Religione e tatuaggi
di Dario Culot
Elaborazione fantastica IA per questo contributo di Dario Culot: nessun dettaglio è reale
Come in un non lontano passato nel mondo occidentale imperversava la moda dei maschi capelloni, oggi, fra i giovani (ma non solo), c’è la moda di farsi tatuare. Se si guarda una partita di calcio in televisione è difficile vedere un solo calciatore che non sia tatuato. Personalmente, a meno che non si debba nascondere qualche brutta cicatrice o uno sfregio, il tatuaggio non mi piace, ma penso che questo sia una questione di gusti per cui – per me - la cosa si ferma lì.
Su questo tema, però, anche la religione ha da tempo detto la sua. La pratica del tatuaggio era nata nelle antiche tribù pagane che avevano pensato a questo metodo per permettere di fare entrare ed uscire dal proprio corpo gli spiriti divinatori o dèmoni.
La parola demone, che deriva dal greco δαίμων (daimon), che significa “essere divino”, non è necessariamente negativa. La parola “dèmoni” è il plurale di “dèmone”, cioè un’entità spirituale non necessariamente malvagia. Invece “demòni” è il plurale di “demonio”, che è un’entità spirituale malefica[1]. Quando una mamma dice che il suo piccolo è un demonio dice che è un diavoletto, non un démone.
Nella Bibbia, Dio è stato chiarissimo sul tatuaggio. In Levitico 19, 28 sta scritto espressamente: “non farete incisioni nella vostra carne, né farete tatuaggi su di voi”. Dunque, farsi un tatuaggio è una disobbedienza a Dio, almeno per chi prende la Bibbia alla lettera. E visto che la Bibbia ammette che “Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza” (Osea 4-6), sapendo cosa dice la Bibbia al riguardo, nessuno può dire di non aver saputo.
Il noto sacerdote esorcista padre Gabriele Amorth, deceduto quasi dieci anni fa, aveva affermato che negli esorcismi il demonio confessa ripetutamente, per bocca dei posseduti, che chiunque si tatua è un suo consacrato e che a prescindere da quello che uno decide di farsi tatuare, l’influenza del demonio nella vita dei tatuati è reale e continua. Concludeva perciò l’esorcista ammonendo che il tatuaggio era una vera e propria consacrazione indiretta a Satana,[2] principe dei demòni, per cui chi si tatua rischia di andare incontro a disturbi di possessione, dolori indicibili, depressione, oltre che a fatture e malefìci, visto che permette al demonio di avere influenze su di lui. Per questo l’esorcista rammentava anche che la fede in Dio va presa seriamente e Satana approfitta della nostra ignoranza per agire su di noi. Consequenzialmente, il consiglio dell’esorcista era di non farsi mai tatuare, e se uno si è ormai tatuato era meglio andare da un sacerdote esorcista, disponibile nella diocesi di appartenenza, per farsi benedire la pelle tatuata.
Per secoli la religione che ci è stata insegnata si è fondata prevalentemente sulla paura di Dio, e la paura di Dio ancora oggi è l’aspetto prevalente nell’insegnamento di molti preti: su questa linea si pone anche l’ammonimento di Amorth. Risulta però evidente nei vangeli che Gesù, se ha visto qualcosa con assoluta chiarezza, è che attraverso la via della paura che attanaglia le coscienze, la religione non va da nessuna parte, perché ci sono già abbastanza timori e paure in questo mondo[3]. Stando ai vangeli, cioè, Gesù voleva portare nella nostra vita solo gioia piena (Gv 15, 11), non paura e sofferenza. Proprio volendo eliminare ogni paura di Dio, ci ha insegnato che si entra nel mondo di Dio semplicemente assomigliando al Padre, cioè praticando l’amore gratuitamente.
Mi sembra, dunque, che non si debba esagerare con i richiami a Satana e alla paura, e che la Bibbia non debba essere presa sempre alla lettera, anche se ‘Dio è stato chiarissimo’ sul punto. Ogni testo va interpretato innanzitutto alla luce della cultura dell’epoca.
