Albero dei cachi, Magnano - Foto tratta da commmons.wikimedia.org

OMNIA PROBATE


(Vagliate tutto / Ritenete il buono)







Rubrica quindicinale a cura di Guido Dotti, monaco di Bose



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PAROLA FOLLE

Christian Bobin




di Guido Dotti

 

Christian Bobin, foto tratta da commons.wikimedia.org

L’uomo che cammina è quel folle che pensa che si possa assaporare una vita così abbondante da inghiottire perfino la morte […] Forse non abbiamo mai avuto altra scelta che tra una parola folle e una parola vana.


Christian Bobin, L’uomo che cammina, Qiqajon, Magnano 1998, pp. 29-30.



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Ogni anno, nel celebrare il mistero pasquale della morte e resurrezione del loro Signore, i cristiani fanno memoria della “follia della croce” (cf. 1Cor 1,23-24), ma più in profondità la vera follia è quella di credere che la vita sia più forte della morte, che la pienezza di quanto viviamo, delle nostre relazioni, delle nostre speranze e delle nostre fatiche sia così debordante da travalicare al di là della morte. Eppure è questa follia che i discepoli di Gesù di Nazareth – “l’uomo che cammina”, come lo definì Bobin – si trasmettono di generazione in generazione: non una briciola dell’amore che ciascun essere umano sarà stato capace di vivere andrà perduta.

Già Antonio il Grande, padre dei monaci, nel IV secolo aveva ammonito: «Verrà un tempo in cui gli uomini impazziranno e al vedere uno che non sia pazzo gli si avventeranno contro dicendo: “Tu sei pazzo!” a motivo della sua dissomiglianza da loro». Ai nostri giorni – in cui, come osservava sarcasticamente Oscar Wilde, “si conosce il prezzo di ogni cosa e il valore di nessuna” – si moltiplicano le parole vane, mentre le uniche che indicano un senso alla vita vengono definite “folli” perché non allineate. Basti pensare a come nella vulgata belligerante di questi mesi siano state messe al bando parole come “pace”, “dialogo”, “negoziato”, “nonviolenza”. Eppure già sessant’anni or sono papa Giovanni XXIII nella Pacem in terris aveva spiegato come “follia” (alienum a ratione) fosse invece proprio il ricorso alla guerra come mezzo per ripristinare la giustizia.

Oggi, in questo contesto di asfissiante omologazione, così Christian Bobin declina la follia dei cristiani: “Coloro che seguono le orme [dell’uomo che cammina] e credono che si possa restare eternamente vivi nella trasparenza di una parola d'amore, senza mai smarrire il respiro, costoro, nella misura in cui sentono quel che dicono, sono forzatamente considerati matti. Quello che sostengono è inaccettabile. La loro parola è folle e tuttavia cosa valgono altre parole, tutte le altre parole pronunciate dalla notte dei secoli? Cos'è parlare? Cos'è amare? Come credere e come non credere?”. 

Davvero, siamo di fronte a un dilemma antico quanto l’umanità: scegliere “tra una parola folle e una parola vana”. E magari, nell’operare questo discernimento decisivo, potremmo affidarci a un tempo/spazio di sospensione: il silenzio.




Christian Bobin (1952 – 2022), scrittore e poeta francese, invita con i suoi testi a comprendere la parte mancante della nostra vita, quella che appartiene al meraviglioso e all'oscuro. Così facendo guarisce dalla tristezza e dallo scetticismo e invita a una ricerca della gioia con parole segnate da profonda sensibilità. 


Chiesa monastica di Bose - foto tratta da commons.wikimedia.org