Leone XIV, primo impatto
di Dario Culot
Papa Leone XIV il 12 maggio 2025 nell’udienza con i giornalisti - foto di Edgar Beltrán, The Pillar, tratta da commons.wikimedia.org
Tutti a soppesare col bilancino ogni singola parola del nuovo papa Leone XIV (non ha parlato in inglese quando si è affacciato per la prima volta sulla loggia, buon segno per i progressisti), il suo abbigliamento (ha usato la mozzetta rossa, buon segno per i conservatori), non ha usato l’utilitaria che usava il predecessore (altro buon segno per i conservatori), quale sarà il suo alloggio: il tutto per vedere se ci sarà continuità o meno con papa Francesco. Saprà affrontare le domande, le inquietudini, le sfide di oggi?
Ebbene, devo dire che mi ha favorevolmente colpito quel suo primo breve intervento,[1] che consiglio di leggere per intero, e che – immagino - avrà già scontentato coloro che speravano in un sano ritorno al passato, quando le statuizioni del magistero erano assertive e definitive, senza neanche lontanamente sognarsi di dover superare le opinioni avverse usando argomentazioni razionali[2]. Questa tendenza a sottrarsi al contraddittorio e a bollare con anatemi ogni confutazione rendeva le statuizioni magisteriali chiaramente autoreferenziali[3]. La tentazione di arruolare Dio nelle proprie schiere, e di identificare i propri nemici (che la pensano in modo diverso) con quelli di Dio è sempre stata presente nella storia della Chiesa: se la verità della Chiesa è l’unica verità ragionevole che esiste al mondo, chi non si adegua diventa automaticamente nemico della verità, quindi della ragione e quindi di Dio. Siamo davanti al classico cane che si morsica la coda: infatti, se il testo è ispirato o dettato da Dio, ivi deve essere contenuta l’immutabile volontà di Dio per tutte le generazioni; di qui l’autorità del libro che diventa sacro e, ovviamente, l’obbligo di obbedire alla volontà di Dio e alle sue leggi divine. Ma chi interpreta queste leggi divine e la volontà di Dio? L’unico autorizzato a farlo è sempre il magistero. Certo, ogni interpretazione vuol essere oggettiva, ma qui l’obbedienza si risolve nel credere voluto da Dio ciò che ha semplicemente deciso il magistero.
Il grave è che, in tal modo, chi vive nella convinzione di avere il monopolio della verità grazie ai suggerimenti dello Spirito santo finisce col vivere dentro una struttura che esercita il potere, e chi vive in una struttura di potere vuol solo comandare; ma a quel punto il comando non può venire da Dio, che invece vuol solo servire (almeno stando a quello che ci ha insegnato Gesù – ad esempio, Mt 20, 26ss.)[4].
Papa Leone, nel suo discorso, ha messo subito in chiaro che non ha formule o dogmi da difendere; invece invita all’ascolto (soprattutto dei poveri che di norma non sono ascoltati) per interpretare i cambiamenti della storia, in tutta umiltà.
Al contrario, per secoli, il catechismo che ci è stato insegnato imponeva ai fedeli:
1) dogmi o verità in cui si deve credere,
2) leggi o comandamenti ai quali si deve obbedire,
3) rituali o cerimonie religiose che si devono praticare.
In questo consisteva il cristianesimo insegnatoci, ma nessuna di queste tre cose s’incontra nei vangeli, e le verità di fede di cui parla il catechismo sono tutto sommato delle interpretazioni teologiche della fede[5]. Per quanto possa sembrare sorprendente, da tutti i vangeli emerge che Gesù ha elogiato la fede di persone che non erano della sua stessa religione (Mc 8, 10: un militare romano; Mt 15, 28, una donna cananea; Lc 17, 19 un samaritano curato della lebbra).
