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Matrimonio di guerra tra soldati ucraini - foto tratta da commons.wikimedia.org


Ucraina 1

di Dario Culot

Il nostro secolo, e siamo soli agli inizi, sembra già esausto. La guerra in Ucraina, che ha fatto finire in secondo piano il covid ancora presente in mezzo a noi, ci ricorda quanto l’umanità sia vulnerabile, ma soprattutto quanto siano fragili i nostri valori che pensavamo essere ormai condivisi da tutti, visto quanto erano nobili[1]. Lo shock di questo conflitto ci ricorda ogni giorno che quel linguaggio di non-violenza, quel cammino di pace che davamo per scontato in Europa, scontato non è, e siamo per di più minacciati da un’inflazione e in genere dalla prospettiva di una grave crisi economica strettamente collegata a questa guerra, per non parlare grave crisi climatica. Un singolo e imprevisto evento – pur non toccandoci ancora direttamente, anche se ancora non sappiamo se ci coinvolgerà in seguito - è stato in grado di cambiare profondamente il contesto geopolitico ed economico nel quale siamo chiamati ad operare. Comunque una cosa mi sembra indubitabile: l’uso violento delle armi da parte di Putin ha avuto sull’Europa il risultato politico di compattare l’istituzione europea fino a quel momento divisa quasi su tutto, e di riaffermare per il futuro la necessità di avere un forte esercito rivitalizzando l’istituzione già esistente della Nato (che Macron aveva ormai dato per morta non molto tempo fa[2]).

Personalmente sono contrario a spendere tanto per le armi, come sono contrario a spendere tanto per medici e medicine. Preferisco essere sano senza aver bisogno di medici, preferisco che tutti vivano in pace senza bisogno di eserciti. Preferirei anche spendere la mia quota di tasse che pago allo Stato per questi due servizi per migliorare la scuola e la sanità in favore delle classi meno agiate. Purtroppo, però, le malattie colpiscono tutti indistintamente e se i batteri mi attaccano mi difendo andando dal medico e poi in farmacia, dove mi aspetto di trovare farmaci validi per curarmi; e, come tutti, spero anche che la medicina continui a studiare e fare progressi per curarmi sempre meglio. Analogamente se siamo assaliti da un nemico esterno, da uno Stato estero, spero che il nostro esercito sia in grado di difenderci. Ma per riuscire a difenderci deve essere adeguatamente modernizzato, anzi deve essere possibilmente più avanti dal punto di vista tecnologico di chi ci assale[3]. Come non ci facciamo più operare da un medico che volesse usare tecnologie della prima guerra mondiale, o farmaci obsoleti, così non ha senso avere un esercito che usa armi della prima guerra mondiale, che pur all’epoca erano micidiali e innovative. Peccato che, in tutti i campi, ogni aggiornamento abbia costi notevoli, e nulla sia mai gratis. Perché spendiamo tanto per i nuovi aerei F35? Perché se volessimo difenderci usando i vecchi F104 o gli ancora più vecchi Mustang ad elica P56 della guerra di Corea non riusciremmo a farlo, anche se all’epoca questi aerei erano all’avanguardia. Perciò mi rassegno a dare attraverso le tasse il mio contributo sia per le spese della Difesa sia per la Sanità.

È in questo contesto che si deve collocare la scelta di rispettare l’impegno italiano preso con gli alleati per accrescere fino al 2% del PIL le spese per la difesa[4]. Non dobbiamo farlo perché siamo per natura guerrafondai; non dobbiamo farlo perché quest’impegno è stato assunto nel 2014, al vertice in Galles, da tutti i Paesi membri dell'Alleanza atlantica e quindi anche dall'Italia, e in seguito è stato più volte confermato,[5] ma perché è vitale per la sicurezza nazionale e di ogni Stato europeo[6]. E come soleva dire Kissinger, nelle relazioni internazionali la reputazione dell'affidabilità è una risorsa ben più importante della dimostrazione di abilità tattiche, e l’Italia - che già non gode di altissima fama a livello internazionale,- ne uscirebbe disastrosamente se, in questa situazione di pericolo globale, si tirasse indietro rimangiandosi gli impegni presi, incrinando così la coesione dell’Europa. Putin non è riuscito finora a vincere militarmente con una guerra lampo come si aspettava[7]. Ma la sua idea che l’Europa declinante non riuscirà a reggere a lungo la tensione, è veramente infondata? Oppure ha visto giusto pensando che, fra i tanti distinguo, l’Europa si sfascerà, a cominciare proprio dall’Italia[8]?

