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La religione e la Chiesa

di Dario Culot

Si può dire che ogni religione è un insieme di mediazioni - o mezzi - attraverso i quali gli uomini hanno la pretesa di cercare e incontrare Dio. Perché, quando si crede che c’è un Dio, da sempre la classica domanda è la stessa: come si può incontrare questo Dio? Possiamo senz’altro dire che ogni religione offre, per permettere quest’incontro, dei mezzi (mediazioni) che si possono normalmente inquadrare in tre gruppi: 1) Verità (dogmi) nei quali bisogna credere; 2) Riti (atti sacri di culto) da praticare in un luogo sacro e guidati da una persona sacra; 3) Comandamenti e norme che bisogna osservare[1].

Il clero è la fonte di elargizione di tutti questi mezzi. È giunta cioè fino a noi l’idea che in alcuni settori del mondo (luoghi, cose, persone) è più facile avere il rapporto con Dio se ci si separa dal profano: occorre il sacro, che è “il separato”[2]. Ecco allora il clero, categoria separata dagli altri uomini che, per antonomasia, è più vicina a Dio; ecco la necessità di avere l’edificio-chiesa[3] (o la moschea, il tempio o la sinagoga) dove svolgere i riti. Ecco la verità a cui provvede in via esclusiva dal clero, e chiunque non condivide questo patrimonio di verità diventa automaticamente nemico della verità, e quindi di Dio[4].

Ma non dimentichiamo quanto dicono i vangeli, che sono sempre attuali: già a Giovanni dava maledettamente fastidio che qualcuno non appartenente al suo gruppo compisse miracoli in nome di Gesù, e per questo aveva tentato anche di proibirglielo. La stessa tentazione di Giovanni è sempre stata presente nella Chiesa[5], dove la gerarchia ha continuato a vietare di far uso del nome di Cristo, della sua parola, a tutti quanti non si sottomettono alla sua ferrea autorità. Però questo atteggiamento va chiaramente contro il vangelo, perché va contro un vero e proprio ordine di Cristo “Non glielo proibite!” (Mc 9, 39).

Non è da molto tempo che ci si rende conto del grave rischio che comporta il classico modo d’intendere la religione: spesso avviene infatti che con le preghiere e gli atti di culto[6] si miri semplicemente ad ottenere la benedizione di Dio attraverso il sacerdote, la protezione di Dio per l’al-di-qua (come se, partecipando alla cerimonia sacra, avessimo stipulato un’assicurazione col Padreterno[7]) e la salvezza finale per l’al-di-là. Così si finisce in realtà col tentare di impossessarsi di Dio, strumentalizzandolo per i nostri scopi. Al centro non sta nessun Dio, ma solo l'io. Dio diventa un oggetto, una cosa di cui ci si serve per salvarci. E la stessa Chiesa viene vista come un sacramentifizio,[8] cioè come quel luogo dove il prete diventa un funzionario amministrativo di riti svuotati del loro vero significato simbolico.

Ai tempi di Gesù, in Palestina, solo i sacerdoti erano gli uomini ‘sacri’ e ‘consacrati’, che avevano il compito esclusivo di dedicare la loro vita a eseguire le funzioni, le cerimonie, i sacrifici ed i rituali del Tempio, il “luogo sacro” per eccellenza dove la gente era certa di poter incontrare Dio attraverso il sommo sacerdote e di relazionarsi con Lui[9]. Ma i discepoli di Gesù, vista l’intimità di Gesù col Padre, speravano di ottenere da lui un privilegio particolare ulteriore, chiedendogli di sapere dove e come potevano incontrare Dio (Gv 14, 8: «Signore, mostraci il Padre e ci basta»). La risposta di Gesù (Gv 14, 8: «chi ha visto me ha visto il Padre») non deve averli convinti del tutto, tanto che – dopo la morte di Gesù - continuavano a pensare che Dio si poteva incontrare solo nel “sacro”: infatti “stavano sempre nel tempio, benedicendo Dio” (Lc 24, 53).

Com’è che neanche dopo duemila anni si è ancora capito che, con Gesù, la relazione fra il cielo e la terra si è definitivamente spostata dall’ambito del sacro al mondo del profano? Maria riceve l’annunciazione in casa, mentre non sta neanche pregando. Giovanni Battista prepara la strada del Signore nel deserto, non in un edificio consacrato. Quanto a Gesù, che era un laico e non un sacerdote, fin dall’inizio della sua missione, ci offre un’immagine nuova, e mai vista prima, di Dio. Il primo segno, che dimostra come il Dio di Gesù vuole la felicità degli uomini, Gesù lo compie per l’appunto non in un luogo sacro, ma a una festa di nozze, dove si mangia, si beve e ci si diverte (Gv 2, 1ss.): col suo segno chiarisce che per essere felici occorre il vino e non l’acqua della purificazione[10]. Anche nei vangeli sinottici Gesù dimostra che l’incontro con l’altro (e quindi con Dio) avviene in una casa profana e non nell’edificio del culto: dopo essere uscito dalla sinagoga, è in casa che Gesù si china sulla suocera di Pietro ammalata come una madre si china sul suo bambino ammalato (Lc 4, 38ss.)[11]. Gesù, che ci mostra come si comporta Dio e non chi è Dio, ci offre un’immagine di Dio opposta a quella che offrono i sacerdoti, perché Dio è come una madre; non è l’Altissimo, irraggiungibile ente lassù nell’alto dei cieli. Poi, pur volendo portare la gente a Dio, teniamo presente che Gesù non ha ordinato di costruire neanche un tempietto, non ha individuato luoghi sacri, non ha organizzato alcun luogo di ritiro o di preghiera,[12] mai ha chiesto di fare oggetti sacri, non ha ordinato nessun sacerdote (neanche nessuno fra i 12 apostoli è stato ordinato sacerdote), si è fatto seguire anche dalle donne contravvenendo allo stile dei maestri del tempo,[13] non ha proibito di mangiare certi cibi, non ha chiesto di digiunare in certi giorni, non ha mai organizzato cerimonie religiose, non ha scritto né ordinato di scrivere un codice di regole religiose (cosa fatta perfino da san Francesco) o liturgiche, non ha mai fatto indossare ai suoi vesti particolari per distinguersi dagli altri (a differenza dei nostri vescovi e cardinali[14]).

