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Quarant’anni senza cristiani anonimi


di Stefano Sodaro

Karl Rahner (1904-1984) - immagine tratta da commons.wikimedia.org



Il 30 marzo 1984 – quarant’anni ieri, Sabato Santo, mentre allora era un venerdì di Quaresima – moriva Karl Rahner, il grande teologo gesuita nato nel 1904, di cui da un po’ non si sente più parlare. 

E sarebbe interessante, prima di tutto, chiedersi come mai, non tra gli specialisti, certo, ma a livello diffuso, per così dire “divulgativo”, di Rahner ormai si taccia. Forse perché la complessità del suo pensiero era quanto di meno divulgativo e facilmente accessibile si possa immaginare? Forse. In tal caso, non ci sarebbe nulla di cui meravigliarsi. Ma viene il sospetto che non sia così.

Dei “cristiani anonimi”, infatti, tutte e tutti abbiamo probabilmente sentito parlare.

E proprio simile nozione, nei contesti ecclesiali, dagli anni 90 in poi dello scorso secolo, ha cominciato a fare problema. Grosso, grave, problema.

Nella Chiesa italiana, ma anche più ampiamente europea, di fine Novecento e del primo decennio degli Anni Duemila, la sottolineatura costante, a tratti quasi asfissiante, delle ragioni dell’identità, della necessità di definirsi e definire senza tentennamenti e imbarazzi la propria fede di appartenenza, trovava nelle riflessioni di Rahner un oggettivo ostacolo.

I suoi “cristiani anonimi” erano quanti – uomini e donne – professavano non verbalmente la fede nel Cristo, ma si ritrovavano, per la propria condotta di vita, a far combaciare il Vangelo, o almeno la tensione al suo progetto, con le proprie scelte importanti, di fondo, decisive.

Il pensiero di Rahner transitava – alla scuola del Concilio – dall’“extra Ecclesiam nulla salus” all’“extra Christum nulla salus”. La differenza non è e non era da poco.

E forse non è un caso che di un autore come Christoph Böttighmeimer sia appena comparso, in traduzione italiana, per Queriniana, il suo volume intitolato Il messaggio di Gesù sul Regno di Dio. Il centro perduto della fede cristiana. Si legge alla prima pagina delle Premesse del testo: «Negli ultimi decenni le scienze bibliche e la teologia sistematica sono arrivate alla conclusione unanime che il regno di Dio costituisce l’essenza della predicazione di Gesù. Il messaggio del regno di Dio non sta solo alla base della vita pubblica di Gesù, ma rappresenta anche il nucleo della fede cristiana […]. Tuttavia, se oggi si interrogano i teologi e i credenti sull’importanza di Gesù, ciò che viene messo di gran lunga in evidenza è la sua morte in croce oppure il suo morire per i peccati dell’umanità. Non di rado la questione del messaggio di salvezza del Vangelo e quella del Gesù storico rimangono senza risposta. Così non meraviglia neppure il fatto che, ad esempio, secondo il Catechismo della chiesa cattolica «il centro della Buona Novella», che deve essere annunciato, non sia il messaggio di Gesù sul regno di Dio, ma il «mistero pasquale della croce e della risurrezione di Cristo», e che nel suo indice non sia possibile trovare la voce «Regno di Dio». Questo risultato fa pensare, ed è possibile supporre che la fede cristiana nella coscienza di molti fedeli, come anche nella teologia e nella predicazione ecclesiale, conosca un ridimensionamento nel contenuto».

La prospettiva di Karl Rahner – quantunque con altro linguaggio e parzialmente con altre categorie – era tutta “Regno-centrica”.

Il timore è che ci sia anche dell’altro, tuttavia.

Si è affacciata, infatti, da non molto, la grande trovata ermeneutica di provare ad intorbidare i rapporti oggettivi che ci furono tra il gesuita e l’intellettuale tedesca Luise Rinser. Di abusi non c’è traccia – e nessuno/a, grazie al Cielo, li ha evocati mai -, ma di termini, parole, linguaggi, estremamente confidenziali, sino all’intimità, ce ne sono invece. Solo che non si capisce bene, anzi non si capisce affatto, perché dovrebbero costituire una scoperta sbalorditiva o comunque una modalità relazionale da condannare, quando non, addirittura, per lamentarne scandalo.

Non si conoscono le parole con cui Francesco di Assisi si rivolgeva a Donna Jacopa de’ Settesoli? O con cui Padre Pio da Pietrelcina conversava con le donne che lo cercavano per il suo ministero?

E proprio il mattino di Pasqua che dire del dialogo tra Gesù e Maria di Magdala?

Affermare la necessità che tutto sia sempre e comunque chiaro e distinto, indubitabile, puro e trasparente, rispondente alle nostre attese emotive e alle nostre esigenze etiche riporta al centro in effetti la stessa possibilità pratica di un “cristianesimo anonimo”.

Karl Rahner ha anticipato i tempi. Ha scandagliato le profondità dell’Oltre e dell’Altro, per disegnare un futuro pasquale, di risurrezione, riservato al mondo intero.

Ed in questa domenica di Pasqua segnaliamo l’uscita, per Il Pozzo di Giacobbe, del volume del nostro Dario Culot, dal titolo Gesù, questo sconosciuto. Cosa sapere prima di credergli. O di rifiutarlo, che può essere richiesto all’editore al seguente link e che raccoglie molti dei suoi scritti proprio per il nostro settimanale:

https://www.ilpozzodigiacobbe.it/equilibri-precari/gesu-questo-sconosciuto/

Avremo modo di presentarlo. E ci complimentiamo fin d’ora con Dario.

A tutte e a tutti, nonostante tutto, Buona Pasqua, di cuore e di mente.