Eppure, fino alla mia generazione, il magistero ci ha indottrinati[6] inculcandoci anche l’idea che il papa e i vescovi, in quanto successori degli apostoli e strumenti di Cristo, dettano le regole che noi dobbiamo seguire, sapendo che seguendole seguiamo la volontà di Dio, perché solo a queste persone che fanno parte del clero è stato dato il potere di guidare tutto il gregge con l’autorità loro conferita da Dio stesso (artt. 215-100 Catechismo)[7]. Inoltre ci è stato insegnato che il compito di interpretare in via esclusiva la Parola di Dio spetta soltanto al magistero[8] (nn.85 e 100 Catechismo). Al gregge non resta che obbedire (n.144 Catechismo). Papa Pio X l’aveva detto ancor più chiaramente: “Solo nella gerarchia risiede il diritto e l’autorità necessaria per …dirigere tutti i membri… quanto alla moltitudine, questa non ha altro diritto (sic!) che quello di lasciarsi docilmente condurre e quello di seguire i suoi pastori”[9].
La storia però insegna che seguendo docilmente il magistero si prendono delle cantonate. Per fare un semplice esempio: la figliolanza divina era già stata intravista da Socrate, secondo il quale chi giunge nell’Ade[10] da purificato vivrà in compagnia degli dèi, anche se aggiunge che “molti sono che portano piante, ma Bacchi pochi”[11]. Il filosofo e scrittore cristiano Clemente Alessandrino,[12] evidenziando il parallelo fra Socrate e Matteo (l’analogo Mt 20, 16: “Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti!”), aveva spiegato che le frasi volevano dire che grande è il numero degli uomini che si dannano. E la Chiesa ha insegnato per secoli questa paurosa verità.
Oggi, non si può più omettere di dire che questo inciso si trovava solo nella Vulgata latina, ma non nel vangelo originale scritto in greco, e finalmente l’inciso è stato cancellato anche nell’ultima edizione italiana della CEI del 2008. È cioè ormai unanimemente riconosciuto che siamo davanti a un’aggiunta, inventata di sana pianta da qualche zelante guardiano della fede e ripetuta poi mille volte, e siccome una bugia ripetuta mille volte diventa verità, l’inciso è stato accettato come fosse originale. Su questa frase, mai pronunciata da Gesù, hanno sguazzato i fautori del Dio terribile,[13] costruendo la dottrina che insegna ad aver paura di Dio.
In tempi più recenti, papa Benedetto XVI – pur rendendosi conto che l’istituzione fa problema, che i dogmi fanno problema, che la dottrina così come ancora oggi viene normalmente spiegata fa problema[14] - aveva chiaramente affermato che «l’argomentazione che si rifà al dovere di seguire la propria coscienza non può legittimare il dissenso»;[15] perciò auspicava che tutti fossero sempre ossequienti con la debita venerazione verso il magistero della Chiesa,[16] e lasciassero sempre e solo al magistero il compito di custodire, interpretare il deposito della Rivelazione, e di vigilare sulle stesse scienze filosofiche perché i dogmi cattolici non abbiano a ricevere alcun danno da opinioni non rette.
Insomma, con questo papa, che i conservatori cristiani vedono ancora come l’ultimo vero papa, era come vivere nel ‘600, quando la Chiesa esigeva che Galileo non presentasse la propria tesi sul moto della terra e del sole - da lui non considerato più corpo celeste perfetto come lo intendeva la teologia di allora, visto che aveva scoperto le macchie solari - come verità assoluta, ma solo come ipotesi. Perché? Perché la Chiesa temeva che riconoscendo a un laico il potere di interpretare le Sacre Scritture[17] si sarebbe aperto una falla nel bastione delle tesi sostenute dal concilio di Trento contro la riforma protestante, e tutto l’argine rischiava il crollo[18]. Inoltre dal punto di vista del magistero depositario di tutta la verità, se Galileo accampava la pretesa di possedere a sua volta una verità assoluta, la scienza si presentava alla ribalta come una seconda religione, il che era intollerabile perché era risaputo da tutti che solo la Chiesa aveva in mano la verità assoluta. Inutilmente il padovano Gualdo Paolo aveva ammonito per lettera l’amico scienziato: Molte cose si possono dire per modo di disputa, che non è bene asseverarle per vere, massime quando s’ha l’opinione universale di tutti contra[19]. In altre parole, “attento a come parli,” perché quando una 'dottrina è da tenersi definitivamente' vuol dire che su questo non sono più ammessi né discussioni né dubbi tra i fedeli. In pratica una verità propugnata dalla Chiesa non poteva mai più essere messa in discussione fra i credenti, pena il rogo. La storia, invece, ha ormai chiaramente dimostrato l’infondatezza di questa convinzione sostenuta per secoli dall’ortodossia.