A questi indiscutibili dati di fatto, che di per sé dovrebbero già farci meditare, aggiungiamo che, per farci capire il nuovo volto di Dio, Gesù ci ha raccontato la parabola del buon samaritano (Lc 10, 25ss.), laico, impuro e profano, contrapposto al sacerdote che appartiene alla sfera del sacro. E questa parabola avrebbe dovuto farci intendere da tempo che la separazione fra l’intoccabile sacro e il disprezzabile profano non ha ragion d’essere da almeno duemila anni. Qui allora arriva il più bello: si è detto varie volte che il messaggio di Gesù è sconvolgente e ancora oggi difficile da digerire. Ebbene, la parabola del buon samaritano ci fa capire che, di fronte a una persona che si comporta come Dio si sarebbe comportato, a Dio non interessa un bel niente se questa persona appartiene al nostro Credo religioso o meno; se è stata battezzata come vuole il Catechismo di Pio X entrando così a far parte nella nostra Chiesa, o meno; se crede e professa la dottrina insegnata dai legittimi pastori che rappresentano Dio su questa terra, come vuole sempre il Catechismo; se obbedisce ai sacerdoti, unici legittimi rappresentanti di Dio in terra; se vive come un santo o da peccatore; se va a messa in chiesa tutte le domenica o meno; se accede ai sacramenti e se fa la comunione dopo frequenti confessioni. Mi sembra che qui, Gesù, faccia letteralmente coriandoli della definizione di credente condivisa ancora oggi dalla Chiesa ufficiale, perché certamente il samaritano non riconosce l’autorità del magistero di Gerusalemme (la Chiesa di allora), non si conforma alla dottrina o alla legge stabilita da nessuna gerarchia ecclesiastica. Di più: nel momento in cui soccorre il ferito neanche sta pensando a Dio, ma pensa solo al ferito; e proprio perché non pensava al vero e unico Dio, come reazione, la religione ufficiale lo poneva fra gli eretici, fra gl’impuri peccatori che non sono graditi a Dio, impedendogli perfino di entrare nel Tempio di Gerusalemme. Gesù, invece, ci fa capire che frequentare il Tempio (andare in chiesa), come fanno il sacerdote ed il levita, che però scansano il ferito, equivale a frequentare un luogo di idolatri (Mt 21, 13); o che tornare al Tempio una volta da lui guariti equivale a peccare (Gv 5, 14), cioè rinunciare alla liberazione appena conseguita grazie a Gesù.

Non potendo accettare simili conclusioni, il Catechismo della Chiesa cattolica (nn. 576 e 583) sostiene che, anche se agli occhi di molti Gesù sembrava agire contro le istituzioni e il Tempio, in realtà Gesù, come prima di lui i profeti, ha manifestato per il Tempio di Gerusalemme il più profondo rispetto. Ciò sottintende che, se Gesù è stato così rispettoso, anche noi dobbiamo manifestare il più profondo rispetto per la Chiesa. Siamo di fronte a un’affermazione che appare quanto meno azzardata, visto che Gesù è stato ammazzato proprio perché ha tolto autorità e credibilità all’istituzione religiosa e al Tempio.

Sinceramente mi è difficile vedere un profondo rispetto per l’istituzione in uno che definisce il Tempio “una spelonca di ladroni”(Mt 21, 13); che definisce i sacerdoti, oltre che briganti, peccatori (Gv 8, 24), figli del diavolo e omicidi (Gv 8, 44), che fa notare come gli stessi sono i primi a non osservare la legge che invece impongono agli altri (Gv 7, 19), che la dottrina che essi insegnano e impongono non viene da Dio, ma da loro stessi (Mt 15, 1 ss.; Gv 7, 18), che loro proprio non conoscono Dio (Gv 8, 55) e non hanno mai ascoltato la sua voce (Gv 5, 37), che l’unico dio che conoscono è il dio-denaro (Gv 2, 16), e che il vero Dio preferisce le prostitute e i peccatori a tutta la loro presunta santità (Mt 21, 31). Quando i sacerdoti, furibondi perché si sono sentiti inquadrare in tal modo (come si fa a parlare di profondo rispetto?), chiedono a Gesù con quale autorità egli agiva, si sentono rispondere con un’altra domanda, alla quale loro non potevano proprio rispondere:[15] Gesù chiede loro con quale autorità aveva agito Giovanni il Battista. Se i capi avessero dichiarato che l’autorità di Giovanni proveniva dal cielo, Gesù avrebbe immediatamente chiesto come mai, allora, essi non gli avevano creduto. Se, al contrario, avessero risposto che il Battista aveva agito con la semplice autorità umana, avrebbero dovuto fare i conti con la folla, che riteneva Giovanni un profeta di Dio (Mt 21,23-27)[16]. E vi stupite che il clero abbia ammazzato Gesù alla prima occasione propizia? Tanto per rendersi conto di come non correva affatto buon sangue fra Gesù ed il Tempio, checché ne dica il Catechismo, basta fare questa ricerca statistica sul Vangelo di Giovanni: per 12 volte l’evangelista usa il verbo ‘uccidere’ Gesù, e 6 volte il vocabolo viene usato nel santo Tempio; 8 volte viene usato il verbo ‘arrestare’ Gesù e 4 volte si riferiscono al Tempio; 2 volte viene usato il verbo ‘lapidare’ (Gv 8, 59; 10, 31) Gesù, e tutte le due volte nel Tempio. Altro che profondo rispetto per l’autorità religiosa ed i suoi luoghi sacri!

