Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Gesù e la Bibbia

(Anche Gesù dice che non tutta la Bibbia viene da Dio)


di Dario Culot


Esemplare della Bibbia di Gutenberg, conservato nella New York Public Library - foto tratta da commons.wikimedia.org 

È abbastanza facile che, all’interno di una religione, ci si fissi sulla lettera del testo come se Dio avesse parlato, come se le sue parole fossero state registrate e sbobinate. Ma non è così. Per di più, i testi scritti originariamente in una certa lingua (ebraico per la Bibbia, greco per i Vangeli, arabo per il Corano) sono stati tradotti in altre lingue, e se noi oggi leggiamo i testi in italiano, chi di noi può mettere la mano sul fuoco giurando che l’italiano rispecchia perfettamente il significato del testo originale?[1]

Nonostante le evidenti contraddizioni, cui si è accennato la settimana scorsa, molti sono ancora convinti che per conoscere ciò che Dio vuole sarebbe sufficiente leggere le sacre Scritture[2] (magari in italiano) e poi applicarle rigorosamente. Ma se si pensa così, il libro sacro prende il posto di Dio, che in realtà resta assente. Anche altri oggetti legati a Dio, magari di natura religiosa, finiscono per prendere facilmente, fra i fanatici, il posto di Dio, diventando oggetti assoluti. Ma questa è idolatria.

Erroneamente molti pensano che l’idolatria possa esistere solo nell’ateismo, e consista nel rifiuto del Dio vero; invece ben può esistere anche nella religione, quando si degrada Dio. Ovviamente la prima e più nota forma di idolatria trova la sua radice nel desiderio di indipendenza e nella pretesa di fare da sé: l’uomo vuol mettersi al posto di Dio; sennonché rifiutando Dio cade facilmente sotto un altro padrone (il denaro; il potere, il successo, il partito, l’ideologia). La seconda forma di idolatria, ampiamente diffusa anche nell’ambito religioso, consiste nel degradare l’idea di Dio costruendola a propria immagine e asservendola al proprio servizio (privilegi, ideologie, strutture, anche ecclesiastiche, che diventano appunto i veri signori[3]). Siamo in presenza di un’immagine di Dio che non ci fa crescere spiritualmente. Siamo in presenza di un uso politico della religione che non ha nulla di spirituale.

Le sacre Scritture devono portare verso Dio, senza mai sostituirsi a Dio. Ma va anche detto che il fanatismo è una tentazione presente in ogni epoca, in ogni religione. Quindi dobbiamo cominciare a combatterlo in noi, e il punto base è capire che non possiamo mettere le mani su Dio, che è più grande mentre tutto il resto è relativo e non può essere assolutizzato o divinizzato. Non possiamo perciò assolutizzare neanche l’immagine di Dio che ci siamo creati nella nostra mente, essere certi che quello che pensiamo noi sia anche la sua esatta volontà, perché così sostituiamo a Dio l’immagine che noi ci siamo fatti di Lui. Già questa sostituzione è fanatismo. Il fanatismo è dunque una malattia della religione,[4] che avendo sostituito Dio con qualcosa di religioso ma pur sempre limitato perché immanente (sia il testo della Bibbia, sia la liturgia, sia il catechismo, sia la nostra idea di Dio) allontana, e non avvicina a Dio. E quando un oggetto limitato diventa assoluto, e si agisce in base a quell’assoluto si diventa idolatri.

Ma vediamo ancora altre cose cui è sostanzialmente impossibile credere.

• Basta leggere qualche passo della Bibbia per escludere che Dio sia totalmente buono. Pensiamo alle piaghe d’Egitto, con un apice nella strage dei primogeniti (Es 11, 1). Ci scandalizziamo e consideriamo malvagio Erode che ha fatto ammazzare qualche decina di bambini in un piccolo villaggio della Palestina (Mt 2, 16). Come mai non ci scandalizziamo allo stesso modo quando leggiamo che Dio ha fatto ammazzare migliaia di primogeniti (che non c’entravano nulla nella lite fra Mosè e il faraone) di quella che allora era la più potente nazione del mondo (sarebbe come dire tutti i primogeniti degli Stati Uniti di oggi)? Com’è possibile accettare l’idea di un dio che prima obnubila la mente del faraone impedendogli di fare una scelta diversa (Es 10, 27) e poi ammazza una miriade di innocenti e distrugge, distrugge e distrugge con meticoloso gusto? E prima ancora aveva già sterminato quasi tutta l’umanità col diluvio (Gn 7, 23) e raso al suolo intere città con tutti i loro abitanti (Gn 19, 24-25). Qui non c’è da aver timor di Dio, ma orrore di un simile Dio.

