Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Christ in the Carpenters Shop. Woodcut printed in colours.

Proof. 8.75x7.75 inches.

Mabel Allington Royds (1874-1941) - immagine tratta da commons.wikimedia.org










9. Domande e risposte su Chi è Gesù?


di Dario Culot



15. Si legge nel §5 della “Dominus Iesus”, ribadendo quanto già affermato nel precedente §4, che per porre rimedio alla mentalità relativistica che si sta sempre più diffondendo, occorre decisamente affermare il carattere definitivo e completo della rivelazione di Gesù Cristo. Deve essere fermamente creduta l'affermazione che nel mistero di Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato, il quale è «la via, la verità e la vita» (Gv14,6), si dà la rivelazione della pienezza della verità divina. In altre parole, solo stante l'unità personale tra il Verbo eterno e Gesù di Nazareth, cioè essendo la persona che parla in Gesù la persona divina del Figlio di Dio, le sue parole possiedono la definitività e la completezza della rivelazione divina. Lei invece ha negato questo punto fermo fissato dal magistero cattolico.

Sì, non condivido questa impostazione e spiego subito il perché.

Il documento afferma che, stante l'unità personale tra il Verbo eterno e Gesù di Nazareth (i due formano la seconda persona della Trinità immanente), essendo Gesù Dio, le sue parole possiedono la definitività e la completezza della rivelazione divina, perché la persona che parla in Gesù non è l’uomo, ma è la persona divina del Verbo, cioè a parlare è pur sempre Dio. Ovvio che se parla Dio, che è completezza e perfezione, la sua parola è completa ed esaurisce la rivelazione.

Prima di cominciare, però, vorrei che Lei mi spiegasse perché l’autorità religiosa[1] deve obbligare le persone ad accettare le sue conclusioni, quando Gesù, certo di offrire una Lieta Notizia, non ha mai imposto nulla a nessuno, né ha mai chiesto obbedienza a sé. La Chiesa cioè si mette più in alto di Gesù, e siccome per la Chiesa Gesù è Dio, si mette su un gradino più alto di Dio.

Ricordo infatti che, quando Gesù manda i dodici a divulgare la Buona Notizia, rende chiaro a tutti che la libertà di chi ascolta deve restare intatta; se la novità viene rifiuta i dodici dovranno scuotere la polvere da sotto i loro piedi e andarsene (Mc 6, 11; Mt 10, 14: «Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andandovene, scuotete la polvere sotto i vostri piedi»). Chi crede solo al dio tremendo dirà che questa è una precisa minaccia per chi rifiuta gli inviati del Signore. No, non siamo davanti a nessuna minaccia, ma a un gesto simbolico ebraico: quando gli ebrei ritornavano a casa dalla terra pagana, prima di entrare in Israele, scuotevano la polvere dei sandali per non portare neanche un briciolo di terra pagana, chiaramente impura, nella loro terra santa. Quindi l’evangelista indica che quanti non accolgono la buona notizia vanno trattati come i pagani. Che significa? Significa che chi non riflette nella sua condotta quell’atteggiamento di accoglienza, di apertura, di ospitalità che rispecchia l’amore universale di Dio è come un pagano, e a quel punto quando si è fatto ciò che si poteva, si deve lasciare tutto nella mani del Padre[2]. Gesù esorta semplicemente a lasciare a Dio il peso dell’indifferenza o dell’incredulità di molti, senza pensare di dover convincere gli altri ad ogni costo, come se il Regno di Dio dipendesse da noi[3]. Ciò significa che gli apostoli devono essere consapevoli dei propri limiti e lasciare ad ogni ascoltatore la possibilità di aderire o rifiutare, col rischio anche di fallire o di non ottenere il risultato sperato. Quando si è fatto ciò che si doveva fare, si deve lasciare il frutto dell’annuncio nella mani del Padre[4]. Insomma Gesù sta chiarendo che la libertà degli altri è inviolabile e non appartiene neanche agli apostoli[5]. Se questo è vero, la libertà degli ascoltatori di oggi non può appartenere ai successori degli apostoli, ai vescovi di oggi, i quali non possono imporre alle gente di accettare ciò che essi proclamano, nella convinzione (come emerge chiaramente dalla Dominus Iesus) di sapere tutto di Dio[6].

E a ben pensarci, se si offre qualcosa di buono, che bisogno c’è di obbligare o perfino minacciare? Se invito a pranzo un amico, sapendo che mia moglie è un’ottima cuoca, non avrò bisogno di minacciarlo per farlo venire, perché accetterà con piacere; anzi, forse si auto-inviterà. Se una cosa è realmente buona (così come anche la Chiesa dice della Buona Novella) non c’è bisogno di imporla, basta offrirla. In effetti, in tutti i vangeli, Gesù offre, non impone mai nulla. Solo l’autorità religiosa continua a imporre la sua verità e non a offrire. Evidentemente il magistero agisce così perché sa che la sua dottrina non convince. In effetti mi è difficile accettare una Chiesa che pretende di incarnare la Verità, e quindi il Bene Assoluto, te lo ripete ogni giorno, ma se non sei d’accordo ti dice che sei tu ad incarnare il Male. Tanto più quando impone di credere fermamente a una sua teoria su Dio, mentre al contempo lei stessa ammette che su Dio non sappiamo praticamente nulla[7]. Per di più, nel cristianesimo la verità è una persona (Gesù), e non è mai un dogma o una formula che possiamo conoscere e quindi possedere. I cristiani credono in Gesù, non a una dottrina, per cui il cristianesimo non è l’accettazione di dottrine insegnate dal magistero[8]. Quando Gesù dice di essere la via, sottintende che siamo dei viandanti che devono compiere un cammino. Quando dice di essere (non di avere) la verità chiede adesione a sé, non a una dottrina in cui credere. Quando dice di essere la vita dice che andando dietro di lui su questo cammino avanziamo verso una vita piena («Io sono venuto perché abbiano la vita, e l'abbiano in abbondanza» - Gv 10, 10).

