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Il ritorno del figliol prodigo, Rembrandt, 1668, Ermitage - immagine tratta da commons.wikimedia.org
Accogliere purifica
di Dario Culot
Premessa
Per quest’estate, quando si ha più voglia di rilassarsi e meno voglia di leggere, mi riservo di scrivere articoli piuttosto brevi, centrati su un singolo punto che, però, mi sembra essenziale aver bene fissato in mente.
Accogliere
Comincio oggi con questo punto: l’accoglienza di Dio è ciò che rende pure le persone, e non occorre essere puri per poter accedere a Dio.
All’opposto di ciò che ancora oggi c’insegna il magistero cattolico e si recita a messa (Kyrie eleison; oppure Signore, non son degno… come si dice prima di ricevere l’eucaristia; ecc.), non bisogna essere degni per accogliere il Signore, ma è l’accoglienza del Signore che purifica (Maggi A.; Buccheri L).
Nell’episodio della guarigione del lebbroso Gesù si scaglia contro l’insegnamento religioso e dimostrerà seduta stante che lui non fa differenza tra puri e impuri, cioè tra giusti e peccatori. Gesù comunica indistintamente a tutti il suo amore, e dimostra la falsità di una legge religiosa che veniva contrabbandata come volontà di Dio quando in realtà era l’esatto contrario: Gesù stende la mano – comportamento che nella Bibbia assumeva il valore di essere in procinto di distruggere (Es 14, 26-28) - ma anziché fulminare quell’infetto zozzone che aveva osato accostarsi a lui, il purissimo Santo di Dio, lo tocca e immediatamente lo purifica (Lc 5, 13). Ma siamo matti? Se la religione insegnava che si sarebbe infettato a sua volta perché l’impuro contamina il puro! Gesù dimostra invece che è l’accoglienza di Dio ciò che rende pure le persone.
La conferma la troviamo anche nel caso della suocera ammalata (Mc 1, 31) e dell’emorroissa (Mc 5, 25 ss.). Stando alla religione, andare a mangiare insieme con un peccatore come Matteo (Mt 9, 10ss.) o Levi (Mc 2, 15) avrebbe dovuto rendere automaticamente impuro anche Gesù. Invece il gesto di Gesù sta a significare il contrario, che per essere perdonati basta avvicinarsi a Dio: è l’accoglienza del Signore che ti purifica.
È questo il messaggio vivificante, la Buona Novella, perché il Vangelo è tutto una Buona Novella. Come si può parlare di Buona Novella se devo in continuazione umiliarmi, confessarmi, fare penitenza? In che parte del vangelo Gesù chiede di confessarsi prima di accedere alla comunione? Non l’ha offerta gratuitamente anche a Giuda?
L’interesse primario di Gesù non è mai il peccato, ma è far stare meglio le persone, e per questo occorre riconoscere pari dignità a tutte le persone. Quando Pietro finalmente capisce questo si converte, e come risulta da At 11, 18 è il centurione pagano, e quindi un uomo impuro perché pagano, a convertire Pietro. Il Dio di Gesù non ci chiede di non peccare, ma di comportarci di continuo con amore. Solo così l’uomo viene alla luce e diventa umanamente completo (Squizzato P.). Questo comportamento basta per somigliare a Dio e per potersi avvicinare a Lui.
Guarda caso, ad essere pericoloso è il Tempio (la chiesa di allora). Infatti il Tempio, anziché luogo di preghiera, era diventato un luogo di rapina (quella che fanno i banditi) (Mt 21, 12-13). E, proprio lì, dopo aver cacciato i frequentatori abituali del tempio (i mercanti e i profanatori), possono finalmente avvicinarsi i ciechi e gli zoppi (Mt 21, 14-17), persone che, a causa delle loro impurità, erano escluse da quel luogo sacro. L’esclusione odierna dei divorziati e degli omosessuali dalla comunione, vi ricorda qualcosa? In un altro caso, il vangelo, con una tremenda inversione dell’insegnamento del magistero, ci dice che sotto i 5 portici della piscina di Bethesda dove s’insegnavano i 5 libri del Pentateuco (s’insegna il catechismo), si trovano solo persone che non riescono a vedere Dio (ciechi), che non sono autonome (zoppi), che non hanno più energia (rinsecchite) (Gv 5, 2). Ecco l’effetto perverso dell’imposizione dell’insegnamento ufficiale che toglie la vita: tutte le persone che, sotto i portici, ascoltano la dottrina sono invalide, non riescono a vivere normalmente; per vivere tutte hanno bisogno di ascoltare di nuovo la vera parola di Dio (Ez 37, 1-5).
Quando Giovanni Battista manda alcuni dei suoi a chiedere se Gesù è proprio l’atteso Messia, o se si deve aspettare qualcun altro, Gesù risponde di guardare alle sue opere, e le riassume in sei azioni vivificanti: di esse nessuna è di minaccia (nei confronti degli increduli), di giudizio o di condanna nei confronti degli impuri peccatori (Maggi A.): i ciechi vedono, gli storpi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona novella. Queste erano effettivamente le opere che ci si attendeva dal Messia: ridare vita ai morti (Is 26, 19), dare la vista ai ciechi, far sentire di nuovo i sordi, far camminare gli zoppi (Is 35, 5-6), portare la Buona Novella ai poveri (Is 61, 1).
Da tutto questo si capisce che Gesù ha rivelato un volto nuovo e inedito di Dio, e se crediamo a quello che ci ha detto si può dire che Gesù diventa l’icona, l'immagine visibile di un Dio prima invisibile.
A questo punto, però, se uno crede che Gesù è l’icona di Dio, di questo Dio si può dire di sapere quello che si vede in Gesù, perché Dio nessuno l’ha mai visto (Gv 1, 18). Ma, di conseguenza, se l’immagine che ci siamo fatti di Dio non si vede in Gesù, quell’immagine deve essere buttata via, perché qualunque idea di Dio è falsa se non corrisponde a ciò che fa e dice Gesù (Mateos J. e Camacho F.). E come Gesù rappresenta Dio? Come il padre di quei due fratelli nella parabola del figliol prodigo (Lc 15, 11ss.), sempre pronto ad accogliere e a dare gratuitamente, senza aspettarsi nulla in cambio. È un Dio che sta agli antipodi di quell’inquietante Dio che si trova ben radicato in pagine dell’Antico Testamento, con quel suo sguardo inquisitore e implacabile, che premia e castiga, soprattutto castiga o quanto meno minaccia (e questo è ancora il Dio preferito dei credenti integralisti di oggi ed è ancora ben presente nell’insegnamento del nostro magistero). Il Dio di Gesù è un Dio che ci spiazza. Qualcosa di molto diverso da quanto ci hanno normalmente insegnato al catechismo.
In conclusione dobbiamo buttar via l’idea insegnataci secondo cui Dio non lo si avvicina se prima non si sono fatti sacrifici, se non si è fatta penitenza, se non ci siamo umiliati mille volte davanti a Lui chiedendogli perdono.