Il concilio Vaticano I considerava la fede un dono soprannaturale per il quale crediamo le verità rivelate così come insegnate dal magistero, il quale gode dell'autorità di Dio rivelante. Dunque la fede era l'accettazione di verità rivelate, così come contenute nella dottrina insegnata dalla Chiesa. A queste verità occorreva ovviamente aderire con il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà[20]. Il concilio Vaticano II ha invece messo l'accento su un aspetto nuovo ed essenziale della fede: non più cieca obbedienza al magistero, ma necessità di abbandonarsi fiduciosamente a Dio, pur mantenendo il dovere di prestargli il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà[21].
Per secoli, dunque, per lo meno fino al concilio Vaticano II, il solo dubitare di quanto predicava il magistero poneva già la gente nell’area pericolosa dell’eresia,[22] perché solo il magistero era in grado di annunziare la verità assoluta e insindacabile. E l’incredulità o il rifiuto di dare il proprio assenso alla verità infallibilmente rivelata dalla Chiesa già costituisce peccato (ancora oggi nn. 2088s. Catechismo).
Del resto Gesù non aveva forse detto: “Io sono la Verità e la Via”? (Gv 14, 6). Se uno crede allora che Gesù-Dio è la Verità assoluta (nn. 215-2465 Catechismo), se crede che la Chiesa segue Gesù e quindi segue la Verità assoluta, è conseguentemente anche certo che la Chiesa, ascoltando la voce di Gesù, è sulla via della Verità assoluta; perciò, ascoltando la voce di Gesù così come insegnata da magistero della Chiesa, ci si trova a propria volta sulla via della Verità assoluta, anche se in quel momento non si riesce a coglierla tutta intera. “Credere, obbedire e combattere come veri soldati di Cristo[23]” viene – come si vede - da molto lontano.
Però, a ben guardare, Gesù sembra aver detto esattamente il contrario: «Chi è nella verità ascolta la mia voce» (Gv 18, 37), e non “chi ascolta la mia voce è nella verità”, come effettivamente sarebbe stato più scontato se fosse esatta la tesi dell’ortodossia. La verità è conoscenza, mentre non è mai né dottrina, né osservanza di precetti; nasce, invece, dall’esperienza dell’amore di Dio che Gesù comunica agli uomini attraverso lo Spirito[24]. Allora, non è ascoltando la voce del Signore attraverso la mediazione del parroco, del vescovo, del papa che ci si trova automaticamente, come per grazia divina, nella verità; ma si è in grado di ascoltare, cioè di capire finalmente il messaggio di Gesù, solo se ci si trova già nella verità; solo se si vive già come Gesù ha indicato di fare; appartenere alla verità precede il fatto di ascoltare la voce di Gesù e ne è la condizione,[25] altrimenti quella parola la si può anche ascoltare un milione di volte senza mai capirla. Quante volte Pietro ha sentito dire da Gesù che non si doveva distinguere i puri dagli impuri? Eppure non l’aveva mai capito. Soltanto anni ed anni dopo la morte di Gesù, un fatto concreto della vita glielo ha fatto capire[26].