Poiché Gesù è l’umanizzazione di Dio, il cristianesimo, che prolunga nella storia la presenza di Gesù, non ha altra finalità ed altra ragion d’essere che rendere presente ed operativo il processo di umanizzazione che è iniziato nell’incarnazione[9]. Quindi il cristianesimo e le istituzioni nelle quali esso si realizza non hanno la finalità di santificare i fedeli, di trasformarli in obbediente gregge che crede ai dogmi insegnati dal magistero, ma di rendere sempre più umane le singole persone, convincendole di mettersi al servizio degli altri. In altre parole, il difficile del cristianesimo non è andare a messa o credere alla dottrina insegnata dal magistero; il difficile è essere il più umani possibile e il meno disumani possibile nei rapporti con gli altri.

Un cristianesimo basato solo sulle credenze dottrinali è ormai un cristianesimo evanescente. Le parole dottrinali non salvano, anzi la gente cerca di scappare da simile Chiesa, cerca di salvarsi da quelle parole stantie e logore. Oggi, più che di ortodossia, c’è bisogno di azione concreta (di ortoprassi). Non serve proclamarsi ad alta voce cristiani se non si agisce come tali. Voglio qui ricordare l’abbé Pierre[10] quando diceva che il vero “credente non fa mostra del suo credere, se non richiesto esplicitamente e sempre con umiltà; e non punta sull’ostentazione della fede che invece, se è vera, si sottopone al vaglio del dubbio o del confronto scomodo con le molteplici diversità”. Forse solo vedendo dei cristiani compiere atti di servizio misericordioso, la gente tornerà ad avvicinarsi alla Chiesa e finalmente comincerà a capire cos’è il cristianesimo e cos’è la Chiesa. Al contrario, la gente continuerà a scappare finché il clero imporrà di credere nei dogmi e di rispettare una caterva di divieti sotto minaccia di sanzioni eterne[11].

Sinceramente non capisco perché tanti credenti si preoccupano così tanto di fronte alla libertà delle persone che sfuggono al controllo dei capi (ma se le persone devono amare, non dovrebbero essere libere?), e preferiscono vedere tutti avviluppati in una stretta rete di dottrine e prescrizioni ecclesiastiche[12]. Personalmente sono convinto che, se una volta i dogmi erano un dato assodato, ora questo modello di cristianesimo è alle corde. Si sta aprendo una stagione diversa. Non si possono più brandire i dogmi cristiani come un’arma identitaria, come un corpo contundente, contraddicendo ciò che realmente dovrebbero simboleggiare: dialogo,[13] apertura all’altro, compassione per l’altro, amore per l’altro.

Insomma, se uno vuol credere alla dottrina insegnata dal magistero, mi sta bene; però poi non può anche pretendere di spacciare questa dottrina per Verità assoluta ed eterna e se qualcuno osa obiettare, non essendo rimasto convinto dalle spiegazioni ufficiali, deve poter mantenere le sue idee. Per questo oggi non si accetta più neanche il clericalismo, perché ormai si pretende che l’autorità ecclesiastica non debba esercitare un potere (per di più con la pretesa di non sbagliare mai), ma un servizio. Chi segue Gesù che si è fatto servitore degli altri è cristiano. Chi cerca di comandare gli altri in nome di Gesù non è cristiano.

Ma adesso, entrando nel vivo dell’argomento, vorrei che Lei mi spiegasse come si può accettare la formulazione della Dominus Iesus posto che i due soggetti (Dio e uomo) non si possono, né si devono mescolare perché così ha stabilito Calcedonia. Prima di poter accettare l’insegnamento della Dominus Iesus, il magistero dovrebbe cioè spiegare a tutti, in maniera chiara, semplice e lineare, come divinità e umanità possano unirsi in una sola persona senza compromettere l’integrità del divino e dell’umano, visto che dal punto di vista razionale è plausibile che il divino possa influenzare l’umano, ma l’inverso non è logicamente accettabile.

Poiché una cosa per essere sé stessa, non può essere un'altra (per cui proprio come dice Calcedonia, l’uomo non può essere Dio e Dio non può essere l’uomo), come fa il Verbo di Dio (e la sua azione in terra) dipendere dall'unione personale della natura umana di Gesù con la natura divina del Verbo di Dio?[14] E poi, se è il Verbo divino a farsi carne nel vero uomo Gesù, significherebbe che Dio-Verbo è diventato non-Dio nella natura umana di Gesù; il Creatore è cioè diventato creatura e prendendo forma umana ha rinunciato ad ogni privilegio divino. Ma come può passare da Dio a non-Dio, senza cessare di essere Dio? D’altra parte, se il Verbo mantiene la sua divinità anche sulla terra, è logico pensare che questa debba necessariamente prevalere e nascondere l’umanità; ma così si scivola sempre nel monofisismo (cioè la divinità che è superiore nasconde l’umanità che è inferiore), condannato a Calcedonia. Solo se cessa di essere Dio Gesù può essere vero uomo, come tutti noi. Se però cessa di essere Dio si va comunque contro l’insegnamento della Dominus Iesus che vede in Gesù un vero Dio. Del resto, pur con tutte le differenze che esistono fra gli uomini, non ci sarà mai un uomo normale sulla terra che pensi di essere contemporaneamente Tizio ma anche Caio, comportandosi di conseguenza. Se Gesù era vero uomo, questo doveva valere anche per lui. Doveva sentirsi uomo, doveva sentirsi Gesù, ma non certo Dio. Se la carne non segue la sua natura non può parlarsi di vera umanità. Del resto se ha avuto una crescita progressiva come ogni uomo (Lc 2, 52) e ha dovuto faticare per capire qual era l’effettiva volontà del Padre (pensiamo solo al periodo passato nel deserto - Mc 1, 12), significa che non aveva consapevolezza di essere Dio. Se invece fosse stato consapevole di essere Dio, non poteva sentirsi uomo, e non avrebbe perso neanche un minuto per elaborare nel suo cervello umano come doveva essere la sua missione.

Comunque, oltre a quanto detto dal gesuita Dupuis (riportato nella relazione: la parole e le azioni di Gesù devono essere per forza umane, esclusivamente umane) che Lei non ha confutato, come ho già detto parlando del trascendente e dell’immanente, applicare il concetto umano di persona (seppur soprannaturale) a una realtà divina come il Verbo vuol dire usare un linguaggio antropomorfo, perché nel fare questo, noi ci spostiamo da una piano di realtà conoscibile (l’immanente umano) ad un altro piano che non sta alla nostra portata, né possiamo conoscere[15]. Ricordo anche che Gesù ha detto di non conoscere il giorno e l'ora in cui la storia della salvezza sarà completata (Mt 24, 36). Allora, se il magistero sostiene che attraverso Gesù ha ormai in mano la piena e completa Rivelazione, e non c’è più altro da sapere, i casi sono due: o il magistero tace pur conoscendo la data e l'ora dell'ultimo giorno e il modo di salvezza per coloro che non condividono la fede cristiana, oppure sbaglia dichiarando che è contrario alla fede cristiana sostenere che la rivelazione di Gesù Cristo non è ancora piena e completa.

