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Chiesa Greco-Ortodossa di San Nicolò, Trieste, Divina Liturgia del Sabato Santo, 15 aprile 2023 - foto di Stefano Sodaro  - il pavimento della chiesa è ricoperto di foglie di alloro, segno della Risurrezione

Chiesa Greco-Ortodossa di San Nicolò, Trieste, Divina Liturgia del Sabato Santo, 15 aprile 2023 - foto di Stefano Sodaro - il presbitero (archimandrita) indossa il phelonion al modo esattamente identico di un tellit ebraico

Dieci, trenta, cinquanta, cinquantacinque, settanta centoquaranta anni fa. (Tra una settimana la Pasqua di un canonista bancario)


di

Stefano Sodaro

Il nuovo Vescovo di Trieste mons. Enrico Trevisi con il nostro direttore

Il nuovo vescovo di Trieste mons. Enrico Trevisi ordinato nella Cattedrale di Cremona sabato 25 marzo 2023 - Foto Diocesi di Cremona, per gentile concessione

Il Prof. Andriy Tanasiychuk - foto tratta da  https://marcianum.discite.it/ppd/carriera.jsp?d=76

Il Prof. Viktor Pospishil - foto tratta da commons.wikimedia.org

Il Patriarca copto cattolico Ibrahim Isaac Sidrak alla sua intronizzazione il 12 marzo 2013 nella Cattedrale del Cairo - foto tratta da commons.wikimedia.org

Tonino Bello (1935-1993), vescovo di Mofetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi

Miriam Camerini a Casalgrande, luglio 2022 - foto di Stefano Sodaro

Miriam Camerini a Trieste, ottobre 2022 - foto di Stefano Sodaro

Miriam Camerini a Matera, maggio 2022 - foto di Stefano Sodaro

Monsieur Chouchani - foto di pubblico dominio

Louis Massignon - foto di pubblico dominio

Mons. Pablo Hakimian, Esarca Apostolico Armeno Cattolico di America Latina e Messico - foto di pubblico dominio

Il titolo alla Lina Wertmüller (immensa regista) del nostro presente editoriale può scoraggiare o incuriosire, chissà.

A partire dalla constatazione – vorremmo subito evidenziarla, anche con le due foto sopra il titolo – che quest’oggi è domenica di Pasqua per tutte le Chiese Ortodosse.

Mondi cristiani sconosciuti si intravedono, infatti, appena dopo Trieste, od anzi – meglio – dentro il suo stesso contesto urbano, dove a triestine e triestini sono in effetti notissimi, ma non così a chi qui non vive e che di solito rimane stupefatto/a apprendendo come esercitino giurisdizione vescovile su Trieste un Metropolita Serbo-Ortodosso, un Metropolita Greco-Ortodosso, un Esarca Apostolico Ucraino Cattolico Bizantino e, certo, pure un Vescovo Cattolico Romano, sulla cui cattedra, tra una settimana esatta, si assiderà il successore di mons. Giampaolo Crepaldi, mons. Enrico Trevisi.

Ma – tornando al titolo, che occupa due righe intere, di questo povero scritto – vorremmo proporre un itinerario per immagini, proprio tramite le numerose fotografie che sono state inserite in questa pagina.

Un certo Antonio Sodaro, capostipite di una storia che ci riguarda molto da vicino, compie oggi 84 anni, la stessa età del suo amico Claudio Magris.

E tra due giorni, per chi fosse nato il 18 aprile 1968 – come il sottoscritto – si compiono i 55 anni di vita, non senza un ammutolito stupore per la velocità del tempo trascorso e non senza un po’ di mestizia per l’altro tempo, da dopodomani in poi, che con ogni verosimiglianza non sarà più così lungo. Però – però – assai più delle quantità cronologiche importa la qualità del tempo vissuto e, a sommesso parere del qui scrivente, la qualità si determina dal solo ingrediente dell’amore. Detto con ogni pudore e senz’aggiungere altro.

Per chi invece fosse nato, ad esempio, il 18 aprile 2007, come tal Sara Sodaro – figlia del sottoscritto – il compleanno sarà per il suo 16° genetliaco.

Torniamo alle foto. Ci immaginiamo già l’emozione della prossima domenica per l’avvicendamento episcopale triestino nella Cattedrale di San Giusto, che segna la svolta, il voltare pagina, della storia più recente della Chiesa locale del capoluogo giuliano. Ci saremo, tra la stampa, per conto di questo nostro settimanale.