Se la Bibbia dovesse essere veramente accettata senza obiezioni, perché esprime indiscutibilmente la vera volontà di Dio, Giuseppe – appena saputo che Maria aspettava un figlio non suo, - avrebbe dovuto farla lapidare, perché Dio, anche su questo punto, era stato chiarissimo (Dt 22, 23). Non farlo è stato una atto di disobbedienza a Dio. E oggi, i “soldati di Cristo” (2Tm 2, 3) che difendono alla lettera la sua Parola contenuta nella sacra Scrittura dovrebbero essere coerenti fino in fondo e chiedere la pena di morte, come previsto nella Bibbia, non solo per gli omosessuali, ma anche: per chi lavora di sabato (Es 35, 2); per l’uomo che ha rapporti con una donna durante le sue mestruazioni (Lv 20, 18); per tutti i chiromanti che appaiono in televisione (Lv 20, 27); e perfino per chi osa mangiare un bel piatto di scampi o un’aragosta (Lv 11, 10), perché anche mangiare crostacei è, per Dio, un orrendo abominio esattamente alla pari di quello di un uomo che ha rapporti con un altro uomo come fosse una donna[4] (Lv 20, 13).
E visto che ci siamo, non si deve nemmeno dimenticare che Paolo fulminava come contro natura anche il fatto che gli uomini si lasciassero crescere i capelli e che le donne se li tagliassero corti (1Cor 11, 14-15). Ricordiamoci infatti che, anche dopo aver letto le lettere di Paolo durante la messa, si dice “Parola di Dio”.
Forse allora non sbagliamo se diciamo che le idee espresse nella Bibbia e da Paolo non necessariamente esprimono sempre il volere di Dio. Gesù non ha potuto dirlo per Paolo essendo morto prima che questo fariseo[5] convertito cominciasse la sua missione, ma aveva espressamente avuto tempo nella sua vita terrena per dire che la Bibbia non è sempre Parola di Dio (ad esempio quando ha affermato che «non è quello che ti entra che ti rende impuro, ma quello che ti esce» - Mt 15, 11; Mc 7, 15). La Bibbia invece affermava che solo a toccare o mangiare qualcosa d'impuro si restava contaminati. E anche qui Dio è stato chiarissimo assicurando personalmente che l’impurità sarebbe passata dal toccato al toccante (Lv 15, 2 ss.).
Insomma fra la lettera del testo e la realtà delle cose ce ne corre... per cui dire che le persone tatuate sono necessariamente preda del demonio mi sembra quanto meno azzardato.
In ogni caso, tanto per incominciare, si può far subito rilevare un errore linguistico nel pensiero dell’esorcista Amorth, perché Satana è il termine ebraico per dire (in greco) diabolos,[6] cioè diavolo, e il diavolo non va identificato col dèmone.
Nei vangeli il diavolo o il satana, è sempre una persona in carne ed ossa, o un insieme di persone in carne ed ossa, che avversano il progetto del Regno di Dio così come concepito da Gesù, e s’immaginano di realizzare un loro progetto del Regno di Dio[7]. Il diavolo s’identifica in particolare con chi, per il proprio tornaconto, usa le persone per sé; oppure in chi cerca di sedurci alla via del potere, del denaro, del successo, allontanandoci dalla via del servizio predicata da Gesù[8]. Il potere è sempre diabolico, ed ecco che il diavolo, personificazione del potere che domina e tenta l’uomo (Mt 4, 8), ottiene facilmente il suo successo perché gli uomini sono facilmente sedotti dall’essere messi in condizione di esercitare il potere.
Ma la cosa forse più importante da sottolineare è che nei vangeli nessun indemoniato è mai posseduto dal diavolo, ma solo dai dèmoni, il che è assai diverso. Per molti di noi, i due termini sono tranquillamente interscambiabili: dire Satana, Lucifero, diavolo o demonio è dire la stessa cosa[9]. Ma nei vangeli non è così: un conto è satana, il diavolo o il demonio; un conto sono i dèmoni. Del resto, se basta un diavolo per trascinarci all’inferno, perché Maria di Magdala avrebbe avuto bisogno di ben sette dèmoni (Lc 8, 2)?