Ora, è vero che se Dio è sostanzialmente inaccessibile all’uomo, se cioè noi non possiamo accedere al campo trascendente, Lui può invece entrare nell’ambito dell’immanenza. Ecco perché attraverso l’incarnazione, cioè umanizzandosi, Dio si rivela all’essere umano. Siamo d’accordo anche sul fatto che, se è successo questo, c’è un Dio il quale ha deciso di comunicare con gli uomini. Ma per fare questo, Dio non può utilizzare un linguaggio trascendente e divino che è sicuramente completo, ma noi non possiamo comprendere; può solo utilizzare un linguaggio immanente che l’uomo può comprendere, ma che di per sé stesso è sempre limitato e parziale come lo è l’uomo. Vale a dire, per farsi capire Dio può solo servirsi di eventi storici, deve fare ricorso all’uso di mezzi umani immanenti, quali la parola, un avvenimento, delle persone; tutti elementi che fanno sempre parte di una realtà finita, limitata, perché come noi appartengono all’immanenza[16]. Ma allora proprio per questo motivo, questa manifestazione divina continua ad essere necessariamente provvisoria ed è sostanzialmente superabile in quanto limitata, cioè finita come ogni cosa immanente; e se è limitata, parziale e quindi incompleta, non può assolutamente presentarsi come la realtà piena e completa di Dio, anzi è sempre suscettibile di essere superata da Dio medesimo mediante una nuova aggiunta di elementi finiti.

Quindi anche l’uomo Gesù non può che essere una manifestazione non definitiva del divino, perché come (vero) uomo è necessariamente limitato, e nel relazionarsi con gli altri uomini può solo utilizzare mezzi limitati al pari di tutti gli altri uomini.

Forse non a caso san Paolo non dichiara che Gesù è Dio, ma lo definisce solo come icona di Dio (Col 1, 15), o più semplicemente immagine visibile di Dio invisibile: cioè Dio si comporta come si comporta Gesù, ma non si può dire che Gesù è uguale a Dio[17]. Infatti l’immagine di una cosa non è mai quella cosa in sé e non può sostituirsi ad essa. Quindi Gesù, immagine di Dio, non può esaurire Dio. La miglior foto (immagine) di mia moglie, non sarà mai mia moglie. L’immagine di Dio non può pretendere di rappresentare esaurientemente l’essenza divina. Se Gesù fosse lui stesso Dio sarebbe difficile attribuirgli il titolo riduttivo di immagine di Dio, perché l’icona di Dio indica solo somiglianza, ma non perfetta identità col Dio che l’immagine rappresenta, il quale resta sempre superiore e sempre inconoscibile in quanto trascendente. Parlando di una immagine visibile ci si riferisce necessariamente all’uomo Gesù vissuto in terra, vissuto nella storia, mentre ciò che trascende la vita terrena e la storia non è (e non può) essere visibile, ma non può neanche essere immagine.

Il Dio trascendente, sconosciuto e inconoscibile, colui che per definizione non può stare alla portata della nostra ragione, si è fatto conoscere in quell’uomo singolare, Gesù di Nazareth. Ebbene, se Dio si è fatto conoscere nella vita di un uomo, nel suo modo di comportarsi da quando è nato a quando è morto, nella sequenza storica dei suoi detti e dei suoi fatti, cioè in quest’unità di parole, azioni e vita terrena, questo significa che il Dio trascendente non lo scopriamo né lo conosciamo nella metafisica dell’essere, bensì nella storia dell’accadere, cioè guardando attentamente a ciò che Gesù ha detto e fatto. Quello che si può dire è che, posto che Dio non ha personalmente mani, ma ha solo le nostre mani per rendersi visibile, Dio invisibile diventa per noi visibile guardando a quello che ha fatto nella sua vita l’uomo Gesù, con le sue mani umane. Gesù si fa vicino agli impuri, si fa contaminare, mangia con i peccatori, non è un asceta e non insegna ai discepoli l’ascetismo? Gesù passa la maggior parte del suo tempo a guarire e far del bene? (At 10, 38). Vuol dire che Dio è così. Cosa ci fa capire di Dio quest’uomo che ha potuto utilizzare solo mezzi immanenti, cioè finiti? Guardando Gesù, che è «la via, la verità e la vita», cioè vedendo che lui dà sempre e solo vita, che con la sua condotta fa fiorire la vita, noi deduciamo che così deve essere anche Dio. Tutte le opere di Gesù, sono una comunicazione incessante di vita perché quanti lo accolgono trasmettano, a loro volta, vita agli altri.

La prima e l’ultima cosa che dice il Vangelo di Matteo è che Gesù è “Dio con noi,” l’Emmanuele (Mt 1, 23; 28, 20). Ossia, Dio si rende presente tra gli uomini quando essi assumono e fanno proprie le stesse preoccupazioni avute da Gesù. Quindi il senso profondo del Vangelo di Matteo è che Gesù è stato “Dio con noi” perché la sua origine non proveniva da quello che produce la natura umana, ma dalla presenza nella sua vita (fin dall’inizio) dello Spirito Santo. Certo è che il «divino» in lui «da parte di Dio» non è auto-evidente, non è cioè dato in modo da non dar adito a dubbi, ma richiede sempre un voto di fiducia[18]. Tanto è vero che non tutti quelli che hanno avuto a che fare con Gesù gli hanno creduto[19]. Ma se Gesù fosse stato Dio in persona, l’Onnipotente, questo non poteva succedere. Tutti sarebbero stati calamitati inesorabilmente verso di lui dalla sua onnipotenza. Ci è stato infatti insegnato dallo stesso magistero che quando saremo al cospetto di Dio saremo inesorabilmente bloccati da Lui, posseduti completamente,[20] perché saremo finalmente davanti al nostro oggetto adeguato; finalmente la nostra sete di “ancora,” di “di più” sarà estinta, e non desidereremo nient’altro[21]. Ma, lo ripeto, questo non è successo con Gesù, che quindi non si è presentato come Dio, ma come uomo.