Mi sembra appropriato anche ricordare il rimprovero che, nell’Apocalisse, Gesù in persona muove alla Chiesa di Efeso, la quale, ritenendosi investita del dovere di infondere negli altri la verità assoluta, dimenticava di convertirsi. Questa Chiesa si distingueva proprio per lo zelo nel difendere l’ortodossia, ma mancava di amore (che invece è prioritario), sì che Gesù rammenta a questa Chiesa che se non si converte rimuoverà il candelabro (Ap 2, 4-5). Rimuovere il candelabro significa che questa chiesa si spegne e non sarà più in grado di fare luce per gli altri, uscendo così dal circuito vitale[27]. Anche se difende strenuamente l’ortodossia diventa un ostacolo alla fede. Questo significa che lo spirito di crociata, il cercar di colpire i nemici, i malvagi, gli eretici, i miscredenti, gli abortisti può distruggere la comunità. Naturalmente non è Gesù che toglie la luce. Sono le persone religiosamente ortodosse che da sole si staccano dalla luce: allontanandosi dall’amore le persone finiscono col perdersi. Secondo il luogo comune, i cattivi dovrebbero convertirsi per diventare buoni; i buoni, che già sono nel vero e nel giusto, stanno bene così. Invece secondo Gesù tutti devono convertirsi per diventare figli di Dio,[28] anche i buoni, che rischiano sempre di non essere luce per gli altri, giacché senza amore le verità di fede sono parole morte (1Cor 13, 1-3). Va dunque ribadito che l’essere cristiano non è definito tanto dal suo retto pensare (ortodossia) quanto dal retto vivere (ortoprassi)[29].
Non a caso il concilio Vaticano II ha espressamente ricordato che nella genesi dell’ateismo possono aver contribuito non poco i credenti, nella misura in cui, per aver trascurato di educare la propria fede, o per una presentazione ingannevole della dottrina, od anche per i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano il genuino volto di Dio e del cattolicesimo[30].
Neanche Gesù ha mai detto: “io ho la verità” (a differenza dei farisei che avevano la verità nella Legge di Mosè, e dei fondamentalisti cristiani di oggi che sono convinti che la Chiesa abbia la Verità), ma ha detto: «io sono la verità». Gesù non ha mai rivelato presunte verità la cui conoscenza farebbe fiorire la vita; Gesù ha offerto con la sua vita un modello che, se sperimentato in concreto, si rivela vera vita[31]. Non si tratta di differenze di poco conto, in quanto la verità non è una dottrina esterna che si possiede, ma è un atteggiamento interno che dovrebbe caratterizzare tutta la vita del credente. Ciò significa orientare la propria esistenza a favore del bene dell’uomo, ponendo il bene dell’altro come principio assoluto della propria esperienza[32]. Ecco l’ortoprassi fondata sull’amore praticato, e non l’ortodossia fondata su una verità astratta. Ecco la testimonianza concreta, affinché gli altri possano credere vedendo come uno vive. Ecco che Madre Teresa di Calcutta poteva dire:
Fa che ti predichiamo
senza predicare con le parole,
ma con il nostro esempio.
Dunque, mentre avere la verità significa essersi appropriati di una dottrina esclusiva, di dogmi definitivi che sono solo nostri e in base ai quali ci permettiamo di giudicare, disprezzare ed eventualmente condannare tutti quelli che non la pensano come noi, essere nella verità significa essere inseriti nell’onda d’amore di Dio, un amore di Dio che è una continua comunicazione di vita a favore dell’uomo, sì che più si scopre il volto di Dio-amore e più lo si riesce a comunicare agli altri:[33] mettendosi in sintonia con questa dinamica di amore divino si va verso gli altri, non ci si separa dagli altri; men che meno ci si sente in grado di condannare gli altri. Fare la verità, significa fare il bene. E fare il bene significa comunicare vita agli altri, a prescindere da quello che l’altro pensa o crede. Nulla ci impedisce di voler bene anche a colui che non la pensa come noi, di amarlo così com’è. Avere la verità in tasca, invece, è sempre fonte di dissidi, e anche nella vita della Chiesa le maggiori difficoltà sono sempre nate dalla pretesa di alcuni di avere la verità, di possedere una dottrina che va imposta. Chi ha la verità divide. Chi è nella verità unisce[34].
Per questo sono ben lieto di aver letto che papa Leone condividendo l’idea di chi in passato si era dimostrato perplesso sull’utilizzare l’espressione “dottrina sociale” che dava l’idea di una ideologia chiusa (come d’altronde è avvenuto con l’espressione successiva “principi non negoziabili” tanto cara a papa Benedetto XVI), preferisce parlare di “insegnamento sociale”.
