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Una famiglia perfetta?


di Dario Culot

Quadro di una Madonna profana, incinta e con in braccio il Battista - Chiesa di san Giovanni Battista a Front Royal (Virginia – USA) - (foto di Dario Culot)


Secondo la religione cattolica la famiglia è costituita dall’unione indissolubile tra un uomo e una donna aperti al dono della vita (Gn 1, 22: crescete e moltiplicatevi). Questa istituzione ha il suo fondamento nel disegno di Dio, ovvero nella legge naturale, perciò precede qualsiasi riconoscimento da parte della pubblica autorità (art. 2202 Catechismo), perché – come dice il cardinal Müller - la famiglia ha a che fare con l’ordine creato da Dio, che poggia sulla differenza sessuale tra maschio e femmina, chiamati a essere una sola carne[1]. La famiglia si costituisce col sacramento del matrimonio, e a livello teologico il modello per tutti noi è la sacra famiglia di Nazareth, la famiglia perfetta.

Faccio notare che la nostra Costituzione (art. 29) si limita ad affermare che «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio»[2]. Partendo da qui si è detto che la famiglia è una formazione sociale fondata sul matrimonio, con i caratteri della esclusività, della stabilità e della responsabilità. La riluttanza del legislatore a dare una definizione di famiglia si spiega con l’impossibilità di fissare un modello unico di famiglia accettato da tutti. Tanto più che la famiglia è la principale formazione sociale nella quale l’uomo svolge la sua personalità (art. 2 della Costituzione), e per esprimere la propria personalità, c’è di sicuro più di una possibilità. È indubbio poi che le cose cambiano nel tempo: ad esempio, la famiglia del terzo millennio non è sicuramente la famiglia patriarcale dei nostri nonni e bisnonni, allargata perché comprendeva anche zii, nipoti e altri. Oppure pensiamo a quante famiglie monogenitoriali ci sono oggi in giro. Per di più, oggi in Italia, abbiamo circa 1.600.000 famiglie i cui coniugi non si sono sposati in chiesa[3].

Nulla da obiettare quando si afferma che bisogna proteggere i valori della famiglia, ma non è che forse abbiamo mitizzato troppo la famiglia tradizionale? Non dimentichiamo che la famiglia è alle sue origini un’«istituzione economica», che garantisce e nella quale si rende legale il diritto di proprietà, colonna fondamentale del diritto romano. Da qui deriva il pericolo che l’interesse economico si sovrapponga agli altri interessi e valori, mentre i veri valori si assicurano quando si proteggono scrupolosamente l’affetto e il rispetto, valori che non sono affatto assicurati quando la famiglia si «politicizza» fino ad essere origine di conflitti e di divisione[4]. Come sempre, perciò, la realtà non può mai essere inquadrata seccamente come bianco o nero.

Allora, cosa si può chiedere oggi a una famiglia? Che ogni nuovo nato, sentendosi lì a casa sua, capito, amato e accolto, si alleni per poi integrarsi nella società diventando un buon cittadino; che col dovuto affetto e con la dovuta educazione diventi un figlio riuscito, dove per riuscito s’intende quello che diceva Einstein:[5] che cioè non si deve cercare di diventare un uomo di successo, ma piuttosto un uomo di valore, perché solo l’uomo di valore è un uomo riuscito. E per uomo riuscito s’intende una persona che ama e che lavora[6].  Se questo è vero, si può già vedere come tante famiglie formate da uomo e donna, unite in chiesa dal sacro vincolo del matrimonio, siano dei fallimenti perché né i coniugi, né i figli sono persone che amano e lavorano. Per carità, poi un genitore si può anche illudere che suo figlio non sia un fallito anche se da grande non ha la minima voglia di lavorare; anche se continua a passare da un lavoro all’altro perché “sono i capi o i colleghi a stressarlo, a non capirlo”; anche se non riesce ad essere stabile nelle relazioni sentimentali, perché è alla continua ricerca di emozioni forti e non sa affrontare la minima difficoltà. Il genitore che si illude può sempre dire che suo figlio è riuscito nella vita perchè “è tanto simpatico”[7] o perché ci sa fare con le ragazze.

Se però si accetta la definizione di famiglia sopravvista, vediamo subito che il sesso c’entra ben poco. Del resto Gesù non ha mai speso una parola sul sesso, neanche sull’omosessualità e sulla fornicazione. Ciò significa che Gesù non ha mai visto alcun pericolo in base alla condizione sessuale delle persone. E, a riprova, ricordo che nelle tentazioni di Gesù manca del tutto la tentazione del sesso (Lc 4, 1-13).