Vi siete mai chiesti perché nelle religioni si inculca la paura, il terrore di Dio se qualcuno osa trasgredire la Legge divina? Perché il clero sa che la legge, asseritamente divina, spesso non è ragionevole[5]. Se la proponesse soltanto verrebbe rifiutata, perché istintivamente la gente sente che è contro l’umanità dell’uomo. Quindi è imposta con la forza: ecco perché la religione deve mettere paura. Se non mettesse paura, la gente non la osserverebbe. E per far più paura, il castigo non deve venire da un altro uomo, bensì da Dio stesso[6].

Com’è poi possibile credere al Dio-Padre amorevole e misericordioso di cui si parla oggi in chiesa, se dobbiamo collegare questo Padre onnipotente alla sofferenza? Se chiedessimo a un padre normale, non eccezionale, qual è la sua volontà per suo figlio, questo padre potrebbe forse rispondere: “Che soffra moltissimo e che offra a me tutte le sue sofferenze”? Evidentemente no. Tutti si vergognerebbero di un padre del genere. Eppure tanti pii cattolici ancora non si vergognano di parlare in questi termini del loro Dio: se durante la nostra vita soffriamo, vuol dire che questo fa parte del suo disegno imperscrutabile e dobbiamo accettarlo, tanto più che ha perfino mandato a morte suo figlio per riallacciare i rapporti con noi uomini peccatori che l’avevamo offeso. Se ha sofferto Gesù, perché non dovremmo parimenti soffrire noi? Ma cercar di celare questi fatti orrendi sotto il velo di un imperscrutabile disegno divino in realtà non fa che coprire un’efferata crudeltà divina, quindi una visione oggi del tutto inaccettabile. Tanto più che vediamo attorno a noi gente anche malvagia che vive bene con una fortuna sfacciata, e altri, miti e tranquilli, che sembrano perseguitati dalla cattiva sorte, sempre in sofferenza.

E poi, come si può pensare di cancellare l’inimicizia fra Dio e l’uomo con la morte di un innocente, che per di più Dio ha proclamato suo figlio prediletto?[7] Aveva sbagliato allora Gesù a dire che Dio non vuole sacrifici, ma solo misericordia? (Mt 9,13; 12,7; Os 6,6). Da quello che ci raccontano voleva sacrifici cruenti, eccome se li vuole! Ma con simile interpretazione si contraddice quanto aveva detto Gesù: «Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza e pienezza» (Gv 10,10), non perché soffrano per glorificare Dio.

È del tutto evidente che, quando noi ci sentiamo migliori di quel dio, non possiamo credere in quel dio. Non lo si accetta; e se proprio non si può farne a meno lo si subisce.

Il tragico è che, essendo partiti da simili basi (ad es. accettando come fatto reale l’ira di Dio di cui parla spesso la Bibbia), molti cristiani sono ancora convinti che la violenza sia parte integrale dell’idea cristiana del mondo: non a caso si è sempre accettata l’idea che Dio condanni facilmente all’inferno, il che – di nuovo -  è un’ennesima violenza. Le crociate, l’Inquisizione, i roghi degli eretici, le guerre di religione perfino fra cristiani confermano che essi hanno presto dimenticato la misericordia proclamata da Gesù e accettata da essi solo finché erano stati perseguitati, ma hanno altrettanto prontamente accettato di esercitare la violenza in nome di Dio non appena – finite le persecuzioni - hanno ottenuto il potere. Il che porta a questa conclusione tragica: la violenza sull’uomo non viene tanto dal diavolo, erroneamente indicato come causa di tutti i nostri nali, quanto da Dio stesso: nello stesso cuore di Dio alberga la violenza. Non vedo perciò grande differenza fra questa immagine (cattolica) di Dio e il mostruoso dio Moloch della Bibbia.

