Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano
Da San Vito di Cadore verso le Tofane - Foto del direttore, anno 2020
Per finire iniziando
di Stefano Sodaro
Le postfazioni in un giornale non esistono, tanto meno se poi sono addirittura firmate dallo stesso direttore, una cosa inaccettabile, già. Ma noi siamo strani, molto strani, e così ci siamo inventati che il direttore apra e chiuda – con due apparizioni diverse – questo numero 600 del nostro settimanale di “liturgia del quotidiano”.
In realtà qui sento la necessità, il dovere etico proprio, di ringraziare nominalmente quante e quanti hanno contribuito all’uscita di questo numero.
Ringrazio Emiliano Bazzanella, che è tra i fondatori di “Casa Alta” e con il quale mi unisce un’amicizia ed una conoscenza che ha superato ormai i venticinque anni. È lui l’inventore di “Rodafà Sosteno” (finalmente possiamo svelarlo: semplice anagramma di “Stefano Sodaro”) ed è lui che ha pensato ai versi di Virgilio Giotti per la denominazione della nostra associazione culturale. Grazie di cuore, Emiliano.
Ringrazio don Domenico Cambareri, parroco del bolognese, conosciuto tramite Facebook e poi divenuto presenza costante nella mia vita e che ora testimonia la vita evangelica nelle carceri.
Ringrazio Miriam Camerini, nella quale mi “imbattei” rapito da una sua video lezione su Monsieur Chouchani a settembre scorso. Nata a Gerusalemme, è regista teatrale ed esperta di Ebraismo e sta svolgendo gli studi di formazione al rabbinato; la sua conoscenza è fonte inesauribile di apprendimento e la sua partecipazione, sempre entusiasta e appassionata, lume nella notte di questo tempo.
Ringrazio Mauro Concilio, socio di “Casa Alta” sempre attento e preciso, che aderì alla nostra associazione quasi immediatamente dopo la sua costituzione e che venne appositamente a Trieste nell’ottobre del 2019 per la prima assemblea associativa.
Ringrazio Dario Culot, magistrato a riposo di Cassazione, che con competenza teologica e dedizione assoluta ogni settimana pubblica le sue riflessioni su questo nostro giornale, attirando amplissimi consensi e ribattendo punto per punto alle osservazioni critiche, che peraltro vuole stimolare con generosità.
Ringrazio Roberto Del Buffa, socio di “Casa Alta”, filosofo, sposo della cara amica teologa Diana Lenzi, che – dalla terra di Toscana dove entrambi vivono - ha proposto nel presente numero 600 l’interessantissimo, e poco investigato, tema della presenza di Eugenio Colorni a Trieste.
Ringrazio Gianni Di Santo, con il quale ci accomuna una frequentazione e conoscenza ormai pluriennale che risale ai tempi dell’Azione Cattolica dei nostri anni più verdi. Lo ringrazio, oltre che per il consenso alla pubblicazione di un suo articolo molto bello sul volume di Mariangela Maraviglia dedicato ad Adriana Zarri, per la sua competenza attenta e profonda di vaticanista.
Ringrazio Guido Dotti, monaco di Bose, per l’intensità di un’amicizia che va oltre ogni codice di facile descrizione verbale o razionale, affondando piuttosto nell’amore dell’Oltre e della Bellezza fatta storia.
Ringrazio Massimo Faggioli, storico della Chiesa e teologo di fama internazionale, che condivide con un “canonista bancario” riflessioni feriali sull’attualità ecclesiale e costantemente tratteggia i percorsi di evoluzione della vicenda ecclesiale anche più nascosta e complessa, sia in Italia, sia negli USA dove insegna e vive.
Ringrazio Romina Gobbo, giornalista rinomata e socia di “Casa Alta”, per la sensibilità, la passione, l’intelligenza, la scrittura coinvolgente ed attenta, libera e coraggiosa.
Ringrazio Andrea Grillo, celebre liturgista di chiarissima fama, con il quale nel tempo si è consolidata ed arricchita un’amicizia che segna le ore ed i giorni. Ricordo con emozione la sua visita presso la sede di “Casa Alta” nell’ottobre 2019 e la visita con lui alla Risiera ed alla Foiba di Basovizza, qui a Trieste.
Ringrazio Carlo Pertusati, patrologo e caro amico di Asti; ci conoscemmo proprio a Bose e poi fiorì un’amicizia dolce e coinvolgente che mi dà il sapore dell’esserci, sempre, nonostante tutto.
Ringrazio Pietro Piro, caro amico e sociologo di Bologna, mente lucida, illuminata, cuore aperto alle istanze di fraternità e sororità più vere e urgenti. Lo ringrazio perché la sua amicizia è guida, sicurezza, calore.
Ringrazio Emanuela Provera, socia fondatrice e segretaria di “Casa Alta”, pubblicista esperta di questioni ecclesiali e di quanto si nasconda dietro fenomeni che richiedono denuncia e chiarezza anche di investigazione ed indagine giornalistica. La ringrazio per la sua intensissima dedizione ad ogni aspetto dell’umano capace di svelare bellezza e di parlare alla realtà di ciò che siamo. La sua passione per l’alpinismo è segno di un’aderenza alla complessità culturale che non allontana, ma anzi avvince.
Ringrazio Carlo Ridolfi, socio veronese di “Casa Alta” ed appassionato di percorsi pedagogici di approfondimento culturale, che, a cent’anni dalla nascita di Paulo Freire, sa coinvolgere nella necessaria fatica di scandagliare cosa significhi vivere assieme e farlo consapevolmente, nella responsabilità comune di una cittadinanza attiva.
Ringrazio Antonio Sodaro. Cosa posso dire? È mio papà, ed ora, dopo un’intensa attività professionale a capo di Compagnie Assicurative italiane e straniere, scrive dando voce alla nostra storia, alla mia stessa carne ed al mio sangue. Era un “canonista assicurativo”, lui, e io – infatti – sto qui. Dice di noi, dice di lui, dice di Dio.
Ringrazio Sara Sodaro, la mia principessa quasi quattordicenne. Siamo nati lo stesso giorno. Nate anzi, al femminile. Perché mia figlia, figlia del 18 aprile – data eponima di un’intera fase storica del nostro Paese -, esprime la mia dimensione femminile. Sara mi scruta e mi conosce, sa quando seggo e quando mi alzo.
Ringrazio Stefano Talamini, membro del Consiglio Direttivo di “Casa Alta”, poeta e narratore vicentino ma anche – posso dire soprattutto? – zoldano, con il quale le comune radici di quella terra, la Val di Zoldo, mia terra matria, ma anche la sbalorditiva coincidenza di un periodo della sua vita trascorso nel medesimo appartamento triestino che fu abitato dai miei nonni meridionali tessono trame di dolcissima affettuosa amicizia che diventa sempre più decisiva.
Ringrazio Adriana Valeria, insigne teologa napoletana e storica della Chiesa, il cui eccezionale profilo di celeberrima studiosa è talmente noto ed illustre che semplicemente proverei vergogna ad anche solo farvi cenno qui. Da qualche anno la sua presenza mi è di sicuro punto di riferimento e la sua disponibilità cordiale stimolo sempre vivo di nuovo desiderio di studiare, sapere, cercare, nei campi di ricerca a lei cari.
Ecco, termino qui, così.
Dirò solo, con sommessa commozione ma con coinvolgimento che sopravanza di molto ogni compostezza tranquillizzante, che il presente numero 600 de “Il giornale di Rodafà” è dedicato a tutte le vittime del Tigray.
Ci siamo, sì.
E abbiamo appena iniziato.
Buona domenica ancora.