Invece la Chiesa, che ci offre come modello unico di famiglia quella di Nazareth, ha affermato per secoli che scopo primario del matrimonio è fare figli[8]. Ricordo anche che il codice canonico del 1917 (che ancora io ho studiato all’università), sostituito dal nuovo codice appena nel 1983, prevedeva il matrimonio come “il patto matrimoniale (matrimoniale foedus) con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra di loro la comunità di tutta la vita (totius vitae consortium), per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla generazione e educazione della prole” elevandolo tra i battezzati alla dignità di sacramento per volontà di Cristo (can. 1055). Perciò ancora nel XX secolo veniva condannato dal Sant’Uffizio (oggi Dicastero per la dottrina della fede) il libro del tedesco Doms Herbert il quale aveva osato affermare che finalità principale del matrimonio non era la procreazione, bensì la comunione profonda degli sposi[9].

Ovvio che se per secoli la Chiesa cattolica ha avuto il chiodo fisso della riproduzione, definendo il “contratto di matrimonio” come esercizio dello ius in corpus, ossia il diritto esclusivo, in capo ad ognuno dei coniugi, sul sesso dell’altro ai fini della generazione, buona parte del suo magistero fa ancora oggi fatica ad accettare un’idea diversa sul sesso. Ancora oggi, in molti continuano a sostenere che non condannano i gay ma la loro attività sessuale che, nel disegno di Dio, è finalizzata alla riproduzione. Eppure tutti oggi sono consapevoli che non è sufficiente che ci siano un maschio e una femmina perché nella famiglia si costituisca un clima di amore reale.

In ogni caso, due sono le osservazioni immediate da fare sulla sacra famiglia di Nazareth:

(a) Se Giuseppe e Maria erano sposati (ma vedremo fra poco che non lo erano), quel matrimonio indicato come modello per tutti i cristiani sarebbe stato comunque nullo in base alle stesse regole imposte a tutti noi dalla Chiesa, dal momento che la legge canonica ammonisce che il matrimonio in cui anche uno solo dei due coniugi non vuole avere figli è nullo in radice perché contrario ai bona matrimonii (cann. 1055 §1, 1061, §1, 1096 del Codice di diritto canonico),[10] alla procreazione. Infatti la Chiesa da un lato ci dice che Maria non ha voluto figli da Giuseppe, ma dall’altro insegna che il rifiuto di avere altri figli rende nullo il matrimonio[11]. Dunque, quella che la religione indica come modello di famiglia santa e perfetta, da prendere come esempio, è in realtà ben che vada una coppia con un matrimonio nullo!

Ovviamente, resosi conto della contraddizione, il magistero insegna che Giuseppe era perfettamente d’accordo nel non voler aver rapporti con Maria, e che entrambi avrebbero fatto voto di castità (e questo, non si sa perché, dovrebbe superare nel matrimonio anche l’obbligo primario della riproduzione), e per questo ce lo mostrano anche vecchio, quindi con un appetito sessuale assai scemato. Peccato che nulla di tutto questo risulti dalle sacre Scritture o da altri documenti ufficialmente utilizzabili[12]. Siamo di nuovo davanti a un’idea che il magistero si è creato da solo per puntellare il suo insegnamento e per convincerci della verità di quanto ci insegna, mentre sappiamo (ce l’ha detto lo stesso papa Benedetto XVI[13]) che la vera dottrina deve ancorarsi esclusivamente alle Scritture canoniche.

(b) Il matrimonio è stato visto come sacramento appena nel XII secolo, cioè ben dopo l’anno mille, per cui non può essere stato istituito da Gesù Cristo. Inutile, dunque, cercare nei vangeli qualche indicazione sul sacramento del matrimonio, perché nulla essi dicono al riguardo:[14] il tutto è una costruzione postuma della Chiesa.

Per i protestanti, neanche oggi il matrimonio è un sacramento. Essi ritengono che una coppia non è sposata meno bene, né l’unione è meno benedetta da Dio se non vi è stata cerimonia religiosa[15].

E anche nel cattolicesimo, per oltre un millennio i cristiani regolavano la propria esistenza in base al solo diritto civile (che prevedeva anche lo scioglimento del matrimonio, cioè il divorzio). La Chiesa d'occidente poneva l'esigenza morale, ma non interferiva nell'ordinamento civile, e nessuno pensava che un primo matrimonio, ormai distrutto, potesse sopravvivere. Dunque, chi era responsabile della distruzione e passava a nuove nozze era considerato adultero e come tale sottoposto a penitenza, senza però obiettare nulla al secondo matrimonio e soprattutto senza sostenere che il primo matrimonio continuava ad esistere[16]. Se poi l'uomo aveva ripudiato la moglie adultera, passando a nuove nozze era ammesso alla comunione senza neanche dover fare penitenza[17]. In seguito, la Chiesa di Roma ha cambiato direzione, mentre le Chiese orientali hanno mantenuto l'indirizzo della chiesa primitiva e riconoscono ancora oggi la possibilità del  divorzio:[18] il divorziato che si risposa va contro la legge di Dio (è adultero) e perciò va sottoposto a penitenza, unica disciplina ecclesiale relativa al matrimonio. Nella Chiesa dei primi dodici secoli, perciò, non esisteva il vincolo ontologico invocato da Roma in questi ultimi otto secoli per giustificare la sopravvivenza formale di un matrimonio essenzialmente distrutto[19]. La verità è che all'inizio di un matrimonio nessuno può sapere veramente se quel rapporto iniziato con tanta buona volontà riuscirà o meno. La Chiesa non riconosce questa semplice verità[20] che invece aveva riconosciuto nel primo millennio.