Parlando poi a livello teorico, è stato giustamente osservato[8] che l’esistenza di un Dio potente e allo stesso tempo infinitamente buono è contraddetta dalla sofferenza e dal male nel mondo. Infatti, se quest’Essere non è in grado di impedire catastrofi che uccidono tanti innocenti (pensiamo ai terremoti o alle guerre) allora non è potente; ma se lo è e non interviene (perché è chiaro che non ha impedito alcuna guerra) allora non è buono. Di nuovo, quando i figli cominciano a picchiarsi, che fa un padre normale? Lascia che continuino a picchiarsi e si facciano del male?  

Perciò che la Bibbia si sia formata con un sovrapporsi di riflessioni diverse, e non abbia un unico Autore (che se fosse stato il Padreterno avrebbe dovuto avere le idee ben chiare fin dall’inizio), appare in tutta la sua evidenza proprio quando si cerca di chiarire il rapporto di Dio col male[9]. Le parole servono per dare forma alla realtà, ma possono anche creare confusione e disordine. Quindi per come viene esposto il tema del male nella Bibbia queste parole non possono venire da Dio che non può aver creato confusione e disordine; infatti a volte lo stesso Dio appare autore del bene e del male: Dio stesso è diretto creatore del bene e del male (Is 45, 7: “faccio il bene e provoco la sciagura”)[10]. Nell’Ecclesiastico o Siracide (Sir 11,14) si legge che tutto proviene dal Signore: bene o male, vita o morte. Anche in Amos (Am 3, 6) si legge che nessuna disgrazia si abbatte su una città senza che Dio lo voglia. Ma poiché questa idea era piuttosto indigeribile, ecco che del male si è in seguito incolpato o Satana o l’uomo stesso. In maniera contraddittoria, già nello stesso Siracide si ammoniva che il male non poteva venire da Dio: “Non dire: a causa del Signore sono venuto meno! Perché egli non fa quello che detesta. Non dire: è lui che mi ha tratto in errore! Perché egli non ha bisogno di un peccatore” (Sir 15, 11-12). Possibile, insomma, che se Dio onnisciente è l’autore della Bibbia non riesca a spiegare qual è la vera causa del male? Com’è che questo Dio onnisciente, onnipotente non si è reso conto che – senza una sua adeguata spiegazione - nulla l’uomo può più dire di Dio quando vede un bimbo innocente bruciare vivo?[11] Si direbbero solo parole vuote su questo Dio.

La stessa redenzione, portata all’umanità dal sacrificio cruento della croce, sottintende ovviamente una grande violenza. E questa immagine, anche se non vogliamo, cozza di nuovo con l’idea che Dio sia infinitamente buono ma, al tempo stesso, onnipotente, visto che non riesce ad evitare e impedire la violenza. Quanto all’asserita misericordia divina, in realtà Dio non sembra capace di provare pietà per chi già soffre e continua a infierire contro di lui. Dio non prova alcuna compassione per l’umanità dopo il fallimento di Adamo ed Eva, e visto che ormai l’umanità si trova in uno stato di condanna definitiva, si va di male in peggio, perché prepara (anzi aveva già predisposto dall’inizio dei tempi) la morte cruenta del Figlio. L’ira veemente del Padre nei confronti dell’umanità viene concentrata tutta sul Figlio. La vittima, come in ogni sacrificio rituale, va distrutta, e la distruzione di una vita porta alla nostra salvezza. Siamo davanti a una necessità di Dio (Lc 24, 26: non era necessario che il Messia soffrisse?). Questo Dio che accetta in compensazione il sangue di una vittima innocente, questo Dio arrabbiato e crudele è in totale contraddizione con il Dio-Padre amorevole, tenero, misericordioso e clemente raccontato da Gesù[12]. Evidente allora che, finché si continua a parlare di un necessario sacrificio espiatorio si continuerà anche ad accettare la violenza divina, contraddittoria rispetto alla misericordia divina.

