Suora inginocchiata davanti alle forze armate del Myanmar durante il golpe del 2021 - foto tratta dalla rete, si resta a disposizione per il riconoscimento di eventuali diritti, anche con riguardo alla fotografia sottostante di una eclissi di sole
Totale eclipse
La comunità bancaria di Sara Letetov, Rania Montalt e Alina Nenotalbinich nel pensiero teologico di Lorna Pafaniach
di Stefano Sodaro
Panorama di San Leucio (Caserta) - foto di Gscara98, del 2016, tratta da commons.wikimedia.com
La pittrice, che vive a Cantù, Anora Tilmant, dopo l’uscita nelle sale cinematografiche del film omonimo di Sean Baker, “Anora” appunto - che ha vinto di recente ben cinque Oscar -, ha deciso, un po’, anzi soprattutto, per l’imbarazzo, di rinverdire le sue origini giordane, trasformandosi, quale nome d’arte, in Rania Montalt e facendo così vivere di nuova vita il suo effettivo secondo nome, “Rania”, sì. Di un’attualità bruciante, considerato quanto sta accadendo in Medio Oriente.
I quadri di Anora Tilmant da poco compaiono con l’autografo di Rania Montalt. Ma proseguiamo.
Le notizie che giungono dal Myanmar, ex Birmania, sotto il governo di una giunta militare (che, con un colpo di Stato, ha rovesciato, nel 2021, il governo precedente, formato dalla forza politica che aveva vinto le elezioni, con la immediata carcerazione di Ang San Suu Kyi – leader, donna, di quel Partito -) rendono manifesta la total eclipse di cui parla, con la sua musica unica e completamente dimenticata, Klaus Nomi. Un terremoto spaventoso che si somma alle condizioni politiche di negazione della democrazia, su cui è intervenuto anche l’ONU.
C’è altro.
Rania Montalt, che non fa di professione la pittrice, ha due colleghe lombarde, che sembrano però avere avuto – o avere ora - un qualche legame con Trieste e con l’Est Europa, dal momento che si chiamano, rispettivamente, Alina Nenotalbinich e Sara Letetov.
Tre donne che sono tre bancarie. Di una banca alquanto particolare tuttavia, dal momento che, venerdì scorso, il loro stesso datore di lavoro ha indetto un confronto con l’ANDOS di Milano sul silenzio, tra tabù e imbarazzo, che sotterra la realtà del cancro al seno. Realtà che, anch’essa, è spesso avvertita come una “total eclipse”, mentre la sola forza della parola, e della condivisione comunitaria, riuscirebbe a far svanire l’oscurità e a vincere sulla paura atavica dell’eclisse.
Sara Letetov e Alina Nenotalbinich, con la loro competenza di storiche appassionate, hanno fatto conoscere alla collega artista la stupefacente esistenza della colonia industriale, di epoca borbonica e dedita alla produzione della seta, di San Leucio, vicino a Caserta, dove sembrarono realizzarsi, sotto il regno di Ferdinando IV, le idee utopistiche addirittura di Charles Fourier riguardo al falansterio. Fourier è colui che per primo ha usato il termine di onnigamia. Gli Statuti di San Leucio, elaborati verosimilmente grazie ad Antonio Planelli, singolarissima figura di prete massone, pedagogo e musicista, costituiscono un documento unico per chi studia storia del diritto, dal momento che – nell’anno pur epico del 1789 – sancivano solennemente: Nella scelta [matrimoniale] non si mischino punto i Genitori, ma sia libera de’ giovini (…).
Sara Letetov e Alina Nenotalbinich, assieme a Rania Montalt, disegnano simbolicamente l’intero arco generazionale di quante – e quanti – lavorano nella loro banca. Una organizzazione di persone, le une accanto alle altre, non così dissimile da San Leucio. La prima e la terza delle nostre bancarie sono giovanissime, la seconda coetanea del qui scrivente.
Rania Montalt conosce abbastanza bene Sara Letetov ed entrambe danno, conferiscono, all’ambiente in cui trascorrono gran parte delle loro giornate - ogni giorno - un significato, un senso, comunitario, in grado, lo si accennava, di far svanire l’eclissi totale, sia quella del Myanmar che quella delle malattie oncologiche.
Alina Nenotalbinich, a sua volta, infonde, all’interno di una tale comunità, un’aria di premura, di attenzione, di cura, di distinta – elegante – partecipazione, che si coniuga alla saggezza, alla grazia ed all’esperienza di chi ha compiuto, sino ad ora, un percorso di vita profondo, importante, persino decisivo.
Della testimonianza – non voluta esplicitamente, peraltro – delle tre colleghe si è accorta una, altrettanto giovanissima, teologa bergamasca, la cui identità contiene pure evocazioni del capoluogo giuliano. Lorna Pafaniach pensa e ripensa all’intreccio esistenziale dei vissuti di Rania Montalt, Sara Letetov e Alina Nenotalbinich. È vicepresidente di un’associazione culturale triestina, in effetti, e appartiene ad una generazione di teologhe – culturalmente inedita, se così si può dire – secondo le quali la riflessione interna alle Chiese va dilatata di molto, coinvolgendo in un’assunzione di reale totalità, le dimensioni un tempo definite “profane”. Una estraniazione, una estroversione, della teologia che non è alienazione. Una prospettiva teologica che è di Karl Rahner e Severino Dianich.
Insomma, Rania Montalt – alias Anora Tilmant -, Sara Letetov, Alina Nenotalbinich e Lorna Pafaniach, da un lato, ascoltano “Totale Eclipse” di Klaus Nomi, probabilmente sconosciuto anche a loro, e, dall’altro, si danno davvero appuntamento a Trieste, dove, magari, potranno mettere ancor più a confronto le loro storie e provenienze culturali. In quella “capitale del Novecento” che sembra condensare, concentrare, tutte la Apocalissi della storia contemporanea. Compreso il terremoto – la memoria va al 1976 – e compresa la salute mentale, di cui non si parla mai così come mai si parla del cancro e su cui, invece, ha speso la propria vita Franco Basaglia, aprendo definitivamente i manicomi. A Trieste, del resto, è nata la prima Compagnia Assicurativa italiana, nel 1831. San Leucio non è poi così lontana.
Buona domenica.