Chi sono allora questi demoni? Non certamente i diavoli: in ebraico esiste la parola diavolo (satan), ma non esiste la parola dèmone: siamo davanti a una parola usata per la prima volta dai traduttori ebraico-greci nella Bibbia dei LXX, che comprende tutti quegli esseri mitologici di cui parlava la Bibbia ebraica (satiri,[10] centauri, fauni, ecc.) e ai quali in quell’epoca non si credeva più. Nell’antichità, tutto quello che era inspiegabile veniva attributi a degli spiriti, cioè ad esseri intermedi fra gli uomini e le divinità, che entravano nel corpo umano e ne prendevano il comando: se soffrivi d’insonnia, di epilessia, se prendevi un colpo di sole, se avevi la febbre, se non eri capace di controllarti dopo esserti ubriacato, se eri pazzo, non avendo una spiegazione scientifica per tutto ciò, s’incolpavano i folletti, gli spiritelli maligni, cioè i dèmoni. Per gli antichi, il cosmo era densamente abitato: lo spazio fra il cielo e la luna era abitato dagli dèi, quello fra la luna e la terra dai dèmoni, esseri intermedi fra gli dèi e gli uomini, come ben spiegato da Platone, secondo il quale ogni dèmone è qualcosa che sta a metà tra un dio e un mortale[11]. Nel libro di Tobia della Bibbia, si trova un dèmone[12] che si chiama Asmodeo (Tb 3,8.17) che è il nemico degli innamorati. Quando Saul cade in depressione si dice: il Signore gli mandò uno spirito maligno che lo tormentasse e lui era triste e si risollevava soltanto quando Davide gli suonava la cetra (1Sam 16, 23). Se la Bibbia fosse stata scritta oggi, l’autore avrebbe detto che Saul era caduto in depressione. Un altro spirito cattivo di Yhwh s’impadronisce di Saul quando egli tenta di uccidere Davide (1Sam19, 9). Se la Bibbia fosse stata scritta oggi, l’autore avrebbe detto che Saul era stato colto da un improvviso raptus di follia omicida. Dunque, si può capire il concetto di daìmon solo alla luce delle credenze popolari animistiche[13]. I dèmoni erano tantissimi, e comprendevano anche tutti quegli animali del mondo mitologico antico: le sirene, i fauni, le arpie...ce n'era un'infinità. Era un mondo fatato, magico, in cui si credeva nell'esistenza di questi esseri, non tutti necessariamente cattivi: c'erano dèmoni buoni e dèmoni malvagi. Quindi erano i dèmoni che entravano nelle persone, che le fuorviavano e spesso impedivano all'uomo di essere felice.
Ma perché tutti questi nomi diversi nella Bibbia ebraica sono stati tradotti nella Bibbia greca con un’unica parola soltanto: daimon? Perché circa 150 anni prima di Gesù, siccome molti ebrei vivevano all’estero dove l’ebraico non era più parlato se non nel culto, si era sentita l’esigenza di tradurre la Bibbia dall’ebraico al greco (all’epoca lingua universale, come l’inglese di oggi). Ma essendo in quell’epoca la società ormai più evoluta, si è non solo tradotto, ma anche interpretato: ne è uscita quella che ancora oggi va sotto il nome della Bibbia dei LXX, che è diversa dalla Bibbia ebraica. I traduttori che si erano imbattuti in elementi di chiara ispirazione mitologica, vivendo in una società molto più evoluta anche a livello teologico e spirituale di quella ebraica del passato, avevano pensato di ridurre tutto questo variegato mondo mitologico a un concetto astratto unico: i dèmoni. I dèmoni nella Bibbia, dunque, sono tutti quegli esseri intermedi, alcuni amici degli uomini, altri pericolosamente nocivi. Ma, e questo è importante, oltre agli esseri del mondo mitologico i traduttori greci del testo biblico hanno chiamato dèmoni pure le divinità straniere. Nel Salmo 96, 5 si legge: “Tutti gli dèi delle nazioni sono nulla.” Nelle traduzioni greca e latina, il nulla venne trasformato in dèmoni: tutti gli dèi delle altre nazioni sono dèmoni. Questo salto concettuale ha favorito l’idea, purtroppo sviluppata in seguito anche nel cristianesimo, secondo cui le religioni pagane erano veri e propri culti ai dèmoni[14]. In Isaia 13, 21 si parla di Babilonia devastata nella quale “vi danzeranno i sàtiri”. Nella traduzione greca, la parola satiri è tradotta con “dèmoni”. Anche in 2Cr 11, 15, i satiri – pure venerati nell’antichità come dèi - vengono indicati come idoli nella traduzione greca, come dèmoni in quella latina. In Dt 32,17 si legge: “Hanno sacrificato agli shedim”, che erano gli spiriti buoni, i numi tutelari della casa cui si offrivano sacrifici per ingraziarseli. In una cultura più evoluta dove non si credeva più all’esistenza di questi spiritelli, nella Bibbia dei LXX gli “shedim” diventano anch’essi “dèmoni” e tali restano anche nella Vulgata latina (daemonibus), giunta fino a noi, e perfino nell’ultima traduzione della CEI, anche se in altre traduzioni più accurate del Salmo 106, 37, shedim viene tradotto con falsi dèi.