Interpretare la crocifissione – come espiazione-redenzione - fa poi quasi scomparire gli insegnamenti che Gesù ha dato nel corso della vita[13]. Del resto, nello stesso Credo, sembra che Gesù in vita non abbia detto e fatto nulla, perché ci si limita a parlare della sua nascita, crocifissione e risurrezione. Il centro del cristianesimo è diventato questo sacrificio indispensabile per la nostra salvezza: il suo sangue, più che le sue parole e le sue azioni, offre la vita eterna.

Se poi anche la messa viene presentata come sacrificio – come ha stabilito dogmaticamente il concilio di Trento - e il sacrificio è violenza, torniamo ad ammettere che la messa è un atto di violenza divina previsto da Dio fin dall’inizio. Ma se la messa è solo una rappresentazione (teatrale) del sacrificio della croce, non è un vero sacrificio (rituale)[14]. Ancor di più: per un sacrificio rituale sono necessari un animale da sacrificare e un sacerdote sacrificante. Nel nostro caso l'animale sacrificale è Gesù, e Gesù è anche il sacerdote sacrificante. La sua morte equivale allora a un suicidio cultuale[15]. Vi sembra logico? E chi mai può vedere una chiara commemorazione (di quello che ha fatto Gesù nell’ultima Cena, dimostrando disponibilità al servizio e a dare sé stessi per gli altri) quando una messa viene ‘pagata’ dal fedele, a favore di un proprio congiunto deceduto?

Potremmo continuare a lungo, ma già alla luce di queste considerazioni mi sembra pienamente ragionevole sostenere che tutto quello che ci dice la Bibbia, in particolar modo su Dio, non è frutto di una dettatura divina, ma solo della riflessione, dell’elaborazione e della formulazione umana[16]. La Bibbia è parola dell'uomo, non di Dio[17]. Per il solo fatto di ammettere che la Rivelazione è stata espressa con parole umane, queste implicano di per sé contraddizioni e limiti, perché tutto ciò che è umano è limitato; a maggior ragione in un contesto come quello attuale in cui il rumore sembra avere la meglio, in cui le parole perdono di significato. Forse possiamo dire che i libri della Bibbia sono semplicemente un lento cammino di conoscenza del volto di Dio, ad opera degli uomini. Questo Dio è sempre lo stesso, ma l’immagine che ne ha l’uomo cambia nel tempo. Dio si rivela e si evolve di continuo nella nostra conoscenza, che progredisce man mano che anche l’umanità progredisce. Cosa vuol dire tutto questo? Vuol dire che l’uomo proietta in Dio ciò che è lui stesso, e man mano che l’umanità cresce, anche la conoscenza di Dio cambia. Non perché Dio cambia, ma perché l’uomo cambia. L’uomo primitivo, più violento, proiettava in Dio la sua violenza: visto che io ammazzo penso che anche Dio ammazzi. Man mano che il rispetto e il valore dell’uomo crescono, anche il volto di Dio è cambiato. Solo in quest’ottica si può capire come si è potuto passare dal Dio violento al Dio Amore. Ma se questo cambiamento è avvenuto nel tempo, in silenzio, forse dovremmo dire che il silenzio è il vero linguaggio di Dio; il silenzio è, nel tempo, una sua forma di Rivelazione[18].

Scontato allora che se la sacra Scrittura non viene letta come proveniente direttamente da Dio, che non è l’autore, i suoi enunciati perdono la forza vincolante che viene loro attribuita. In questa visuale i testi sono semplicemente le manifestazioni delle convinzioni su Dio prima del popolo ebraico, poi di Gesù come figlio di quel popolo, poi di Paolo come esperto della legge di quel popolo[19].

• Sappiamo che, insieme alla Scrittura, anche la Tradizione è stata posta come seconda fonte paritaria rispetto alla Rivelazione[20]. Invece non credo neanche che la Tradizione abbia Dio come fonte diretta.

Per secoli l’istituzione ecclesiastica ha insegnato che il contenuto della Tradizione consiste in “dottrine” e “pratiche” che dovrebbero rimanere identiche nel corso dei secoli. Tradizione, dunque, significava semplicemente trasmettere, sempre allo stesso modo, senza che le nuove generazioni potessero aggiungere alcunché, una dottrina consolidata e immutata: infatti la tradizione era considerata la parola di Dio non scritta (come il Talmud rispetto alla Torah), comunicata a viva voce da Gesù e dagli apostoli, e giunta inalterata di secolo in secolo per mezzo della Chiesa fino a noi (n.889 Catechismo Pio X).