In ogni caso, ancor di più se ammettiamo che Gesù è Dio, dobbiamo anche ammettere che se l'immagine che ci siamo fatti di Dio non si vede in Gesù, bisogna avere il coraggio di fare un passo indietro piuttosto difficile: dobbiamo cioè buttar via qualunque immagine che ci siamo fatti di Dio, mai visto da nessuno (Gv 1, 18), limitarci a guardare solo Gesù perché Gesù molti lo hanno visto, e tutto quello che crediamo di Dio, ma che non vediamo in quello che Gesù ha detto o fatto, non possiamo dire che è Dio, per cui dobbiamo eliminarlo, perché per noi l’unica realtà oggettiva è quella che si vede nei fatti e nei detti di Gesù[22]. E questo deve essere fatto perfino quando questa immagine ci viene fornita dal magistero, il quale pretende che la sua autorità d’insegnamento derivi direttamente da Gesù-Dio. Il Vangelo deve prevalere sempre, anche sull’insegnamento del magistero perché è necessario che la predicazione ecclesiastica, come la stessa religione cristiana, sia nutrita e regolata dalla sacra Scrittura[23].

E come Gesù rappresenta Dio, stando al Vangelo? Come il padre di quei due fratelli nella parabola del figliol prodigo (Lc 15, 11ss.), sempre accogliente, sempre misericordioso. Con l’avvertenza che comunque anche questa resta un’immagine parziale che noi ci siamo fatti della Trascendenza, e non è mai tutto Dio, per cui non può esaurire la realtà di Dio.

Allora andiamo a vedere più da vicino cosa ci ha detto realmente Gesù di Dio. Nulla sul suo essere, sulla sua struttura reale; tante cose, invece, circa il suo modo di comportarsi: Dio è come un papà sempre pronto al perdono (Mt 18, 21-22), buono con tutti, buoni e cattivi, proprio come il sole che splende per tutti, siano buoni o cattivi (Mt 5, 45). Dio non vuole un uomo al suo servizio, ma al servizio degli altri uomini[24]. Con l'unico e nuovo comandamento Gesù non chiede nemmeno di amare Dio (Gv 13, 34), cosa invece imposta nella Bibbia come il massimo dei precetti (Dt 6, 5). Dio è amore (1Gv 4, 8): vedete voi di manifestarlo, di voler bene agli altri e di custodirvi gli uni gli altri, espandendo gratuitamente questo amore che vi giunge gratuitamente. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date (Mt 10, 8).

Giovanni è fondamentale nello schiarirci le idee:

a) nel Prologo dice che nessuno ha mai visto Dio, solo il Figlio ce lo ha rivelato (Gv 1, 18): ciò vuol dire che

tutti possiamo solo continuare a cercare Dio e che in Gesù ci viene data una traccia;

b) Nella prima lettera, Giovanni ribadisce che nessuno ha mai visto Dio, ma se ci amiamo gli uni gli altri Dio rimane in noi (1Gv 4, 12), perché l’amore viene da Dio. E chi ha quest’amore diventa figlio di Dio e conosce Dio (1Gv 4, 7). Quindi chi è capace di amare perché segue le tracce lasciate da Gesù conosce Dio, perché Dio è amore (1Gv 4, 8).

Dunque l’immagine biblica del Dio violento e vendicativo deve essere abbandonata perché non si vede in Gesù[25] e perché sarebbe inconciliabile con l’Amore, con la “A” maiuscola. Inoltre, a conferma di quanto detto rispondendo alla domanda sub 3, se amare è sufficiente per essere figli di Dio, cade anche il dogma Extra ecclesiam nulla salus.

Prima di Gesù, l’amore di Dio non era per tutti, ma solo per il suo popolo; anzi, neanche per tutto il popolo, perché era solo per i puri, per i meritevoli del popolo eletto, non certo per i peccatori. La Bibbia chiariva che Dio stesso aveva messo in guardia: “Moriranno di spada tutti i peccatori” (Am 9, 10). “Punirò in voi tutte le vostre iniquità” (Am 3, 2). “Vi ho anche rifiutato la pioggia quando mancavano ancora tre mesi alla mietitura, ho fatto piovere sopra a una città e non ho fatto piovere sull’altra” (Am 4,7), “Di certo morirai, o empio” (Ez 33, 8). Come si vede, veniva presentato il solito dio della religione, giunto purtroppo fino a noi, quello che premia i giusti (allora su questi fa piovere) e castiga gli ingiusti (su questi cala la totale siccità). Dunque, secondo la religione,[26] questo amore bisognava meritarlo con i propri sforzi. E come si fa? Come facevano i farisei: con le preghiere, con un tipo di vita attento a non offendere Dio, con le offerte, con la penitenza, col digiuno, con i sacrifici e altre cose del genere. E noi abbiamo ancora oggi tanti pii credenti che continuano su questa strada. Chi non osservava queste regole o le trasgrediva era fuori dell’amore di Dio. “Bye, bye!, sei fuori” come mi ha scritto un lettore poco tempo fa. Ebbene, con Gesù questa idea viene dichiarata falsa e viene rovesciata. Non è vero che Dio ama i buoni che osservano le sue leggi e odia i cattivi che non le osservano[27]. Gesù ha scisso una volta per tutte religione e fede: nella religione l’uomo deve meritare l’amore di Dio, nella fede deve semplicemente accoglierlo. L’amore di Dio non è frutto dei meriti dell’uomo, ma è una azione divina che scende gratuitamente su ogni uomo, a pioggia. Se infatti guardiamo all’Annunciazione, troviamo conferma del fatto che Dio non si merita, ma va semplicemente accolto. Infatti fin dall’inizio Dio irrompe in una casa privata (non nel sacro Tempio), irrompe su Maria che non sta pregando,[28] né ci viene detto che questa ragazzina fosse giusta (a differenza di Giuseppe), cioè osservante della legge divina: Maria non sembra avere alcun merito, però accoglie Dio che in quel momento chiede solo di essere accolto.

