che assiste a un tramonto ha mai scritto una poesia? Perché delle frequenze di luce entrano così intimamente nella carne e smuovono solo dentro dell’uomo sconfinati sentimenti? Non riesco a immaginare che il sole, immensamente più grande di noi, provi le nostre stesse emozioni quando tramonta. Non è dunque una questione di grandezza.

L’uomo può diventare più umano, più grande dopo aver visto…un cambio di frequenze d’onda. Ma forse la cosa più strana, a ben pensarci, è che l’uomo diventa ancora più grande, anzi grandissimo, quando fa cose che – viste in un’ottica solo materialistica – sono del tutto inutili: La Divina Commedia, il Taj Mahal, le sinfonie di Beethoven, sono queste le cose che restano nel tempo e tutti, anche dopo secoli, restano estasiati nel leggerle, vederle o sentirle. Sono le cose inutili, allora, quelle che più ci avvicinano alla felicità. Il lavoro dell’uomo è grandioso non tanto quando riguarda le cose indispensabili per vivere (coltivare per mangiare, un pozzo per poter bere), ma le cose inutili (un piatto che dopo averlo mangiato te lo ricordi per tutta la vita; un vino eccezionale). Oppure, ancor di più, quando riguarda il campo della non-materia: pensiamo a Omero, a Mozart, a Michelangelo, a Leonardo. I grandi artisti sono quelli che riescono a farci intuire l’esistenza di qualcosa che sta oltre il visibile, perché l'essenziale resta invisibile agli occhi[2].

L’uomo poteva ben vivere anche senza Divina Commedia, senza il Taj Mahal, senza le sinfonie di Beethoven. Ma con queste cose si è elevato un po’ più in su rispetto alla materia bruta. E allora perché questi uomini che hanno fatto cose sostanzialmente inutili ci colpiscono ancora oggi, più del fornaio che ci ha venduto il pane o dell’impresario che ha fatto un sacco di soldi costruendo case e ce ne ha venduta una? Perché solo i primi, non i secondi, sono riusciti a farci sognare. Il sogno dell’infinito – strettamente correlato alla felicità – caratterizza dunque la vita dell’uomo. E anche questo sogno non fa parte della materia. Non siamo solo materia. Non credo che l’immensa Via Lattea o la galassia Andromeda portino con sé questo sogno che ogni insignificante microbo-uomo ha in sé.

La materia inerte, allora, che neanche per l’ateo riesce a ragionare, è come un organo. L’organo è uno strumento meraviglioso, ma non suonerà se non c’è l’organista, e – per quanto finora sappiamo,- solo l’uomo è l’organista. Occorre l’uomo. Chi potrebbe suonare l’organo? Un gatto? Pesterà i tasti, ma non farà musica e non potrà mai scrivere musica. Un angelo? Forse potrà pensare alla musica, ma dove ha le mani? Dunque sostenere che l’uomo è nato per caso, ma se non nasceva (se non veniva creato) era esattamente lo stesso perché l’universo non se ne sarebbe accorto, è possibile. Ma di nuovo non è forse più credibile che per far apprezzare la materia, per far vedere come la materia può essere elevata, Qualcuno ha necessariamente dovuto inventarsi l’uomo, parte materia, al grado massimo; parte spirito, al grado minimo. Finito l’organo, questo Qualcuno ha messo su l’uomo: “monta su e suona!” anche se in realtà il più grande organista dovrebbe avere l’umiltà di capire che lui non è niente rispetto all’universo, e il più piccolo organista dovrebbe capire che se prende a mazzate l’organo lo distrugge ma non fa musica.

Che poi nell’immenso universo vi siano altri esseri pensanti di cui noi non abbiamo notizia, come loro non hanno notizia di noi, visti i milioni o miliardi di anni luce che ci separano, è possibile. Quindi, per pensare ad altri esseri viventi e pensanti non occorre neanche immaginare l’esistenza di ulteriori universi paralleli: potrebbero vivere già nel nostro. Ovviamente dopo la scoperta dell’immensità dell’universo, dei miliardi di galassie, del fatto che la terra non si trovi più al centro dell’universo e che neanche il sole si trovi al centro della nostra galassia, quello che oggi è del tutto inconcepibile è l’idea di un Dio che vive sopra la terra, in cielo, come si è creduto per secoli[3]. Una volta accertato che non c’è alcun essere soprannaturale che vive sopra le nuvole vegliando sulla vita del pianeta Terra, che le leggi che governano la vita sulla Terra sono leggi fisse della natura, e che la vita stessa è emersa dalla materia evolvendosi nel tempo[4], le spiegazioni su Dio devono oggi necessariamente essere cambiate rispetto alle spiegazioni offerte nel passato.

