Giudici e religione
di Dario Culot
Formella della Chiesa di santa Sabina a Roma
(foto tratta da internet)
Per fortuna, solo saltuariamente la giustizia italiana deve occuparsi seriamente di problemi religiosi. In questi ultimi tempi gl’interventi dei giudici sono però aumentati, pur essendoci in proposito indirizzi giurisprudenziali ormai consolidati, il che significa che qualcosa non va per il verso giusto, perché, se si finisce davanti al giudice, significa che non siamo stati capaci di risolvere pacificamente da soli i nostri contrasti religiosi, e vuol dire che prevale la ideologia.
1. Con sentenza del 18.3.2024 il Consiglio di Stato ha dichiarato illegittima l’ordinanza del sindaco di Mandas (CA), paese di meno di duemila abitanti, il quale ‘per preservare le tradizioni’ aveva imposto la presenza del crocifisso negli edifici pubblici. Il sindaco, hanno decretato i supremi giudici amministrativi, non ha il potere di imporre il crocifisso negli edifici pubblici.
Quanto affermato è in linea con le numerose sentenze della Corte costituzionale che hanno interpretato a fondo l’art. 19 della Costituzione, il quale precisa che tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, in forma individuale e anche associata; in più viene riconosciuto che, purché non si vada contro il buon costume, si può fare propaganda ed esercitare il proprio culto in privato o in pubblico. Ricordo in particolare,
- che per consolidata giurisprudenza, in virtù del principio supremo di laicità dello Stato[1] esistente nell’ordinamento italiano, è garantita la pari libertà di coscienza di ciascuna persona che si riconosca in una fede, quale che sia la confessione di appartenenza, ed anche se si tratta di un credo ateo o agnostico, con facoltà di professarla liberamente e di farne propaganda nelle forme ritenute più opportune, purché l’esercizio di tale diritto di propaganda e diffusione del proprio credo religioso non si traduca nel vilipendio della fede da altri professata (Cass., sez. I, 17.4.2020, n.7893)[2].
- che in vari Paesi musulmani meno litigiosi di noi (ad esempio la Siria, prima della guerra civile), al richiamo del muezzin[3] rispondevano poco dopo le campane delle chiese cristiane. E questa pacifica convivenza sembrava accettata da tutti.
Dunque qui in Italia - a differenza della Francia, dove la religione in privato diventa indifferente per lo Stato, ma deve star fuori dall’ambito pubblico tanto che non si ammettono simboli religiosi di qualsiasi tipo negli edifici pubblici,[4]- lo Stato, con la sua legislazione, si pone in posizione equidistante, ma non indifferente rispetto a tutte le religioni[5]. Di più, lo Stato è garante della libertà religiosa di tutti, riconoscendo il valore del pluralismo confessionale. Questo in quanto la libertà religiosa rappresenta un aspetto della dignità umana che ricade sotto l’art. 2 della nostra Costituzione[6].
- lo Stato e le sue istituzioni (ad es. il sindaco) non possono pertanto imporre obbligazioni di ordine religioso per rafforzare l'efficacia dei propri precetti perché qualunque atto di significato religioso (anche il più doveroso dal punto di vista di una religione e delle sue istituzioni) rappresenta sempre, per lo Stato, esercizio della libertà dei propri cittadini, che, come tale, non può essere oggetto di una sua prescrizione obbligante (Corte Cost. 30.9.1996, n. 334).
Del resto, rispetto all’ordinanza del sindaco di Mandas, già le sezioni unite della Corte di cassazione, con sentenza 9/9/2021, n.24414, avevano statuito chiaramente che nelle aule delle scuole pubbliche, in base alla Costituzione ispirata al principio di laicità dello Stato e alla salvaguardia della libertà religiosa positiva e negativa, non è consentita l’affissione obbligatoria, per determinazione dei pubblici poteri, del simbolo religioso del crocifisso. Avevano anche aggiunto che, ancorché l’art. 118 del r.d. n. 965 del 1924 comprenda il crocifisso tra gli arredi scolastici, esso deve essere interpretato nel senso che la comunità scolastica può decidere di esporlo in aula con valutazione che sia frutto del rispetto delle convinzioni di tutti i componenti della medesima comunità, ricercando un “ragionevole accomodamento” tra eventuali posizioni difformi (vanno cioè sentiti dirigenza, personale docente, alunni e genitori)[7]. Indubbio, quindi, che l’accomodamento ragionevole potrebbe anche portare ad affiancare al crocifisso simboli di altre fedi religiose presenti nella stessa scuola[8].