Con l’ultimo concilio ha preso piede un’idea considerata in precedenza eretica, attribuita ai soli modernisti,[21] secondo cui la verità non è caduta dall’alto una volta per tutte, ma i fedeli possono tradurre in modo nuovo ciò che oggi vivono, dal momento che la propria esperienza porta a nuove comprensioni. Questo vuol dire che le formule usate dalle generazioni precedenti non devono più essere assolutizzate, e anche le nuove generazioni, partendo dalle proprie esperienze, hanno la possibilità di interloquire e creare nuove espressioni.

Papa Benedetto XVI, all’udienza generale del 26 aprile 2006[22] ha chiarito, in linea col Concilio, che «La Tradizione è la comunione dei fedeli intorno ai legittimi Pastori nel corso della storia, una comunione che lo Spirito Santo alimenta assicurando il collegamento fra l'esperienza della fede apostolica, vissuta nell'originaria comunità dei discepoli, e l'esperienza attuale del Cristo nella sua Chiesa».

Allora è evidente che questo papa conservatore ha comunque smantellato il Catechismo di Pio X perché nega che la Tradizione sia una semplice trasmissione materiale di quanto fu donato all’inizio agli apostoli, essendo invece la comunione dei fedeli una comunione che lo Spirito santo alimenta di continuo; non dunque una trasmissione di cose o di parole morte, ma un fiume vivo nel quale le origini sono sempre presenti[23]. Dunque non c’è da credere all’idea di una Tradizione statica, perché tutto, - anche la dottrina - è dinamico ed evolutivo[24]. La parola Tradizione deve allora essere oggi intesa con un significato diverso, e che questo significato attuale sia più aderente al Vangelo è presto dimostrato, andando come sempre a leggere i vangeli.

Come nella nostra Chiesa, anche ai tempi di Gesù la religione ed i suoi rappresentanti erano molto attaccati alla tradizione (Mc 7, 5 “Perché i tuoi discepoli non sì comportano secondo la tradizione degli antichi, …”.), e sulla tradizione si basavano (e ancora si basano) obblighi non negoziabili: non seguire la tradizione degli antenati equivaleva a ignorare e trasgredire la volontà di Dio. Ma mentre il magistero parlava di ‘tradizione degli antichi’, Gesù confuta questa interpretazione e dice che: “… queste dottrine che sono precetti di uomini” non corrispondono alla volontà di Dio, ma anzi la falsificano. Dunque, Gesù sta dicendo papale papale che è stato il magistero a decidere in realtà quella che veniva indicata come volontà di Dio. Per Gesù la tradizione non ha mai costituito un obbligo vincolante, e mai vi si sottomette incondizionatamente, riconoscendo in essa tutti i limiti dell’autorità umana: «Avete annullato la parola di Dio in nome della vostra (NB: non nostra) tradizione» (Mt 15, 6); oppure: «per mezzo della tradizione che voi insegnate, fate diventare inutile la parola di Dio» (Mc 7, 8-13). E Gesù dà anche qualche esempio pratico di come praticamente la tradizione umana abbia aggirato la volontà di Dio: ad esempio col korbàn (l’offerta sacra a Dio), metodo inventato di sana pianta dai sacerdoti per cui, dando un’offerta al Tempio, si evitava di mantenere i propri anziani genitori (Mt 7, 12). E si deve ricordare che il quarto comandamento (Onora il padre e la madre) non era e non è un comandamento per i bambini; già in allora riguardava i trentenni che dovevano mantenere i genitori cinquantenni ancora vivi,[25] ma per l’epoca vecchi come lo sono oggi i nostri ottantenni-novantenni. Con la scusa di onorare Dio si finiva per disonorare i genitori, visto che si offriva a Dio quello che in realtà doveva spettare ai genitori[26]. Gesù ha così chiarito che volontà di Dio e tradizione difficilmente possono andare d’accordo (altro che tradizione dettata da lui), perché con la scusa della tradizione si finisce facilmente col ferire persone già ferite o in difficoltà.