Ma una delle frasi che più mi hanno colpito nel discorso citato è quella in cui il papa esclude di voler “alzare la bandiera del possesso della verità”. Ogni dottrina, egli dice, può essere solo la sintesi di varie forme di dialogo perché: “ogni dottrina si riconosce frutto di ricerca e quindi di ipotesi, di voci, di avanzamenti e insuccessi, attraverso i quali cerca di trasmettere una conoscenza affidabile, ordinata e sistematica su una determinata questione”. Intendendo la parola ‘dottrina’ in questi termini il papa sottolinea che deve essere sempre escluso l’indottrinamento: “L’indottrinamento è immorale, impedisce il giudizio critico, attenta alla sacra libertà del rispetto della propria coscienza – anche se erronea – e si chiude a nuove riflessioni perché rifiuta il movimento, il cambiamento o l’evoluzione delle idee di fronte a nuovi problemi”[35]. Torna con questo papa un richiamo forte al servizio (e non al potere) della Chiesa.
Anche se queste parole possono sembrare a qualcuno rivoluzionarie, va detto che papa Leone XIV non ha affermato solennemente qualcosa di totalmente nuovo (anche se sembra aver sùbito piantato una pietra miliare nel suo pontificato che prosegue sulla strada di papa Francesco), ma ha solo consolidato quanto ormai in tanti sostenevano da tempo.
Ad es., il cardinal Claudio Gugerotti, durante le congregazioni generali in vista dell’elezione del nuovo pontefice, aveva detto qualcosa come: “Spesso, sentendoci come Dio siamo sicuri di essere conoscitori perfetti della verità, mentre siamo solo pellegrini erranti cui è stata data la Parola”.
Ma va ricordato che un primo notevole vulnus al concetto di immodificabilità della verità dei dogmi era già stato inferto nell’ultimo concilio, dove si era detto chiaramente: “La verità non s’impone che per forza della stessa verità,”[36] nel senso che possiede in sé stessa la propria ragione di validità, a prescindere dal fatto che vi sia chi le presta o non le presta fede. Quindi una verità non può più essere imposta autoritariamente, men che meno sotto minaccia di scomunica (o di rogo). La verità non usa mai la forza (fisica o morale) per imporsi; s’impone per la sua evidenza, e in ciò consiste la sua forza. In questo testo conciliare non solo viene omesso l’ammonimento tradizionale secondo cui è vietato discutere sui dogmi che invece obbligano il popolo cristiano ad un’irrevocabile adesione di fede, ma si fa implicitamente intendere che i dogmi che non riescono a imporsi per la propria evidenza non devono essere più creduti in virtù della sola autorità della Chiesa[37]. Insomma, anche se Dio è Verità, la nebbia del Mistero avvolge questa Verità.
Ancor di più oggi, insistere sull’imposizione solo in forza dell’autorità viene inteso come violenza, tanto che lo stesso papa Giovanni Paolo II aveva chiesto perdono il 12.3.2000[38] ricordando come i cristiani abbiano spesso cercato di imporre la loro verità anche con la violenza, dimenticando appunto che la verità non s’impone che in virtù della verità stessa.
Dunque non ci possono essere verità cristallizzate; non basta ripetere ciò che si è detto da sempre, ma si deve scoprire la sempre sorprendente novità di Cristo per la vita e la felicità degli uomini[39].
In conclusione, nella cultura di oggi si può ormai affermare, senza timore di essere additati come eretici, che non è vero che tutta la Verità risiede nella Chiesa e che fuori della Chiesa non c’è salvezza.
Come ha spiegato con una immagine felice, se ben ricordo, il grande teologo cattolico indiano Panikkar, quand’anche Dio avesse fatto cadere dal cielo sulla terra la Verità tutta intera, essa, nell’impatto con la terra, si è frantumata in mille pezzi, e l’uomo è in grado di raccoglierne solo qualche frammento per volta. La Chiesa è fatta di uomini, e quindi gli uomini sono in grado di accogliere solo una serie di verità relative, frammenti di verità, senza mai poter raggiungere la verità assoluta. La Chiesa, fino a papa Francesco, ha dimostrato di aver terrore del relativismo, eppure non è irragionevole affermare che tutto nella storia è relativo, tranne Dio.