Ora, questa storia del crocifisso sì, crocifisso no, va avanti in Italia da un bel po’[9]. Il sì si aggrappa soprattutto alla tradizione, alla paura di perdere la propria identità, perché le statistiche dicono che ormai gli italiani praticanti sono una minoranza; il no si aggrappa alla laicità dello Stato. Dunque è piuttosto evidente che, anziché cercare ragionevoli accomodamenti, molti ancora preferiscono resistere saldamente a difesa delle proprie posizioni ideologiche, come fossero questioni di vita o di morte.
A parte gli integralisti del sì o del no, penso che vedere una croce non crea normalmente alcun problema alla maggior parte di noi, sia credente o non credente. Quando andavo a scuola sicuramente c’era in classe il crocifisso, ma nessuno neanche ci badava.
Si può forse aggiungere cosa che pochi sanno: nei primi secoli del cristianesimo, gli stessi cristiani non avevano il coraggio di esporre Gesù crocifisso: si disegnava il buon pastore, l’agnello, la barca, la mensa eucaristia, ma non la croce. E nessun cristiano aveva paura per questo di perdere la propria identità, anzi. Nelle culture antiche un sovversivo giustiziato sulla croce non poteva essere presentato come Dio. A quei tempi dire una cosa simile era una bestemmia. Ancora ai tempi del grande imperatore Marco Aurelio (siamo circa nel 165), san Giustino[10] scriveva che, adorando subito dopo Dio un uomo crocifisso, i cristiani erano dei pazzi, perché un uomo condannato alla crocifissione aveva subito una pena infamante, la più turpe e la più abominevole fra le pene. Anche il pagano Celso[11] gridava alla vergogna, essendo impossibile che un figlio di Dio fosse stato crocifisso.
La rappresentazione più antica che si conosce di un Crocifisso è in effetti uno scherno blasfemo, il disegno di un graffito nel quale qualcuno ha tracciato un cristiano che adorava un uomo in croce con la testa d’asino. Questa presa in giro è stata scoperta nelle rovine degli scantinati del Palatino (Roma), ed era accompagnata da un’iscrizione greca: “Alessandro adora Dio”[12]. Questo Alessandro era assai probabilmente un cristiano di cui si burlavano alcuni impiegati del palazzo imperiale.
La più antica rappresentazione seria della crocifissione non si trova neanche nelle catacombe, ma a Roma, in un riquadro alto della porta della basilica di santa Sabina,[13] sull’Avventino, Piazza Pietro d’Illiria 1. Risale appena all’anno 432 d.C., quindi più di un secolo dopo l’iniziativa di Costantino, l’imperatore che era diventato, dopo Nicea (325 d.C.), il rappresentante di Dio in terra e aveva adottato la croce come simbolo di vittoria. Mentre con Costantino la religione cristiana era diventata lecita, Teodosio, nel 380 d.C., aveva proclamato il cristianesimo unica e obbligatoria religione di stato,[14] quindi l’unica religione possibile per tutti. Erano bastati meno di cent’anni, da Costantino a Teodosio, per trasformare la Chiesa da perseguitata in persecutrice[15]. Eppure, ancora in quegli anni c’erano evidenti resistenze nel proporre alla gente un Gesù sofferente sulla croce. Anche in questo caso (vedi foto iniziale) abbiamo un volto con gli occhi ben aperti, il volto di un vittorioso.
Teniamo presente che con Costantino, dopo la vittoria su Massenzio al ponte Milvio (312 d.C.), la croce (da lui sognata prima della battaglia) aveva già perso il significato originale. Il segno di fallimento e della morte si era improvvisamente convertito nel segno della vittoria e del potere. La croce cominciava ad essere il segno di una religione trionfante. Non a caso Costantino aveva convocato esperti in pietre preziose e aveva ordinato agli artigiani di riprodurre la croce in oro e pietre preziose[16]. La croce, da strumento di vergogna e fallimento passava da profana a sacra, e in essa risplendeva la vittoria, la ricchezza e il potere[17]. Eppure, cento anni più tardi, ancora la gente era riluttante a vedere questi segni positivi nella croce.