Ora, possiamo guardare alla guerra in Ucraina sotto vari aspetti: l’aspetto legale, l’aspetto politico e l’aspetto religioso, senza ovviamente la pretesa di dare risposte definitive e giuste. Cominciamo oggi dal primo punto.

A) Partiamo dal profilo legale.

È stato sostenuto che l’invio delle armi in Ucraina, da parte dell’Italia, ha sollecitato oltremisura e allungato illecitamente dell’articolo 11 della nostra Costituzione, laddove esso prescrive che: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Qualcuno ha pontificato che è perfino intuitivo, anche a un profano del diritto, come la Costituzione sul punto sia categorica: molto semplicemente l’opzione bellica è bandita dal nostro orizzonte giuridico. Si è aggiunto che è stato “sfidato” il valore della sovranità visto che l’art. 11 è perentorio nel sancire che “l’Italia consente, in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”, ma chiunque abbia compulsato gli atti parlamentari relativi al dibattito dell’assemblea costituente sa che i famosi “padri” si riferivano, con tale norma, solo all’Onu,[9] e non all’Unione europea e alla Nato. In ogni caso, l’affievolimento della sovranità non è comunque ammessa quando si parla di armi, alla luce della prima parte dell’art.11 citato che prevale sempre[10].

Ora, queste affermazioni potranno forse sembrare intuitive a un profano di diritto, ma chi ‘mastica’ almeno un po’ il diritto si avvede subito che la questione non è affatto così semplice e lineare.

Anche se i padri costituenti pensavano all’Onu (ma non potevano far diversamente perché non esistevano ancora né l’Unione Europea e neanche la Nato[11]), già l’art. 2.4 della Carta delle Nazioni Unite[12] considera illeciti la minaccia e l’uso della forza armata “contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite”. Dopodiché, l’art. 51 della stessa Carta garantisce la difesa individuale e collettiva come diritto naturale di ogni Stato, che può quindi legittimamente resistere con le armi a una aggressione. E allora si può dire che il richiamato articolo 11 rifiuta ‘categoricamente’ la partecipazione dell’Italia a guerre di aggressione e quelle finalizzate alla soluzione di controversie, vieta cioè la guerra come strumento di politica offensiva e di conquista, ma non bandisce affatto dal nostro orizzonte giuridico tutte le forme di intervento armato. Oltre all’ipotesi prevista in Costituzione del sacro dovere di difendersi da aggressioni esterne (per l’appunto l’art. 52 Cost. prevede espressamente il sacro dovere di difendere la Patria da parte di ogni cittadino, evidentemente non con le mani o con le preghiere), il citato art. 11 prevede l’adeguamento costituzionale alle decisioni dell’Onu anche quando implicano il ricorso all’uso della forza, compresa la partecipazione a conflitti armati in osservanza dei principi della Carta Onu. Quindi, questa piena coincidenza fra fonte internazionale e fonte costituzionale italiana elimina in radice la tesi pacifista secondo cui il ripudio della guerra esclude sempre e comunque ogni ricorso alle armi. Non si può cioè leggere la prima parte dell’art. 11 slegato dalla seconda parte, tant’è vero che le due parti non sono nemmeno separate da un punto e a capo, ma solo da un punto e virgola. La prima parte vieta una guerra in vista di conquiste territoriali (come l’Italia aveva fatto in Etiopia e come Putin sta facendo adesso con l’Ucraina[13]). Solo questo è vietato. La seconda parte – proprio in osservanza di questo ripudio di ogni guerra di conquista, concetto nato dalla Resistenza che aveva combattuto in armi il nazifascismo - ritiene perfettamente legittime le limitazioni alla propria sovranità nazionale necessarie in un ordinamento sovrastatale che mira ad assicurare la pace, la giustizia e la sicurezza fra le Nazioni, anche se per perseguire questi scopi si deve ricorrere, come extrema ratio, all’uso delle armi; in quest’ottica la stessa Costituzione favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo, tipo Onu, ma anche l’Unione Europea.