Non va meglio con le sinagoghe. Ai tempi di Gesù, nella sinagoghe il culto era incentrato sulla sola parola[17] (solo al Tempio si facevano i sacrifici), e quando Gesù va nella loro sinagoga (Mt 4,23; 9,35; 13,54), s’intende il luogo dove i farisei imponevano la loro spiritualità al popolo. Loro sinagoga perché, quando Gesù entra in una qualsiasi sinagoga, in tutti i vangeli, non va mai per seguire il culto, ma solo per annunciare la novità e finisce immancabilmente con lo scontrarsi con l’istituzione religiosa: la prima volta che fa il suo annuncio viene interrotto (Mc 1, 21-23); le altre volte o decidono di ammazzarlo (Mc 3, 6) o perfino tentano di ammazzarlo (Lc 4, 28-30).

Si capisce allora perché, per tutta la vita, Gesù si sia scontrato con la religione e i suoi rappresentanti, negando la loro autorità e non concedendo loro la sua sottomissione e obbedienza. Ma questo messaggio innovativo di Gesù è durato solo qualche secolo; poi, fra il III e il IV secolo, il clero (questa volta cristiano) ha ricominciato a occupare il centro della scena, e ancora oggi amministra e impone cosa si deve pensare, cosa si deve credere, cosa ci viene perdonato e cosa no; ancora oggi, cioè, ci offre una verità confezionata che consiste nella dottrina predicata, interpretata e insegnata dalla gerarchia ecclesiastica. Ma se al centro della vita cristiana non ci devono essere né la dottrina né i dogmi, bensì la vita di Gesù, non è ora di dare piena attuazione alla Lumen gentium che identifica la Chiesa non col clero ma col popolo di Dio, di cui Dio stesso si prende direttamente cura?

Non sarebbe ora che tutte le Chiese cristiane (e non solo quella cattolica, intesa ovviamente come comunità e non solo come magistero), invece di pretendere ognuna di imporre le sue proprie dottrine, le proprie liturgie come fossero state dettate da Gesù in persona, invece di essere tutte preoccupate di non riuscire a imporsi l’una sull’altra (non diversamente dai vari re terreni), invece di chiudersi a riccio verso il mondo esterno temendo di subire ulteriori defezioni,[18] si limitassero ad essere un tentativo di portare nel mondo un messaggio gioioso di vita, di misericordia e di speranza?[19] Null’altro dovrebbero pretendere di essere, perché la Chiesa è nulla di più che un’unità di uomini (come diceva Paolo - Ef 4, 4-6) identificabile per l’esperienza che fa di una forza che non proviene da lei. La Chiesa non dovrebbe esistere cioè per organizzare bene una dottrina religiosa, una liturgia o un culto. Se la Chiesa è la comunità dei seguaci di Gesù, la sua unica ragion d’essere è mettere al centro il Vangelo (non il clero), per renderlo visibile e comprensibile, nella misura in cui il Vangelo può esser inteso come un progetto di vita. E il Vangelo ci dice che il cammino per incontrare Dio non è il cammino che ci porta a diventare santi, ma quello che ci fa ogni giorno più umani[20].

Sicuramente noi cristiani, nel corso dei secoli, abbiamo pienamente ripreso quelle antiche tradizioni che Gesù aveva vanamente cercato di smantellare. L’inizio della divisione all’interno della Chiesa, con la conseguente introduzione di una scala fra i privilegiati e i sottomessi, ossia la nascita dei privilegi clericali, è cominciata (almeno nella Chiesa di Occidente) – come detto - nel III secolo. È stato allora il momento in cui è emerso nelle comunità cristiane il clero con i suoi poteri, lasciando la gente a un livello inferiore, come plebe subordinata alla sacra potestas[21]. Da Costantino in poi, l’impero romano ha introdotto il clero della Chiesa cristiana (con a capo i vescovi) nel gruppo dei privilegiati della società, poiché erano i chierici - e non il cristiano medio,- gli esperti in rituali: solo essi sapevano come portare a termine il “culto del santo potere celeste”[22]. E ancora oggi ci viene insegnato che la Chiesa è il luogo di salvezza[23] per eccellenza, che la vera Chiesa è quella romana, col suo clero (con a capo il papa)[24]. Lo stesso Dio – ci vien detto - ha ancora bisogno di questa Chiesa perché egli l'ha posta nella storia come segno e strumento della sua volontà salvifica universale[25]. Quindi, la visibilità di Dio continua nella Chiesa, e la Chiesa si vede fisicamente negli edifici-chiese[26] (i nuovi templi), e nei presbiteri[27]. Ma così la Chiesa si propone al mondo come mezzo idoneo a realizzare la salvezza come se Dio non potesse operare la salvezza anche senza Chiesa. Forse che prima di Cristo nessuno si è salvato perché non esisteva la Chiesa cattolica? Abbassiamo le ali e rendiamoci conto che non esiste una comunità (né intesa come istituzione ecclesiastica, né come popolo di Dio) capace di proporsi al mondo come unica portatrice di salvezza. Cristo è più grande della Chiesa, e le tante e continue proibizioni emanate dalla Chiesa, per paura di perdere l’unità (anche nei confronti di tanti suoi teologi che sono stati zittiti perché cantavano fuori del coro, ma che non volevano essere contro Cristo), avranno fatto morire chissà quante iniziative dello Spirito, che come sappiamo soffia dove vuole e non dove vuole il clero. Non serve una Chiesa una, santa e cattolica per stare con Cristo, perché chi non sta contro Cristo, già sta con lui (Mc 9, 40).