Perciò, questa lotta portata avanti ancora oggi in favore o contro il cristianesimo, sembra collegata più che altro a un pregiudizio ideologico. Sicuramente i cristiani dei primi quattro secoli non l’avrebbero mai combattuta.
È indubbio che nella nostra società attuale, volente o nolente multiculturale, anche la maggior parte degli italiani, che si reputano italiani doc,[18] non è più praticante. Come è stato fatto notare: ha senso allora lottare per i crocifissi appesi negli edifici pubblici, quando anche le chiese sono semi-deserte? E comunque, se mai i musulmani dovessero un giorno prevalere, vuol dire che il nostro cristianesimo – che doveva identificarci, - era estremamente debole, non che l’islam è forte[19]. Pensiamo infatti a Malta: per due secoli (fino all’800) gli abitanti dell’isola sono rimasti sotto gli arabi, e i più sono stati forzosamente convertiti all’islam; eppure, finita la dominazione araba, tutti sono tornati cristiani.
Comunque oggi siamo ormai decisamente incanalati su una strada multiculturale, e allora, o si cambia la nostra Costituzione, o non dovrebbe neanche creare scandalo[20] il fatto che una scuola «Iqbal Masih» di Pioltello (MI), frequentata in buona parte da ragazzi musulmani, abbia fissato un giorno di festività per la fine del Ramadam[21] (che per non perdere rispetto agli altri un solo giorno di scuola aveva anticipato di un giorno l’inizio dell’anno scolastico). Il direttore dell’Ufficio scolastico regionale della Lombardia ha sollecitato l’annullamento perché sarebbero state evidenziate talune irregolarità formali (NB: non illegittimità! Per cui non si dovrebbe finire davanti ai giudici) nella delibera assunta dal consiglio dell’istituto. Ma ciascuna scuola può adottare ogni misura che tenga conto delle esigenze delle famiglie e dei ragazzi (cfr. Dpr n. 275/1999 sull’autonomia scolastica), valutando al contempo le domande del territorio e del tessuto socio-culturale dentro il quale quell’istituto scolastico è immerso. Mi sembra che una simile dimostrazione di rispetto e di riconoscimento dell’identità di oltre il 40% degli studenti di quella scuola sia una dimostrazione di alto valore educativo, di integrazione e rispecchi perfettamente il dettato della Costituzione. Almeno se vogliamo costruire ponti e non muri per il futuro.
È stato correttamente detto: si tratta di decidere se l’Italia è capace di far diventare i figli degli immigrati di oggi gli italiani di domani. Se non ne sarà capace, non perciò i figli degli immigrati se ne andranno. Semplicemente la loro sarà una presenza ostile, quindi molto più pericolosa per coloro che si identificano come caucasici (tipo il gen. Vannacci). Se noi non amiamo i loro figli oggi, i loro figli odieranno i nostri domani. E il sistema scolastico è il primo motore dell’integrazione[22].
2. A Monfalcone (Gorizia) dove un terzo della popolazione residente è composto da immigrati del Bangladesh che lavorano nei cantieri (evidentemente gli italiani non vogliono fare quei lavori faticosi, e nessun immigrato sta rubando il lavoro agli italiani), quasi tutti di religione musulmana, quasi tutti non parlano italiano,[23] erano sorti attriti fra la comunità musulmana che chiedeva un luogo dove riunirsi per pregare, e la sindaca leghista[24] che aveva emesso ordinanze di inibizione nei due stabili a mano a mano individuati dalla comunità musulmana. Gli edifici – sosteneva la sindaca - non erano idonei per il culto.
Premesso che la Corte Cost., con sentenza 23.2.2016, n.63, aveva già stabilito che nessuna autorità può imporre alle sole confessioni religiose non firmatarie di intese con lo Stato requisiti differenziati e più stringenti per la realizzazione di edifici di culto e di attrezzature destinate ai loro servizi religiosi, si ribadisce che l’ordinamento repubblicano è contraddistinto dal principio di laicità, da intendersi, non come indifferenza di fronte all'esperienza religiosa, bensì come salvaguardia della libertà di religione in regime di pluralismo confessionale e culturale[25].