Da notare che ci sono perfino parole italiane di uso comune, che oggi hanno cambiato di significato senza neanche che ce ne rendiamo conto, ma che derivano dalla credenza popolare che una volta si trattava di dèmoni. Si pensi alle parole “incubo” e “succube”: in passato erano dei veri e propri dèmoni invisibili, e si credeva che questi esseri influissero pesantemente nella vita delle persone[15]. Succube (dal latino giacere sotto) e incubo (dal latino giacere sopra) erano i dèmoni che la notte sia accoppiavano con le persone. I dèmoni erano sia maschi che femmine: il dèmone incubo si accoppiava con le donne mettendosi sopra di esse. Il dèmone succube era quella che si infilava di notte nel letto degli uomini e li faceva partecipare involontariamente ad un atto sessuale: come potevano spiegare a quell’epoca il fenomeno naturale della polluzione notturna dei giovani maschi, cioè l’emissione di sperma durante un sogno erotico? Era il dèmone che era venuto ad accoppiarsi con quell’uomo. E così per la parola “panico”? Il termine panico proviene dal nome del dio Pan. La stessa immagine più utilizzata e conosciuta del diavolo viene, guarda caso, proprio dalla rappresentazione di questo dio mitologico che aveva il corpo di capra, con coda, zoccoli e corna, ma un volto umano. Pan era quello strano essere dispettoso che provava divertimento a nascondersi, saltar fuori all’improvviso e spaventare a morte i viandanti nei boschi; poi questo dio è rimasto immortalato fino ai giorno nostri come l’immagine più realistica del diavolo.
Si può dire qualcosa anche sul numero 666 che si trova nell’Apocalisse (Ap 13, 18), che è il numero dell’anticristo secondo Amorth, e che alcuni si fanno tatuare a dimostrazione che sono caduti sotto il potere del diavolo. Come sappiamo, attorno a questo numero la fantasia umana si è sbizzarrita con visioni ancora più catastrofiche dell’Apocalisse, la quale alla fine del testo dà almeno la certezza che il diavolo, o il drago, o la bestia, o il 666 che dir si voglia, è destinato al fallimento e può solo rallentare il progetto divino. Per ricordare solo alcune delle interpretazioni,[16] il numero 666 è stato collegato da alcuni al codice di commercio universale (il codice a barre che troviamo sugli alimenti, le cui confezioni possono portarci malefici); da altri come un tatuaggio invisibile sulla fronte o sulla mano per una lettura ottica leggibile solo da poteri oscuri; da altri ancora come la sigla internet www (utilizzando l’alfabeto ebraico, dove ogni lettera corrisponde a un numero); e così avanti.
In realtà, nella cultura di allora i numeri avevano un preciso significato di simboli e non solo un significato meramente aritmetico. Più in particolare, il numero 3 denota il completo e il definitivo. Così in Mt 4, 11 e Lc 4, 1-3 le tre tentazioni di Cristo comprendono ogni tipo di tentazione. La triplice negazione di Pietro (Mc 14, 30) significa la sua totale rinuncia a seguire Gesù. In Mc 8,2 le folle pagane passano tre giorni con Gesù: significa che gli hanno dato totale adesione[17].