Se poi proseguendo leggiamo con un po’ di attenzione i vangeli, vediamo subito che neanche la sacra famiglia di Nazareth era così perfetta come ci hanno raccontato: di sicuro non corrispondeva alla definizione tradizionale di famiglia, e a quello che la società di allora si aspettava da una sana famiglia.

1) Per cominciare, stando all’insegnamento impartitoci, Maria è rimasta incinta senza che il suo promesso sposo lo sapesse, senza che fosse stato coinvolto nella decisione, senza che i due fossero sposati.

2) Va rimarcato che Giuseppe e Maria hanno convissuto senza essere formalmente sposati: quindi erano una famiglia irregolare di fatto, come tante oggi.

Rinvio all’articolo Ancora sulla Madonna, al n. 652 del 13.3.2022 (https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-652-13-marzo-2022/dario-culot-ancora-sulla-madonna) di questo giornale per capire a che età ci si sposava e come nella Palestina di allora il matrimonio si svolgeva in due fasi: sposalizio[21], cui seguivano, dopo un anno, le nozze. Poiché Maria afferma di non conoscere uomo (Lc 1, 34), cioè di non avere avuto rapporti matrimoniali, significa che le nozze non si sono ancora celebrate, per cui Maria non era ancora formalmente sposata.

Proprio i termini usati nei vangeli confermano l’assunto. Nei vangeli Mirjam è promessa sposa a Giuseppe, un discendente di Davide, tanto che si usa il participio del verbo mnēsteuō (Mt 1,18; Lc 1, 27), termine usato per sposa che è stata promessa dai capi clan di Giuseppe e Maria, i quali hanno concluso fra di loro l’accordo matrimoniale; mai si dice che a questo patto concluso tra i due clan sono seguite le nozze, per le quali si usa il verbo gameō[22] (vedi stesso Mt 5, 32; 19, 9. Vedi anche Mc 6, 17; 10, 11; Lc 16, 18: soprattutto con riguardo al ripudio di donna passata a nozze). Giuseppe avrebbe perciò potuto (e dovuto, visto che viene definito giusto - Mt 1, 19,- cioè scrupoloso osservante della legge divina) chiedere la lapidazione della promessa sposa; ma anche essendosela presa in quello stato, era fatto divieto a due giovani sposi, non ancora convolati a nozze, di convivere; quindi poiché Luca usa sia al momento dell’annunciazione (Lc 1, 26), sia al momento del viaggio con Giuseppe a Betlemme (Lc 2, 5) lo stesso termine per indicare lo stato di Maria, i due formavano una coppia di fatto, irregolare ed esposta allo scandalo. Maria ha partorito senza essere la moglie di Giuseppe. Manca, infatti, in base alla terminologia usata da Luca, il secondo passo: la celebrazione delle nozze,[23] festa alla quale partecipava tutto il paese[24] e durante la quale veniva consegnato ai genitori della sposa, a cura dei testimoni del baldacchino, il lenzuolo sporco di sangue della loro figlia, a prova della di lei verginità (Dt 22, 15-17), e a garanzia di eventuali successive calunnie o ripensamenti da parte del marito[25]. E, a proposito, Maria non è mai riuscita a sfuggire al pettegolezzo: per tutta la vita si è portata dietro l’accusa di essere stata una poco di buono, un’adultera: infatti la storia di Maria rimasta incinta prima delle nozze le era rimasta appiccicata addosso, tanto che verrà rinfacciata dai capi religiosi a Gesù più di trent’anni dopo, quando non sapendo cosa replicare a Gesù nel confronto diretto, essi passano alle ingiurie personali (Gv 8, 41: «Non siamo nati da prostituzione… noi!»)[26]. Non è così che si fa ancora oggi quando non si sa cosa rispondere? Si attacca l’altro a livello personale. E «Non è egli il falegname, figlio di Maria?» (Mc 6, 3) diranno i suoi compaesani scettici quando Gesù predica nella sinagoga di Nazareth. Visto che in Israele il figlio era sempre associato al padre, avrebbero dovuto dire “non è il figlio di Giuseppe?”[27] Dire che qualcuno è il figlio della madre significa che la paternità è incerta, e questo era già motivo di scandalo.