Su questa linea, il Consiglio di Stato, in data 18.3.2024, ha stabilito che la comunità islamica di Monfalcone ha il diritto di pregare[26]. La pratica religiosa è stata riconosciuta come un diritto irrinunciabile e il Comune è stato incaricato di avviare un tavolo per concordare sedi adeguate e rispettose dove la comunità musulmana, che rappresenta un terzo della popolazione locale, possa celebrare il Ramadan.
Al contempo il Consiglio ha confermato il divieto di pregare nei due centri fatti chiudere dalla sindaca, fino alla pronuncia del TAR del Friuli Venezia Giulia, il quale si è provvisoriamente pronunciato in data 23.3.2024, stabilendo che l’area esterna, pertinenza di uno degli immobili inagibili perché privi del certificato di agibilità, non può essere considerata un cantiere, sì che non si può impedirne l’accesso per pregare. Dunque, il circolo culturale islamico Baitus Salat ha avuto ragione e il Comune di Monfalcone ha avuto torto. Inoltre sarei curioso di sapere se la sindaca di Monfalcone ha controllato con lo stesso puntiglio l’idoneità delle scuole cattoliche e soprattutto di tutte le scuole, comprese quelle laiche. Sono convinto che, se si andasse a controllare, la maggior parte delle scuole dovrebbero essere chiuse perché non in regola con le norme antincendio, con le norme antisismiche, con la normativa elettrica.
La sindaca monfalconese ha affermato che vuole solo il rispetto della legge, e ha dichiarato che continuerà nelle cause amministrative. Naturalmente ci si aspetta che il Comune, per primo, rispetti la legge e dia quindi per intanto esecuzione ai provvedimenti dei giudici anche se al momento sfavorevoli per il Comune. In ogni caso, le cause costano, e ci si chiede anche in questo caso, se non era il caso di cercare un accomodamento ragionevole (dopotutto i musulmani chiedono ciò che la nostra Costituzione riconosce come loro diritto di rango primario: poter pregare in un luogo accessibile e dignitoso), oppure se si vuole andare a muro contro muro per le proprie posizioni ideologiche che potrebbero forse fruttare elettoralmente (come ha dimostrato alle elezioni europee il gen. Vannacci), ma che allontanano ogni possibilità di integrazione e di reciproca comprensione.
Mi sembra si possa concludere con un’affermazione generale: quando lo Stato viola le regole che lui stesso ha emanato s’incrina il rapporto di fiducia fra istituzioni e cittadini. Lo stesso avviene rispetto agli stranieri: quando, dopo aver sentito che lo Stato italiano tutela le dignità e i diritti fondamentali di ogni persona, una volta arrivata, in Italia vede che questi alti principi non valgono per lui, quale potrà essere la sua reazione? Essere rispettosi significa accettare anche le differenze culturali o religiose. Il rispetto non implica, tuttavia, la rinuncia alle proprie tradizioni allo scopo di non offendere in qualche modo coloro che coltivano altre usanze. Il rispetto non comporta un adeguamento remissivo alla cultura altrui. Per cui, invece di prendersela con i musulmani che vogliono pacificamente pregare, sarebbe il caso di prendersela con quelle insegnanti italiane che impediscono di fare a scuola il presepio per non offendere i bambini musulmani. Evidente che, nella loro crassa ignoranza, queste insegnanti non sanno che:
- per l’Islam, Gesù è uno dei profeti inviati da Dio, nato dalla Vergine Maria, l’unica donna alla quale il Corano dedica un intero capitolo (sura XIX)[27].
- l’islamismo è l’unica religione al mondo che riconosce a Gesù un posto all’interno dell’economia divina; l’Islam ha cioè adottato la figura centrale di un’altra religione (quella cristiana) e l’ha riconosciuta costitutiva della propria identità:[28] infatti i musulmani considerano Gesù un grande profeta. Ad esempio, nel Corano sura III, 45s. si dice: “Gesù eminente in questo mondo e nell’aldilà, tra i più prossimi a Dio”. L’esatto contrario del cristiano Dante Alighieri, il quale ha messo Maometto all’inferno, fra i seminatori di discordie[29].