E tuttavia contaminiamo subito ogni aura di romanticismo ecclesiale con due annotazioni brutalmente tecniche, che nondimeno danno il senso di due altre foto odierne.

Scrive il compianto prof. Viktor Pospishil, canonista ucraino di eccelsa fama, in un suo scritto del 1960: «No change of Rite is involved when a Catholic transfer from one subdivision of a Rite to another, as (1) from the Coptic to the Ethiopian discipline, and vice versa, both subdivisions od the Alexandrine Rite; (2) from the Syrian to the Maronite or the Malankara disciplines, all subdivisions of the Rite of Antioch; (3) from the Chaldean to the Malabarian discipline, which have a common origin; (4) from one discipline of the Byzantine Rite to another of the same Rite.» (V. Pospishil, Code of Oriental Canon Law. Law on Persons, Philadelphia 1960, p. 33).

L’osservazione, per la scienza del diritto canonico, assume un’importanza decisiva, dal momento che così si spiega la prassi, ancora attuale (lo riferiamo a ragion veduta), del competente Dicastero della Santa Sede nel concedere, ad esempio, il passaggio di rito dalla Chiesa Latina alla “Chiesa Bizantina”, senza nessun’altra specificazione.

La seconda osservazione canonistica è, invece, del giovane Prof. Andriy Tanasiychuk, anch’egli ucraino, docente al “Marcianum” di Venezia, allorché riflette sull’estensione analogica della possibilità di passaggio di rito – che il codice di diritto canonico consente – di un coniuge latino al rito orientale dell’altro: «Penso che anche lo stesso principio può essere applicato nel caso in cui il marito cattolico si sposa con una donna ortodossa. Per il bene comune dei coniugi e anche per la educazione dei figli, il marito esprime il desiderio di passare alla Chiesa sui iuris orientale cattolica che segue lo stesso rito che segue la Chiesa ortodossa della moglie.» (A. Tanasiychuk, “Il fedele cristiano e il suo stato canonico nella propria Chiesa sui iuris. Questione dell’ascrizione e del passaggio ecclesiastico”, in Ephemerides Iuris Canonici, Anno 51 (2011) n. 2, p. 339). Per inciso, annotiamo a nostra volta che in tal caso non sarebbe dunque necessario una licenza espressa da parte della Santa Sede, perché sarebbe presunta ex lege.

Se ora associamo le due annotazioni e se pensiamo che il Papa ha ricordato poco tempo fa che tutto l’Oriente ordina uomini sposati al presbiterato, cosa accadrebbe se al nuovo Vescovo di Trieste fosse sottoposta una simile questione?

La terza foto è, infatti, relativa all’intronizzazione, dieci anni fa al Cairo, del Patriarca Copto Cattolico, mons. Ibrahim Isaac Sidrak, che, come per ogni Patriarca orientale cattolico, gli studiosi definiscono, forse un po’ gergalmente, “capo-rito” della corrispondente Tradizione Rituale, in questo caso Alessandrina, che dunque – tecnicamente – corrisponde appunto ad un “rito” in senso giuridico-canonico. Peraltro, nel contesto italiano, continuano ad essere discorsi del tutto astrusi e completamente sconosciuti. Figuriamoci la distinzione tra “rito” e “tradizione rituale”. Ci dovremo tornare.

1993. Trent’anni fa – quarta foto – il 20 di aprile, giovedì prossimo, moriva a Molfetta don Tonino Bello. Su di lui pare persino goffo, sfrontato, articolare qui, ora, un qualsiasi ulteriore commento rispetto a ciò che si è scritto, raccontato, tramandato della sua straordinaria testimonianza. Ricordiamo la sua presenza a Trieste, proprio nella casa di Antonio Sodaro, il 31 dicembre 1991, e auguriamo ad ogni vescovo italiano di assumerlo come esempio di riferimento.

Però, in realtà, qualcos’altro su di lui possiamo aggiungere, ma non di biografico.

Abbiamo, cioè, voluto che il prossimo giovedì, senza strepiti e senza terze presenze, sia per noi possibile fare memoria di Tonino Bello tramite un collegamento da Parigi con una vera maestra di ebraismo - in questi mesi residente a Gerusalemme -, che quantunque si professi solo una studiosa, sembra essere lei stessa la figura femminile di quel rabbi di Nazaret, il quale con lei condivise e condivide per sempre la medesima appartenenza al Popolo d’Israele. Di chi stiamo parlando risulta evidente dalle successive tre foto e siamo in attesa, febbrile, di poter – se lo vorrà e secondo i suoi tempi ed i suoi interessi, e con la periodicità per lei preferibile – rinnovare contenuti, ed eventualmente anche forma, della sua rubrica The Rabbi is in.