Il professore di diritto costituzionale Giuseppe de Vergottini, – proprio con riferimento agli atti parlamentari e ai padri costituenti - ha spiegato perché gli stessi, rinunciando parzialmente alla sovranità nazionale, abbiano con ciò escluso la volontà di isolarsi nell’ambito internazionale per cui hanno esplicitamente rifiutato di scrivere nella Costituzione il principio di neutralità,[14] di disarmo e di non-violenza[15] totali. E questo stesso concetto è stato ripetutamente posto in risalto dalle decisioni della nostra Corte Costituzionale (cfr. sentenze n. 82/ 1976; n. 86/1977; n. 110/1998; n. 106/2009; n. 24/2014, con ampi richiami agli artt.52, 78 e 87 della stessa Costituzione e alla doverosità della difesa).

Dunque, sono stati proprio i vari Stati membri delle Nazioni unite a prevedere volontariamente la limitazione delle loro stesse sovranità statali, sovranità che – se eccessive,- sono spesso la causa prima delle aggressioni. Ciò in linea con la logica del nostro articolo 11 della Costituzione che, da un lato ripudia la guerra, ma dall’altra autorizza l’Italia a contribuire, insieme ad altri Paesi, a far funzionare istituzioni multilaterali che siano in grado di esercitare la deterrenza contro eventuali aggressori. Siamo davanti a una scelta multilaterale, tendenzialmente non-violenta, ma non di pacifismo isolazionista e unilaterale.

Non è vero dunque che l’Italia deve sempre chiamarsi fuori quando sente odor di guerra, proprio perché, appartenendo a organizzazioni internazionali, di fronte a un interesse comune internazionale come quello che persegue ad es. l’Onu, deve dare prevalenza a questo. E la Carta dell’Onu, dopo aver affermato nel preambolo che la forza delle armi non sarà usata salvo che nell'interesse comune, all’art.42 stabilisce con precisione che, se il Consiglio di Sicurezza ritiene che le misure economiche previste nel precedente articolo 41 (comprendenti un'interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie, marittime, aeree, postali, telegrafiche, radio ed altre, e la rottura delle relazioni diplomatiche) siano inadeguate o si siano dimostrate inadeguate, esso può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Tale azione può comprendere ogni tipo di operazioni mediante forze aeree, navali o terrestri di Membri delle Nazioni Unite. L’art.44 chiarisce poi spetta al Consiglio di Sicurezza decidere di impiegare la forza, mentre il successivo art.46 prevede che la forza armata sia fornita dagli Stati membri. Quindi l’Onu ammette espressamente l’uso delle armi per bloccare un’aggressione di uno Stato che muovendo guerra a un altro Stato mette in pericolo la pace e la sicurezza internazionale.

Nel caso attuale dell’Ucraina, l’obiettivo russo della eliminazione di un regime politico statuale ucraino, cui si aggiunge la lesione di persone, la distruzione o quanto meno il danneggiamento dell’economia del Paese aggredito, corrisponde indubbiamente al concetto di guerra[16] di aggressione e di conquista, ancorché la Russia usi il termine più soft di operazione militare speciale, e arresta in Russia chi parla di guerra. Di fronte a un attacco militare violento con cui sono state messe in pericolo la pace e la sicurezza in Europa, tutti hanno percepito come sia diventato improvvisamente prioritario il tema della sicurezza globale[17] perché è chiaro che con quell’attacco Putin vuol farci capire come i nostri valori occidentali siano ormai superati e da eliminare, e come le regole di convivenza accettate in Europa occidentale in questi ultimi ottant’anni siano da lui considerate obsolete: per lui, che vuol riportare l’impero russo agli antichi splendori, esiste solo la propria sete di potere di conquista. Eravamo convinti i nostri valori fossero accolti da tutti avendo dimostrato che fra gli Stati democratici europei non ci sono state più guerre per quasi un secolo; eravamo convinti che il nostro modo di vivere fosse garanzia di libertà e accettazione delle stesse regole per tutti, sì che la guerra fosse ormai vista un crimine e nessuno l’avrebbe fatta per nessun motivo. Siamo stati smentiti, e finché c’è qualcuno che chiama operazione militare speciale il bombardamento delle città, l’uccisione dei civili e arresta a casa sua chi chiama guerra questa operazione violenta, è bene prenderne atto e trarre le dovute conseguenze.

