Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Disegno di Sara Sodaro




Domande ancora aperte

di Dario Culot

Oggi risponderò brevemente ad alcun domande che qualcuno mi ha fatto dopo aver letto i miei articoli.


1. Perché parlo spesso di ortoprassi?


Rispondo saccheggiando dal capitolo IV del libro El Evangelio marginado di José Maria Castillo: è assai strano che la chiamata di Gesù si riduca a una sola parola: “Seguimi!” (es. Mt 8,22; 9,9; 19,21; Mc 2,14; 10,21; Lc 5,27; 9,59; 18,22; Gv 1,43; 21,19.22). Gesù non presenta un programma di vita, nessun ideale, nessun obiettivo, nessun finalità, nessuna meta che si deve raggiungere. Per cui, al chiamato non resta altra sicurezza che il legame di comunione di vita con Gesù. Questa chiamata di Gesù per seguirlo non ammette condizioni, né dilazioni e ancor meno limitazioni e scorciatoie. Come è stato giustamente affermato, la sequela di Gesù costituisce la vera essenza della Chiesa. Il che, detto in altre parole, significa che c’è vera Chiesa dove i suoi componenti sono veri seguaci di Gesù. Pertanto, non si tratta del fatto che conoscendo Gesù (ad es. sapendo tutto della sua doppia natura in un’unica persona divina) si comprende ciò che significa la sequela, ma esattamente il contrario: solo partendo dalla sequela e mediante la sequela è possibile conoscere Gesù e comprendere ciò che egli rappresenta nella teologia cristiana. Per questo, quando parliamo di questo ramo della teologia che chiamiamo cristologia, non parliamo principalmente di un sapere, bensì di una prassi, cioè di un modo di vivere o di seguire un progetto di vita nel quale scopriamo e conosciamo Gesù. Infatti la teologia centrata sulla sequela di Gesù (cioè sul Vangelo, cioè sul suo modo di vivere) intende la religione come un progetto di vita sul quale s’incentra la nostra relazione con Dio e il nostro stile di vita. Quindi siamo davanti a una prassi e non a una mera teoria accettata e fatta propria.

2. Visto che insisto tanto sul fatto che Dio non è onnipotente, ha bisogno della nostra collaborazione, che l’amore di Dio sulla terra non si vede e neanche esiste se non lo si incontra come amore di persona umana, come posso pensare che sia Dio a dirigere la storia e possa portare l’umanità verso un finale da lui pensato?

Rispondo con la risposta che ho dato tempo fa, non ricordo in quale articolo, cioè con l’esempio dell’autostop: «Mai sentito parlare di autostop? Sì? Bene. Io sono a Venezia e voglio andare a Torino. Chiedo il passaggio a uno, ma me lo rifiuta perché deve andare a Rimini; a un altro, che mi porta solo fino a Padova; ad un altro che me lo rifiuta perché gli sono antipatico; e poi ad un altro ancora; di auto in auto arrivo fino a Torino. Alla fine, dunque, io sono arrivato dove volevo, senza costringere nessuno a deviare dal suo percorso, o a prendermi sulla sua macchina. Tutti sono rimasti liberi, ma, allo stesso tempo, io sono arrivato dove volevo, vero?»

3. Ho scritto che esiste il bene in sé anche se noi ancora non siamo in grado di accoglierlo. Ma non è forse vero che ogni pensiero nasce con noi e muore con noi, per cui non esiste più quando anche noi non ci siamo più?

Questo è vero in alcuni casi, ma non sempre. Può cioè esserci un pensiero anche se nessuno lo pensa. Mi spiego. Io posso avere una certa idea di Dio, e se muoio quel mio pensiero muore con me. Resta sempre valida l’avvertenza che, se Dio esiste, è comunque diverso da come lo penso. I miei pensieri sono esclusivamente miei, e ancora la scienza non ha scoperto (per fortuna) come entrare nel pensiero degli altri: non è riuscita a penetrare l’intimità della persona. Se penso, senza dirlo, che Tizio è uno stronzo e Caio un angelo, quel pensiero muore con me, e in ogni caso non corrisponde alla realtà oggettiva, perché nessuna persona è totalmente nera o totalmente bianca. Prima che io lo pensassi non avevo quel pensiero; con la mia morte anche quel mio pensiero sparisce. Questo pensiero è dunque esclusivamente mio, esiste soltanto nel mio tempo. Ma la stessa mia idea che ho di Dio potrebbero averla anche altre persone, per cui quel pensiero non muore, ma vive nel tempo di tutte queste altre persone.