Nel 1968 accaddero altri eventi.

Fu pubblicato il dramma teatrale L’avventura d’un povero cristiano di Ignazio Silone – ne abbiamo qui copia della prima edizione. Pensare ad una sua attuale rappresentazione potrebbe congiungersi a tutta la serie di considerazioni – comprese quelle strettamente giuridiche – fin qui svolte. Sarebbe, infatti, molto lontana, una simile riproposizione di quel testo, da una vera e propria “sacra rappresentazione” con tutte le implicazioni connesse, di ordine dunque anche liturgico o para-liturgico? Secondo noi, no davvero.

E nel 1968 – a Montevideo – morì Monsieur Chouchani (altre tre foto inserite nel nostro presente editoriale), della cui figura Miriam Camerini, per appunto, è, ed è stata, valentissima divulgatrice di conoscenza.

Chi era Monsieur Chouchani? Non siamo in grado di rispondere, in realtà non lo vogliamo neppure.

Morì nella capitale dell’Uruguay cinque anni prima del colpo di stato, il 27 giugno 1973 - che segnò l’avvio di una tremenda dittatura in quel Paese latinoamericano. Cinquant’anni fa a giugno prossimo, sì, esattamente.

Il 1968 fu pure l’anno di Medellin, della Seconda Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano voluta e inaugurata da Paolo VI, pietra miliare per l’attuazione del Vaticano II in America Latina, ma avvenimento fondativo per l’intera Chiesa Cattolica postconciliare.

Altre memorie che ricorrono nel 2023.

Centoquaranta anni fa, il 25 luglio 1883, nacque a Nogent-sur-Mame il nostro Louis Massignon, massimo esperto moderno dell’Islam e prete cattolico nel rito bizantino, appunto, benché sposato e padre di famiglia. E fu non la moglie, la cugina Marcelle Dansaert-Testelin, ad orientarlo in tale direzione, bensì la sua confidente spirituale, Mary Kahil, cattolica melkita anch’ella.

Monsieur Chouchani, per motivi ancora misteriosi benché in corso d’indagine, decise di partire per l’Uruguay, dove morì.

Ma, oltre alla diaspora ebraica, in Uruguay esiste, fin dagli anni immediatamente successivi al Genocidio, e dunque fin dalla fine degli Anni Dieci del Novecento, una importantissima Comunità Armena, composta di appartenenti alla Chiesa Ortodossa – Armena Apostolica – ed alla Chiesa Cattolica di Rito Armeno, il cui Esarca Apostolico attuale, mons. Pablo León Hakimian, compirà nel 2023 i settant’anni. E proprio in Montevideo esiste la concattedrale di tale Esarcato.

La figura di mons. Hakimian risulta, a nostro avviso, di particolare rilevanza ed interesse anche per un’intervista radiofonica, di un anno e mezzo fa, in cui il vescovo armeno si dichiara disponibile a formare ed ordinare «con mucho gusto» candidati al presbiterato che siano sposati (ai minuti 7 ed 8 della registrazione ascoltabile qui). 

Ne deriva una conferma sostanziale di quella funzione “sussidiaria” delle Chiese Orientali Cattoliche, rispetto ad urgenze pastorali inevase in ambito non orientale – come la richiesta sinodale di ordinazione presbiterale di diaconi sposati in Amazzonia, rimasta senza seguito -, che potrebbe riservare sorprese notevoli ed impensate –, che abbiamo provato ad argomentare in un altro nostro editoriale, del 12 marzo scorso.

Il ’68 è stato demonizzato, con ritmo crescente, a livello diffuso. Ma il maggio francese di cinquantacinque anni fa diede origini a dinamiche imprescindibili di rinnovamento sociale e culturale, con cui ci dobbiamo confrontare ancora oggi.

Intanto, pochi giorni fa, sono tornate a volare le rondini nel cielo della nostra città. Hanno aleggiato, gridando forte, vicino al tetto della “Casa di Rodafà”, sede dell’Associazione Culturale “Casa Alta”. Portano gli auguri di Buona Pasqua e Buona Primavera. Ne siamo convinti.

Buona domenica allora, e buona settimana.