È mia opinione che insegnanti del genere, che non lasciano fare il presepio per non offendere i musulmani, ignorano colpevolmente proprio tutto dell’Islam; o peggio, usano impropriamente l’Islam per combattere una loro guerra personale contro la religione cattolica, offendendo così sia l’una che l’altra religione. Quindi simili insegnanti dovrebbero essere privati dell’incarico d’insegnamento perché, insegnando dolosamente o colpevolmente cose non vere creano, odio o quanto meno avversione e danno alle giovani menti.
NOTE
[1] Laicità, ex art.1 della Costituzione, non significa assenza di religione, ma neutralità dal punto di vista religioso, senza favorire o discriminare alcuna confessione religiosa.
Se la laicità riguarda l’ambito delle leggi, la secolarizzazione riguarda l’ambito socio-culturale, ed è indubbio che in Occidente la società è sempre più secolarizzata. Per questo facciamo molta fatica a fronteggiare l’integralismo che porta al terrorismo, perché proprio non lo capiamo con la nostra mentalità attuale.
[2] Dunque anche gli atei possono fare propaganda. Allo stesso modo dovrebbe essere consentita l’esposizione di manifesti pro o contro l’aborto. Invece non può essere consentito bruciare in pubblico il Corano (com’è avvenuto in Svezia), o anche la Bibbia, perché in tal modo si offende il sentimento religiosi di altri credenti. E il sentimento religioso non va inteso quale interesse dello Stato, ma quale “interesse, oltre che del singolo, della collettività” (sentenza Corte Cost.14.11.1997, n. 329).
[3] Il muezzin è la persona addetta alla moschea, che dall’alto del minareto modula secondo una prefissata cantilena la formula stabilita per chiamare i fedeli nelle ore dedicate alle cinque preghiere canoniche.
[4] La Corte di giustizia europea, in data 28 novembre 2023, esprimendosi sul caso di una donna ad Ans (Belgio), alla quale era stato vietato di indossare il velo islamico sul posto di lavoro per osservare il principio di neutralità, ha statuito che “una pubblica amministrazione può vietare all'insieme dei suoi dipendenti di indossare segni religiosi sul luogo di lavoro”. Un divieto di questo tipo, evidenziano i giudici di Lussemburgo, “non è discriminatorio se viene applicato in maniera generale e indiscriminata a tutto il personale dell'amministrazione e si limita allo stretto necessario”.
[5] L’atteggiamento del legislatore in materia religiosa deve essere equidistante e imparziale nei confronti di tutte le confessioni religiose e la mancanza di parità nella protezione della coscienza di ciascuna persona che si riconosce in una fede, quale che sia la confessione di appartenenza.
- Sul “principio supremo” di laicità dello Stato, v. le sentenze della Corte Cost. nn. 203/1989, 259/1990, 195/1993, 329/1997 e 508/2000.
- Sulla parità delle confessioni religiose, v. la sentenza n. 925/1988.
[6] Vedi sul punto Corte Cost. del 30.9.1996, n. 334. Sul pluralismo religioso vedi invece la sentenza della Corte cost. 23.2.2016, n.63.
Dunque, la nostra Costituzione è per il pluralismo e il dialogo interreligioso. Attenzione, però, che ogni religione incentrata sulla necessità di non offendere il proprio Dio (visto anche come l’unico vero Dio) trova sempre degli adepti volonterosi che non esitano perfino a uccidere chiunque viola il diritto all’onore di questo loro Dio (si pensi all’Isis dell’area musulmana di oggi; ma si pensi alla santa Inquisizione dei secoli passati per il cattolicesimo), non esitano a distruggere qualsiasi oggetto che essi pensano violi l’onore di Dio (si pensi alle due enormi statue del Buddha di Bamyan, nella valle di Swat, vecchie di un millennio e mezzo, demolite con l’esplosivo dai talebani; oppure a Timbuctù, dove i wahabiti hanno distrutto i mausolei, simboli di una civiltà millenaria; ma si pensi anche alle statuette di Pachamama gettate nel Tevere nell’ottobre del 2018 dai fondamentalisti cattolici: in tutti questi casi i pii e ferventi credenti vedevano in quegli oggetti, posti vicino ai propri sacri oggetti, un’intollerabile offesa al loro unico Dio).
