Il nostro califfato interiore e la perfezione di cui scrive Martina
di Stefano Sodaro
Durante le ferie si possono fare scoperte televisive impensate, di grande valore, benché le televisioni del nostro Paese non abbiano mai veicolato, ad esempio, lo sceneggiato (come si diceva un tempo, oggi si preferisce parlare di “fiction”: un dispositivo finzionale, che, proprio perché tale - fittizio, appunto -, si presume possa iniettare salvifica immunità nei confronti del reale) in cui ci si imbatte con gradita, anzi quasi entusiastica, sorpresa.
Il riferimento è a “Califfato”, presente sino al 31 agosto sulla celeberrima piattaforma Netflix (https://www.netflix.com/it/title/80240005) e prodotto dalla televisione svedese (https://www.svtplay.se/kalifat). Le attrici e gli attori sono eccezionali. Iniziata la prima puntata, non è più possibile smettere. So di insigne giornalista (italiano) che ha trascorso la notte per terminare tutte le 8 puntate. Sono 6 ore complessive.
Senza anticipare alcunché della trama, si può solo dire qui che la narrazione filmica si incentra intorno alla adesione femminile all’ISIS in un paese totalmente europeo come la Svezia. Un’adesione tutt’altro che consapevole e motivata, bensì esito di un indottrinamento terrificante, che, a modesto – modestissimo – avviso del sottoscritto, scavalca di molto il pur enorme dramma del radicalismo islamico di matrice violenta ed apre ad inquietanti interrogativi su ogni forma di totalitarismo religioso fanatico, sia pure cristiano, o induista, o ebraico, o buddista. La moltiplicazione – non recente, però, va detto –, il pullulare anzi, dei nuovi movimenti cattolici comparsi negli anni Ottanta dello scorso secolo ha avuto spesso esiti di deriva settaria, i cui frutti avvelenati ora si ha panico di dover raccogliere, e non si sa che fare. La storia degli abusi in casa cattolica non risale quasi mai alle cause ecclesiali precise, non ne ha il coraggio, riconosciamolo. Troppo ci sarebbe da mettere in discussione, ad iniziare – ad esempio – dai criteri di selezione e formazione del clero.
Tuttavia, a Ferragosto – con la notizia ferale della morte di Pippo Baudo -, con la luce notturna, indicatrice del percorso, di quanto scrive per noi oggi l’avvocato Martina Talon su questo nostro settimanale (qui), in questa domenica insomma che tipo di reazione si può approntare davanti alle esigenze, sempre più cogenti, di un vero e proprio, chiamiamolo così, “califfato performativo”, che esige perfezione, coerenza assoluta, purezza cristallina di mente e di cuore, fuga da ogni contaminazione e compromesso, per giungere martiri nell’agognato Paradiso? Come si fa a mettere in crisi il “califfato soggettivo”, despota assoluto ed indiscusso della nostra vita interiore, che predica virtù specchiate e fedeltà indiscutibili? Il problema di Dio non è affatto alieno a simili fanatismi settari. Anzi, l’immagine di Dio pare il problema pastorale più urgente per le chiese cristiane. Ammoniva in tal senso già Adriana Zarri a ridosso di quei terribili anni Ottanta già citati.
Facciamo così. Prendiamo i nomi di sette donne dei nostri giorni, sette donne che conosciamo o che comunque ci sono presenti, ed associamoli a precisi contenuti musicali. Un approccio metodologico che probabilmente sembrerà strambo, stravagante, ma vediamo.
Chiediamo a lettrici e lettori, dapprima di cercare le puntate di “Califfato” su Netflix, e poi – o successivamente ad ogni singola puntata o alla fine dell’intesa serie – dedicarsi a questa singolare associazione tra nomi di donne e musica.
Avvertenza necessaria: nessuna composizione armoniosa devota o edificante. Musica vera. Ad esempio, di sassofono. Musica contemporanea. Ballabile. L’effetto disruptive di musica di largo consumo che cozza con un purissimo “califfato interiore” diventa catarsi, liberazione. Diventa terapia, sanazione. Guarigione.
Proviamo dunque: dedichiamo a Martina, associandolo al suo nome, questo brano musicale (ci si può cliccare sopra, per questo e per gli altri): La Musica De Los Dioses - Alhambra. Ascoltiamolo con calma, lontano da ogni rumore.
A Paola, associandolo al suo nome, dedichiamo invece questo: Bacao Rhythm & Steel Band - PIMP.
A Melissa, questo: Jimmy Sax - No Man No Cry (live).
A Alessia, questo: "DANCE MONKEY" - STREET SAX PERFORMANCE.
A Emanuela, questo: I Will Survive.
A Veronica, questo: Dulciate.
A Marta, questo: Balanescu Quartet - The Model (Short Circuit presents Mute 2011).
Le 7 (7, Numero Perfetto, a proposito di perfezione…) donne, con i loro 7 brani musicali, destrutturano radicalmente il radicalismo religioso. Il gioco di parole è voluto.
C’è ammirazione – chi può negarlo? – verso un “cristiano radicale”. Vero? Eppure radicalismo può essere sinonimo di fondamentalismo. Con tutto ciò che ne consegue: negazione della critica, assenza completa di umorismo e autocritica, affermazione della “propria verità” – fosse anche atea – come verità assoluta, e avanti.
A Ferragosto, contro il califfato interiore ci immunizza la musica. La musica “pop” che è – radicalmente, ops ci risiamo – opposta al populismo, pure musicale. Tanto per capirci, la teologia pop non è una teologia populista.
A Ferragosto, contro il califfato interiore, ci immunizza la riflessione di Martina e, come ci insegnano a stanare femminismo e pensiero queer, “le sue sorelle”, per quanto simboliche (ma anche no…): Paola, Melissa, Alessia, Emanuela, Veronica, Marta.
Ci fermiamo qui. Ma da qui in avanti sarà tutta una scoperta di sentieri, non solo estivi.
Buona domenica.
[p.s.: Ah, un’ulteriore avvertenza e istruzione per l’uso, cioè per la lettura. Le immagini presenti in questo editoriale, elaborate con IA, sono volutamente provocatorie, anche molto provocatorie. L’idea grafica, non oso dire “artistica”, che ne sta alla base, garantisco (per quel che può valere) essere tutt’altro che maschilista, anche se qualcuna/o potrebbe obiettare “excusatio non petita…”. Ci sta, l’obiezione, ci sta: proprio per far implodere ogni perfezionismo, anche ideale… Ne riparliamo?.
C’è, piuttosto, un voluto errore di scrittura nelle medesime immagini: chi lo trova, ha superato il test di antiperfezionismo…].