Ma non basta: ha giustamente osservato il filosofo Bonazzi Mauro: forse che il pensiero che 2 + 2 fa 4, esiste solo perché lo penso io o perché lo pensano altre persone? Anche quando nessuna di queste persone (me compreso) ci sarà questo pensiero continuerà ad esistere, come sicuramente esisteva già prima che l’uomo apparisse sulla terra, e come sicuramente ci sarà nel caso che l’intera umanità scomparisse (ad es. per una guerra nucleare). Cioè questo è un pensiero valido a prescindere, nel senso che esiste di per sé, perché nessuno oggi crede che in un futuro anche assai lontano 2 + 2 non farà più 4, come nessuno pensa che prima che io nascessi 2 + 2 non facesse 4. Siamo davanti a un pensiero che esiste fuori del tempo, mentre noi uomini siamo tempo e spazio.

Dunque siamo davanti dimensione diverse, a noi sconosciute, a una realtà che rispetto al nostro tempo è qui, ma può essere anche fuori del tempo. Quindi pensando che 2 più 2 fa 4 noi stiamo facendo esperienza di una realtà che esiste fuori del tempo e dello spazio, fuori della nostra dimensione immanente. Perciò anche l’idea di Bene può, allo stesso modo, esistere come realtà fuori del nostro tempo e del nostro spazio, anche se nessuno lo pensa. E a volte, qualcuno già chiama questo Bene “Dio”.

4. In base a cosa escludo che Gesù fosse esseno?

Lo escludo perché Gesù non ha promosso fughe dal mondo, dalla società umana del momento (bella o brutta che fosse), col fine di favorire la comunione con Dio; non ha promosso ideali di vita ascetica (pensiamo alla differenza con Giovanni Battista che viveva nel deserto, mentre Gesù era visto come un mangione e un gran bevitore), ma neanche ha invitato a vivere di preghiera e di meditazione.

Non c’è prova dunque che Gesù fosse spinto o avesse spinto altri a rinchiudersi in un monastero, in un’oasi di silenzio, lontano dalla folla; al contrario risulta che amava stare in mezzo alla gente, soprattutto in mezzo ai peccatori, cioè alle persone che non potevano o non riuscivano a vivere secondo le rigide norme religiose dell’epoca.

5. Come faccio ad escludere che noi siamo servi di Dio, quando la stessa Madonna si dichiara serva di Dio? Penso forse che noi uomini siamo superiori a Maria?

Nel vangelo di Luca (Lc 1, 38: «Allora Maria disse: ecco la serva») Maria effettivamente si dichiara serva di Dio, ma qui il significato è diverso: Maria non dice di essere una serva del Signore, dice che lei è la serva; nei testi biblici Israele viene chiamato il servo del Signore, quindi Maria si identifica teologicamente con l’intero Israele, rappresenta quelli che sempre si sono fidati del Signore, l’Israele del Signore[1]. In Isaia 41, 8, infatti, è Dio che parla è qualifica Sion (Israele) suo servo e Abramo suo amico. Per questo si può anche pensare che Maria sia l’ultima serva del Signore perché, da fedele israelita, è ancora attaccata alla vecchia alleanza, per cui si riallaccia all’antica tradizione,[2] che Gesù rovescerà più tardi, nel corso della sua missione terrena. Maria, anche dopo aver accettato la nascita straordinaria, è ancora sotto la legge mosaica, tant’è che, poco dopo la nascita di Gesù, porta il bambino al Tempio d’accordo con Giuseppe per adempiere alle prescrizioni legali (Lc 2, 22ss.), per rendere Gesù figlio di Abramo con la circoncisione ed il riscatto, senza aver ancora capito che Gesù è figlio di Dio, non di Abramo. Più volte, leggiamo nei vangeli, che Maria non comprende le novità, però non le respinge e si mette a riflettere (Lc 2, 19: quando al momento della nascita vede arrivare i pastori; Lc 2, 50s: quando i genitori perdono il ragazzino Gesù e lo ritrovano al Tempio). Il fatto è che – come dice Alberto Maggi,[3] - le tradizioni religiose sono talmente forti che quando si radicano nell’intimo delle persone, le rendono quasi impermeabili all’azione dello Spirito Santo, e per quanto l’uomo si apra all’azione creatrice di Dio, l’influenza dello Spirito nella loro vita è lenta. Molto lenta.

Del resto il messaggio di Gesù sarà talmente innovativo, il volto di Dio presentato da Gesù sarà talmente diverso da quello comunemente accettato sempre e ovunque da tutti, che non sarà capito da nessuno: non dai suoi genitori (Lc 2, 50), non dai suoi fratelli (Gv 7.3), non dal suo clan familiare che lo riteneva pazzo (Mc 3, 21) e che si muove anche con Maria per andare a riprenderlo e riportarlo a casa, non da Giovanni Battista che pur lo aveva battezzato (Lc 7, 19), non dai suoi discepoli (Gv 6, 67: “volete andarvene anche voi?”).

