Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Se la moglie è in vacanza, lo Shabbat di tutti


di Stefano Sodaro


Venerdì prossimo, 24 giugno, con inizio alle ore 20 presso il Monastero di Santa Chiara di Sassoferrato (in provincia di Ancona), l’Associazione Culturale “Casa Alta” propone l’evento dello Shabbat di tutti, di cui è regista Miriam Camerini, che su questo nostro settimanale cura la sua rubrica The Rabbi is in. Interverranno con lei i musicisti Bruna Di Virgilio, Rocco Rosignoli e Rouben Vitali.

Sabato 25, con inizio alle ore 16, si parlerà ancora, con la insigne teologa Marinella Perroni, sempre al menzionato Monastero di Santa Chiesa, di Shabbat di tutti e di Miriam Camerini alla luce del contributo - del qui presente direttore de “Il giornale di Rodafà” - che compare nel volume Guardare alla teologia del futuro. Dalle spalle dei nostri giganti, curato proprio da Marinella Perroni e Brunetto Salvarani, pubblicato da Claudiana nel marzo di quest’anno (https://www.claudiana.it/scheda-libro/marinella-perroni-brunetto-salvarani/guardare-alla-teologia-del-futuro-9788868983499-2250.html), contributo che s’intitola “Adriana Zarri, l’eremita laica e lo Shabbat di tutti”.

I due appuntamenti – dello Shabbat di tutti e della presentazione del contributo e più complessivamente del citato volume – si situano all’interno di un’iniziativa che s’è voluta chiamare Shabbat in Monastero (https://sites.google.com/view/associazionecasaalta/home/shabbat-in-monastero).

I nomi di Miriam Camerini e di Marinella Perroni sono garanzia di qualità di tale iniziativa. Proprio di Marinella Perroni compare oggi, su La Lettura, inserto domenicale de Il Corriere della Sera, un articolo intitolato “La donna cardinale nel dedalo delle leggi”, in cui l’insigne teologa analizza quel «vincolo indissolubile tra sacralità e maschilità» - sono sue parole – che paralizza ogni evoluzione della stessa concezione di Chiesa in senso inclusivo nei confronti della soggettività femminile ministeriale: «Esiste forse un modello di battesimo femminile e uno maschile?», si chiede sempre Perroni.

In questi giorni sono comparsi specifici Orientamenti pastorali per le Chiese particolari, pubblicati dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, intitolati Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale, che hanno avuto molto risalto sulla stampa e tra i commentatori, per il richiamo – se non l’ammonimento -, contenuto al n. 57, di una necessaria “continenza” tra i fidanzati in nome della “castità”: «non deve mai mancare il coraggio alla Chiesa di proporre la preziosa virtù della castità, per quanto ciò sia ormai in diretto contrasto con la mentalità comune. La castità va presentata come autentica “alleata dell’amore”, non come sua negazione. Essa, infatti, è la via privilegiata per imparare a rispettare l’individualità e la dignità dell’altro, senza subordinarlo ai propri desideri. La castità insegna ai nubendi i tempi e i modi dell’amore vero, delicato e generoso, e prepara all’autentico dono di sé da vivere poi per tutta la vita nel matrimonio. È importante perciò mostrare che la virtù della castità non ha solo una dimensione negativa che chiede ad ognuno, secondo il proprio stato di vita, di astenersi da un uso disordinato della sessualità, ma possiede anche una dimensione positiva importantissima di libertà dal possesso dell’altro – sotto il profilo fisico, morale e spirituale – che, nel caso della chiamata al matrimonio, è di fondamentale importanza per orientare e nutrire l’amore coniugale, preservandolo da qualsiasi manipolazione. La castità, in ultima analisi, insegna, in ogni stato di vita, ad essere fedeli alla verità del proprio amore. Ciò significherà, per i fidanzati, vivere la castità nella continenza e, una volta sposi, vivere l’intimità coniugale con rettitudine morale. La castità vissuta nella continenza consente alla relazione di maturare gradualmente e in modo approfondito. Quando, infatti, come spesso accade, la dimensione sessuale-genitale diventa l’elemento principale, se non l’unico, che tiene unita una coppia, tutti gli altri aspetti inevitabilmente passano in secondo piano o vengono oscurati e la relazione non progredisce. La castità vissuta nella continenza, al contrario, facilita la conoscenza reciproca fra i fidanzati, perché evitando che la relazione si fissi sulla strumentalizzazione fisica dell’altro, consente un più approfondito dialogo, una più libera manifestazione del cuore e l’emergere di tutti gli aspetti della propria personalità – umani e spirituali, intellettuali ed emotivi – in modo da consentire una vera crescita nella relazione, nella comunione personale, nella scoperta della ricchezza e dei limiti dell’altro: e in ciò consiste il vero scopo del tempo del fidanzamento.»