Ora, se non ci fosse un Creatore, dovremmo dire che tutto quello che vediamo è frutto del puro caso, perché non mi sembra possa esistere una terza soluzione, e l’universo sembra troppo complicato per essere frutto del mero caso. Infatti chi nega l’esistenza di un Creatore sostiene che il mondo è nato per caso, che l’universo funziona per caso, che la vita su questo pianeta è nata per caso; che, per una serie di cause piccole, indipendenti e imponderabili, che sfuggono ad ogni previsione, la materia[5] - che non ragiona neanche per il non credente - riesce a un certo punto a funzionare. Ora, dire questo vuol dire, in realtà, che non si ha una risposta, che non si sa, perché parlare di un colpo fortuito non solo non spiega assolutamente nulla, ma è anche un discorso poco razionale. Il fisico agnostico Davies Paul, afferma che una sintesi puramente fortuita delle proteine può essersi formata con una probabilità su dieci alla 40.000 potenza (cioè al numero seguono 40.000 zeri); o come è stato più visivamente prospettato dall’astrofisico Hoyle, quell’unica probabilità è come se un tornado avesse spazzato un deposito di materiali producendo un Jumbo 747 perfettamente funzionante[6]. Anche ammesso che per caso questo sia successo una volta, come può succedere in continuazione? È razionale crederci? Qui è proprio l’ateo, che pretende di essere razionale al cento per cento e taccia di irrazionalità chi si dichiara credente, a non sembrare tanto razionale, visto che i matematici sono già convinti che una probabilità su 1050 non si verificherà mai.

Come si può razionalmente sostenere che tutto l’universo riesce a funzionare per puro caso, quando da noi, per caso, non funzionano neanche le ferrovie. E tutti concordano sul fatto che ci vogliono migliaia di intelligenze per far funzionare in maniera decente un sistema di trasporti. Qui da noi, nessuno sa dire oggi, con assoluta certezza, l’ora esatta in cui arriverà domani a Brescia il treno che parte da Milano alle ore 19: eppure deve fare solo un centinaio di chilometri. Men che meno nessuno sa dire a che ora arriverà lo stesso treno in data 18/9/2027. Invece qualunque astronomo sa dire esattamente in che giorno e a che ora sarà visibile la Cometa di Halley, che torna visibile ogni 76 anni, dopo aver percorso nello spazio milioni e milioni di chilometri; non cento chilometri! Come mai? Puro caso? Può essere. Ma non sembra allora più logica un’altra spiegazione? Il treno l’ha costruito l’uomo; la terra, la Cometa di Halley, l’universo tutto, no. L’universo è stato costruito da un altro Ingegnere, e per quello che si vede, con un’intelligenza enormemente superiore a quella di tutti i nostri ingegneri messi insieme, e che nessuno di noi ovviamente riesce a concepire. Traspare allora che tutto il nostro grande pensare sui sistemi di logistica e trasporti rappresenta solo un ripensamento in minimi termini di quanto in realtà qualcun altro ha già pensato prima, e in maniera assai più precisa, complessa e completa della nostra[7]. Sono gli scienziati a dirci che la terra ci trascina nello spazio a 30 km/sec nel suo viaggio annuale attorno al sole; che il sole, a sua volta, ci porta a spasso come in un girotondo per la Via Lattea, a 320 km/sec. La Via Lattea, poi, si sposta verso la Galassia Andromeda a 90 km/sec., e queste che poi sono galassie locali, viaggiano a circa 600 km/sec verso l’ammasso della Vergine: al secondo, dico, non all’ora. E questo sarebbe solo frutto di fortunate coincidenze? Sarebbe puro caso se la terra e i pianeti non precipitano sul sole, se il sistema solare non si stacca dalla nostra galassia e non finisce in rotta di collisione con altre stelle? Può darsi. Ma stando al puro calcolo delle probabilità, quante probabilità c’erano che l’universo funzionasse come funziona? Una probabilità su quante migliaia di miliardi? E poi, non basta che l’universo funzioni così in questo preciso momento, ma deve continuare a funzionare così minuto dopo minuto, giorno dopo giorno, anno dopo anno, secolo dopo secolo, millennio dopo millennio,[8] visto che la sola terra esiste – secondo i nostri scienziati – da almeno quattro miliardi di anni e, almeno secondo quello che dicono gli scienziati, altrettanto dovrebbe durare prima che il sole collassi. Se solo il valore costante gravitazionale diventasse anche assai di poco più alto l’universo collasserebbe:[9] e allora come si può tranquillamente confidare sul puro caso affinché questo valore non si modifichi, ovviamente sempre per caso? Non è più ragionevole dire che siamo e di fronte ad una manifestazione di potenza cosmica?[10] Se anche per l’ateo la materia non ragiona, eppure il sistema che è pacificamente incompleto funziona, non è più ragionevole sostenere che se nel sistema non si trova la completezza, essa deve necessariamente venire dal di fuori? Non è più logico sostenere che ci deve essere un qualcosa che non acquista e non perde, un qualcosa che non è limitato, l’Assoluto, o Dio, o Natura, o Forza di Vita, o Forza Creatrice? Il nome poco importa, ma comunque parliamo di una mente superiore che non riusciremo mai a capire[11]. In effetti usiamo la parola Dio che è una parola nostra, ma indipendentemente da noi, in sé e per sé, che cosa (o chi) è Egli? Non lo sappiamo. Resta innominabile, perché i nomi che gli diamo sono semplici designazioni che derivano sempre dall'uomo,[12] il quale è limitato.