E per di più, l’amore può essere solo praticato attraverso gesti che comunicano vita, mentre non può essere ridotto a dottrina. La dottrina ha bisogno di formule, l’amore non ne ha bisogno. Amare è semplicemente dare all’altro la possibilità di fiorire[29]. Questa, dunque, è l’immagine di Dio pervenutaci da Gesù, ma non dalla religione cattolica tradizionale[30]. Ripeto allora fino alla noia che credere nel Vangelo non significa accettare delle formule teologiche o delle verità teologiche, ma significa dare adesione a una persona. Quindi credente è chi aderisce all’offerta che Gesù fa nei vangeli, ai valori insiti nel suo messaggio, all’invito a collaborare per realizzare un mondo migliore su questa terra (il Regno di Dio, già qui ed ora).

Ovvio che tutte quelle persone pie che si sforzano e si impegnano per meritare l’amore di Dio, quando sentono che tutto il loro sforzo è inutile, perché l’amore di Dio non va meritato ma va semplicemente accolto perché Dio lo dona gratuitamente a tutti, ancora oggi reagiscono con irritazione.

Ma c’è un’altra cosa che non piace a tutti: se io sento che Dio mi ama incondizionatamente e gratuitamente non potrò fare più di tanto il difficile con gli altri. Invece se credo di dover meritare l’amore di Dio, allora anche gli altri devono meritare il mio amore: non amo l’altro perché non se lo merita. “Ma perché dovrei amare come un fratello quel migrante con indosso quattro stracci, che arriva in barca, che mi si avvicina con petulanza, che non conosco e temo voglia portarmi via quel poco che ho, perfino quel poco di lavoro che c’è nel nostro Paese: ma che affoghi pure!” Quindi vedete bene come il nostro rapporto con Dio è sempre strettamente collegato al rapporto che abbiamo con gli altri[31].

Il magistero c’insegna che, incarnandosi, Dio si è abbassato al livello umano. Se dunque Dio è il primo che dà l’esempio con quest’abbassamento, ci sta dicendo che il cammino che Lui ci chiede per essere come Lui non è «divinizzarsi»,[32] cercar di scalare l’alto cielo, ma «umanizzarsi», perché in questo modo mediante l’umanizzazione si è verificato l’incontro di Dio con gli esseri umani. Gesù ha detto: "chi vede me vede il Padre (Gv 14, 8-9). Gesù ha speso la maggior parte del suo tempo a prendersi cura delle persone ammalate e sofferenti, non ha disdegnato la buona compagnia e il buon vino. Sicuramente non ha mortificato il suo corpo con cilici o digiuni. Non per niente Gesù era disprezzato perché era visto come un gran mangione e bevitore, un amico della feccia della società, di pubblicani e peccatori (Mt 11, 19; Mc 2, 15-16), sempre a gozzovigliare con loro. Se seguiamo Gesù, non dobbiamo perciò passare la giornata in ginocchio pregando, diventando asceti, mortificando il nostro corpo credendo di elevarci, umiliandoci con continue richieste di perdono, ma diventare semplicemente persone migliori nei rapporti con gli altri.

Nell’essere umano che è stato Gesù conosciamo Dio e ci mettiamo anche in relazione con Dio[33]. Questo ci ha insegnato l’uomo Gesù del Dio trascendente. Però somigliargli è maledettamente difficile, molto più difficile che credere a un dogma: infatti è molto più difficile aprirsi e accogliere il migrante che recitare il rosario o credere che Gesù è vero Dio e vero uomo. E cercar di assomigliare a Dio nel rapporto con gli altri, rende immediatamente inammissibile schierare la Bibbia come un’arma in favore delle guerre volute dai cristiani integralisti, rende immediatamente inammissibile innalzare cartelli a favore di Cristo Re, sventolare la Bibbia davanti agli immigrati stranieri al fine di respingerli. Insomma, chi si appoggia all’edificio dogmatico costruito nei secoli, alle strutture che pensa valide per l’eternità nella convinzione di avere ormai ottenuto il possesso esclusivo della rivelazione di Dio[34], dichiarandosi anche pronto a difendere queste sue certezze come vero soldato di Cristo,[35] ma poi si avvale solo di argomenti dottrinali di fede nella sua vita quotidiana, non si rende conto che le sue convinzioni categoriche (vuoi su Cristo, vuoi sulla Trinità), quando non trovano diretto appoggio nei vangeli, e soprattutto quando non portano a comportamenti esterni conformi ai vangeli, finiscono per far veder crepe vistose in quell’edificio, da cui esce sempre più polvere se solo si cominciano a sottoporre a serrata critica le formule dogmatiche avvalendosi di argomenti di ragione; e a quel punto la polvere dello sfarinamento sale fino ad oscurare Dio.

Per concludere, dopo duemila anni, per quanto grandi teologi abbiano sviscerato l'argomento, per quanto il papa emerito ci abbia detto che Gesù ci ha lasciato guardare nell’intimità di Dio,[36] noi ci troviamo nel rapporto uomo-Dio come il cane si trova nel rapporto cane-uomo. Mi spiego meglio. Cosa sa di me il mio cane? Sostanzialmente nulla, anche se viviamo vicini vicini tutto il giorno: non sa niente dei miei interessi culturali, non sa niente del mio passato, della mia pregressa vita affettiva, non sa niente dei miei amici che contatto via internet, non sa niente del posto che occupo nella società, non sa niente di quello che sogno per il mio futuro. Conosce solo un’infinitesima parte di me. Sa però che gli voglio bene e che può fidarsi di me, e questo gli basta. Stando ai vangeli, probabilmente dovremmo fermarci qui anche nel nostro rapporto uomo–Dio. Gesù, divulgando la Buona notizia, ci ha fatto sapere che Dio ci ama e che ci si può fidare di Lui; non molto altro ci ha detto Gesù di Dio in tutta la sua vita. Tutto il resto ce l’ha detto la religione, dimenticandosi che è immanente e che non può spiegare il trascendente.

Perciò non mi sembra proprio che si possa affermare con sicumera che Gesù ci ha rivelato completamente la realtà divina, come invece sostiene la Dominus Iesus da Lei richiamata. L'esperienza di Gesù nel suo incontro con quel Mistero può forse riassumersi così: egli ha provato l’esperienza di essere amato incondizionatamente da quel Mistero, ma allo stesso tempo di essere richiamato da esso[37].