In ogni caso, sempre stando ai vangeli, fin dall’inizio le cose non stavano come ancora insegna il magistero: infatti, i due problemi che più preoccupavano Gesù sono stati il problema della salute e il problema del mangiare, cioè i due problemi umani più elementari, e non certo le verità, i riti e i comandamenti. Le necessità degli emarginati e disperati sono più importanti per il Dio di Gesù del rispetto della Legge divina imposto dai capi, come risulta anche dal racconto della guarigione di sabato in sinagoga che tanto disturba il capo religioso (Lc 13,14). Nei vangeli, Gesù sta sempre guarendo gli ammalati, dando da mangiare o mangiando… funzioni religiose? Cercatele pure, non ne trovate nessuna[28]. In altre parole, la cosa più importante per Gesù non era affatto la salvezza religiosa, ma la necessità umana, la vita umana di ogni giorno, e l’unica strada che porta a incontrare Dio (trascendente) è l’incontro con l’essere umano (immanente), perché così risulta dai vangeli. La presenza del trascendente, cioè, si può vivere soltanto in tutto quello che è veramente umano.

Papa Francesco spinge finalmente per un ritorno al Vangelo. Eppure ci sono ancora tanti alti prelati e tanti pii credenti che resistono con un incredibile accanimento terapeutico, cercando di mantenere in vita questa vecchia Chiesa distante dal Vangelo, ma ben radicata nel potere, nella ricchezza, nella dignità del clero e nell’onore di Dio[29] (ad es., portando le scarpette rosse papa Benedetto XVI era convinto di rendere onore a Dio), mentre altri cercano di accompagnarla serenamente alla sua morte naturale. Da qui il contrasto a volte anche aspro fra le due anime del cattolicesimo: quella conservatrice che continuare a cercare nell’alto dei cieli e quella progressista che cerca Dio nell’umano più profondo.

La linea conservatrice continua ad avere una visione verticale più che orizzontale. Stando a questa visione, se facciamo solo opere buone – che anche un ateo può fare,- perdiamo la dimensione verticale, cioè perdiamo del tutto il contatto col divino e non abbiamo fede. Mi sembra invece che, proprio stando alla fondamentale parabola del buon samaritano insegnata da Gesù, e non dal magistero, può forse anche andar bene conservare una dimensione verticale e orizzontale assieme ma, dovendo scegliere fra le due, fondamentale è quella orizzontale, non di certo quella verticale. L’ateo che si comporta come il samaritano,[30] volando basso, solo in orizzontale, passerà sicuramente il giudizio finale perché ha dato da bere all’assetato e da mangiare all’affamato (Mt 25, 34ss.). Il pio credente che, come il sacerdote e il levita, pensa tutto il giorno a Dio, cioè alla sola dimensione verticale, NO! Non gli giova essere stato battezzato, essersi confessato con frequenza e aver passato ogni giorno un’ora in chiesa ad adorare il Santissimo: così non passa l’esame finale, perché così risulta dal racconto del giudizio finale, dove ci viene spiegato che si può essere credenti seguendo Gesù, anche al di fuori dell’istituzione Chiesa, mentre la religione rende facilmente atei, perché rende la persona disumana, e la persona diventa disumana ogniqualvolta ritiene più importante il rispetto di Dio e della sua Legge che i bisogni degli uomini. La parabola del buon samaritano mi sembra chiarisca in maniera definitiva e inoppugnabile che solo onorando l’uomo si onora anche Dio, e questo fa del samaritano il modello del nuovo credente[31].

Indubbiamente colpisce che proprio le preoccupazioni di Gesù per la vita terrena e per la salute delle persone (cioè questa sua visione orizzontale) abbiano da subito provocato rifiuto e, in certe occasioni, perfino «scandalo», come dichiara lo stesso Gesù dopo che aveva ricordato quanto faceva per i ciechi, i lebbrosi, i sordi, ecc. (Mt 11, 6). Come mai fare il bene, alleviare sofferenze, possono essere motivo di scandalo e perfino di opposizione? Perché agendo così Gesù ha sfidato il potere religioso. Infatti curava gli ammalati infrangendo le norme religiose che precisavano quando e come si poteva curare un malato, infischiandosene del fatto se la religione permetteva o proibiva di farlo: in particolare risanava gli ammalati di sabato, giorno in cui quest’attività era espressamente proibita dalla Legge religiosa, e le persone pie (come i farisei[32]) volevano vedere rispettata in primo luogo la Legge divina. Dio deve essere messo al primo posto, e la religione si preoccupa di tutelare in primo luogo i diritti di Dio, anche a costo di sminuire la dignità dell’uomo, anche a costo di togliergli la vita.

Per Gesù, invece, quando c’è un essere umano che soffre, se a questa sofferenza si può porre rimedio, non lo si può lasciare nel suo dolore e nella sua privazione solo perché alla religione e ai suoi capi interessa mantenere inviolabile il riposo del sabato, cioè il fatto religioso con le sue norme e le sue cerimonie.

E tornando alla parabola del buon samaritano, Gesù mette in rilievo che quando si preferisce Dio, con le sue leggi, al bene dell’uomo il risultato è la sofferenza, o anche la morte: i banditi (ovviamente non credenti secondo l’opinione comune) hanno ferito il viandante lasciandolo mezzo morto, ma il sacerdote (perfetto credente secondo l’opinione prevalente), mettendo al centro della sua vita Dio e la stretta osservanza della sua legge divina, con la sua omissione lo stava uccidendo[33]. Impermeabili a questo evidente richiamo, i pii credenti di ogni epoca non accettano che i bisogni dell’uomo abbiano la precedenza sui sacri diritti di Dio. Di fronte alla domanda: “è più importante la vita e i suoi diritti o la religione e i suoi obblighi?”[34] Gesù ha sempre scelto la vita (Mc 2, 27; Mc 3, 4). Per questo Gesù è stato subito considerato un pericolo dall’istituzione religiosa essendosi subito resa conto che, se l’avesse lasciato fare, avrebbe perso la posizione di unica mediatrice tra l’uomo e Dio, avrebbe perso molto dei suoi poteri e della sua autorità.