[7] Nel caso in esame, era stata affermata l’invalidità della sanzione disciplinare inflitta a un docente che, contravvenendo all’ordine di servizio contenuto nella circolare interna scolastica, aveva rimosso il crocifisso dalla parete dell'aula all'inizio delle sue lezioni, per poi ricollocarlo al suo posto alla fine delle medesime, visto che non si era ricercato un ‘ragionevole accomodamento’ con la sua posizione dissenziente (anche se gli studenti in assemblea si erano espressi in maggioranza per il posizionamento del crocifisso). Tuttavia, pur se illegittima, la circolare interna non integrava una forma di discriminazione religiosa nei confronti del docente, e non poteva pertanto determinare alcuna conseguenza di natura risarcitoria (prevista dalla legislazione antidiscriminatoria), perché con essa il dirigente scolastico non aveva connotato in senso religioso l'esercizio della funzione pubblica di insegnamento, né condizionato la libertà di espressione culturale del docente dissenziente. Quanto rumore per nulla!
[8] Come non ricordare che lo stesso papa Giovanni Paolo II aveva riconosciuto che il dialogo interreligioso fa parte della missione della Chiesa (Enciclica Redentoris missio, n.55, del 7.12.1990, in www.watican.va) accettando come segno di questa apertura che un simbolo buddhista fosse posto sull’altare durante la messa (ovviamente con grande scandalo dei cattolici integralisti).
[9] Cfr. l’articolo Il crocifisso a scuola, al n. 629/2021 di questo giornale (https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-629/dario-culot-il-crocifisso-a-scuola).
[10] Giustino, Apologia I, XIII, 4.
[11] Il testo di Celso è andato perduto, ma molte delle sue idee si trovano in chi lo aveva confutato: Contra Celsum, VI, 10.
[12] Crossan J.D. e Reed J.L., En busca de Pablo, Estella, Verbo Divino, 2006, 438s.
[13] La formella (cfr. foto iniziale) raffigura Cristo al centro con al lato i due ladroni. Ma le croci sono lasciate all’intuizione di chi guarda, grazie alla posizione delle braccia e delle mani. Solo il ladrone di sinistra fa intravedere una parte del braccio verticale della croce, sopra la sua testa. Il ladrone sulla destra, di dimensioni più grandi guarda Gesù con espressione serena, quasi intuiamo l’espressione messagli in bocca da Luca: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” (Lc 23, 42).
[14] C’è però da chiedersi se questa Chiesa, ormai imperiale, rappresentava ancora la piccola e umile comunità di Gesù, crocifisso e risorto. E affinché il cristianesimo non fosse più considerato religione di stato si è dovuto attendere il 1984 con la revisione del Concordato lateranense del 1929.
[15] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 328.
[16] Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino, I, 28ss.
[17] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 344s.
[18] Eppure noi italiani siamo venuti fuori nel corso dei secoli da incroci di razze (visigoti, longobardi, franchi, normanni, arabi, ecc.). Quindi parlare di purezza italiana è ridicolo.
Anche se purtroppo non parlo francese, il mio cognome è francese, quello di due fratelli, soldati venuti al seguito di Napoleone e fermatisi nella zona di Gorizia, ai confini del suo impero, più di duecento anni fa. Ho contribuito anch’io alla sostituzione etnica? E quanti sanno che il generale Radetzky, quello che aveva battuto i piemontesi nella prima guerra d’indipendenza e represso duramente vari moti indipendentisti in Italia aveva sposato una friulana (di Strassoldo)? E anche la sua amante era italiana. E lo stesso generale Rommel, noto già nella Prima Guerra Mondiale per aver contribuito alla nostra disfatta di Caporetto e come ‘la volpe del deserto’ nella seconda, aveva sposato una donna di origine veneta (di Longarone).
E poi basta guardare proprio a Trieste gli annunci mortuari per vedere come la maggior parte dei cognomi non sono proprio di pura razza italiana. Eppure spesso chi abita ai confini sente più forte il sentimento nazionale rispetto a chi abita lontano dai confini.
[19] Come mai abbiamo paura dell’islam e non pensiamo che anche il populismo pone varie sfide al cristianesimo. Una sfida culturale perché minaccia l’universalità (e cattolico significa universale). Una sfida esistenziale perché occorre decidere se essere identità chiusa o aperta, muro o ponte fra le culture, difesa di una nazione o degli oppressi di ogni nazione. Una sfida teologica che riporta a galla un plurisecolare binomio: scontro di civiltà e conversione personale, scontro fra religione e fede.