3) E il sesso fra Giuseppe e Maria? Assente. Zero assoluto.

Nella Chiesa, la sessualità, fino a ieri ritenuta intrinsecamente corrotta (1Cor 7,1.28.38) a causa dell’inevitabile libido (chiamata dalla tradizione “concupiscenza”[28]), è stata accettata di malavoglia; ma visto che i più si sposavano, si è visto nel matrimonio solo la funzione della generazione dei figli. Le persone sposate venivano considerate come i proletari della Chiesa, utili per far figli e fornire, o prima o dopo, qualche prete e/o suora. E che il sesso sia attiguo al peccato è talmente entrato nel nostro Dna che c’è ancora oggi gente che si angoscia e si chiede se può aver rapporti con la moglie ormai in menopausa, e perfino preti che invitano a rinunciare al rapporto matrimoniale dopo una sopraggiunta sterilità post-operatoria di uno dei coniugi[29].

Questa sessuofobia, rimasta inalterata per secoli e che solo oggi subisce qualche incrinatura,[30] arriva però da molto lontano. Già san Paolo aveva detto che il sesso veniva inserito fra gli atteggiamenti peccaminosi carnali in contrapposizione alla positività della via luminosa dello spirito (Gal 5, 16-22). L’amore per Dio non poteva conciliarsi con l’amore verso l’uomo (o la donna); il matrimonio non è un aiuto, ma un ostacolo a una vita dedita totalmente a Dio[31] (1Cor 7, 27). Seguendo quest’impostazione aveva aggiunto che è cosa buona per l’uomo non toccare la donna[32]. ma siccome è meglio sposarsi che ardere, il sesso nel matrimonio va tollerato solo come rimedio alla concupiscenza (1Cor. 7, 1-9). E il povero san Giuseppe? Fregato anche da sposato! Subito nel cristianesimo ha preso vigore una corrente gnostica la quale, partendo dal principio che la materia è male, insegnava che il rapporto sessuale anche nel matrimonio fosse un male, un peccato: ecco perché san Giuseppe non aveva potuto avere rapporti con Maria neanche dopo il parto, perché sarebbe stato un peccatore, mentre si sa che era un uomo giusto (Mt 1, 19) e pio. Ecco che, fino al concilio Vaticano II, marito e moglie che avevano appena fatto l’amore non potevano accostarsi all’eucarestia, e ancora si discuteva[33] se il maschio che aveva avuto una polluzione notturna potesse o no accostarsi, la mattina dopo, alla comunione.

Insomma, da un lato, la Chiesa ha esaltato oltre misura il celibato e ancor di più la verginità (si batte molto su questo tasto per le sante,[34]  un po’ meno  per i santi), perché capaci di elevare le persone da un mondo pieno di brame inconfessabili e porcherie inimmaginabili; dall’altro ha considerato il matrimonio nella sua dimensione fisica eccessivo per uomini veramente spirituali, concludendo che la vita di coppia – con la sua concupiscenza - era comunque uno stato di vita meno valido, il quale certamente non si addiceva ai santi, e neanche ai preti[35]. Quando si osava canonizzare una coppia sposata (come l’imperatore Enrico e santa Cunegonda), ci si affrettava a precisare che a casa loro avevano vissuto come fratello e sorella[36]. Tuttavia, visto che i più si sposavano, occorreva pur riconoscere qualcosa di buono anche nel matrimonio, per cui necessariamente si dovettero individuare delle giustificazioni (i cd. bona matrimonii: indissolubilità, fedeltà, generazione della prole) che potessero compensare gli aspetti negativi e gli dessero una patina di sacralità,[37] anche se il matrimonio è stato visto come sacramento appena nel XII secolo, come si è detto sopra.

4) Un po’ più grandicello, il ragazzino viene dimenticato dai genitori a Gerusalemme, dimostrando una notevole leggerezza genitoriale.

Secondo il n.532 del Catechismo nella sottomissione di Gesù alla madre e al padre (putativo) si realizza la perfetta osservanza del quarto comandamento, che obbliga di obbedire ai genitori, e – in una famiglia perfetta - Gesù ha sicuramente obbedito fin da bambino. E come no! Nell’unico episodio riportato dai vangeli che riguarda l’infanzia di Gesù, questo ragazzino dodicenne scompare e i genitori, che si accorgono della scomparsa dell’unico figlio dopo che erano partiti da un bel po’,[38] affranti ed affannati lo ritrovano dopo tre giorni al Tempio (Lc 2, 46). Quando Maria gentilmente gli fa notare che essi erano preoccupati, il bambinetto li redarguisce in malo modo, non dimostrandosi proprio, nell’unico episodio tramandato, un mostro di obbedienza. Non per lo meno nel senso di obbedienza come lo intende la Chiesa e come normalmente lo intendiamo tutti noi.