Il magistero della Chiesa, invece, ha pontificato in lungo e in largo come se Gesù ci avesse rivelato tutto della natura di Dio, tutto il Trascendente, mentre tutte le dottrine ed i dogmi sono frutto di pensieri e congetture esclusivamente umani, i quali hanno utilizzato uno schema metafisico sorto con la filosofia greca. Perciò, se queste figure sono frutto del pensiero umano, e non rivelazione diretta di Dio, perché non deve essere possibile ripensarle e riformulare in termini più adeguati alla cultura di oggi?

Se solo torniamo a ciò che raccontano i vangeli, vediamo nitidamente che c’è una distanza incolmabile fra i vangeli e la dottrina insegnataci.

16. Papa Benedetto ha sostenuto che sicuramente Gesù aveva un’anima umana. Quindi quest’anima continua ad esistere anche dopo che Gesù ha riacquistato la pienezza della divinità?

Sembra di sì, almeno secondo l’insegnamento impartitoci, e non solo dal papa emerito[38]. Anche secondo Parente P., L’Io di Cristo, Morcelliana, Brescia, 1951, 66, e anche secondo l’art.26 del Catechismo essenziale di S. Pio X, il Figlio di Dio si è fatto uomo prendendo un corpo e un’anima, come abbiamo noi, e poi quest’anima vive in eterno (art.56).

Però c’è da dire che il dualismo anima e corpo, due realtà distinte, due sostanze separate, viene dalla filosofia greca, ed è un concetto che non è accettato in tutte le culture. Secondo il nostro modo di pensare, il corpo imprigiona l’anima, che nel corpo subisce una specie di pena. L’anima, che è eterna (ma dov’è la prova?), si libera con la morte, però già in vita può elevarsi trascinando il corpo verso lo spirito. Sennonché questo concetto greco, non è accettato in tutto il mondo. In altre culture l’uomo viene pensato come unità: c’è un unico principio vitale per cui tutto esiste, dal filo d’erba, all’animale, all’uomo. Se il principio vitale viene meno, l’erba, l’animale o l’uomo muoiono[39].

Ma tornando a noi, mi chiedo, dov’è finita dopo la resurrezione l’anima umana di Gesù-uomo, che comunque fin dall’inizio non gli serviva molto se era già Dio, ma gli serviva solo per essere uomo uguale a noi sulla terra? E poi, se l’anima finalmente si è liberata dal corpo che le creava tanti problemi, perché dovrebbe risuscitare anche il corpo? E per fare un esempio pratico: se io sono vissuto grazie al trapianto di cuore di un altro, dovrò forse alla fine lottare col mio donatore per conservare nel mio corpo risuscitato il suo cuore? E allora lui resterà senza cuore? O sarà l’inverso?[40] E poi con quale corpo si risuscita? Con quello agile e scattante di un ventenne, oppure con quello di un settantenne con la pancia e l’artrosi? Ecco perché anche sulla risurrezione dei corpi o della carne (come recita il Simbolo degli Apostoli, ma non il Credo che si recita per quasi tutto l’anno liturgico) ho più di qualche dubbio.

Da ultimo, se la divinità di Cristo, prima rimasta parzialmente nascosta durante la sua vita terrena, torna dopo l’Ascensione a riemergere prepotentemente quando Gesù cessa la sua vita terrena e si ricongiunge al Padre nella piena divinità, dove finisce a quel punto la sua anima umana, creata appositamente solo per essere abbinata al suo corpo terreno? Se l’anima continua ad esistere in eterno vive non solo Gesù-Dio, ma anche Gesù-uomo con la sua anima umana: ma a quel punto quell’anima dovrebbe glorificare… sé stessa.

Non so darLe una risposta logica.

Chiaramente se consideriamo Gesù solo un uomo tutti questi problemi irrisolti spariscono.

17. Negando che Gesù è Dio, Lei va anche contro il dogma di Efeso, secondo cui Maria è madre di Dio. Solo se Gesù è Dio, Maria può essere madre di Dio. Non le pare?

Concordo. Infatti Le spiego perché, a mio avviso, Maria non può essere Madre di Dio.

Il Concilio di Efeso del 431 ha affermato che Dio si è fatto uomo, che l’umanità di Cristo (la natura umana) non ha altro soggetto che la persona divina del Figlio di Dio; dunque siamo davanti sempre a una persona (divina) unica anche dopo che questa ha preso la natura umana, senza però aver neanche perso la natura divina extratemporale che già preesisteva alla natura umana. Quindi Maria è Madre di Dio per aver partorito non un uomo, ma lo stesso Figlio di Dio umanato (o incarnato).

Mi sembra che qui stiamo veramente manipolando concetti nella nostra mente per il gusto di manipolarli. Ci si scervella su cose che non possiamo sapere, perché tutto ciò che fa parte della trascendenza sta al di fuori del nostro campo di conoscenza. Quello che sappiamo – almeno stando ai vangeli - è che Gesù non ha mai detto di essere Dio, e non ha mai detto di essere nato da una madre vergine. Mi sovviene il “ti ringrazio, Padre, per aver nascosto queste cose ai sapienti…” (Mt 11, 25; Lc 10, 21); il che vuol dire che, per fortuna, Dio non si rivela di solito all’elite dei teologi, con le loro fumose congetture. Meglio restare allora nell’ambito che possiamo conoscere, a quello che ci raccontano i vangeli.

In primo luogo, mi sembra molto più logico e lineare quanto affermava Nestorio (uscito invece sconfitto dal concilio), che vedeva Maria solo come madre dell’uomo Gesù, e sosteneva che se il Verbo è già stato generato dal Padre – come insegna il magistero - Maria non poteva generarlo una seconda volta, col che Maria ha generato solo l’uomo sì che non poteva essere chiamata Madre di Dio, ma solo madre dell’uomo Gesù. In altre parole, se – come ci ha del resto insegnato il magistero - Gesù (Verbo) preesiste a Maria, Maria non ha nulla a che vedere con questa preesistenza, perché Maria non è divina, ma è solo una madre umana (Gal 4, 5), sì che la sua maternità, che non può essere legata alla divinità di Cristo, può riguardare solo l’umanità di Gesù.

E allora mi sembra del tutto logico affermare che Dio non può aver Maria come madre, perché sicuramente Maria non è venuta a esistenza prima di Dio per poterne poi essere la madre, visto che ogni madre deve preesistere al figlio. Del resto, se dovessimo veramente prendere alla lettera siffatta formula, arriveremmo a quest’assurdo già evidenziato nella relazione: Dio è padre di tutta l’Umanità (art. 24, 2° Catechismo Pio X) per cui è anche padre di Maria; ma se Maria è realmente anche madre di Dio (art.93 Catechismo Pio X), lei sarebbe allo stesso tempo sia madre che figlia di Dio. Vi sembra logico?