Andiamo avanti: sono certo che nessuna persona ragionevole, né ateo né credente, si affiderebbe al puro caso per costruire un ponte, perché è convinto che il ponte (che ha le stesse proporzioni irrisorie dell’uomo rispetto all’universo) non starebbe su per caso. E neanche un ateo si sentirebbe sicuro su un aereo senza pilota che dovesse affidarsi al solo caso per decollare e atterrare. Se solo sapesse che il pilota del suo volo è accasciato sui comandi sarebbe semplicemente terrorizzato, perché ognuno di noi crede alla statistica, e sa bene che ogni secondo che passa aumenta la probabilità della catastrofe. E allora, come mai nessun ateo è terrorizzato dall’idea che l’astronave-terra viaggi nel cosmo senza pilota affidandosi al puro caso? Ogni ateo, se fosse veramente razionale e coerente fino in fondo, dovrebbe essere seriamente preoccupato e non dormire di notte se veramente credesse che l’attuale orbita della terra è stata decisa dal cieco caso, e che ormai, sui dadi dell’orbita, esce lo stesso numero da quattro miliardi di anni. Chi di noi crederebbe al caso se la stessa persona continuasse a vincere tutte le settimane al superenalotto? Nessuno. Eppure per vincere al superenalotto basta una possibilità su 622.614.630,[13] non una con 40.000 zeri[14].

Allora, non è forse che proprio non vogliamo credere a un’Intelligenza Superiore perché questo ci crea una certa inquietudine non riuscendo a capirla, mentre noi uomini, - che ci crediamo così grandi, così importanti,- non ci rassegniamo ad avere l’umiltà di riconoscerci quello che veramente siamo: piccole insignificanti creature fragili e limitate[15]. Pensate però a come si vivrebbe meglio su questa Terra se solo ci riconoscessimo tutti piccole creature di uno stesso Padre, tutti ugualmente fratelli. Ogni qualvolta ci sentiamo un po’ troppo importanti faremmo bene a guardare le prime due fotografie, il puntino della Terra e la galassia, per ridimensionarci. Se la piccola Terra è come una piccola scialuppa di salvataggio dispersa nell’oceano, sarebbe una buona idea remare tutti nella stessa direzione, senza litigare, senza accapigliarsi e sopraffarsi l’un l’altro, e soprattutto senza continuare a devastare l’ambiente visto che non abbiamo a disposizione un pianeta B di riserva.