Oggi si può anche tranquillamente affermare che l’uomo che pretende di identificarsi con la Verità assoluta e definitiva, e vuole poi imporla a tutti, o è Dio o è un falso[40]. E, tutto sommato, se neanche Dio che possiede tutti i poteri per costringerci non ci costringe, vuol dire che questo Dio è il Dio della libertà e ci ha fatto partecipi della sua libertà. Ne consegue che lo tradiamo se ci lasciamo costringere[41] fosse anche dall'autorità della Chiesa, fatta pur sempre di uomini che non sono Dio.
Solo Dio resta l’unico assoluto. Il cristianesimo non può avere la stessa pretesa.
Credo che papa Leone in pochi giorni, abbia già fatto capire quali saranno le linee guida per il suo pontificato, che mi sembra sarà un pontificato di servizio in linea con quanto dicono i vangeli, con conseguente allontanamento dalla Chiesa di potere che per tanto tempo ha invece affascinato tanti papi[42].
NOTE
[1] Discorso ai membri della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, del 17 maggio 2025, reperibile su www.vatican.va/ Sommi pontefici/sito web/Discorsi/2025/Maggio. È molto più breve di questo articolo.
[2] Nei concili si decideva comunque a maggioranza, e mai all’unanimità, e quindi necessariamente in base a opinioni e non a fatti oggettivi e inconfutabili. Ma se andate a leggere i resoconti dei concili quasi mai si trovano le argomentazioni che hanno zittito la minoranza con argomentazioni razionali. Normalmente si trovano solo anatemi contro le opinioni di minoranza. O, come osserva O’Malley J., Che cosa è successo nel Vaticano II, ed. Vita e Pensiero, Milano, 2010, 57, quando un papa condannava un’opinione errata, non ne indicava una corretta.
[3] Chi è convinto di possedere la verità vuole semplicemente convincere gli altri ad accoglierla; nemmeno si pone il dubbio che tutte le religioni sono imperfette (Molari C., Assimilazione integrazione e cammino, “Rocca” n.10/2014, 54).
[4] Omelia di papa Francesco del 10.1.2017:"Gesù spiegava le cose perché la gente capisse bene: era al servizio della gente. Aveva un atteggiamento di servitore, e questo gli dava autorità. Invece, i dottori della legge che la gente ... sì, ascoltava, rispettava, ma non sentiva che avessero autorità su di loro, questi avevano una psicologia di prìncipi: 'Noi siamo i maestri, i prìncipi, e noi insegniamo a voi. Non servizio: noi comandiamo, voi obbedite'. Gesù mai si è fatto passare come un principe: sempre era il servitore di tutti e questo è quello che gli dava autorità" (in http://media02.radiovaticana.va/audio/audio2/mp3/00565234.mp3).
[5] Ortensio da Spinetoli, Bibbia e catechismo, ed. Paideia, Brescia, 1999, 30.
[6] Parlo d’indottrinamento perché in tal modo il magistero non si cura di ricercare dove sta realmente la verità nel tema in discussione, bensì vuol solo far apparire vere le proprie affermazioni con chi discute con lui.
[7] Da notare di nuovo che le parole papa, vescovo o clero non si trovano nel vangelo, quindi mai sono state pronunciate da Gesù.
[8] Il magistero della Chiesa è l’autorità che ha il compito di insegnare, di interpretare e di diffondere la fede cristiana della Chiesa Cattolica, guidata dal papa e dai vescovi.
[9] Enciclica Vehementer Nos dell’11.2.1906, in www.vatican.va / Sommi pontefici/ sito web Pio X/ Encicliche.
[10] L’Ade (o inferi) è – secondo gli antichi - il regno dei morti, e Gesù possiede anche le chiavi del soggiorno dei morti (Ap 1, 18).
Nell’Ade, secondo la credenza dell’epoca, finivano tutti, buoni e cattivi. La stessa idea si ha anche in Lc 16, 23, dove si parla del ricco epulone e del povero Lazzaro. Qualsiasi testo aggiornato riporta oggi o la parola ‘Ade’ o la parola ‘inferi’, e non più la parola ‘inferno’. Inferno è il luogo del castigo di Dio. Inferi o Ade è il luogo dove, secondo un’idea dell’antichità, finivano tutti i morti.