Per tentar di aggiustare il tiro, si è fatto ricorso alla comunicazione degli idiomi,[41] dicendo che Maria è madre di Dio perché come madre di Gesù ha vissuto un rapporto assolutamente particolare con Dio. Ma quanti cristiani sanno cos’è la comunicazione degli idiomi? Assai pochi, io credo. E non è allora assurdo complicare così i fatti? Per rendere grande Maria nella Chiesa, noi l’associamo a queste qualità disumanizzanti (madre di Dio, vergine prima e dopo il parto, ecc.). Ma una Maria del genere ha proprio bisogno di essere liberata dai dogmi romani per tornare ad essere veramente umana. Perché era umana, e non divina. E se era umana, come fa un corpo di carne (Maria) ad essere madre di un essere (Dio) che è solo spirito?

Non è un caso se tanti fedeli, ancora oggi, grazie a questi insegnamenti fuorvianti, quando sentono parlare di Gesù Cristo sono convinti che si stia parlando in realtà di Dio (a questo porta l’idea che Maria sia madre di Dio), perché questo hanno capito ascoltando le prediche. Ma finché intendiamo Gesù come un presunto essere divino sceso dal cielo e incarnato sulla terra, siccome il divino necessariamente prevale sull’umano, si scivola automaticamente nel monofisismo eretico condannato a Calcedonia nel 451, per cui – come ho detto nella relazione - la maggior parte delle persone pie che continua ancora oggi a pensare in questi termini (Gesù è più Dio che uomo come noi) è eretica, senza saperlo. Infatti, anche se poi queste persone dicono di credere anche all’insegnamento che Gesù è vero uomo, non riescono a spiegare come queste due nature (divina e umana) coesistono nella sola persona divina, per cui danno necessariamente prevalenza al divino.

Non sarebbe ora di cambiare qualcosa nella liturgia? Di alleggerire queste dottrine astruse, sovraccariche di incrostazioni che nulla hanno a che vedere con i vangeli? O per lo meno non continuare a inculcare idee fuorvianti nella testa della gente? Forse oggi, in termini più moderni e più semplici, si potrebbe semplicemente dire che lo spirito di Dio effuso sull’uomo Gesù lo designa come una presenza visibile di Dio nel mondo (Mc 1, 10); e lo stesso spirito è stato effuso su Maria (Lc 1, 34s.): Gesù storico dunque resta un essere umano, nato da madre umana; è certamente intriso, inzuppato dello spirito di Dio, tanto da diventare un canale comunicativo di Dio verso l’umanità, ma non è una divinità mascherata da essere umano, discesa dal cielo sulla terra. Maria è madre dell’uomo Gesù, ed è umana, interamente umana, senza nulla di divino.


NOTE


[1] In questo caso la Congregazione per la dottrina della fede. Questo può valere solo per un regime autoritario politico che deve tenere insieme il maggior numero possibile di cittadini attorno ad una presunta verità. Ma basta forse utilizzare dei termini filosofici greci per accedere ad una verità infallibile? O il magistero spera semplicemente di tenere legati a sé i credenti usando un linguaggio che i più non sono in grado di capire?

[2] Tettamanzi D., Portare la buona notizia, “Famiglia Cristiana”, n.29/2012, 10.

[3] Tettamanzi D., Leggeri e disponibili preannunciare a tutti il vangelo, “Famiglia Cristiana”, n.44/2013, 129.

[4] Tettamanzi D., Portare la buona notizia, “Famiglia Cristiana”, n.29/2012, 10.

[5] Ibidem.

[6] E a proposito. Avete presente nel vangelo cosa dice Gesù a quell’uomo nella sinagoga che era convinto di sapere tutto? (Mc 1, 4: “Io so chi tu sei”). Gli dice semplicemente: “Taci!” Forse direbbe la stessa cosa a tanti vescovi, teologi e preti che parlano come se sapessero esattamente chi è Gesù e chi è Dio.

[7] Vedi all’inizio del §6 della relazione, ove si è detto che lo stesso papa Benedetto XVI ha riconosciuto che di Dio non sappiamo sostanzialmente nulla. Vedi anche nota precedente.

[8] Vedi anche queste altre affermazioni del papa emerito: “la fede non è un’accettazione di teorie concernenti cose di cui non si conosce nulla… il cristianesimo non è un sistema di nozioni, bensì una via” (Ratzinger J. Introduzione al Cristianesimo, ed. Queriniana, Brescia, 2000, 80, 91).

[9] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 409.

[10] “Vita Nuova” 16.2.2007, 2.

[11] «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno?» (Mc 1, 23s.). Solo lo spirito impuro grida; deve farsi sentire, tanto è inconsistente la sua autorità. Ma il vero profeta, colui che parla veramente in nome di Dio, «Non griderà né alzerà il tono, non farà grandi discorsi nelle piazze. Se una canna è incrinata, non la spezzerà, se una fiamma è debole, non la spegnerà; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà…» (Is 42,2-4).

[12] Drewermann E., Funzionari di Dio, ed. Raetia, Bolzano, 1995, 269.

[13] E sia ben chiaro che dialogare non significa affatto cedere alle idee dell’altro, ma creare legami e generare rispetto. Come diceva George Orwell, tutt’altro che credente, “so per esperienza che dopo aver fatto la conoscenza di una qualsiasi individuo e avergli parlato, non sono più capace di trattarlo con brutalità”.

[14] Dupuis J., Perché non sono eretico, ed. EMI, Bologna, 2014, 132.

[15] Castillo J.M., Teología popular, IIII, Desclée De Brouwer, Bilbao, 2013, 85.

[16] Se Dio incontra l’uomo, si farà per forza un discorso antropomorfico, che si serve di immagini e categorie umane per dirlo (Gounelle A., Parlare di Dio, ed. Claudiana, Torino, 2006, 74).

[17] Maggi A., Gesù, un Dio profondamente umano, relazione tenuta a Tradate il 13-15 giugno 2008, in https://www.studibiblici.it/.

[18] Schillebeeckx E., Gesù, la storia di un vivente, ed. Queriniana, Brescia,1976, 306.