L’Assemblea dell’Onu – stante l’impossibilità del Consiglio di deliberare alcunché di fronte al veto posto dalla Russia[18]- nella risoluzione del 2 marzo 2022 ha indicato con estrema chiarezza che la Russia ha violato la pace e la sicurezza internazionale (141 Stati a favore della risoluzione, 5 contrari, 35 astenuti)[19]. Un’identica votazione si è ripetuta il 24 marzo, quando l’Assemblea generale ha votato a favore dell’apertura di corridoi umanitari senza ostacoli (che come sappiamo sono stati ripetutamente frapposti dal governo russo) per far sfollare i civili ucraini dalle città bombardate.

Inoltre, in data 16 marzo 2022 la Corte Internazionale di Giustizia accogliendo il ricorso dell’Ucraina (tredici voti a favore due contrari) ha ordinato alla Russia di «sospendere immediatamente l’operazione militare iniziata il 24 febbraio 2022 in territorio ucraino». Avendo disatteso l’ordine, è la Russia a trovarsi oggi in una situazione di illegalità internazionale, proprio dal punto di vista del diritto internazionale. Infine la Russia ha anche palesemente violato l’accordo internazionale di Budapest del 5.12.1994,[20] con cui l’Ucraina – aderendo al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari - inviava in Russia tutto il suo arsenale nucleare ereditato con il dissolversi dell’URSS, e la Russia, in cambio, garantiva l’indipendenza ed l’integrità territoriale dell’Ucraina.

Ultima osservazione: come rimarcato correttamente dal prof. de Vergottini, la decisione del nostro governo di inviare armi in Ucraina non contrasta neanche con la legge 9/7/1990 n. 185 che disciplina l’esportazione, l’importazione e il transito dei materiali di armamento. Essa vieta esportazione e transito di armamenti in casi di «contrasto con la Costituzione, con gli impegni internazionali dell’Italia e con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato, della lotta contro il terrorismo e del mantenimento di buone relazioni con altri Paesi,[21] nonché quando manchino adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali» (art. 1, 5° co.). Vieta poi esportazioni e transito verso i Paesi in stato di conflitto armato contrastante con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Ma qui la situazione è esattamente l’opposta perché il conflitto deriva proprio da una aggressione subita in violazione dei principi fissati dalle Nazioni Unite e quindi risponde a esigenze di legittima difesa in perfetta linea col richiamato articolo 51 della Carta e l’art.11 della nostra Costituzione. Perciò in questo caso l’esportazione di armi è assolutamente legale.

A chi infine sostiene che le armi sarebbe meglio tenerle per noi, nel caso fossimo un domani attaccati, è agevole rispondere che se oggi non le diamo agli ucraini faremo avvicinare ai nostri confini uno Stato che si è dimostrato imperialisticamente aggressivo, sì che un domani gli si renderebbe più facile e più possibile l’ulteriore aggressione nei nostri confronti. Già in questo momento è in corso uno scontro ideologico fra società autocratiche e democratiche, sì che già oggi è in gioco la nostra stessa libertà, per cui gli ucraini stanno già combattendo anche per noi. Rimanendo semplici spettatori noi ci rendiamo complici dell’aggressore.

Certo, muovendoci come si sta muovendo in questo momento, l’Europa non evita a priori che la guerra possa allargarsi. Ma per evitare una guerra non si può evitare a priori il rischio di una guerra. E forse, con questa tragica vicenda, scopriremo che l’Europa è al momento il nostro unico punto saldo di riferimento e di equilibrio, e ci lamenteremo non più della troppa invadenza dell’Europa nelle nostre faccende nazionali, ma piuttosto del fatto che abbiamo ancora troppo poca Europa.

(continua)


NOTE

[1] Eravamo ormai fra l’altro convinti che fosse vera l’intuizione dell’economista e filosofo francese Frédéric Bastia, che agli inizi del 1800 aveva affermato: “Dove non passano le merci, passano gli eserciti” (citato in Helen Disney, No al protezionismo! Idee per una globalizzazione migliore, Rubettino, Treviglio, 2004, p. 7).

[2] Il presidente francese aveva sostenuto che “La Nato è in stato di morte cerebrale” in https://www.ilpost.it/2019/11/07/macron-nato-trump/

[3] Oggi la guerra non si fa con otto milioni di baionette (come pensava Mussolini), ma in primo luogo con satelliti, computer, attacchi cibernetici e droni.

[4] La Russia spende per le forze armate il 5,3% del suo PIL.