[11] Platone, Fedone, XIII, c-d.
[12] Clemente d’Alessandria, Strom. I, 19.
[13] Per fare qualche esempio, vedasi il poeta-sacerdote Gianfrancesco Maja Materdona, L’utile spavento del peccatore – ovvero la penitenza sollecitata, libro stampato a Venezia nel 1711 e digitalizzato da Google P.II, XXIII, 94; ma vedasi ancor più recentemente in www.christianusveritas.altervista.org/inferno_esiste.
[14] Ratzinger J., Introduzione al Cristianesimo, ed. Queriniana, Brescia, 2000, 330.
[15] Ratzinger J. – Benedetto XVI, L’elogio della coscienza, ed. Cantagalli, Siena, 2009, 117.
[16] Enciclica Papa Pio XII, Humani generis, 12.8.1950, § III, in www.vatican.va/ Sommi pontefici/sito web Pio XII/Encicliche.
[17] Gs 10, 13: se Giosuè può far fermare il sole, Galileo non poteva negare che il sole gira attorno alla terra, avendo Dio in persona dettato la Bibbia, e Dio non si può ovviamente sbagliare. Altra cantonata perché oggi anche l’ortodossia riconosce che Dio non ha dettato la Bibbia, ma ha solo ispirato gli autori.
[18] Righini A., Galileo tra scienza, fede e politica, ed. Compositori, Bologna, 2008, 153.
[19] Bellone E., Galileo, Keplero e la nascita del metodo scientifico, ed. Gruppo editoriale L’espresso, 2012, 30.
[20]§3 Costituzione dogmatica Dei filius, del Concilio Vaticano I, del 24.4.1870: “La fede è una virtù soprannaturale, con la quale, sotto l'ispirazione e la grazia di Dio, crediamo che le cose da Lui rivelate sono vere, non per la loro intrinseca verità individuata col lume naturale della ragione, ma per l'autorità dello stesso Dio rivelante... Quindi si devono credere con fede divina e cattolica tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio, scritta o trasmessa per tradizione, e che vengono proposte dalla Chiesa, o con solenne definizione, o con il magistero ordinario e universale, come divinamente ispirate, e pertanto da credersi... occorre aderire con il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà ...”.
[21] Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione - Dei Verbum § 5 - del 18.11.1965.
[22] Si crede generalmente che in materia di religione ci sia all’inizio un’unità o un consenso, e che solo in seguito si allontanino da questa unità coloro che vengono definiti gli eretici. «Al contrario, la diversità viene prima, l’unità dopo. All’inizio c’è la complessità, il contrasto, la dissonanza. Non ci sono né unanimità, né sinfonia o accordo di voci… Solo in seguito si instaura un’opinione dominante stabilita dall'autorità. Essa viene dall'alto in basso, come verità da ripetersi meccanicamente, è ciò che si esprime con la parola catechismo» (Théron M., Piccola enciclopedia delle eresie, ed. il melangolo, Genova, 2006, 8).
[23] Art. 577 Catechismo maggiore di Pio X, che in questo seguiva Paolo, proclamatosi per primo vero soldato di Cristo (2Tm 2, 3).
[24] Mateos J., L’utopia di Gesù, ed. Cittadella, Assisi, 1991, 126.
[25] Maggi A., Il mandante, ed. Cittadella, Assisi, 2009, 57.
[26] Attraverso la concomitante azione di Dio nell’azione della tovaglia scesa dal cielo con i cibi impuri, e del centurione romano che lo chiama nella sua casa, Pietro giunge improvvisamente a una conclusione per lui assolutamente nuova: «Dio mi ha mostrato che non si deve evitare nessun uomo come impuro» (At 10, 28). Erano passati ormai vari anni dalla morte di Cristo.
