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Illustrazione di Vittorio Boro (1859-1940) “Dopo il tramonto al Convento dei Cappuccini, Floriana” - dal libro Malta di F. Ryan - immagine tratta da commons.wikimedia.org


La bellezza dell’insieme. Sguardi eucaristici per un dialogo ecumenico

di Luca Minuto OFMCap

Per un periodo sono stato ospite a cena di alcuni ragazzi pakistani. Si mangiava tutti dall’unico piatto spezzando la forma di pane cotta sulla padella (roti) e intingendolo (ovviamente in tempi no covid). Un giorno uno di questi ragazzi mi chiede cosa sia la Messa. Mi è venuto naturale rispondergli che era esattamente quanto si faceva la sera in casa sua quando si spezzava il pane.

Un pane spezzato che forma una comunità, un pane spezzato che è memoria di una salvezza donata nella vicenda singolare di Gesù Cristo. Una comunità che si riunisce nella memoria del suo Maestro perché quella memoria strutturi il quotidiano. Gesti e riti antichi e nuovi, spesso risignificati più e più volte, ma tali da poter essere letti e compresi da altri discepoli del medesimo Signore, anche se provenienti da comunità diverse. Il gesto di Gesù di spezzare il pane, le sue parole di dono della vita diventano i gesti e le parole in cui la comunità, nella pluralità dei suoi doni e dei suoi carismi esercita la carità nello spazio e nel tempo che abita. È significativo che l’evangelista Giovanni abbia scelto di sostituire il racconto dell’istituzione eucaristica (in qualche modo ripreso nel capitolo 6) con un insegnamento sul servizio e sull’amore tra i discepoli.

La comunità dei discepoli chiamati a riunirsi dall’unico Signore non potrà mai scindere queste componenti di una vita sacrificata, cioè offerta a Dio, nel servizio umile del lavare i piedi.

Tenendo presente questo sfondo che scaturisce direttamente dalla Rivelazione possiamo capire le parole e i riti della celebrazione eucaristica di ogni tempo e luogo, a patto che rimandino sempre e solo alla vita di Gesù Cristo. Sì perché noi siamo convinti che solo in quella vita troviamo la via che ci porta al Padre (sto parlando di noi cristiani, non di fedeli di altre religioni) nell’incontro con i fratelli. O detto in altre parole solo seguendo Gesù possiamo costruire le nostre relazioni senza paura del male e della morte perché sappiamo che Cristo è più forte.

La celebrazione eucaristica è stata definita la fonte e il culmine della vita della Chiesa (cfr. SC 10). A patto che ci sia una vita in mezzo. Altrimenti fonte e culmine rischiano di riunirsi in un solo punto, che, come si sa, non ha dimensioni e scompare.

Ricordo una volta nella pianificazione di un pellegrinaggio una sorella voleva a tutti i costi che si celebrasse la Messa una volta arrivati per orientare tutto il cammino a quel momento. Dato che, per le caratteristiche del luogo e del tempo la cosa risultava impossibile le ho suggerito che l’Eucaristia fosse all’origine del cammino e che la meta potesse essere un altro momento più compatibile con la situazione. In questo modo accettò volentieri la mia proposta.

Forse ci siamo abituati a considerare troppo la Messa a partire dalle sue caratteristiche soprannaturali o giuridiche e ci siamo persi tutte le altre visioni. Un giorno sul sagrato parlavo con un ragazzo della parrocchia che si interessava di liturgia e che stava svolgendo studi presso la facoltà di teologia. Lamentavo il fatto che alcuni catechisti insegnavano ancora ai bambini la Messa come transustanziazione, con il pericolo lo di farla passare come la magia del prete che trasforma l’ostia in Corpo di Cristo. Quello mi guarda e poi risponde desolato: “d’altronde come vorresti spiegarla?”.

Ma come, non esiste una comunità che si trova per pregare, convocata dal suo Signore, non esiste un ascolto della Parola, non esiste un offertorio, due invocazioni allo Spirito Santo che incorniciano le parole di Gesù, le quali danno forza e vigore alla domanda della comunità di essere trasformata in Corpo di Cristo? Non esistono dei riti di comunione, dei canti, delle preghiere da proclamare, ascoltare e meditare? Ridurre tutto a chiedersi attraverso quale procedimento soprannaturale quel pane diventi Corpo di Cristo è un po’ come fermarsi a fissare una singola tessera dell’intero mosaico.

Eppure a volte ci perdiamo in questi piccoli sguardi invece di spingere l’occhio a contemplare la bellezza dell’insieme. Per quello che posso, credo che proprio a partire da questa bellezza dell’insieme che come Chiese potremo aprire nuove piste di dialogo e comprendere come armonizzare i diversi colori che compongono il mosaico.


Numero 645 - 23 gennaio 2022