Probabilmente non l’abbiamo capito ancora nemmeno noi, dopo duemila anni.

Per questo mi fa sorridere quando sento dire che bisogna seguire la volontà di Dio. Certo che bisogna seguirla. Ma qual è la volontà di Dio? E come posso saperlo! Se, come dice il n. 37 del Catechismo, Dio si trova nell’ambito della trascendenza mentre l’umanità intera sta al di qua, nell’ambito dell’immanenza, e se i due ambiti sono sostanzialmente incomunicabili sì che della trascendenza non sappiamo sostanzialmente nulla, non posso dire nulla del trascendente. E allora, come posso dire che Dio «vuole questo» da me, o che «non vuole quell’altro»? Posso solo cercar di seguire la strada tracciata da Gesù (che con la sua vita e la sua morte ha mostrato come bisogna essere uomini, col dono e col perdono), posso cercar di discernere dopo aver meditato le cose in cuor mio. Ma se neanche Maria capiva sempre tutto, come posso essere sicuro di aver sempre perfettamente capito quale strada percorrere?

6. A Natale da poco passato il vescovo di Noto ha dichiarato pubblicamente che Babbo Natale non esiste, deludendo migliaia di bambini. Ma perché non ha aggiunto anche che non è in grado di provare che Dio esiste, facendo così contente migliaia di persone?

Quanto a Babbo Natale, credo che i bambini più piccoli continuino a crederci, primo perché non hanno letto sui giornali le dichiarazioni del vescovo di Noto, secondo perché non si fanno molte domande, e non si chiedono neanche come mai, se Babbo Natale è uno solo, loro riescono a vederne tanti e diversi per strada o alla sera guardando la tv.

Per i bambini un po’ più grandicelli, che in quella fascia d’età trovano ormai compagni di scuola che non ci credono più, risponderei al momento (tanto per guadagnare ancora un anno di fantasia, pensando che magari l’anno prossimo sarà ora di dire loro la verità, anche se deludente) come aveva fatto tanto tempo fa un direttore di giornale americano. Riporto questa letterina scritta al giornale “New York Sun” da un bambina alla quale i compagni di scuola avevano rivelato che Babbo Natale non esiste. La delicata risposta del giornale va ben oltre Babbo Natale: “Cara Virginia, i tuoi amici sbagliano. Sono vittime dello scetticismo dei nostri tempi. Credono solo alle cose che vedono. Eppure, Virginia, Babbo Natale esiste. Esiste allo stesso modo in cui esistono l’amore, la generosità, la devozione. E tu sai che queste cose esistono, abbondano e sono le cose che danno alla tua vita la sua bellezza e la sua gioia. Poiché le cose più reali sono quelle che né i bambini, né i grandi riescono a vedere[4].

Per gli adulti è scontato che quei Babbi Natale che s’incontrano per strada lo fanno per guadagnare qualche soldino, sono cioè dei lavoratori nel campo commerciale e sicuramente non possono ispirare alcun sentimento religioso. Sicuramente il vescovo di Noto non ha potuto deluderli.

Quanto a Dio, ho già scritto in passato che nessuno può provare che esista o che non esista[5]. Se esiste, sicuramente non è quel Signore carico d’anni con la barba, pur disegnato mirabilmente da Michelangelo nella Cappella Sistina. Se esiste, appartiene all’ambito della Trascendenza per cui non corrisponde neanche a quell’essere la cui intima struttura è stata spiegata dalla religione cristiana, sì che neanche il vescovo di Noto è in grado di darne una precisa descrizione.

Però se un bambino mi chiedesse “chi è Dio?” risponderei come risponde quella mamma nel film “Il decalogo” di Kieswloski. Un bambino chiede appunto alla madre: chi è Dio? La madre rimane un attimo in silenzio; poi lo prende in braccio, lo stringe forte, lo guarda e gli dice: “Questo è Dio”.


NOTE

[1] Maggi A., Commento a Lc 1, 26-38, dell’8.12.2021.

[2] Da Spinetoli O., La Madonna della Lumen Gentium, ed. Paoline, Roma, 1968, 115.

[3] Maggi A, Commento a Lc 2, 41-52.

[4] Riportata da Terzani T., Un altro giro di giostra, Longanesi, Milano, 2004,237.

[5] Cfr. da ultimo l’articolo Quale prova dell’esistenza di Dio? al n. 633 di questo giornale, https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-633/dario-culot-quale-prova-dellesistenza-di-dio.

Numero 645 - 23 gennaio 2022