Per secoli, grazie al peccato, all’impurità, il magistero insegnava (e continua ad insegnare) che era impensabile che l’uomo potesse rivolgersi direttamente a Dio, lassù in alto, come invece sosteneva Gesù[35]. Con Gesù, Dio non resta nell’alto dei cieli, nella sua sfera intangibile di santità, dove pochissimi avrebbero potuto avvicinarlo. Dio sceglie di scendere in basso, si sporca le mani, dal momento che si presenta come il Dio-con-noi (Lc 1, 23). Non è un caso se il primo evangelista, Marco, termina il primo episodio di guarigione dicendo: «ma quegli (cioè il lebbroso guarito) allontanatosi cominciò a proclamare e a divulgare il messaggio» (Mc. 1, 45). L’ex lebbroso non va al Tempio a ringraziare Dio; non va dai sacerdoti perché, constatata la sua guarigione e, previo deposito delle dovute offerte, ringrazino Dio al suo posto, ma è il primo ad andare in giro a divulgare “il messaggio”. E qual è questo messaggio? Il messaggio è la Buona Novella: Dio non è il dio terribile predicato dai sacerdoti, non è il dio della religione, inavvicinabile, che discrimina e punisce, che chiede incessantemente onori, offerte e sacrifici, ma è come un Padre e una Madre il cui amore si rivolge a tutte le persone, anche a quelle che la religione ha discriminato e allontanato. E l’iniziativa parte da Lui, senza dover ricorrere a nessun tramite; e per entrare in una relazione più viva con Lui non servono neanche i sacramenti dispensati sempre dal sacerdote che funge da intermediario col divino. Quante sovrastrutture umane di istituzioni, di dottrina si sono frapposte tra loro e Gesù.

Allora, se fino all’arrivo di Gesù il rapporto con Dio avveniva solo tramite mediatori (i sacerdoti), con lui comincia effettivamente la nuova alleanza, caratterizzata dal contatto immediato tra Dio e l’uomo, in una reciproca relazione d’amore. E i vangeli calcano la mano sul punto: non solo Gesù non inserisce nel suo gruppo nessun sacerdote, ma questi vengono raffigurati spesso in maniera negativa. Ad esempio, già all’inizio del vangelo, il sacerdote Zaccaria, nel luogo più sacro, nel momento più sacro, resta incredulo e non accoglie la parola di Dio (Lc 1, 8-20); al contrario una popolana di bassa estrazione sociale di nome Maria, che non stava neanche pregando, accoglie senza se e senza ma la parola di Dio in una casa di uno sperduto villaggio, luogo squisitamente profano (Lc 1, 38): è evidente che la relazione fra il cielo e la terra si sposta dall’ambito del sacro al mondo del profano,[36] dal cielo alla terra. Anche Giovanni Battista, pur discendendo da una famiglia sacerdotale in quanto figlio di Zaccaria, prepara la via del Signore nel deserto, altro luogo profano, non in luoghi sacri. Allo stesso modo, nella parabola del buon samaritano (Lc 10, 31) la misericordia è strettamente legata al profano e non al sacro, ed il sacerdote che scende da Gerusalemme fa una brutta figura. Perché? Perché salva la legge divina, ma sacrifica l’uomo passando dall’altra parte. E istintivamente - non occorre essere persone religiosissime - tutti ci rendiamo conto che la dignità dell’uomo è più importante delle norme che ci vengono contrabbandate come divine.

Per ogni religione è importante che ci sia un santuario, un tempio, una chiesa, una moschea, perché da quel momento ci sarà chi ne controlla lo spazio, ci sarà chi potrà dire: “tu puoi entrare, tu non puoi entrare!” Gesù è venuto invece a dirci che non c’è più niente che impedisce l’accesso diretto a Dio: nessuno può dirci di non entrare nello spazio sacro, e per questo elimina l’ostacolo del santuario, il quale, con le sue categorie di puro/impuro, rendeva difficile l’avvicinamento a Dio[37]. Il culto che distingue la vita dei credenti stabilisce un rapporto totalmente nuovo con Dio, non più legato alla sfera del sacro, ma aperto all’effusione dello Spirito: l’unico culto gradito a Dio è il prolungamento del suo amore,[38] e sicuramente non è la conoscenza dei dogmi e delle norme che ci spinge ad amare gli altri. E come già detto in altra occasione, le caratteristiche essenziali dell’insegnamento evangelico sono soprattutto due: la totale disponibilità al dono di sé e la certezza che il dono di sé porta la vita. È questa, e nessun’altra, la via per incontrare Dio[39] e per migliorare la nostra vita sulla terra. E abbiamo visto che proprio questo fa il miscredente samaritano, senza il supporto di nessun sacramento, di nessun sacerdote.

Purtroppo noi cristiani siamo stati risucchiati in quelle vecchie credenze, mentre dovremmo sapere che la religione non è Dio. È solo il mezzo[40] per arrivare a Dio. Come il treno è solo un mezzo per andare a Roma, per fare un esempio calzante. Nessuno sale in treno per fermarsi lì tutta la vita. Ebbene, questo, che è del tutto evidente quando si fa un viaggio, non sembra così evidente quando si tratta di cercare o d’incontrare Dio, proprio perché molta gente confonde la religione con Dio. Solo così si spiega come tante persone possano aggrapparsi alle osservanze della religione, le adempiano alla lettera, le difendano fino al fanatismo. Però così facendo non vanno oltre alle osservanze religiose. Col che si comportano come chi prende il treno per Roma, e non scende mai dal treno. Restando a bordo non vedrà mai Roma, ossia non arriverà mai là dove deve arrivare[41]. Allo stesso modo non vedrà mai Roma neanche se prende il treno sbagliato che lo porta a Milano.