[27]Pérez Márquez R., L’Apocalisse della Chiesa, ed. Cittadella, Assisi, 2011, 42 ss. Maggioni B., L’Apocalisse, ed. Cittadella, Assisi, 2012, 39. Questo secondo autore non parla di ortodossia, ma di “mediocrità interiore”; tuttavia il richiamo nel testo al fatto che la Chiesa di Efeso “non sopporta” qualcuno, sembra collegarsi a un fondamentalismo, piuttosto che a una grigia mediocrità. Più attendibile, perciò, mi sembra l’interpretazione di Pérez.
[28] Maggi A. e Thellung A., La conversione dei buoni, ed. Cittadella, Assisi, 2005, 48.
[29] Secondo l’ex papa Ratzinger, invece, porre la prassi al di sopra dell’ortodossia è una chiara eredità marxista (Antonioli F., Un eremo è il cuore del mondo, ed. Piemme, Milano, 2011, 19). Sinceramente mi sfugge il perché.
[30] Costituzione pastorale sulla Chiesa – Gaudium et spes, 7.12.1965 § 19 ult.co.
[31] Mateos J., L’utopia di Gesù, ed. Cittadella, Assisi, 1991,133 nota 3.
[32] Maggi A., Il mandante, ed. Cittadella, Assisi, 2009, 57 s.
[33] Maggi A., La follia di Dio, ed. Cittadella, Assisi, 2010, 184.
[34]Maggi A., Colui che viene a me io non lo caccerò fuori, conferenza tenuta a Cuneo il 10 novembre 2013, in www.studibiblici.it/Scritti/conferenze.
Quando la fede si riduce all’accettazione di verità, divide le persone, le separa e le fa scontrare reciprocamente (Castillo J.M., I poveri e la teologia, ed. Cittadella, Assisi, 2002, 256s.)
[35] Il punto è stato confermato con forza nel discorso del suo insediamento, del 18.5.25, quando il papa ha detto che non cercherà di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere.
[36] Dichiarazione sulla libertà religiosa del 7.12.1965 - Dignitatis humanae, verso la fine del §1.
[37] Ai tempi dell’ultimo concilio era stato affermato (credo dal teologo Hans Küng) che gli uomini non accettano più l’autorità sulla sola base dell’autorità formale, che consiste nel solo pretendere di essere autorità. Essi accettano solo l’autorità che, nel suo fare e agire, si dimostra come autorità, in cui l’esterno e l’interiore si identificano.
[38] Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato, §§ 1.3. e 5.3, in http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_con_cfaith_doc_20000307_memory-reconc-itc_it.html.
[39] Cupellaro F., Non riduciamo il Sinodo a una farsa, “Il Piccolo” 21.9.2014, 6).
[40] Andreoli V., La gioia di vivere, ed. Rizzoli, Milano, 2016, 110. Ha ben detto un teologo e matematico (Florenskij P., La colonna e il fondamento della verità, ed. Rusconi, Milano, 1998, 194s.) che una formula può essere verità solo se prevede tutte le obiezioni. Ma per prevedere tutte le obiezioni bisogna prima averle esposte. Ne deriva che la verità è un giudizio che racchiude in sé anche il limite, sì che ogni verità è antinomica (cioè contraddittoria) e non può che essere tale.
[41] Buber M., Gog e Magog, ed. Neri Pozza, Vicenza, 1999, 60.
[42] Dall’omelia della messa “Pro Ecclesia” con i cardinali, 9 maggio 2025: “sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato (cfr. Gv 3,30), spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo”. Ben diverso da papa Pio X il quale sosteneva che la dignità del papa è la massima fra tutte le dignità della terra (art. 196 Catechismo di Pio X). E ancora il nuovo Catechismo ribadisce che tutti i battezzati devono essere sottomessi ed obbedire ai capi della Chiesa (n.1269) e l’obbligo è rafforzato per i presbiteri (nn.915, 1567). Non sarebbe stato molto meglio dire che i battezzati devono offrire la loro leale collaborazione?
Pubblicato il volume di Dario Culot che ripropone in una nuova veste editoriale, ed in un unico libro, molti dei suoi contributi apparsi sul nostro settimanale: https://www.ilpozzodigiacobbe.it/equilibri-precari/gesu-questo-sconosciuto/