Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Quanta violenza sotto questo cielo


di Silvano Magnelli


Rissa tra contadini che giocano a carte - Adriaen Brouwer  (circa 1605/1606–1638) - Staatliche Kunstsammlungen Dresden - immagine tratta da commons.wikimedia.org


Quanta violenza sotto questo cielo

Così cantava Renato Zero, constatando come Caino non voglia proprio abbandonare questa terra e continui a colpire i troppi Abele, che si ritrova davanti come ostacoli alla sua ira. Ha detto Gino Strada, fondatore di Emergency: “Se l’uomo non butterà fuori dalla storia la guerra, sarà la guerra a buttare fuori dalla storia l’uomo”. 

Ogni volta che la guerra riappare nelle sue varie forme, cadiamo tutti in basso, come in un bradisismo inarrestabile, che ci rende   più deboli e pericolanti. Oggi i mezzi comunicativi che possediamo e le tecnologie distruttive che alimentiamo rendono, se possibile, più mostruoso l’insieme. Le comunicazioni ci fanno vedere rapidamente quasi tutto e nei particolari, le armi sofisticate estendono la violenza in raggi di azione prima non raggiungibili.

Ci siamo illusi nel secondo dopoguerra che fosse arrivato un altro tempo, perché non avevamo ancora le immagini e le testimonianze dirette, e così quasi non ci siamo accorti delle decine di guerre che oberavano interi territori. Dopo la diffusione dei nuovi mezzi informatici, invece, ci siamo ritrovati la guerra in diretta permanente ora in Ucraina e purtroppo ancora in Medioriente, una guerra mai veramente finita, ma che appariva come sospesa, mentre così non è.

La domanda che si ripropone è la seguente: come è possibile che Caino imperversi ancora nelle storie di questo mondo pur evoluto nella cultura, nel diritto, nelle scienze, nella medicina, negli studi, nel progresso economico, nei trasporti, nelle comunicazioni? Molte le spiegazioni tentate, poche quelle convincenti ed esaustive: il potere politico ed economico, avido e corrotto, gli imperialismi invasivi, l’odio razziale, la tragedia dei nazionalismi suprematisti, i conflitti dei fanatismi religiosi o ideologici. Eppure rimane una grande domanda inevasa: da dove viene il tanto assurdo male delle guerre? Dostoevskij ha scritto: “Il cielo era stellato, tanto che, dopo averlo contemplato, ci si chiedeva se sotto un cielo così, potessero vivere uomini senza pace”. 

Restiamo quindi aggrappati ostinatamente alla nostra irrinunciabile umanità, insidiata dai tanti strateghi della morte, che, da una parte o dall’altra, ne tentano la dissoluzione.