[20] La notizia è finita su molti quotidiani nazionali. Ma allora è bello ricordare che il responsabile del Servizio ecumenismo e dialogo interreligioso della Diocesi di Milano ha detto: «Siamo a favore di questo gesto. Come i musulmani in Italia condividono e festeggiano insieme a noi cattolici il Natale e la Pasqua, trovo bello che un’iniziativa di dialogo interreligioso parta da una scuola, che si fa promotrice della creazione di un ponte tra giovani che a casa vivono. Dalle parole del preside lette in questi giorni noto che c’è un lavoro dietro la scelta che punta ad aiutare i ragazzi a conoscere la cultura e la religione dei loro compagni di banco. Se non prendiamo la strada della conoscenza reciproca e del rispetto, gli integralisti diventiamo noi».
[21] Cfr. sempre i quotidiani. La fine del Ramadam è una delle festività più importanti per i musulmani.
[22] Cominelli G., Caso Pioltello, in https://www.santalessandro.org//2024/03/26/caso-pioltello-stupore-e-ferocia-ma-la-scuola-e-terreno-di-integrazione-oltre-le-paure/.
[23] La lingua ufficiale del Bangladesh è il bengali, cioè la lingua di quel grandissimo poeta che è stato Rabindranath Tagore. Fra le tante cose poetiche e profonde che ha detto mi piace ricordare questa: ogni bambino che nasce porta con sé la speranza che Dio non è ancora deluso dell’uomo. Forse anche loro hanno qualcosa d’insegnare ai cristiani.
[24] Che ha anche pubblicato il libro "ORA BASTA. Immigrazione, islamizzazione, sottomissione, ed. Signs Publishing, San Casciano (FI), 2024. Di recente la Cisint è stata nominata parlamentare europeo.
[25] Nello stesso senso Corte Cost. 19.4.1993, n.195.
[26] A chi tuona che i musulmani potranno avere edifici di culto da noi quando loro lasceranno che noi abbiamo nostre chiese da loro, ricordo solo questo: in Siria (prima della guerra) di primo mattino si sentiva il muezzin, e di lì a poco lo scampanio delle campane. Inoltre, a Damasco, nella grande moschea (terza per importanza in tutto il mondo islamico), il nostro gruppo ha potuto tranquillamente recitare ad alta voce il Padre nostro. Vi immaginate cosa scriverebbero i giornali da noi se domani un gruppo di musulmani pregasse Allah nel duomo di Milano?
A Gerusalemme, sul monte degli ulivi, c’è la moschea che commemora l’ascensione del profeta Issa. Issa è il nome arabo di Gesù. Ogni anno, per la festa dell’Ascensione, i musulmani accolgono i cristiani per una notte di veglia comune. Forse anche loro hanno qualcosa d’insegnare ai cristiani.
[27] Quanti sanno della devozione mariana diffusa nell’Islam, dei pellegrinaggi di tanti musulmani ai santuari mariani eretti da cristiani in India, Sri Lanka, Vietnam? (Cfr. anche per le ubicazioni dei santuari Gheddo P., La sfida dell’Islam all’Occidente, ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2007,125ss.).
[28] I detti islamici di Gesù, a cura di Chialà S., Fondazione Valla-Mondadori, 2009, XX.
[29] Divina Commedia, Canto XXVIII, 22-63. Strano che gli insegnanti che non vogliono che a scuola si faccia il presepio a Natale perché potrebbe offendere i bambini musulmani (e ovviamente stanno sproloquiando senza sapere niente dell’Islam, vista l’alta considerazione che questa religione ha per Gesù e per la Madonna), non insistono con la stessa veemenza che non si studi più a scuola la Divina Commedia del nostro sommo poeta, chiaramente definibile oggi come islamofobo. Dimostrazione evidente che non solo non conoscono l’Islam, ma non conoscono nemmeno la Divina Commedia islamofoba.
Pubblicato il volume di Dario Culot che ripropone in una nuova veste editoriale, ed in un unico libro, molti dei suoi contributi apparsi sul nostro settimanale: https://www.ilpozzodigiacobbe.it/equilibri-precari/gesu-questo-sconosciuto/