5) Una volta adulto, Gesù lascia la sua famiglia e comincia ad andare in giro comportandosi da pazzo (Mc 3, 21) e gettando discredito sull’intero clan. Altro che buon cittadino.

Per comprendere il punto bisogna sapere che l’individuo con i suoi diritti è nato in Occidente, è creatura che vive in Occidente. Per i 2/3 del mondo esiste la collettività, conta ciò che pensa il clan. L’individuo non ha valore, nel senso che sta al di sotto del clan. E mentre il clan fa sentire la sua voce, l’individuo non ha voce in capitolo. Quindi, quando si parla di Gesù, di fronte alla sua forte affermazione individuale diamo per scontato che era così per tutti. Invece questa idea è fuorviante, visto che anche nella Palestina di allora l’Io individuale non era considerato centrale a differenza dell’Io pubblico, e nel gruppo, nel clan, nella società, l’individuo doveva corrispondere alle aspettative degli altri. L’io personale, in quel tipo di società, andava tenuto nascosto[39]. Quindi Gesù ha rotto il sistema anche su questo punto. Con un simile tipo di cultura, si capisce allora perché tutto il clan si muove per andare a catturare Gesù ritenuto pazzo (Mc 3, 21), in quanto quel singolo membro stava rovinando la reputazione dell'Io collettivo.

La Madonna fa parte del clan perché per una donna dell’epoca era semplicemente inconcepibile vivere fuori del clan, da emancipata. Pertanto appare infondata la tesi secondo cui ella ha dato adesione immediata alla Parola di Dio[40] proclamata dal figlio, ritenuto invece pazzo dal clan. La sua conversione sarà lunga, faticosa e dolorosa,[41] e solo alla fine, sotto la croce, si dimostrerà disposta a seguire da vera discepola la sorte del figlio Maestro.

Non credo poi che Gesù oggi supererebbe un esame universitario di psicologia. Oggi infatti c’insegnano che se uno non capisce bisogna solo insistere con degli stroke positivi. E invece Gesù strapazza spesso i suoi che non avevano fede (Mt 8,26; 14,31; 16,8; Lc 12,28) e non capiscono niente (Mc 7, 18; 8, 21; 10, 32.37),[42] e arriva perfino a disconoscere sua madre: “Chi è mia madre?” (Mc 3, 33).

Certo che seguire Gesù è un’assoluta avventura. Nella sua nuova piccola comunità Gesù crea uno spazio nuovo senza dominazione maschile. La nuova famiglia non è specchio della famiglia patriarcale, tipica di allora. I discepoli non hanno casa, terre e neanche beni. La famiglia costituita da Gesù non è strutturata gerarchicamente: tra i membri regna l’uguaglianza; non è una famiglia chiusa in sé stessa, bensì aperta e accogliente. Le discepole donne sono sullo stesso piano dei discepoli uomini, sì che Gesù libera la donna dalla funzione meramente riproduttiva. Insomma, è difficile affermare che Gesù sia stato un sostenitore devoto della famiglia patriarcale, dove i ruoli sono inamovibili, dove i maschi controllano le femmine, dove la ferrea gerarchia è declinata solo al maschile.

Allora, se questa era la situazione, perché oggi in tanti si scandalizzano per le famiglie non tradizionali, che ci affrettiamo a chiamare irregolari?

Tanto più che, nella Bibbia, Dio non usa mai un criterio meritocratico per legarsi alle famiglie. Dio abita fin dall’inizio famiglie tutte imperfette: basta leggere la storia di Adamo, Eva, Caino e Abele; di Abramo e Sara, dei loro figli Giacobbe ed Esaù fino a Giuseppe e i suoi fratelli (in Genesi): tutto un susseguirsi di inganni, litigi, conflitti. Già la Bibbia dimostra come Dio non pretende affatto che l’uomo raggiunga un livello minimo di qualità prima di decidere di legarsi a lui; dunque asserire – come fa la religione - che Dio, dopo aver istituito l’alleanza, rifiuterebbe di accompagnarsi a chi non ha raggiunto un livello minimo di comportamento (ad es., oggi, le famiglie irregolari), contrasta con quanto sta scritto nelle Scritture. In realtà hanno trasformato le Scritture in dottrina che si discosta dalle stesse.

 

 

NOTE

[1] Müller G., Le benedizioni per le coppie gay sono blasfeme, “La Nuova Bussola quotidiana”, 22.12.2023.