NOTE


[1] Perché Darwin è stato visto in passato come una minaccia dalla Chiesa? Perché la Chiesa aveva insegnato (e ancora molti preti insegnano) che la creazione era inizialmente perfetta, è seguita una caduta nel peccato che richiedeva allora un’operazione di salvataggio, affidata da Dio a Gesù con il suo apice nella croce che ha prodotto l’affermazione “Cristo è morto per i nostri (quindi anche miei) peccati. Ma Darwin ci ha fatto capire che non c’è mai stata una perfezione originale da cui noi esseri umani siamo caduti (Spong J.S., Incredibile, Mimesis, Milano-Udine, 2020, 101). Ormai una gran parte dei cristiani ha capito che tutte le creature (uomo compreso) sono imperfette e non possono diventare perfette se non al termine di un lungo processo evolutivo. Non è vero, dunque, che il primo uomo era perfetto. L’Eden, la perfezione, è alla fine, non all’inizio della storia. All’inizio e strada facendo c’è imperfezione perché la creatura non può cogliere l’azione creativa di Dio nella sua perfezione tutta compiutamente in un solo istante. La perfezione viene accolta a frammenti e questo è tipico dell’evoluzione (Molari C., Il cammino spirituale del cristiano, Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), 2020, 77). E proprio perché tanti uomini oppongono tanta resistenza, moltissimi eventi avvengono contro la volontà di Dio, che quindi non è Onnipotente nel senso comunemente inteso. La stessa croce di Gesù non c’entra nulla con la volontà punitiva di Dio – concetto che nella Chiesa ha fatto danni enormi – (Molari C., Il cammino spirituale del cristiano, Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), 2020, 411).

È anche chiaro che, una volta accettato che la creazione è un processo evolutivo in corso e mai finito, cadono ad effetto domino tanti altri insegnamenti del magistero. Infatti, senza una perfezione originale non ci può essere la caduta col peccato originale, quindi non serve il battesimo per la remissione del peccato, quindi Dio non può aver mandato Gesù per superare la caduta, e Gesù non può essere morto per i nostri peccati (Spong J.S., Incredibile, Mimesis, Milano-Udine, 2020, 65). E, a ben guardare, nei vangeli Gesù non ha mai detto di essere venuto per redimerci dai peccati.

Curioso poi come, stando ai tre vangeli sinottici, Gesù non ha mai parlato di sé stesso nemmeno come "il Figlio" o "Figlio di Dio", pur avendo parlato di Dio come Abba (Schillebeeckx E., Gesù, la storia di un vivente, ed. Queriniana, Brescia,1976, 264 e 582). In altre parole, solo il Padre appartiene al vangelo che Gesù ha predicato, ma non il figlio.

[2] Riportato in Di Piazza P., Compagni di strada, ed. Laterza, Roma-Bari, 2014, 8.

[3]Ma il problema era assillante già nell’antichità; e questa innata esigenza del divino, della forza misteriosa, dell’energia cosmica, chiamiamola come vogliamo, esiste da sempre presso tutti i popoli della terra, primitivi o evoluti che siano.

Più di milleottocento anni fa un imperatore romano pagano (Marco Aurelio, I ricordi, 6, 10.) s’interrogava sul perché – se si negava l’esistenza di un fondamento eterno della natura cui il singolo deve sottomettere il suo agire e il suo pensare - si doveva fare sempre ciò che è giusto, anche quando per il singolo sarebbe stato più conveniente fare il contrario, così si esprimeva: «Siamo di fronte o a un groviglio caotico e alla dispersione, ovvero a un’unità ordinata e alla provvidenza. Se è vera la prima ipotesi, per quale ragione mai io desidero rimanere in simile accozzaglia casuale e confusa? Che altro dovrebbe interessarmi se non il modo di spassarmela? E perché dovrei preoccuparmene? Qualunque cosa io faccia, giungerà anche per me la dissoluzione. Ma se è vera la seconda ipotesi, io mi prostro e saldamente mi affido a Chi tutto governa».

[4] Dante, Purgatorio, VIII, 1ss.: “Era già l’ora che volge il disio ai naviganti e intenerisce il core…”

[5] De Saint-Exupéry Antoine, Il piccolo Principe, ed. Bompiani-Giunti, 2017, 98.

[6] Ciò era conforme alle Scritture, e c’era anche il vantaggio di lasciare un grande spazio in cui sistemare il paradiso e l’inferno (Hawking S.W., Dal big bang ai buchi neri, ed. Gedi-La Repubblica, Roma, 2018, 14). E perfino Gesù pregava alzando le mani o lo sguardo al cielo (es. Gv 17, 1): questo dimostra che sbagliava e che anche lui era figlio della cultura del suo tempo. Era dunque un uomo, in cui gli altri sentivano tanto presente e vicino Dio; ma non era necessariamente «uno spirito “figlio” generato da Dio».

