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Il vescovo di Adriana, la mitria e il piviale di Miriàm

di Stefano Sodaro





Dobbiamo pur trovare il coraggio di riconoscerlo e dirlo: Luigi Bettazzi è stato un modello di vescovo italiano senza imitatori.

Il confratello Tonino Bello – lo ribadiva proprio lemerito di Ivrea – corse più veloce di lui e avanti a lui, come nel vangelo di Giovanni allorché si diffuse la notizia della risurrezione. Cap. 20, vv. 1-8: Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.

Ormai la critica esegetica è concorde nel distinguere Giovanni “dall’altro discepolo, quello che Gesù amava” e che resta a noi sconosciuto. Non era Giovanni colui che si trovava assieme a Pietro quel mattino. La tassonomia è un utile espediente che acquieta e tranquillizza, ma che assai spesso vanifica la portata della novità. Ed il Vangelo è novità.

Forse, volendo, possiamo un po’ tutte e tutti identificarci in questa anonima figura e nel nostro desiderio di correre più avanti, di anticipare prese di posizione e denunce degli uomini di Chiesa.

Miriàm – perché così si pronunciava il nome della Maddalena – si avvia subito, di domenica, verso il sepolcro. Gli uomini non si muovono, né Pietro, né quell’altro che pure Gesù amava. 

Ma poi lei avverte il bisogno di riferire ad entrambi. È un gruppo amicale, su cui mai si soffermano le nostre omelie e meditazioni. Sono in tre. A noi non piace, ammettiamo solo la coppia. Il caso di Michela Murgia lo testimonia proprio in queste ore.

Mons. Bettazzi è morto oggi, alle 4:20 del mattino del “Primo giorno della Settimana”. Quando ormai Shabbat è terminato, quando l’augurio è diventato di “Shavua Tov”, “Buona settimana”.

Una festività dei giorni intessuta con la loro ferialità. 

Una liturgia del quotidiano che appassionò una delle sue diocesane ad Ivrea, l’eremita laica Adriana Zarri, che – sebbene quasi non lo faccia notare, lasciandolo innominato – da mons. Bettazzi, suo vescovo, aveva ricevuto non solo il permesso di risiedere nella sua diocesi quale testimone di un’alternativa monastica ancor oggi a molti incomprensibile, dentro e fuori la Chiesa, ma anche di conservare l’Eucarestia, e non per portarla ai malati (come le norme liturgiche prescrivono con riferimento alla cosiddetta “riserva eucaristica” nel tabernacolo, non funzionale in primis all’adorazione, come erroneamente si potrebbe pensare e forse a lungo si è pensato, bensì alla sua consumazione da parte di chi, malato o impedito, in chiesa non può andare), quanto piuttosto proprio per cibarsene lei. Malata, insomma, anche quella donna singolare, del medesimo amore per il rabbi di Nazaret che mosse il gruppo di Miriàm, di Pietro e dell’altro.

Sì. Luigi Bettazzi fu il Vescovo di Adriana Zarri. Con la quale i rapporti non furono affatto sempre idilliaci e pacifici, ma sinceri, veri, franchi, trasparenti, ricolmi di reciproca verità da inseguire ad ogni costo. Merita ascoltare e vedere questa registrazione su Youtube.

Capita nella vita di litigare tra coloro che pur si amano? Capita. Capita di farlo anche, magari, furiosamente? Capita.

Chissà quali saranno state le discussioni dopo i racconti, quella domenica mattina, di Miriàm, che dovettero sembrare deliri a fronte della paura e della pseudo-compostezza virile di quei due.

Ma poi?

Poi, più che la riconciliazione, sopraggiunge, sopravviene, la bellezza: “l’estetica dell’etica”, si potrebbe ardire con una provocazione. 

Girare pagina non è archiviare la lettura di ciò che è stato, bensì semplicemente arrendersi felici al fatto che gli amori hanno altre pagine, nuove, mai lette prima, ognuno la sua.

Che ce ne facciamo di un Vangelo “brutto”? Ridotto a moralismo, a insegnamento spiccio di buon vivere, a galateo per ogni circostanza, a zucchero a velo di borghesismi autosufficienti: che ce ne facciamo di un simile “contro-Vangelo”? Non è il Vangelo di Gesù di Nazaret.

La predicazione episcopale di Tonino Bello fu drammatica. Quella di Luigi Bettazzi sempre serena, anche nei momenti più difficili, anche in mezzo alle contraddizioni. E lui lo sapeva, e infatti salutava la profezia del suo confratello – morto trent’anni e (quasi) tre mesi prima - con quell’immenso “Ora viene il Bello!”.

A volte la scienza liturgica riserva sorprese che lasciano senza fiato. Nel rito ambrosiano – quello in uso a Milano, per capirci, ma anche nella maggior parte del territorio di Como – chi deve leggere le Letture della Messa durante il solenne Pontificale dell’Arcivescovo (o del Vescovo), cioè in sua presenza, deve obbligatoriamente rivestire il piviale, secondo il n. 358 dei Principi e Norme del Messale Ambrosiano. Il lettore – ma ormai dunque anche la lettrice -, benché prete né diacono, veste il piviale, quell’avvolgente mantello liturgico che nel rito romano è riservato in particolare alle processioni.

Ce la vediamo Adriana Zarri che legge la Parola di Dio rivestita del piviale? Probabilmente no. Siamo fuori tempo massimo. 

Eppure Miriàm di Magdala “disse loro”: è lei che annuncia la Parola alla Chiesa istituzionale rappresentata dagli altri due uomini. Non il contrario.

Ora il vescovo Luigi incontrerà Miriàm e Adriana nel Regno di Dio compiuto, non più solo annunciato. Di sicuro si toglierà la mitria e la poserà sul capo delle tante donne, della tante “Miriàm”, tra cui Adriana appunto, già rivestite di splendidi manti, che indicano alla Chiesa e al mondo dove stia per germinare la venuta di Dio.

Buona domenica.