[2] E la Corte Suprema (Cass. 14.2.1975, n. 569; Cass. 22.2.1990, n.1304) ha a lungo chiarito che il matrimonio è valido fra due persone di sesso diverso.

[3] A Trieste, per fare un es., nel 2023, 476 sono stati i matrimoni civili contro i 103 religiosi (“Il Piccolo”, 14.1.2024, 35).

[4] Castillo J.M., omelia su Lc 2, 22-40, del 27.12.2020.

[5] A. Einstein, in www.aforismi.org.

[6] Freud S., Il disagio della civiltà, in Opere, X, Boringhieri, Torino, , 1970, 572s.

[7] Chiesa S., Genitori per tempi difficili, Lampi di stampa, Milano, 2008, 10.

[8] A tal proposito leggiamo cosa aveva detto ancora Pio XII in un suo discorso alle partecipanti del Congresso della Unione Cattolica Italiana delle Ostetriche, pronunciato in Vaticano il 29 ottobre del 1951: “… la verità è che il matrimonio, come istituzione naturale, in virtù della volontà del Creatore non ha come fine primario ed intimo il perfezionamento personale degli sposi, ma la procreazione e la educazione della nuova vita. Gli altri fini, per quanto anch’essi intesi dalla natura, non si trovano nello stesso grado del primo, e ancor meno gli sono superiori, ma sono ad esso essenzialmente subordinati”.

[9] Riportato da Sebastiani L., Coscienza, libertà profezia di fronte alla legge, in A partire dai cocci rotti, ed. Cittadella, Assisi, 2001, 189.

[10] Culot D., La crisi della famiglia regolare: perché preoccuparsi?, “Il mondo giudiziario”, n.19/2011, 206.

[11] L’art.1101 del codice di diritto canonico prevede come causa di nullità del matrimonio l’esclusione della prole: attiene alla volontà di non procreare figli nel corso del matrimonio in maniera assoluta e senza limiti di tempo (in  www.salvisjuribus.i//matrimonio-canonico-cause-di-nullita/).

[12] Il parto di Maria, come il concepimento, è un fatto unico ed irripetibile. Giuseppe ha rispettato la memoria di quest’esperienza unica. Quindi sia Maria sia Giuseppe hanno vissuto una vita sponsale verginale (Perrella S.M., La verginità perpetua di Maria è un dogma?, “Famiglia Cristiana”, n. 36/2014, 108). E da dove lo ricava?

[13] Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione del 18.11.1965, Dei Verbum, §§ 11 e 21. Anche papa Benedetto XVI aveva ribadito che il vangelo è l’unica identità autorizzata per i cristiani, aggiungendo opportunamente che essa va ripulita di ciò che solo apparentemente è fede, mentre è mera convenzione e abitudine (Discorso del papa tenuto a Friburgo (Germania) nel 2011, riportato in “Famiglia Cristiana”, n.40/2011, 34).

[14] Castillo J.M., Simboli di libertà, ed. Cittadella, Assisi, 1983, 191.

[15] Gounelle A., I grandi principi del protestantesimo, ed. Claudiana, Torino, 2000, 47.

[16] Ceretti G., Divorzio, nuove nozze e penitenza nella chiesa primitiva, ed. EDB, Bologna, 1977, 157s. e 164.

[17] Idem, 187ss., con tutti i riferimenti storici del caso.

[18] D’Auria A., Il matrimonio nel diritto della Chiesa, ed. Laterza, Bari, 2003, 339s.

[19] Ceretti G., Divorzio, nuove nozze e penitenza nella chiesa primitiva, ed. EDB, Bologna, 1977, 158.

[20] Drewermann E. , Funzionari di Dio, Raetia, Bolzano, 1995, 91.

[21] Era possibile sciogliere l’accordo matrimoniale prima delle nozze, previo indennizzo, come avviene ancora nel nostro ordinamento civile.

[22] Balz. H. e Schneider G., Dizionario esegetico del Nuovo Testamento, ed. Paideia, Brescia, 2004, 620 sotto la voce gameō.

[23] Laurentin R., I vangeli dell’infanzia di Cristo, ed. Paoline, Cinisello Balsamo (MI), 1985, 28. Così anche san Girolamo, La perenne verginità di Maria (Contro Elvidio), ed. Città Nuova, Roma, 1988, 63: «Non crediamo che Maria abbia contratto nozze dopo il parto perché non l’abbiamo letto». Per ben 1500 anni abbiamo utilizzato esclusivamente la versione latina dei vangeli scritti originariamente in greco (cd. Vulgata), risalente al 380 d.C. circa: si tratta di una revisione effettuata da san Girolamo su incarico di papa Dàmaso (Martini C.M., Il messaggio della salvezza. Corso completo di studi biblici, I, Elle Di Ci-Leumann, Colle di Bosco (AT) e Torino, 1964, 162. Laux J., Introduction to the Bible, ed. Tan Books, Charlotte (North Carolina - USA), 2012, 15. Attwater D., Vite dei santi, ed. Piemme, Casale Monferrato (AL), 1995, 152 s.; Dizionario enciclopedico – Il grande libro dei santi, diretto da Leonardi C., vol. II, ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 1988, 948.