Se il 3 indica assoluta completezza, il 6 indica allo stesso tempo l’oggetto e il suo riflesso, cioè l’immagine speculare deformante, quindi l’incompletezza, l’imperfezione: da 7, che significa perfezione, si sottrae 1 = 6 che significa appunto non perfetto, a differenza del 7; ma il numero indica anche una meta, il punto finale d’arrivo che resta imperfetto, oltre al quale non si va. Dunque il numero 666, che tanto ha colpito la fantasia della gente, indica semplicemente l’imperfezione assoluta: nell’Apocalisse il dominio della bestia o del drago è cioè effimero,[18] perché 6 volte 3 indica l’incompletezza assoluta, totale che mai potrà diventare completezza. Perciò, mentre normalmente ciò che è imperfetto è prodromo di ciò che, superata tale imperfezione, potrà perfezionarsi in seguito,[19] nel nostro caso l’imperfezione del male è già perfetta e immodificabile, per cui non potrà mai andare oltre questo suo limite e mai il male potrà diventare assolutamente perfetto e completo.
In conclusione, possiamo anche accettare che il Dio degli ebrei non volesse gente tatuata fra i suoi, ma questo serviva per distinguersi dalle popolazioni vicine che invece spesso ricorrevano al tatuaggio per esprimere identità a veicolare messaggi. All’epoca anche non mangiare certi cibi serviva a compattare la propria identità rispetto ai popoli vicini: queste regole aiutavano cioè a dare una precisa identità a quel popolo per distinguerlo dagli altri. Oggi però noi non crediamo più che la nostra identità possa essere compromessa da uno o più tatuaggi, come non crediamo al fatto che se mangiamo carne suina o crostacei corriamo il rischio di abbandonare la nostra identità, diventare nomadi della nostra religione, ed essere assorbiti dai vicini di altre religioni. Consideriamo tutti questi divieti come mere convenzioni e abitudini tradizionali del passato che possono cambiare nel tempo. Anzi, occorre stare attenti affinché il passato non si trasformi in una gabbia immutabile dalla quale non si può più uscire. Questo porterebbe a un totale rifiuto di ogni novità, e rifiutare ogni novità significa non vivere la storia.
Probabilmente com’è finita la moda dei capelloni, presto finirà anche la moda dei tatuaggi, che si esaurirà da sola, senza dover ricorrere a divieti religiosi che, soprattutto oggi, lasciano il tempo che trovano e non riescono neanche più a far paura alla gente.
NOTE
[2] Anton La Vey, l’esoterista americano fondatore della Chiesa di Satana in America, confessò pubblicamente (nel libro Moderni Primitivi del 1989) che dietro ogni tatuaggio (sia esso un fiorellino o un drago) c’è il satanismo. Del resto, lo affermava già la Chiesa.
[3] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 92.
[4] Da notare, invece, che la Bibbia nulla dice di rapporti sessuali fra due donne. Quindi, non essendo vietati espressamente dalla Bibbia, per chi la interpreta solo alla lettera, dovrebbero essere leciti.
[5] Paolo era fariseo (At 23, 6; Fil 3, 5) zelante fino al fanatismo (Gal 1, 14).
[6] Satana è un nome comune, che può essere tradotto come avversario, ma nella tradizione è diventato il nome proprio del capo dei diavoli (o demóni): «Da noi, infatti, il capo dei demóni malvagi è chiamato serpente e satana e diavolo» (Giustino, Apologia I, XXVIII, 1, in www.documentacatholicaomnia.eu, sotto la voce Iustinus).
[7] Quando la folla acclama Gesù che entra in Gerusalemme (Gv 12, 13) nell’imminenza della Pasqua vede in lui il Figlio di Davide, il Messia liberatore e trionfatore che farà d’Israele una grande potenza, ed è pronta a sottomettersi ad un Messia potente accettando il dominio sulle proprie vite, passando senza fiatare dal dominatore romano a un altro. In quel frangente Gesù viene preso come in ostaggio, viene trascinato dalla corrente. Non è più Gesù che a quel punto determina il suo cammino ma, come il satana nel deserto lo prende e, portandolo sulla città santa lo invita a fare secondo quello che si aspetta la gente, nell’identico modo ora la folla lo circonda, lo sospinge lungo la strada e lo invita a mostrarsi in tutta la sua potenza, a dimostrare di essere veramente il Messia che tutti si aspettano. Oppure pensiamo a quando i fratelli gli dicono di seguire la strada dei miracoli se vuol farsi accettare (Gv 7, 3).