Con Gesù tutto questo era cambiato. Gesù rinfaccia ai religiosi un concetto di Dio falso (aver indicato il treno che porta a Milano) e da qui i continui scontri[42]. Ai farisei, cui interessano i dogmi e le tradizioni degli antichi, Gesù fa capire che a lui interessa dove e come possiamo incontrare Dio,[43] e tutti possono rivolgersi direttamente al Padre. Dio si è manifestato nell’uomo Gesù affinché lo cercassimo e lo trovassimo, per quanto ci è possibile, nella condizione umana. E agli occhi di Gesù la persona non deve neanche essere pura per avvicinarsi a Dio, ma diventa pura accogliendo il Signore[44]. Non esiste al mondo una persona che sia indegna di avvicinarsi al Signore: accogli il Signore ed Egli ti renderà degno; altro che invitare al continuo pentimento e penitenza nel timor di Dio. Per la religione l’uomo deve meritare con i suoi sforzi l’amore di Dio. Per Gesù, l’amore di Dio non va più meritato ma va accolto come regalo gratuito da parte di Dio. Dopodiché l’uomo, consapevole della Buona Novella, deve dirigersi verso gli altri suoi simili, per incontrarli e accettarli con amore. Quindi di nuovo una dimostrazione che l’uomo deve muoversi in direzione orizzontale per incontrare il prossimo che è sempre facilmente raggiungibile, non verticalmente verso un Dio per lui irraggiungibile. Gesù propone un nuovo rapporto fra l’uomo e Dio, in cui l’essenza del credente sta solo nell’assomigliare a questo Padre praticando un amore simile al suo[45] nei rapporti terreni con gli altri.

Se le cose stanno così, non sorge il dubbio che la Chiesa sia rimasta indietro e non risponda più a problemi fondamentali della comunità e delle singole persone, sì che viene abbandonata da tanti perché non riesce a trovare le soluzioni di cui la gente ha bisogno?

Ne riparleremo in un prossimo articolo.


NOTE

[1] Castillo J.M., Teología popular (III), Desclée De Brouwer, Bilbao (E), 2013, 86.

[2] Castillo J.M., I poveri e la teologia, ed. Cittadella, Assisi, 2002, 206.

[3] Pensiamo che nella chiesa ortodossa non si può nemmeno vedere la consacrazione, il momento di collegamento fra sacro e profano: l’iconòstasi separa proprio fisicamente i presbiteri dal gregge dei fedeli laici.

[4] Questa tendenza a contrapporre in modo rigido e dogmatico principî o posizioni ritenuti inconciliabili, come fossero opposte espressioni di vero e falso, di bene e male viene dal manicheismo, che pur è stato condannato come eretico dalla Chiesa.

[5] Arias J., Il dio in cui non credo, ed. Cittadella, Assisi,1997, 15.

[6] Nel campo della religione i riti sono particolarmente significativi e decisivi, ma essi non servono per cambiare le persone, per farle crescere; spesso sono solo manifestazioni teatrali aventi per fine sé stesse.

[7] Anche molti di noi cristiani sono ancora oggi propensi a comportarsi come il popolo romano che, nell’apprendere la morte di Germanico, a lui assai caro, s’infuriò, si precipitò nel Tempio ed abbatté gli altari rovesciando nelle strade le statue degli dei che avevano permesso la sua morte (Gentile P., Storia del Cristianesimo dalle origini a Teodosio, ed. Rizzoli, Milano 1969, 27). Insomma, molti pensano al rapporto con Dio come una partita doppia dare-avere: io ti do la preghiera, tu mi devi dare la grazia.

[8] E quanti matrimoni vengono celebrati in chiesa più per la pressione della tradizione o della famiglia che non per scelta consapevole? Anche quando i nubendi manifestano chiaramente che non sono molto interessati ai valori cristiani, il prete, invece di mandarli a sposarsi in comune, li sposa comunque in chiesa, tanto è una questione fra loro e Dio. Oppure, non ci si confessa perché così ci si lava l’anima e se malauguratamente si muore non si finisce all’inferno? E non si battezza così il neonato, non tanto impegnandosi a farlo crescere in una comunità di cristiani, ma perché così, se malauguratamente morisse, non finisce al limbo? Si racconta che a Trava in Carnia, vicino a Villa Santina, c’è un santuario dove le madri di bambini morti accorrevano disperate perché si diceva che lì il neonato poteva tornare in vita per il tempo di un respiro, sufficiente per battezzarlo e dargli la salvezza eterna (da lì è nata l’idea del film il “Piccolo Corpo” di Laura Samani: “Il Piccolo” 12.1.2022, 32). A prescindere dagli enormi danni psicologici causati per secoli dalla dottrina sul battesimo e il limbo. in questo modo la chiesa diventa il luogo essenziale per distribuire il gettone del battesimo, perché così statisticamente tanti sembrano essere i cristiani nel mondo, mentre mi sembra pacifico che i bambini battezzati per consuetudine, ma ai quali non viene insegnato a vivere coscientemente da cristiani, non possono propriamente essere considerati veri cristiani (e non lo sono neanche i genitori che li battezzano con quest’idea).

[9] La storia racconta che quando Pompeo conquistò Gerusalemme, entrò nel recesso più interno del Tempio (il sancta sanctorum) spinto dalla curiosità di scoprire chi era quel dio unico che gli ebrei adoravano, ma rimase deluso perché la stanza era completamente vuota, e “dentro non c’era nessuna immagine divina sì che il mistero era vano” (Tacito, Storie, V, 9).

[10] Le nozze di Cana hanno chiaramente un carattere simbolico. Non si sa chi sono lo sposo e la sposa, e i due neanche parlano e non fanno nulla. L'unica persona importante è l’invitato Gesù. L'evangelista Giovanni, in questo racconto, ci suggerisce che Gesù è il Figlio di Dio, presenza amorosa della divinità. Lui è lo sposo dell'umanità. In Lui Dio ha sposato l'umanità.

[11] Commento di don Luciano Locatelli al Vangelo di Luca ( in https://www.youtube.com/watch?v=PgaC62ZWQOw&t=296s).

