Foto di Paola Cazzaniga




The Rabbi is in Trieste


di Miriam Camerini



Gerusalemme

Vilnius

Ferrara

Trieste

Vienna

Berlino

Weimar


Bello è tornare. Erano anni che mancavo da Trieste, salvo una “pinza” con “capo in b” (torta e caffè macchiato, per voi non di qui) al Tommaseo nel cambiare un treno tornando dalla Dalmazia, una sacher comprata alla Bomboniera e mangiata seduta a guardare il mare dal Molo Audace nel riaccompagnare un gruppo di ragazzi di ritorno da un viaggio in Israele, una notte con bagno a Barcola e due alici fritte al Frittolin per spezzare il viaggio in auto verso Vienna o un’ultima cena di pesce a Muggia prima di attraversare il confine verso la Slovenia montanara di Lubiana. Anche questa volta sono di passaggio: scesa dal Monastero di Camaldoli verso la pianura di Ferrara, per la seconda volta in una sola settimana ho avuto il piacere di dialogare con persone più giovani di me e appartenenti ad altre comunità religiose. Al Meis, Museo dell’Ebraismo, a Ferrara, dove è in corso una mostra sul matrimonio ebraico, ho potuto ascoltare uno studente musulmano e altri giovani in una bella tavola rotonda in cui ero invitata a parlare di matrimonio nell’ebraismo, scoprendo - come sempre - che le somiglianze rituali e legali fra noi e l’Islam sono davvero tante, anche – per esempio – quando si parla della cerimonia e del contratto nuziale. Camminando poi per le vie del ghetto di Ferrara, andando verso la cena, sento tre signore che parlano della bella mostra “Mazal-Tov!” (quell’espressione di gioia e speranza, auguri di “buona sorte”, che “vada sempre tutto bene come oggi”, che si rivolge alla nuova coppia appena rotto il bicchiere e dopo aver recitato il verso del Salmo 137: “Se ti dimentico, Gerusalemme, si incolli la mia lingua al palato...”, possa io ammutolire come l’arpa d’or dei fatidici vati che pende muta dai salici del Va’ Pensiero, al Salmo ispirato) che ancora vogliono visitare, tre ragazzi che sentenziano che “...Non sono gli ebrei a governare il mondo, bensì gli ashkenaziti...”, che loro sanno essere gli ebrei americani oggi, ma dell’Europa centro-orientale un secolo o due fa, i più intelligenti e i più cosmopoliti. Perfetto.

Per riprendere ossigeno mi metto in ascolto di una terza conversazione, fra due uomini più maturi, questa, sulle meraviglie della Sella Ronda e del Passo Pordoi, della seggiovia di Porta Vescovo, della discesa verso Arabba e di altri luoghi amatissimi delle vacanze sciistiche della mia infanzia con la famiglia in Val di Fassa e dintorni... Mi pare che questi signori parlino di escursioni estive, ma poco importa: pur di cambiare aria dopo “gli ebrei ashkenaziti che governano il mondo”, posso fingere per un momento di non essere l’accanita sostenitrice che sono dell’estate solo e sempre al mare.

E torniamo dunque al mare, a Trieste, dove sono arrivata in treno da Ferrara: probabilmente le due città più intrinsecamente “ebraiche” d’Italia, un po’ la Praga e la Budapest della nostra penisola, luoghi dove anche se oggi si contano poche centinaia di ebrei restano le anime, i libri, la musica, le parole, i cibi a testimoniare di una storia che rimane.

Riesco a entrare - poco prima che chiudano per la sera - ai bagni Lanterna, detti Pedocìn, dove donne e uomini sono separati da un muro e alle spalle c’è la derelitta stazione del treno che - lo sappiamo dai suoi libri - portava la nonna di Paolo Rumiz a Vienna. Sono alloggiata in una bella casa piena di libri e di quadri, nello stesso edificio di primo ‘900 in cui visse il poeta Virgilio Giotti, all’ultimo piano di una strada in salita. Sento il mare e aspiro il vento, che questa mattina si è svegliato.

Questo sabato in sinagoga - non vedo l’ora di tornarci, nella bella e solenne sinagoga di Trieste - si leggerà l’inizio del quinto, ultimo libro della Torah, il Deuteronomio: l’anno sembra quasi iniziare a finire, e in effetti le giornate già si fanno più corte. Domenica è anche il giorno di Tisha beAv, digiuno che nel calendario ebraico ricorda la distruzione del Tempio di Gerusalemme ad opera dei Babilonesi di Nabucodonosor (Arpa d’or dei fatidici vati... Ricordate?) nel 586 a.C. e poi definitivamente ad opera dei romani nel 70 d.C.

Io mi appresto a partire per Berlino e da lì per Weimar, dove potrò finalmente insegnare tutte queste cose in un festival di musica klezmer… Ma prima di fare ciò ancora un concerto mi aspetta: il nostro Messia e Rivoluzione, sulla storia del Bund, il partito socialista ebraico nato nell’Impero zarista, che combattè eroicamente animando le due grandi rivolte dei ghetti di Vilna e di Varsavia, nel 1943, e i cui pochi superstiti ancora talvolta si ritrovano nel mondo. Gli ideali di Giustizia e Fratellanza universale rimangono e – ancora una volta – sono onorata felice e fiera di portarli con me per le strade dell’erranza.


Foto di Paola Cazzaniga