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Giorgio Marengo, Prefetto Apostolico di Ulan Bator - foto tratta da commons.wikimedia.org

Il Cardinale della Mongolia


di Stefano Sodaro


Sembra il titolo di un romanzo di Bruce Marshall o di Graham Greene, invece è il contenuto dell’annuncio odierno del Concistoro del prossimo 27 agosto da parte di Francesco papa (https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2022/05/29/0408/00844.htm), piuttosto inatteso, anche per la particolare collocazione agostana di un simile evento ecclesiale .

Tra i vescovi diocesani in Italia diventa cardinale soltanto il vescovo di Como, mons. Oscar Cantoni, nessun altro (né a Milano, né a Torino, né a Genova, né a Venezia, né a Napoli, né a Palermo). E tra i vescovi italiani, ma non titolari di diocesi italiane, colpisce la nomina di mons. Giorgio Marengo, Prefetto Apostolico di Ulan Bator, capitale della Mongolia (https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/padre-marengo-prefetto-apostolico-di-ulan-bator), vissuto a Torino dai 3 anni in poi.

Disse in un’intervista a La Stampa di due anni fa: «Missione è rendere possibile l’incontro con Cristo a chi ancora non lo conosce. Questo è vero per ogni cristiano. Ma nella Chiesa esiste anche una vocazione specifica, quella di vivere questa dimensione della fede a servizio di popoli che per varie ragioni non si sono ancora confrontati con il Vangelo. Per noi in Mongolia questo significa entrare in punta di piedi in un altro mondo, imparare a decifrarne l’identità ed essere seme disposto a morire in quel terreno, perché il Vangelo germogli. Tanti sono gli ambiti in cui la missione si realizza: promozione umana, ricerca culturale, dialogo interreligioso, presenza silenziosa e orante. Abbiamo anche provato a descrivere questo percorso con una immagine: sussurrare il Vangelo al cuore della Mongolia». (https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2020/04/15/news/mongolia-il-neo-prefetto-di-ulan-bator-padre-marengo-la-nostra-pasqua-ai-confini-del-mondo-1.38721333/).

La nomina segue all’udienza papale tenutasi soltanto ieri (https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2022/05/28/0403/00835.html) alla Delegazione di Autorità del Buddismo della Mongolia . E durante l’udienza il Vescovo di Roma ha affermato: «Il messaggio centrale del Buddha era la nonviolenza e la pace. Insegnò che «la vittoria si lascia dietro una scia di odio, perché il vinto soffre. Abbandona ogni pensiero di vittoria e sconfitta e vivi nella pace e nella gioia» (Dhammapada, XV, 5 [201]). Sottolineò inoltre che la conquista di sé è più grande di quella degli altri: «Meglio vincere te stesso che vincere mille battaglie contro mille uomini» (ibid., VIII, 4 [103]).

In un mondo devastato da conflitti e guerre, come leader religiosi, profondamente radicati nelle nostre rispettive dottrine religiose, abbiamo il dovere di suscitare nell’umanità la volontà di rinunciare alla violenza e di costruire una cultura di pace.

Sebbene la presenza di comunità più formali di fedeli cattolici nel vostro Paese sia abbastanza recente e il loro numero esiguo ma significativo, la Chiesa si impegna pienamente a promuovere una cultura dell’incontro, seguendo il suo Maestro e Fondatore il quale ha detto: “Amatevi come io vi ho amato” (cfr Gv 15,12). Rafforziamo la nostra amicizia per il bene di tutti. La Mongolia ha una lunga tradizione di pacifica convivenza di diverse religioni. Il mio auspicio è che questa antica storia di armonia nella diversità possa continuare oggi, attraverso l’effettiva attuazione della libertà religiosa e la promozione di iniziative congiunte per il bene comune. La vostra presenza qui oggi è in sé stessa un segno di speranza. Con questi sentimenti, vi invito a continuare il vostro dialogo fraterno e le buone relazioni con la Chiesa Cattolica nel vostro Paese, per la causa della pace e dell’armonia.».

Francesco ci ha abituati al linguaggio dei simboli più che a quello delle innovazioni strutturali nella vita ecclesiale, ma il simbolo ha un potenziale dirompente in termini di apertura al futuro. Sta qui anche il senso di una Tradizione ecclesiale del tutto opposta al tradizionalismo, perché – appunto – capace di accogliere presente e futuro dentro una storia bimillenaria. E per altre fedi e comunità religiose – come quella buddista – la storia porta ancora più indietro, a due millenni e mezzo fa.

La nomina cardinalizia del vescovo di Como, mons. Oscar Cantoni, sembra invece – sempre e solo a livello di “consecutio temporum” delle cronache – quasi una reazione al pericolo che si insinui, anche in certa verve polemica seguita alla prima conferenza stampa del nuovo Presidente della CEI, il Card. Zuppi, una qualche via populistica e forcaiola di repressione dello spaventoso fenomeno degli abusi sessuali attribuibili ad ecclesiastici. Un po’ più di un anno fa il SIR descrisse accuratamente l’interrogatorio in Vaticano del vescovo di Como https://www.agensir.it/quotidiano/2021/2/25/processo-in-vaticano-interrogato-il-vescovo-di-como-mons-oscar-cantoni/, mentre in sede penale statale veniva archiviato (https://intornotirano.it/articoli/cronaca/oscar-cantoni-e-il-nuovo-vescovo-di-como) il procedimento aperto anche a suo carico (https://web.archive.org/web/20150927215034/http://archiviostorico.corriere.it/2008/settembre/05/Aiutarono_prete_accusato_pedofilia_Vescovi_co_7_080905044.shtml).

Ma lo sguardo deve andare ben oltre il panorama italiano: e così diventano cardinali gli arcivescovi di Marsiglia, di Brasilia, di Manaus – capitale dell’Amazzonia -, di Singapore, di Asuncion – capitale del Paraguay -, oltre che i titolari di due Dicasteri della Curia Romana (per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, per il Clero), ed il Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, rispettivamente; mons. Arthur Roche, mons. Lazzaro You Heung-sik e mons. Fernando Vérgez Alzag.

Diventano Cardinali anche Mons. Arrigo Miglio, Arcivescovo emerito di Cagliari, ed il notissimo ed insigne canonista gesuita p. Gianfranco Ghirlanda, entrambi ottantenni a luglio prossimo e pertanto, al compimento di tale genetliaco, non più elettori in un futuro conclave.

Tutte le – più o meno dotte e più o meno approfondite – disquisizioni di pur competenti vaticanisti, e vaticaniste, d’ogni dove, che avessero considerato imprescindibili e condizionanti le logiche di geopolitica ecclesiastica, si sono schiantate al suolo.

La forza del simbolo spiazza. Sempre.