[19] Pensiamo solo a come, in quei tempi di febbre messianica, gli ebrei – in assoluta maggioranza,- non hanno creduto che Gesù fosse l’atteso Messia perché dal Messia essi si aspettavano l’apertura di un tempo di pace, ricchezza e preminenza del loro Paese. Nulla di questo si è verificato.

[20] Houtepen A.W.J., Dio, una domanda aperta, ed. Queriniana, Brescia, 2001, 281: saremo “totalmente afferrati da Dio”. Parente P., L’Io di Cristo, ed. Morcelliana, Brescia, 1951, 219: “quando la volontà umana, che ha come oggetto suo adeguato il Sommo Bene, viene a trovarsi a contatto con Dio chiaramente contemplato nella sua essenza, non può non aderire a Lui con tutto il suo impeto naturale”.

[21] Stando a Tommaso d’Aquino (riportato da Chimirri G., Libertà dell’ateo e libertà del cristiano, ed. Coop. Fede&Cultura, Verona, 2007, 73) in Paradiso saremo alla presenza di una “necessità naturale”, dove l’uomo sceglie liberamente di “non essere libero.” Io direi che, a quel punto, l’uomo non ha più voglia, interesse di scegliere, perché gli va benissimo così.

[22] Mateos J. e Camacho F., L’alternativa Gesù e la sua proposta per l’uomo,ed. Cittadella, Assisi, 1989, 55.

[23] Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione, Dei Verbum, 18.11.1965, §21.

[24] Mateos J. e Camacho F., L’alternativa Gesù e la sua proposta per l’uomo, Cittadella, Assisi, 1989, 96-98. Maggi A., Il mandante, Cittadella, Assisi, 2009, 56: Gesù è venuto a inaugurare un regno dove il re non esercita il dominio, ma amore, non usa alcun tipo di violenza, e non ha servi in quanto egli stesso è servitore dei suoi.

[25] Nei Vangeli, Gesù Cristo ha insegnato l’amore, la misericordia e l’accoglienza per tutte le persone, specialmente per coloro che si sentivano in qualsiasi modo perseguitati o emarginati.

[26] Il salmo 37, 22 della Bibbia già preannunciava che tutti gli empi saranno stroncati, e il salmo 68, 3 minacciava che, come la cera si scioglie davanti al fuoco, cosi periranno gli empi davanti a Dio.

[27] Eppure questa è un’idea che esiste e resiste in tutte le religioni: ad es. nel Corano ben 45 volte viene ripetuto che Dio non ama chi fa il male ma ama solo i buoni (Basetti Sani G., Husayn Ibn Mansur Al-Hallaj, ed. Gabrielli editori, S. Pietro in Cariano (VR), 2005, 18). Però, basta leggere la Bibbia per vedere che Dio non ha mai usato un criterio meritocratico per legarsi alle famiglie. Se solo leggiamo la storia di Adamo, Eva, Caino e Abele; di Abramo e Sara, dei loro figli Giacobbe ed Esaù fino a Giuseppe e i suoi fratelli (nella Genesi), c’è tutto un susseguirsi di inganni, litigi, conflitti. Non siamo proprio davanti ai buoni. Anzi è chiaro che Dio entra in relazione con famiglie piuttosto imperfette. Già la Bibbia allora dimostra che Dio non pretende affatto che l’uomo raggiunga uno standard di qualità minimo per legarsi a lui; dunque asserire – come fa la religione - che Dio, dopo aver istituito l’alleanza, rifiuterebbe di accompagnarsi con chi non ha raggiunto un certo grado minimo di performance è sbagliato (Maggi L., L’amore ai tempi del patriarcato, relazione tenuta al centro Schweitzer di Trieste il 16.5.2014).

[28] Da notare che anche Gesù chiama gli apostoli non quando si trovano in una sinagoga, non quando pregano, ma quando stanno lavorando (Mc 1, 16ss.), il che significa che Dio non ha bisogno del luogo sacro per incontrare e chiamare gli uomini.

[29] Verdi L., Bambini e innamorati ci salveranno, Romena Accoglienza, Pratovecchio Stia (AR), 2020, 39.

[30] Forse è più cristiano Rabindranath Tagore, quando dice che il bigotto per tener ben stretta nella sua mano la Verità finisce per soffocarla, o quando in una sua poesia (Vita della mia vita) dice “Sempre cercherò di scacciare ogni malvagità dal mio cuore, e di farvi fiorire l'amore, sapendo che ha la tua dimora nel più profondo del cuore”. Cioè troviamo Dio dentro di noi, non fuori di noi, perché è già dentro di noi.

[31] Cfr. risposta alla domanda sub 8.

[32] Non dobbiamo seguire l’esempio del duro e puro Giacomo, il quale entrava solo nel Tempio e lo si trovava ogni volta in ginocchio a implorare perdono per il popolo, al punto che le ginocchia gli si erano fatte dure come quelle di un cammello per il continuo prosternarsi a Dio in adorazione e chiedere perdono (Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, Libro II, Cap.23 Martirio di Giacomo, chiamato il fratello del Signore, in inglese in www.documentacatholicaomnia.eu, sotto Eusebius Caesariensis).

[33] Castillo J.M., commento al vangelo di Lc 2, 16-21, del 1.1.2021.

[34] Cfr. ad esempio i §§ 22 e 23 della Dominus Iesus.

[35] Come s’insegnava ai miei tempi: art.5 77 Catechismo maggiore di Pio X, che in questo seguiva Paolo, proclamatosi per primo vero soldato di Cristo (2Tm 2, 3).

[36] Benedetto XVI, La gioia della fede, ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2012, 68.

[37] Lenaers R., La fede è conciliabile con la modernità?, relazione tenuta a Bergamo il 26-27.1.2014,

in http://www.ildialogo.org/LeInC.php?f=21&s=parola

[38] Ratzinger J-Benedetto XVI, Gesù di Nazareth, Libri Oro Rizzoli, Milano, 2008, 28 e 211.

[39] Ad es. per la cultura cinese: leggasi il saggio di Pisu R., Né Dio né legge, ed. Laterza, Bari, 2013.

[40] È proprio questo tipo di dubbi che fa sostenere a molti cristiani l’illegittimità dei trapianti.

[41] Vedi in proposito quanto detto al §8 della relazione.