Né dimentichiamo che, quando dalla sede centrale di Gerusalemme arriva la commissione ad inquisire sul perché Gesù e il suo gruppo viola la tradizione degli antenati, Gesù replica a muso duro che non solo la tradizione di lavarsi le mani non viene da Dio ed è falsamente attribuita a Lui, ma è falsa anche la Bibbia quando afferma che Dio ritiene impuri certi alimenti (Mt 15, 1-20). Poi, chiamata vicino la gente, e quindi col massimo degli ascoltatori, affonda l’attacco contro quei soloni ritenuti depositari della verità divina. Gesù dice: “liberatevi da questa gente!” perché questi signori che ambiscono ad essere considerati luce e guide dei ciechi, sono ciechi essi stessi, e quando un cieco guida un altro cieco tutti e due finiranno nel fosso (Lc 6, 39). Gesù dice che occorre liberarsi da un magistero che vuole solo guidare e dominare.

Altre volte, per dimostrare la falsità della Bibbia intesa come parola di Dio, Gesù tocca il lebbroso (Mt 8,3), come tocca la donna impura (Mt 8, 14-17), e anziché infettarsi li guarisce, contraddicendo di nuovo la Legge biblica di purità rituale, secondo cui la purità non si trasmette, mentre l’impurità è contagiosa (Ag 2, 13; Lv 15, 2 ss.: si afferma che Dio stesso aveva assicurato che l’impurità sarebbe passata dal toccato al toccante). Come si vede bene, non è solo la storia del sole che gira attorno alla terra a farci notare le enormi incongruenze della Bibbia.

Anche la tradizione religiosa ebraica di allora era convinta che ogni parola della Legge divina riportata nella Bibbia provenisse da Dio in persona. Perciò, chiunque avesse osato affermare che Dio non era l’autore del Testo sacro, anche per le parti più piccole e dettagliate, era un bestemmiatore che doveva essere eliminato (Trattato Sanhedrin, Talmud Babilonese, 99a; Sifré sul , XII, 10, §§ 313, 314b)[27]. Il laico Gesù, osando affermare che non tutto nella Bibbia proveniva da Dio, è stato eliminato fisicamente. Ovvio, cioè, che di lì a poco i capi religiiosi, non la gente peccatrice, lo abbiano ammazzato.

 

 

 

NOTE

[1] Per fare solo un esempio, il Simbolo degli apostoli recita: "discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte". Fino a non molto tempo fa, quand’ero ancora piccolo, a causa di un’errata traduzione, si parlava di discesa all’inferno anziché agli inferi. Oggi, in effetti, c’imbattiamo in questa parola ‘inferno’ solo se ci capita fra le mani qualche vecchio testo del vangelo: ma nella nuova traduzione delle Scritture della CEI (che è il testo ufficiale della Chiesa Italiana) la parola è stata cancellata; è sparita completamente, e si dice che Gesù è sceso agli inferi per liberare i giusti che l’avevano preceduto (n.633 Catechismo). In altri termini, l’azione salvifica non è rivolta solo al presente e alle generazioni future, ma riguarda anche tutto il passato dell’umanità (Lorizio P., La discesa di Gesù agli inferi, “Famiglia Cristiana”, n.42/2012, 13). Discendendo nell’Ade (o inferi) Gesù dimostra di possedere lui – e non Plutone - anche le chiavi del soggiorno dei morti (Ap 1, 18); ciò significa che nella sua discesa egli porta la vita anche là dove regnava la morte: anche per coloro che erano morti prima dell’arrivo di Gesù in terra c’è la salvezza, perché la vita è più forte della morte anche per tutti quelli che erano morti prima di lui (1Pt 4, 6; 1Cor 15, 20). Ma se l’Ade faceva parte a pieno titolo della cultura di allora, nessuno oggi più crede all’Ade, come non crede a Zeus.

[2] Ma se le stesse Scritture ritenute canoniche rimandano, a loro volta, a una pluralità di tradizioni e di interpretazioni, come sarà possibile una loro lettura fondamentalista? Come non tener conto nei propri giudizi e nei propri comportamenti, di altri testi biblici, di altri punti di vista, di altre pagine di storia scritte da credenti di diverse tradizioni ecclesiali? (Bianchi E., La differenza cristiana, Einaudi, Torino, 2006, 67).