[12] Castillo J.M., La laicità del Vangelo, ed. La Meridiana, Molfetta (BA), 2016, 49.

[13] Ravasi G., Uno stato matrimoniale complicato, “Famiglia Cristiana”, n.28/2016, 96.

[14] San Bernardo di Chiaravalle, nel suo De Consideratione, che secondo lo stesso Papa Benedetto XVI è una lettura obbligatoria per ogni papa (Benedetto XVI, Luce del mondo, ed. Libreria editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2010, 108.), ammoniva: “ricordati che non sei il successore dell’Imperatore Costantino, ma di un pescatore.” Poi, però, questo stesso papa indossava le scarpettine rosse di Prada, che i pescatori proprio non usano.

[15] Maggi A., Versetti pericolosi, ed. Fazi, Roma, 2011, 141.

[16] Maggi A., Malati terminali, “Adista” n. 62, del 10 settembre 2011.

[17] Castillo J.M., Simboli di libertà, ed. Cittadella, Assisi, 1983, 139.

[18] Come si è detto nell’articolo Dio può essere solo cattolico? del mese scorso, quando si è incapaci di cogliere la realtà, emerge per prima cosa il sospetto, anticamera della paranoia.

[19] Come ha ricordato il cardinal Bassetti (https://www.charlesdefoucauld.it/it/notizie/ascoltare-voce-del-verbo-amare-gualtiero-bassetti), il beato Charles De Foucauld immaginava una Chiesa al servizio di un’umanità ferita, portatrice di un annuncio gioioso, espressione vivente della visione francescana di un Vangelo sine glossa, che dobbiamo ad ogni uomo e a ogni donna, senza imporre nulla.

[20] Sia farisei che Gesù hanno annunciato il Regno di Dio. I farisei lo intendono come giungere alla santità di Dio nell’alto dei cieli attraverso una faticosa scalata che richiede l’osservanza dei precetti. Si è santi attraverso l’osservanza della legge. Gesù dice: “siate compassionevoli come il Padre mio”; è il Padre che discende verso gli uomini. Il Regno di Dio, secondo Gesù, richiede non un salire, un separarsi da chi non riesce a salire, ma uno scendere e servire gli altri senza escludere nessuno (Maggi A., I tre giorni di Assisi, 5.7/9/2014, in www.studibiblici.it).

[21] Castillo J.M., El Evangelio marginado, Desclée De Brouwer, Bilbao (E), 2019, 202.

[22] Brown P., Per la cruna di un ago. La ricchezza, la caduta di Roma e lo sviluppo del cristianesimo, 350-550 d.C., Einaudi, Torino 2014, passim.

[23] Ancorché il §14 della Lumen Gentium riaffermi la necessità della Chiesa per la salvezza, nel concilio Vaticano II è stato introdotto un nuovo orientamento: il §2 della Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane - Nostra Aetate - del 28.10.1965 riconosce il valore degli elementi di bene presenti nelle religioni non cristiane. Il §3 del decreto 21.11.1964 Unitatis Redintegratio ammette che le Chiese non cattoliche siano strumento di salvezza per coloro che vi appartengono. Dunque il Concilio Vaticano II ha sganciato la salvezza dall'appartenenza alla Chiesa cattolica (Canobbio G., Nessuna salvezza fuori della chiesa?, ed. Queriniana, Brescia, 2009, 299ss.). L'aveva ben capito anche il giovane Ratzinger, il quale addirittura aveva scritto che l'idea che tutti gli uomini buoni vengano salvati è oggi altrettanto ovvia e normale quanto lo era prima la convinzione contraria (Ratzinger J., Il nuovo popolo di Dio, ed. Queriniana, Brescia, 1971, 359). Tuttavia, quando il 6.8.2000, da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede ha firmato la Dichiarazione Dominus Iesus, affermando che è sbagliato pensare che tutte le religioni portino le persone alla salvezza eterna, ha rinnegato il suo precedente pensiero. Ora, se un papa può cambiare pensiero, perché a noi dovrebbe essere proibito farlo?

[24] Canobbio G., Nessuna salvezza fuori della chiesa?, ed. Queriniana, Brescia, 2009, 94 e 126s.

[25] Idem, 396.

[26] Eccome se il potere della Chiesa si vede negli edifici-chiese. Nel 1282, ad es., dopo la crociata contro i catari, ad Albi (F) venne eretta la bellissima cattedrale di Santa Cecilia per riaffermare il potere della Chiesa di Roma in quell’area, dalla quale era stata estromessa. Ma pensiamo, in genere, alla costruzione di tante chiese sui resti di templi pagani distrutti. Ognuno marca il territorio a modo suo.

[27] Che ancora oggi erroneamente continuiamo a chiamare sacerdoti. Sacerdote infatti è l’intermediario fra la terra e il cielo, ma il concilio Vaticano II (Costituzione dogmatica sulla Chiesa - Lumen Gentium § 10 - del 21.11.1964) ha detto che siamo tutti sacerdoti, siamo un popolo sacerdotale. Non c’è più sacerdozio perché siamo tutti sacerdoti, nel senso che ognuno di noi può comunicare direttamente con Dio, che è come un Padre, stando a quanto insegnato da Gesù duemila anni fa. Nessun figlio non ha bisogno di intermediari per parlare col proprio padre.

[28] Castillo J.M., Perché il Concilio non ha dato i frutti attesi, conferenza tenuta a Montefano il 1.6.2013, in www.studibiblici.it.