[24] Montagnini F., Il matrimonio nella legge rivelata, in Enciclopedia del matrimonio, ed. Queriniana, Brescia, 1960, 134.

[25] Maggi A., Nostra signora degli eretici, ed. Cittadella, Assisi, 2003, 67. Sole F., Il matrimonio presso gli israeliti, “Palestra del clero”, 1964, 1094.

[26] Maggi A., Nostra signora degli eretici, ed. Cittadella, Assisi, 2003, 142.

[27] Secondo alcuni, dire che Gesù è figlio di Maria significa solo che Giuseppe era ormai morto quando la gente si pone quell’interrogativo (Guignebert C., Gesù, ed. Einaudi, Torino, 1950, 141). Ma il vangelo non lo dice, né qui, né in altre parti. Blaz H. e Schneider G., nel loro Dizionario esegetico del Nuovo Testamento, ed. Paideia, Brescia, 2004, sotto la voce Maria, 280 riportano entrambe le versioni: Gesù è figlio di una vedova, Gesù è figlio illegittimo. Di più: Luca (Lc 4, 22) riporta nello stesso episodio: “non è lui il figlio di Giuseppe?”, il che dimostrerebbe allora che a quel tempo Giuseppe era ancora vivo; ma anche in Luca i suoi compaesani disconoscono chi si presenta in modo diverso da quello che si aspettano: si aspettano che Gesù fosse falegname, e tale ai loro occhi doveva restare. I cambiamenti non sono graditi.

[28] Papa Innocenzo III, contemporaneo di San Francesco, condividendo l’idea di sant’Agostino secondo cui la stessa natura umana è peccatrice (Agostino, De diversis quaestionibus octaginta tribus, 66, 3, in www.documentacatholicaomnia.eu, sotto Augustinus.) nel suo Il disprezzo del mondo, così scriveva a cavallo del 1100-1200: “l’amplesso coniugale, anche se legittimo, non può avvenire senza la febbre della lussuria, senza il fetore della libidine. Adunque il seme nell’atto stesso di concepire si altera, si macchia, si corrompe, onde l’anima che v’è infusa contrae la macchia del peccato” (Innocenzo III, De contemptu mundi, ed. Cantagalli, Siena, 1979, libro I, cap.1, 25). Felici quelli che muoiono prima di nascere (ndr: allora l’abortito dovrebbe essere felicissimo, e perché lo si proibisce?) o appena nati, aggiunge questo papa gioioso e ottimista (Idem, libro I, cap. 1, 22). perché: “L’uomo viene concepito dal sangue guasto, per l’ardore della libidine, e al suo cadavere fanno assistenza  i vermi della tomba. Da vivo generò pidocchi e lombrichi, da morto genererà vermi e tafani; da vivo produce sterco e vomito, morto produce putredine e fetore. Vivo impinguò un unico uomo, morto ingrasserà vermi a migliaia” (Idem, libro III, cap.1, 110). Un vero e proprio inno alla sacralità vita, non c’è che dire!

[29] Lettera di un lettore a Famiglia Cristiana, n.48/2012, 11. Lettere a “La Repubblica” 27.3 e 4.4.2014.

[30] È solo da pochissimo tempo che la Chiesa vede il sesso non più come peccaminosa concupiscenza. Dopo una minima apertura di papa Benedetto XVI che ha parlato di gioia del sesso, della sessualità come dono (Benedetto XVI, Luce del mondo, ed. Libreria editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2010, 151), si è arrivati con Papa Francesco all’affermazione rivoluzionaria che «Dio stesso ha creato la sessualità, che è un regalo meraviglioso per le sue creature, che abbellisce l’incontro tra gli sposi». Nella stessa Esortazione si riconosce che San Paolo raccomandava l’astinenza perché attendeva un imminente ritorno di Gesù e voleva che tutti si concentrassero unicamente sull’evangelizzazione (1Cor 7,29), tuttavia si afferma che questa era una sua opinione personale (cfr. 1Cor 7,6-8), e non una richiesta di Cristo (1Cor 7,25) (Papa Francesco, Esortazione Apostolica Amoris laetitia del 19.3.2016, §150-159). Ma evidentemente ancora una volta san Paolo ha inciso tanto profondamente nella dottrina della Chiesa, che ancora oggi è difficile da scalzare.

[31] Da Spinetoli O., Il Vangelo del Natale, ed. Borla, Roma, 1996, 341.