[3] Maggioni B., L’apocalisse, ed. Cittadella, Assisi, 2012, 89.

[4] Come ha spiegato il domenicano Adrien Candiard in un suo libro del 2021, Fanatismo, edito dalla EMI di Bologna.

[5] Prendiamone l’episodio dell’uomo che raccoglie legna di sabato (Nm 15, 32 ss.), e non si sa se questo, come altri, sono episodi veramente accaduti, o sono episodi che venivano trasmessi al solo scopo di terrorizzare la gente. Dice la Bibbia che un giorno s’accorgono di un uomo che raccoglieva legna. Lo portano da Mosè: “abbiamo scoperto quest’uomo che raccoglieva legna”. Non la stava raccogliendo nel campo di un altro. Non è andato a rubarla. Raccoglieva legna, e basta. Forse per cucinare, forse per scaldarsi: a Mosè non interessa. Mosè, che evidentemente aveva il filo diretto col padreterno (scrivo in minuscolo, perché non si può credere in un simile dio), si consulta: “raccoglieva legna? Ammazzatelo!” gli risponde il suo dio dall’alto dei cieli. Si può ammazzare una persona perché raccoglie la legna? Qualunque persona che non è un talebano della religione direbbe di no; qualunque persona che ragiona con la propria testa - osserva giustamente Alberto Maggi (Maggi A., Gesù un Dio profondamente umano, relazione tenuta a Tradate nel 2008) - direbbe che non è possibile ammazzare un uomo perché raccoglie la legna, visto che non è un ladro che l’ha rubata, né è un assassino che ha ammazzato qualcuno per portargliela via. Eppure l’uomo verrà ammazzato. Perché? Sottolinea la Bibbia che ci dicono essere parola di Dio: perché quel giorno era sabato. Ah beh! se è sabato lo possiamo ammazzare. Dal lunedì al venerdì tutti possono raccogliere tranquillamente tutta la legna che si vuole, ma di sabato è un peccato gravissimo e intollerabile e lo dobbiamo ammazzare: e che questo serva da esempio agli altri! Anche Gesù verrà ammazzato perché violava continuamente il riposo del sabato.

[6]  Maggi A., Dio e la gallina, conferenza tenuta ad Assisi nel 2007.

[7] Ortensio da Spinetoli, L’inutile fardello, Chiarelettere, Milano, 2017, 35.

[8]  Lenaers R., Benché Dio non stia nell’alto dei cieli, Massari, Bolsena (VT), 2012, 264.

[9] Come dimenticare che, dopo l’olocausto, l’idea che Dio amministrasse tanto il bene quanto il male è apparsa ancora più intollerabile?  Elie Wiesel ha espressamente dichiarato che ad Auschwitz il Dio teista, onnipotente, è definitivamente morto appeso alla forca. E un’altra piena consapevolezza di questa mancata onnipotenza di Dio si può trovare nel diario di una donna ebrea iuccisa ad Auschwitz: “Mio Dio, questi sono tempi tanto angosciosi…tu non puoi aiutare noi, ma siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi…forse possiamo contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini” (Hillesum E., Diario, ed. Adelphi, Milano, 2006, 169). Chiaro che qui ci viene presentato un Dio debole, che attende di essere accolto, che può essere tale solo se noi gli permettiamo di entrare in noi stessi. Insomma, un invito a cancellare la vecchia teologia teista e a ricominciare tutto da capo. Se a ragione, dopo l’olocausto, si rifiuta l’idea di un Dio di suprema potenza, come sostenuto dalla metafisica insegnataci col catechismo, non vi sembra normale che si debba cominciare a ripensare all’intero tema del divino? Che dovremmo parlare non più di un Dio onnipotente, ma di un Dio impotente che non può essere liberato da questo orrore se non siamo noi per primi a combattere l’ingiustizia? Ma allora Dio soffre con gli esseri umani martoriati, oppure no?

[10] E nello stesso Padre Nostro, non si pregava fino a poco tempo fa che non fosse Dio stesso a indurci in tentazione?