Si nota, in tale passaggio – che merita riportare per esteso – una certa sottovalutazione dell’importanza antropologica del linguaggio sessuale e, nelle parole che subito seguono a quelle riportate, all’interno del medesimo n. 57, con l’invito a parlare di castità anche alle coppie conviventi, compare pure una certa confusione, un po’ sorprendente invero in un testo magisteriale, tra “castità” e “continenza”, sempre virtuosa la prima, non di per sé virtuosa la seconda.

L’insegnamento etico del magistero cattolico fatica molto ad assumere la categoria della complessità come elemento veritativo della Rivelazione cristiana. Nel testo del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita il Cantico dei Cantici, ad esempio, viene semplicemente accostato agli altri testi scritturali – e solo menzionato, un’unica volta –, con la oltremodo semplicistica, e del tutto insufficiente, considerazione che «Punto di riferimento costante per le coppie saranno le Sacre Scritture, soprattutto la Genesi, i Profeti, il Cantico dei Cantici, che contengono testi e simbologie fondative per il sacramento del matrimonio»; quel magnifico poema erotico della Bibbia, dove il nome di Dio neppure si affaccia se non di sfuggita. In realtà, il Cantico dei Cantici non parla affatto di matrimonio.

E qui la proposta dell’Associazione Culturale “Casa Alta” per il prossimo fine settimana vorremmo leggerla come una salutare provocazione a non imboccare mai scorciatoie moralistiche e semplificatorie, o sbrigativamente dottrinali, quando si entra nel dedalo delle relazioni interpersonali. Oggi tutti i ruoli, a partire anche da quello di marito e moglie, vanno necessariamente ridisegnati. Così come è più che mai legittima la domanda su che cosa sia il matrimonio, quando esso esista, con quale ricchezza di condivisione e secondo quale linguaggio umano, ben più della domanda su quando sia iniziato e se sia stato inaugurato nelle debite forme rituali.

Un “matrimonio sabbatico” è qualcosa che fatichiamo ad immaginare perché la tassonomia delle regolazioni sociali – di cui è sommo cardine il matrimonio – assorbe ed esaurisce ogni altra preoccupazione.

Invece c’è molto Altro da scoprire, di cui parlare, da far emergere.

Rodafà è ricorso spesso allo strano termine di “onnigamia”, come attitudine matrimoniale di qualunque relazione personale significativa dentro il proprio concreto contesto di vita. Fedeltà come elezione, non come esclusione. Matrimonio come porta aperta sul mondo, non come cancello che apre su un recinto.

Il pane ed il vino – offerti già da Melchìsedek, re di Salem, al capitolo 14 del Libro della Genesi – sono segni fatti per essere condivisi, non consumati privatamente, individualmente. Lo stesso Melchìsedek benedice qualcun altro, Abram, il quale a sua volta «diede a lui la decima di tutto». Quella contrattualizzazione dei rapporti interpersonali che non è nemica dell’intensità affettiva, ma che abbisogna di propri spazi, contesti, tempi, liturgie. E senza dubbio di una propria, peculiare, ermeneutica.

Insomma: di tanto c’è da parlare assieme. Mentre infuria una guerra terrificante in piena Europa.

Vediamoci venerdì e sabato prossimo al Monastero di Santa Chiara delle Sorelle Povere di Sassoferrato: potremmo scoprire di essere già, in effetti, sposati e sposati gli uni alle altre, le une agli altri, gli uni agli altri, le une alle altre.

Buona domenica.

Ted Neeley e Yvonne Elliman in una foto promozionale per Jesus Christ Superstar (1973) - tratta da commons.wikimedia.org

Lo Shabbat di tutti, con Miriam Camerini

Il monastero di Santa Chiara di Sassoferrato, ingresso (foto del direttore)