Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

The Lovers - serigrafia originale in edizione limitata di David Storey - immagine tratta da commons.wikimedia,org


Il diritto ad amare e ad essere amati/e


di Stefano Sodaro


La parola “amante” ha, da tempo, connotazioni di forte riprovazione morale e sociale, nella nostra cultura, alle nostre latitudini. L’amante non è certo figura di riferimento – si ritiene diffusamente – che possa apportare luce, chiarità, nitidezza, ma tutto al contrario tenebre ed oscurità. Distrugge, attenta alla sicurezza, divide, spacca, fa ardere come pira epifanica chiunque resti bruciato dalla sua segreta, quasi caliginosa, presenza.

Eppure accade un fatto assai curioso.

Le corti di giustizia, i tribunali, hanno progressivamente enucleato, nel nostro diritto – italiano -, un perimetro di inviolabilità di comportamenti ed intese che sembrano definire un vero e proprio “diritto degli amanti”. Un dato per tutti: a nessuno, che pur ne sia a conoscenza, è lecito divulgare l’esistenza di un rapporto affettivo – od anche “più che affettivo” – tra due persone non tra loro sposate. C’è addirittura, niente poco di meno, il penale: si veda https://www.laleggepertutti.it/195909_rivelare-un-tradimento-e-reato. Ed a nulla rileva la verità dei fatti, essa non ha alcuna importanza per la configurazione, certa, di un reato che “violenta” l’intimità delle persone, chiunque esse siano, qualunque sia il loro status e la loro condizione anagrafica.

Ma andiamo un poco oltre, se possibile.

Cosa sembra volerci dire tale giurisprudenza? Con orrore di maestri – e maestre – di ogni pacifica morale, ci insegna semplicemente, e prima di tutto, che la soggettività di ognuno di noi (sì, sarà il caso di non chiamarci fuori…) ha esigenze di rispetto assoluto. Però c’è di più: esiste un diritto all’amore? Pare una provocazione insostenibile. Eppure l’amore richiede di essere condiviso, sminuzzato, parcellizzato, sbriciolato come un pezzo di pane sulla tavola, a cena, la sera. Se c’è qualcuno, qualcuna, che non è amato e/o amata, l’amore ha fallito, ma l’amore non può fallire, costitutivamente, ontologicamente. L’amore non può fallire e se è così, allora un diritto all’amore esiste eccome.

C’è una parentela assai stretta – nella comune coscienza – tra un simile amore e i baluginii del demoniaco, dell’incontrollabile, del meta-razionale. Sembrano intravedersi in controluce i baffoni di tale Nietzsche, nome aberrato da ogni degno predicatore.

Eppure.

Eppure quando quell’amore non c’è, si sta male. Malissimo.

Eppure sulle rive del Giordano si aprirono i cieli e parlò, dall’alto, una voce che non era stata per nulla preventivata. Una katastrofè, alla greca. Un colpo di scena rivelativo. Una presenza non invitata, forse neppure così gradita. Dal capitolo 3 del Vangelo di Luca nel passo che proclama la liturgia romana: “Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».”

L’amato richiede un amante, altrimenti da chi mai sarebbe amato?

Ed Isaia nella Prima Lettura, sempre secondo la liturgia romana: «Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati».

Chiederemo alle nostre straordinarie studiose di ebraico e di ebraismo, assidue frequentatrici di Gerusalemme, Miriam Camerini e Claudia Milani, quale sia l’esatto significato di quel “consolate, consolate”.

A chi scrive queste righe viene in mente un’affermazione del liturgista Andrea Grillo, a Trieste nell’ottobre del 2019, riprendendo il pensiero potente di Armido Rizzi: “L’amore può essere solo comandato, solo l’amore può essere comandato”.

Questa mattina a Trieste una luce mai vista in queste giornate illuminava il mare sino a permettere alle Dolomiti di comparire in fondo.

Siano così tutti i nostri amori. Leggermente increspati, d’acqua tanto fresca ed invitante, da far accomodare attorno ai golfi delle nostre vite le montagne innevate dei nostri desideri più veri e profondi.

Buona domenica.