[11] Greenberg I., Easing the Divine Suffering, in The Life of Meaning, a cura di Abernethy B. e Bole W., Seven Stories Press, New York, 2002, 69.

[12] Mori B., Per un cristianesimo senza religione, Gabrielli editore, San Pietro in Cariano (VR), 2022, 54.

[13] Richiamo invece l’attenzione sul fatto che il cristianesimo orientale, anziché insistere sull’espiazione e redenzione in punto salvezza, batte soprattutto sulla divinizzazione cui ci ha portati Gesù, e ciò che realmente ci salva è la vita di Gesù, non la sua morte, sì che noi dobbiamo cercar di imitare la sua vita, non la sua morte. E non ha detto Gesù che i puri di cuore hanno accesso diretto a Dio (Mt 5, 8), sì che non hanno certamente bisogno della sua morte sacrificale per vederlo e incontralo? La teologia orientale ci ricorda anche che tutto ciò che proiettiamo su Dio sono semplicemente proiezioni umane sempre inadeguate. Gli orientali ci ricordano sempre che la salvezza non è spiegabile in termini umani, ma si realizza nel farci uno con il Dio indefinibile. Come questa divinizzazione avvenga non lo si può spiegare.

[14] Lenaers R., Benché Dio no stia nell’alto dei cieli, Massari, Bolsena (VT), 2012, 237.

[15] Lenaers R., Il sogno di Nabucodonosor, ed. Massari, Bolsena (VT), 2009, 290.

[16] Da Spinetoli O., La Giustizia nella Bibbia, “Bibbia e Oriente”, XIII, 1971, 247. 

[17] Lenaers R., Benché Dio non stia nell'alto dei cieli, Massari, Bolsena (VT), 2012, 199.

[18] Per fare un esempio, cfr. Quanto detto nell’articolo Rivelazione, al n.616/2021 di questo giornale, parlando della storia di Abramo.

[19] Lenaers R., Benché Dio non stia nell'alto dei cieli, Massari, Bolsena (VT), 2012, 86.

[20] E qui c’è uno disaccordo totale con i protestanti, i quali vedono una superiorità della Bibbia rispetto alla Tradizione ecclesiastica. È stato fatto notare che anche nella Dei Verbum c’è una contraddizione, perché da un lato si afferma il primato della parola di Dio presente nelle Scritture (e quindi sembra a scapito della Tradizione); dall’altro si afferma che solo nella Tradizione della Chiesa è trasmessa la verità del messaggio (Pesce M., Chi ha paura del Gesù storico?, “MicroMega”, n.7/2012, 204).

[21]Movimento, i cui elementi di spicco furono il gesuita Tyrell George e il sacerdote Loisy Alfred, il quale propugnava la possibilità di coabitazione fra verità della propria religione e verità della scienza moderna (Denzler G., Il papato, Claudiana, Torino, 2000, 122). Il movimento venne ferocemente combattuto dal Vaticano.

[22] In www.vatican.va/Sommi_Pontefici/Benedetto_XI/udienze/2006/26_aprile_2006 - La comunione nel tempo: la Tradizione.

[23] Benedetto XVI, La gioia della fede, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2012, 81s.

[24]  Come ha detto papa Francesco in un incontro con i gesuiti portoghesi dopo la giornata mondiale della gioventù (“La Repubblica”, 28.8.2023, 29), “…oggi è peccato detenere bombe atomiche; la pena di morte è peccato ma prima non era così; quanto alla schiavitù, alcuni Pontefici prima di me l’hanno tollerata, ma le cose oggi sono diverse… la comprensione dell’uomo muta col passare del tempo; la visione della dottrina della Chiesa come un monolite è errata”.

[25] Non esistevano all’epoca le pensioni. È stato Bismarck, in Germania, il primo a istituire un sistema pensionistico nella seconda netà del 1800. Le pensioni erano pensate per non durare più di dieci anni: poi si moriva.

[26] Maggi A., Il peccato, incontro di Assisi 2013, in www.studibiblici.it/scritti/conferenze.

[27] Riportati in Maggi A., Gesù ebreo per parte di madre, ed. Cittadella, Assisi, 2006, 172.