[32]  Come si pensava avesse fatto Giuseppe con Maria. Nell’ottica sessuofoba della Chiesa non ci deve neanche sfiorare l’idea che Maria possa essersi spogliata davanti a Giuseppe, e che questi l’abbia potuta vedere come mamma l’aveva fatta. In realtà, per come la coppia ci è stata presentata, questo povero Giuseppe, non avrebbe neanche potuto consumare il matrimonio.

[33] Tommaso d’Aquino, Summa Theologicae, III, 79, 7, in www.documentacatholicaomnia.eu: “La copula coniugale, quando è senza peccato, ossia quando si compie per la generazione della prole o per rendere il debito, non impedisce la comunione eucaristica se non nella misura in cui la impedisce, come si è detto, la polluzione notturna avvenuta senza peccato, ossia per la sozzura del corpo e per la distrazione della mente”.

[34] A parte santa Rita da Cascia, che era stata sposata e aveva avuto anche due figli, quasi tutte le sante sono vergini.

[35] Il tutto, ovviamente, si basa su san Paolo. Basta leggere 1 Cor 7, 32-34: “Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito”.
Ecco perché una coppia sposata, dove uno si occupa dell’altro, non va bene. Poi ci sono i figli e i genitori anziani di cui occuparsi. Paolo non ne parla, ma è chiaro che così non ci si occupa delle cose di Dio, come invece può fare chi nella vita resta solo.

[36]Hadjadj F., Come parlare di Dio oggi?, ed. Messaggero, Padova, 2013, 140s. Vedi la storia di questo imperatore della fine del 900, inizio 1000, e di Cunegonda, sua casta sposa, in www.paginecattoliche.it.

[37] D’Auria A., Il matrimonio nel diritto della Chiesa, ed. Laterza, Bari, 2003, 9s.

[38] E noi oggi ci scandalizziamo quando leggiamo sui giornali che un signore ha dimenticato la moglie o un figlio all’autogrill, ripartendo tranquillamente da solo, e diciamo: “Ma che razza di marito o di genitore è costui?”

[39] Rohrbaugh R., Etnocentrismo e questioni storiche, in Il nuovo Gesù storico”, a cura di Stegemann W. e al., Paideia, Brescia, 2006, 273ss. Ancora oggi, in Africa, è facile che, chi maneggia soldi, aiuti innanzitutto la sua tribù, anche se quei soldi erano per tutta la collettività. Abbiamo avuto anche esempi di vari vescovi cristiani che hanno usato i soldi della diocesi per il benessere del proprio clan.

[40] Benedetto XVI, L’elogio della coscienza, ed. Cantagalli, Siena, 2009, 120 s.

[41] Ecco la famosa spada che la trafiggerà (Lc 2, 35). Ma la spada non va intesa tanto come segno di dolore, perché essere trafitti fa male, ma è piuttosto l’immagine della Parola di Dio che costringe a stare di qua o di là, visto che la spada taglia in due parti nette (Maggi A.,  in www.studibiblici.it/Multimedia/Interviste e video vari/Cefalù_novembre_2013).Vedasi come, fra l’altro, questo doloroso percorso ci mostri Maria molto più umana di quanto normalmente ce la presentino (Maggi A., Nostra Signora degli eretici, ed. Cittadella, Assisi, 2003, 131 ss.).

[42] I vangeli appaiono credibili proprio perché, senza alcun timore di mostrare i lati negativi degli apostoli, riportano su di essi anche continui episodi tutt’altro che encomiabili: gli apostoli seguono Gesù pensando di diventare potenti e importanti (cfr. Mc 10, 35ss.); spesso Gesù deve prendere i più riottosi in disparte con sé; gli apostoli lo ascoltano ma non capiscono (cfr. Mc 10,33.35). Pietro e gli altri apostoli tradiscono Gesù al momento in cui si arriva al dunque; si dimostrano impauriti e convinti che tutti i loro sogni di gloria sono definitivamente tramontati con l’arresto e la morte del loro Maestro; e neanche dopo la risurrezione assimilano prontamente il concetto che Dio ama gratuitamente tutti, e che il credente deve vivere con un atteggiamento di amore servizievole verso gli altri (cfr. At 1, 6). Dunque siamo davanti a storie di uomini come noi, uomini normalissimi, non supereroi, e perciò pienamente credibili. Sicuramente gli apostoli non erano migliori o più perfetti di noi, sicuramente la loro liturgia non era migliore e più perfetta della nostra. Però, è sicuramente più facile immedesimarsi in uomini fragili che spesso sbandano, o non capiscono. Sono loro la testimonianza che, anche un’umanità infragilita, può alla fine arrivare a un risultato valido, pur attraverso tante cadute e ricadute.