Le uniche singole persone chiamate espressamente Satana (o diavolo) nei vangeli sono Giuda (Gv 13, 27) e Pietro (Mt 16, 23). Di fronte alla sola idea che il Messia possa morire, Pietro tratta Gesù esattamente come Gesù trattava gli indemoniati: lo sgrida. Quindi, per Pietro, quello che Gesù sta dicendo è qualcosa di sconsideratamente assurdo. Pietro afferra Gesù e lo tira verso di sé, perché nella sua mente è Gesù che deve seguire la sua strada, come il diavolo cerca di fare nelle tentazioni di Cristo. Ma Gesù mette le cose in chiaro: “Vattene dietro di me, altrimenti sei un satana, sei tu che devi seguire me, non io te.” Gesù chiama l’apostolo, che il magistero c’insegna essere stato appena designato capo dei capi nella comunità cristiana, Satana (Mateos J., L’utopia di Gesù, ed. Cittadella, Assisi, 1991, 16s.). Perché Satana? Perché satana non vuole la morte di Gesù, ma vuole collaborare a modo suo con Gesù nella conquista del potere. E perché? Perché fin tanto che si esercita il potere, lì c’è il satana che regna. Il Dio di Gesù è l’amore che si fa servizio; satana è il potere che domina le persone, ed il potere è sempre diabolico.
[8] Il decreto del vaticano del gennaio di quest’anno ha sciolto il sodalizio Vida Cristiana e le sue ramificazioni Fraternidad Mariana de la Reconciliación e las Siervas del Plan de Dios, assumendo che lo stesso non ha carisma divino, e mai lo ha avuto, perché il fondatore Luis Fernando Figari non è stato mosso dallo Spirito Santo, ma dall’ansia del potere e del denaro. Ecco un caso di fumo di Satana dentro alla Chiesa.
[9] Cavalcoli G., L’inferno esiste, ed. Fede&Cultura, Verona, 2010, 79; Amorth G. e al., L’azione del maligno, ed. Fede&Cultura, Verona, 2011, passim.
[10] Ad es. Is 13, 21 e 34, 14. Theological Dictionary of the New Testament, a cura di Kittel G. e Friedrich G., ed. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids (USA), 1993, voce Daìmon, Vol. II, 11: “Nella Bibbia dei LXX i nomi prima usati si traducono con daimònion” (Theological Dictionary of the New Testament, a cura di Kittel G. e Friedrich G., ed. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids (USA), 1993, voce Daìmon, Vol. II, 12).
[11]Simposio, 202e, “Tutto Platone”, ed. Laterza, Bari, 1967, 698.
[12] La Bibbia dei LXX, scritta in greco, usa la parola daimònion che, come visto alla nota precedente, si traduce con dèmone.
[13]Theological Dictionary of the New Testament, a cura di Kittel G. e Friedrich G., ed. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids (USA), 1993, voce Daìmon, Vol.II, 1.
[14] Maggi A., Gesù e Belzebù, ed. Cittadella, Assisi, 2009, 47.
[15] Vedasi ancorala bolla di Papa Innocenzo VIII, Summis desiderantes affectius, § 1, in cui si equipara l’eresia alla stregoneria, ed il papa lamenta che certe persone, oltre a fare incantesimi, fatture, scongiuri ed altre esecrabili pratiche, si danno ai dèmoni incubi e succubi (www.icar.beniculturali.it/ quindi percorso: biblioteca digitale/Manuali e Letteratura/SanFelice Magnum Bollarium /Tomo V/Innocenzo VIII/ 297).
[16] Camilleri R., Le lacrime di Maria, ed. Mondadori, Milano, 2013, 42s.
[17] Mateos J e Camacho F., Vangelo: figure e simboli, Cittadella, Assisi, 1997, 75s.
[18] Maggioni B., L’apocalisse, ed. Cittadella, Assisi, 2012, 143.
[19] Cusano N., Sermoni sul Dio inconcepibile, Sermone CCLXXIV, Il Melangolo, Genova, 2012, 170.
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