Gli abusi e le Chiese
Dopo dodici anni di servizio, l’arcivescovo di Canterbury si è dimesso, travolto dal caso di John Smyth, accusato di abusi sessuali su oltre trenta persone nel Regno Unito e su almeno ottantacinque in Africa. Nonostante sia venuto a conoscenza delle accuse nel 2013, l’arcivescovo non ha segnalato la vicenda alle autorità né ha intrapreso le dovute indagini, scatenando una reazione decisa dai membri del Sinodo generale anglicano. La perdita di fiducia nel clero si è concretizzata con una petizione per le sue dimissioni, firmata da oltre 1800 fedeli e sostenitori.
La vicenda non rappresenta un episodio isolato: il tema degli abusi e dei conseguenti insabbiamenti è una ferita profonda e purtroppo diffusa anche nella Chiesa cattolica. In Irlanda, per esempio, i rapporti delle commissioni governative - come il Rapporto Ryan e il Rapporto Murphy - hanno svelato abusi sistematici avvenuti in scuole, orfanotrofi e altre istituzioni religiose. Questi rapporti non solo hanno fatto luce su innumerevoli episodi di abuso, ma hanno anche evidenziato i tentativi di copertura da parte delle istituzioni ecclesiastiche.
Anche negli Stati Uniti, l’inchiesta giornalistica della Spotlight Investigation, condotta dal quotidiano The Boston Globe, ha rivelato la presenza di numerosi casi di abusi sessuali commessi da membri del clero in diverse diocesi del Paese. Di fronte alle accuse, molti vescovi preferivano spostare i preti colpevoli anziché denunciarli, contribuendo così a un clima di impunità e di copertura che ha ulteriormente alimentato il dolore delle vittime e lo sdegno dei fedeli.
La Commissione Reale australiana ha rivelato nel 2017 un dato impressionante: tra il 1950 e il 2010, circa il 7% dei preti australiani avrebbe commesso abusi sessuali su minori. L’indagine ha nuovamente messo in evidenza una “cultura dell’insabbiamento” che ha caratterizzato i livelli più alti della gerarchia ecclesiastica, impegnati nel cercare di nascondere i crimini di membri del clero.
Anche in Cile la situazione è simile: nel 2018, diversi vescovi sono stati accusati di aver coperto i crimini di Padre Fernando Karadima, accusato di abusi sessuali. Questo scandalo ha portato l’intero episcopato cileno a offrire le proprie dimissioni al Papa in segno di resa e di riconoscimento di colpe e negligenze.
In Francia, nel 2021, un rapporto ha stimato che ben 216.000 persone sarebbero state vittime di abusi da parte di membri del clero. Questi numeri e la ricorrenza degli episodi di abuso fanno crescere il malcontento e la delusione di molti fedeli, che si trovano a mettere in discussione l’affidabilità e l’autorità morale della Chiesa, un’istituzione che dovrebbe incarnare la giustizia.
Ma da dove ha origine il fenomeno degli abusi all’interno delle strutture ecclesiastiche? In molti sostengono che la cultura del clericalismo favorisca tali dinamiche di potere: si tratta di una mentalità che attribuisce una superiorità intrinseca al clero rispetto ai laici, creando un ambiente chiuso e spesso sottratto a critiche esterne. Il clericalismo può trasformarsi in un contesto di abuso, in cui il potere spirituale si confonde con il potere gerarchico e la leadership religiosa si concentra nelle mani di pochi, rendendo più difficile per le vittime denunciare e ottenere giustizia.
Un esempio di speranza e di cambiamento viene proprio dalla Chiesa anglicana, che con il caso dell’arcivescovo di Canterbury ha dimostrato una volontà di confronto e di trasparenza.
In conclusione, possiamo sperare che la Chiesa cattolica si lasci ispirare dal buon esempio altrui. Che la Chiesa possa veramente diventare il luogo in cui la giustizia", in ebraico è צדק (pronunciato tzedek), imperi, un luogo in cui prendano forma le parole del Salmo 82,3-4: “Difendete il debole e l’orfano, rendete giustizia al misero e al povero. Salvate il debole e l’indigente, liberatelo dalla mano degli empi”. Questo insegnamento esorta la Chiesa a proteggere i vulnerabili e a dare voce a coloro che non possono difendersi da soli, risuona l’eco del passo dei Proverbi 31,8-9: “Apri la bocca in favore del muto, in difesa di tutti gli sventurati; apri la bocca, giudica con giustizia e rendi giustizia all’infelice e al povero”. Queste parole richiamano la Chiesa a un ruolo attivo nella difesa degli oppressi e degli indifesi, un dovere etico che non può essere ignorato.