[5] Gli impegni sono stati sottoscritti dall'allora Governo italiano in carica e riaffermato da tutti i successivi presidenti del Consiglio, nessuno escluso (cioè anche dai due governi Conte, il quale oggi fa resistenza dimenticando cosa aveva sottoscritto, come Putin dimentica cosa aveva sottoscritto la Russia) negli anni seguenti, con dichiarazioni formali sottoscritte in svariati summit e confermate anche in quello di Londra, nel dicembre 2019.

[6] Anzi, sarebbe meglio, per l’efficacia di questa scelta, che l’impegno di ogni singola nazione europea venisse convogliato nella costruzione di uno strumento unitario di difesa europea. La cosa però non sembra al momento fattibile perché:

a) non è ancora chiaro chi dovrebbe ordinare al nuovo esercito europeo di combattere o arrendersi, di avanzare o indietreggiare; in guerra la nomina di un generale unico in capo è fondamentale. In ogni guerra, avere un comandante unico è imperativo, tatticamente e psicologicamente.

b) senza armi nucleari qualsiasi Stato munito di questo tipo di armi potrebbe sempre ricattare l’Europa, che quindi dovrebbe necessariamente rimanere sotto l’ombrello di protezione nucleare americano (mentre gli USA sembrano voler incentrarsi di più sulla Cina e sull’area dell’oceano Pacifico); oppure si dovrebbe accettare come Stato-guida la Francia, unico Paese dell’UE a possedere armi nucleari; ma non tutti i Paesi europei sono d’accordo.

Se la Russia, dopo l’Ucraina, attaccasse un Paese della Nato, scatterebbe l’obbligo per tutti gli altri Paesi membri di correre in suo soccorso, come quando Francia e Inghilterra han dovuto dichiarare guerra alla Germania, obtorto collo, avendo la Germania invaso la Polonia loro alleata. E noi pensiamo di poter andare in soccorso di altri anche se non abbiamo un armamento e una tecnologia adeguati? O forse il nostro motto resta: ‘io speriamo che me la cavo’ e gli altri si arrangino come possono?

[7] All’inizio, dichiarando di voler denazificare l’Ucraina, ritenuta priva del diritto all’indipendenza in violazione ai patti da lei stessa sottoscritti, in Russia si parlava di un’operazione di polizia interna, non di una guerra internazionale. Ora, fallito il tentativo di arrivare a Kiev e far cadere il governo, Mosca cerca di tagliare fuori dal mare l’Ucraina, avanzando ad oriente fin verso la Transnistria (porzione della Moldavia). È evidente che Putin si fermerà solo se capirà di non essere il lupo davanti all’agnello, che pensava di sbranare in un amen. Ma l’agnello sacrificale può trasformarsi in un antagonista del lupo solo se aiutato militarmente dall’esterno. Quindi o lo fermiamo noi, o Putin, che si muove sulle orme imperialistiche degli zar, non si fermerà. Ogni guerra finisce o per annientamento dell’avversario, o quando entrambi i contendenti si rendono conto che continuando hanno solo da perdere. Solo a quel punto la diplomazia torna ad aver peso maggiore dei generali. Coloro che pensano che i negoziati nascono spontaneamente e si concludono brillantemente per forza propria, sono come coloro che credono a Babbo Natale.

[8] Già Winston Churchill, in piena guerra, aveva indicato l’Italia come il ventre molle dell’Europa, e infatti la fine della II guerra mondiale è iniziata con l’invasione della Sicilia nel 1943.

[9] Carraro F., Sulla guerra la Costituzione è drastica, “Fatto quotidiano” 1.4.2021. Il costituzionalista Gaetano Azzariti, intervistato su “Avvenire” 21.4.2022, 4, è dell’idea che la Costituzione è stata aggirata per inviare armi in Ucraina.

[10] Ricchiutti G., presidente Pax Christi, “Famiglia Cristiana”, 3.4.2022 n.14.

[11] Mentre la nostra Costituzione è stata promulgata il 1.7.1946, la Nato è stata costituita il 4.4.1949 e la CEE (antesignana dell’odierna Unione europea) è stata costituita appena nel 1957.

[12] Considerato unanimemente come base del diritto internazionale.

[13] Parlo di Putin e non del popolo russo perché il popolo non è responsabile delle scelte scellerate dei suoi capi. Perciò trovo assurdo che, per rimarcare la nostra distanza dall’aggressore, si cerchi di cancellare ogni riferimento alla Russia, come gli scritti di Dostoevskij o i balletti di Tchaikovsky, opere che hanno dato lustro non solo alla cultura europea, ma a quella dell’intera umanità.