[29] La Chiesa che ancora abbiamo, con tutte le sue osservanze, autorità, riti e giuramenti, non va lontano, posto la direzione che han preso le nuove generazioni e l’irrompere della nuova cultura, che già stiamo vivendo. Non ci resta altra soluzione, né altra speranza che il ritorno al Vangelo di Gesù. Per la strada, che molti vogliono recuperare a viva forza, per la strada di tornare a trascinare la gente ai templi, affinché assistano ai servizi religiosi, ascoltino messe, ricevano sacramenti, venerino i santi, siano fedeli alle consegne del clero, ecc… per la strada di restaurare il cattolicesimo che aveva vigore cinquanta e più anni fa, per questa strada, non si va da nessuna parte. Forse questa vecchia strada accontenterà la gente di mentalità conservatrice. Però sono certo che per questa strada ci sarà sempre un maggior allontanamento dalla Chiesa non solo dei giovani, ma della gente in genere.

[30] Non potendo accettare l’idea che il vero credente s’identifichi in quello che la religione considera un miscredente, già con sant’Agostino la religione ha trasformato il samaritano da uomo impuro e lontano da Dio in Dio stesso, così spiritualizzando ma evaporando la narrazione evangelica (Maggi A., Versetti pericolosi, ed. Fazi, Roma, 2011, 116). Infatti sant’Agostino nel suo Quaestiones in Evangelium Secundum Lucam, II, 19 (in www.documentacatholicaomnia.eu/ Augustinus/ Questionum Evangeliorun Libri Duo) afferma che Samaritano vuol dire Guardiano e perciò significa il Signore stesso.

[31] Pensiamo oggi a quanti si dichiarano cristiani, vogliono dimostrarlo baciando il rosario o andando a messa, ma poi rifiutano di aiutare lo straniero in difficoltà

[32] Il fariseo è il tipo di uomo che antepone un’idea astratta, un principio teorico al bene dell’essere umano (Castillo J.M., Dio e la nostra felicità, ed. Cittadella, Assisi, 2008, 113.)

[33] Ovviamente non è questa la spiegazione della parabola che ha dato papa Benedetto XVI, il quale ritiene che le persone religiose che non si fermano lo fanno per paura o per indifferenza (Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, ed. Rizzoli, Milano, 2008, 231 ss). Ma anche se fosse così, queste persone religiose si dimostrano disumane, a differenza dell’ateo samaritano. Allora in paradiso sarebbe meglio stare con l’ateo profondamente umano che con persone piissime profondamente disumane.

[34] Castillo J.M., La Chiesa e i diritti umani, ed. Gabrielli editori, S. Pietro in Cariano (VR), 2009, 153s.: Gesù si è scontrato in continuazione col potere religioso che pretendeva di porre i doveri di sottomissione al sistema religioso prima dei diritti umani delle persone.

[35] Mentre il cattolicesimo ha dovuto aspettare il concilio Vaticano II (Costituzione dogmatica sulla Chiesa – Lumen Gentium §10 – del 21.10.1964) per dire che siamo tutti sacerdoti, i protestanti avevano già affermato questo principio con Lutero. La conseguenza sviluppata dai protestanti, e non accettata dai cattolici, è che se siamo tutti sacerdoti, non c’è differenza qualitativa fra i membri della Chiesa, salvo di tipo funzionale, sì che i pastori vivono una vita assolutamente normale e possono sposarsi (Kampen D., Introduzione alla teologia luterana, ed. Claudiana, Torino, 2011, 10).

[36] Castillo J.M., Simboli di libertà, ed. Cittadella, Assisi, 1983, 78.

[37] Pérez Márquez R., L’Antico Testamento nell’Apocalisse, ed. Cittadella, Assisi, 2010, 428.

[38] Idem, 412.

[39] Maggioni B., Dio nessuno l’ha mai visto, Vita&Pensiero, Milano, 2011, 119.

[40] La Costituzione dogmatica sulla Chiesa – Lumen gentium – del 21.11.1964, al §1 (in www.vatican.va/ Testi fondamentali/ Concilio Vaticano II) riconosce che l'unità è un bene prezioso. Ma va pur sempre ricordato che la Chiesa è un mezzo, mentre il fine non è la Chiesa anche se unita, ma Dio.

[41] Castillo J.M., Teología popular (II), Desclée De Brouwer, Bilbao (E), 2013, 88.

[42] È evidente nei vangeli una polemica anche violenta da parte di Gesù nei confronti dell’istituzione religiosa del tempo. Ma attenzione, dice Alberto Maggi: se gli evangelisti riportano questa polemica non è per un conflitto con il mondo giudaico dal quale la comunità cristiana si è già distaccata (quando i vangeli vengono scritti il sacro Tempio di Gerusalemme è già distrutto, ed è iniziata la diaspora), ma è un monito alle comunità cristiane perché al loro interno non si ripetano gli stessi meccanismi perversi della religione (Liberati…salvati…da che cosa? Conferenza tenuta a Trapani 7.3.2010).

[43] Castillo J.M., Dio e la nostra felicità, ed. Cittadella, Assisi, 2008, 97ss.

[44] Nella religione si è sempre insegnato che l’uomo è un impuro peccatore, per cui deve lui purificarsi prima di osar avvicinarsi al Signore. Gesù rovescia anche questa credenza: lasciati avvicinare, semplicemente accogli il Signore che prende l’iniziativa di avvicinarsi e sarà Lui che ti purifica. La purificazione non dipende dall’uomo, ma dipende dal Signore: accogliendolo, l’uomo viene automaticamente purificato. Come si vede bene nella parabola del fariseo e del pubblicano, la purificazione non è opera dei meriti del lebbroso, ma è opera del dono di vita che Dio gli offre in maniera incondizionata (Maggi A., Disobbediente fino alla morte, conferenza tenuta ad Assisi, 2002, in www.studibiblici.it).

Allora l’uomo di Chiesa che comanda, l’uomo che impone (magari dicendo che ciò che lui impone è volontà di Dio), l’uomo che non vuole che il peccatore si avvicini a Dio, l’uomo che si tiene scrupolosamente lontano dagli impuri peccatori, è in realtà il più lontano da Dio, anche se crede di essere il più vicino.

[45] Maggi A., Liberati…salvati…da che cosa? Conferenza tenuta a Trapani 7.3.2010