[7] Spong J.S., Incredibile, Mimesis, Milano-Udine, 2020, 97.

[8] Ma è stato giustamente osservato che gli eventi casuali possono avvenire se perlomeno esiste la materia, ed il caso non spiega come si è formata la materia (Samek Lodovici G., L’esistenza di Dio, ed. Art –I quaderni del Timone, Novara, 2004, 41). In altri termini, l’origine della vita non è tanto un problema di assemblaggio dei vari ingredienti, ma di programmazione. Da dove arriva il software, il programma di base che ha permesso la formazione della materia e poi le funzioni base della vita?

I tre ingredienti necessari per preparare l’universo sono: la materia – cosa che ha massa. Energia. Spazio. Da dove arrivano? Einstein ha chiarito che la massa è un tipo di energia e viceversa. Perciò bastano solo due ingredienti: l’universo ha energia e spazio. Spazio ed energia si crearono spontaneamente nell’evento chiamato big-bang. Il big-bang, la grande esplosione primordiale dalla quale l’universo si sarebbe formato a partire da uno stato iniziale di altissima densità e temperatura (cui sarebbe seguita una rapida espansione), è considerato oggi l’inizio dell’universo. Mi sembra sia stato sempre il fisico Hawking a fare questo esempio: per costruire una collina su un terreno piano uno scava un buco e usa la terra del buco per alzare la collina. La collina è l’universo. Si sta facendo una collina, ma anche un buco, una versione negativa della collina. Ciò che prima era nel buco, ora è nella collina. Le due cose si equilibrano. Il big bang ha prodotto energia positiva e analoga quantità di energia negativa: la loro somma dà sempre zero. L’energia negativa sta nello spazio. La rete di milioni di galassie attraendosi l’un l’altra forma un enorme dispositivo di immagazzinamento. L’universo è il magazzino definitivo dell’energia e a questo punto non occorre più Dio.

Forse sono io a non capire. Come si è formata questa enorme densità e temperatura? Dal nulla? Come può apparire dal nulla tutta questa energia e questo spazio? Come tutto un universo incredibilmente enorme in spazio ed energia può materializzarsi dal nulla? Cosa ha causato il big-bang? Il nulla? Ma può esistere qualcosa che non chiede una causa? È stato Dio a creare le leggi di natura per arrivare al big bang?

[9] Davies P., Da dove viene la vita, ed. Mondadori, Milano, 2000, 100. Vedasi un commento al libro di Davies in www.impressionisoggettive.it/sintesi_da_dove_viene_la_vita. Vedasi anche uno studio probabilistico complesso ed analogo nel sito www.cristianicattolici.net/evoluzione_teoria.

[10] In questo senso Ratzinger J., Introduzione al Cristianesimo, ed. Queriniana, Brescia, 2000, 143.

[11] Come ha ben spiegato un grande fisico da poco scomparso, è un dato incontrovertibile che se si lasciamo le cose come sono il disordine tende ad aumentare (basta smettere di fare riparazioni in casa). Ristabilire l’ordine richiede tattica e dispendio di energia (Hawking S.W., Dal big bang ai buchi neri, ed. Gedi- La Repubblica, Roma, 2018, 126).

[12] Samek Lodovici G., L’esistenza di Dio, ed. Art –I quaderni del Timone, Novara, 2004, 46s.

[13] Ratzinger J., Introduzione al Cristianesimo, ed. Queriniana, Brescia, 2000, 246.

[14]Per gli ebrei il nome di Dio era impronunciabile proprio perché l’essere di Dio non poteva essere compreso dalla mente umana. Si può fare esperienza di Dio, ma non si può definirlo.

[15] Panikkar R., Trinità ed esperienza religiosa dell'uomo, Cittadella, Assisi, 1989, 76ss.

[16] Calcoli di probabilità reperibili sulla rivista “Focus”, ance in internet: www.focus.it. Identici dati in “Come stai?”, n.9/2013, 23.

[17] Tanto per intenderci sulle grandezze: dato un grammo, un milligrammo è pari a 10-3, cioè gr 0,001; un microgrammo, o parte per milione, è pari a 10-6, cioè a gr 0,000.001. Immaginate quanti zeri ci vorrebbero per arrivare a -40.000.

[18] Vedi nota 1.