[14] Finlandia e Svezia, Paesi che della neutralità avevano fatto la loro religione (esiste perfino all’uopo il termine ‘finlandizzazione’), e per questo mai in conflitto o in tensione con altri Stati, hanno sempre avuto un esercito efficiente. Però, l’invasione brutale di Putin all’Ucraina le ha talmente preoccupate, da far loro chiedere di entrare sotto l’ombrello protettivo della Nato. Putin, che forse intendeva spaventare l’Europa col suo attacco, e diceva di paventare che l’Ucraina entrasse nella Nato, ha certamente smosso e acque europee ma ha ottenuto il risultato opposto: sta facendo allargare la Nato a nord.

[15] Che Gandhi predicava e metteva in pratica già da tempo.

[16] Da rammentare che l’art.2 della L. 14/11/2000, n. 331, equipara alla guerra implicante il ricorso all’impiego delle forze armate anche una “grave crisi internazionale nella quale l’Italia sia coinvolta direttamente o in ragione della sua appartenenza a una organizzazione internazionale”.

E l’art.2 della L. 27/2/2002, n. 15 (modificando l’art.165 del codice penale militare di guerra) dà questa definizione del conflitto armato: “Ai fini della legge penale militare di guerra, per conflitto armato si intende il conflitto in cui una almeno delle parti fa uso militarmente organizzato e prolungato delle armi nei confronti di un’altra per lo svolgimento di azioni belliche”.

Non è allora giuridicamente esatto dire che “non si tratta di guerra, ma di invasione perché l’Ucraina non riesce a ricambiare l’offesa come succede in tutte le guerre: pensiamo alla Seconda guerra mondiale, gli aerei tedeschi bombardavano l’Inghilterra e quelli inglesi la Germania” (Aspesi N., “Il Venerdì” n.1778/2022, 12): non solo questa è guerra.

[17] Non è un caso se alla riunione della Nato di mercoledì 7 aprile 2022 hanno voluto partecipare, oltre a tutti i membri, altri quattro Paesi europei e altri quattro Paesi asiatici: c’è un’evidente preoccupazione ed interesse a collaborare in conseguenza dell’aggressione russa a un Paese indipendente, sovrano, che non ha attaccato o minacciato di attaccare la Russia per primo.

[18] A dire il vero, l’art.27 della Carta, dice che “le decisioni del Consiglio di Sicurezza […] sono prese con un voto favorevole di nove membri (su un totale di 15), nel quale siano compresi i voti dei 5 membri permanenti”. In questo senso, i membri permanenti, se non danno il proprio voto favorevole, godono di un indiretto “diritto di veto”. E visto che il veto non deve essere motivato, il Liechtenstein ha proposto all’assemblea generale di imporre la motivazione ai cinque membri permanenti quando utilizzano questo loro diritto, di cui possono facilmente abusare.

[19] La schiacciante maggioranza conferma che la Russia ha usato la forza armata contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica dell’Ucraina, e quindi ha violato la Carta dell’Onu, mettendosi dalla parte del torto legale. L’aggressione non è giustificata dal fatto che la Russia ha anche delle ragioni politiche dalla sua. Calza a proposito questo esempio: se io ho un debitore che non mi paga, io ho delle ragioni da far valere, ma non posso andare a casa sua e sparargli per farmi restituire i soldi: se lo facessi la polizia mi arresterebbe. Nel caso di specie la polizia internazionale (l’Onu) non è abbastanza forte da poter arrestare Putin e il suo governo.

[20] Nel 1994 l’Ucraina, la Russia, gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno firmato a Budapest un Memorandum sulle garanzie di sicurezza a cui si sono in seguito unite Francia e Cina. In base a questo Memorandum l’Ucraina, che aveva un arsenale gigantesco di armi nucleari nel suo territorio, vi rinunciava e aderiva al trattato di non proliferazione nucleare come stato libero da armi nucleari. Tutto ciò in cambio dell’integrità dei suoi confini e della sua sovranità. Ora Putin ha violato quella promessa legalmente formalizzata a detrimento della sicurezza mondiale.

[21] L’ambasciatore russo a Roma si duole del fatto che i rapporti fra Russia e Italia si siano degradati. E come potrebbe essere diversamente se la Russia invade un altro Paese indipendente e sovrano, e una volta conquistato pretende anche di cambiargli il nome in Novorossiya? (Nuova Russia).