Stiamo perdendo umanità?
di Silvano Magnelli
Senza il punto interrogativo e in forma più assertiva, così si è espresso in questi giorni don Luigi Ciotti a commento di quanto sta accadendo un po’ ovunque. Facendosi carico, come possibile, delle palesi violazioni dei diritti umani compiute da entità politiche impietose, dalle stragi degli innocenti alle deportazioni, termini orrendi, ereditati dai periodi più bui della storia, e anche alle reclusioni immotivate come quella dell’operatore umanitario italiano Alberto Trentini.
E qui possiamo entrare in scena tutti, sempre che non cali il sipario sulla propria autocoscienza, rischiando così però ulteriori scivolamenti, come ebbe a scrivere la pensatrice ebrea Hannah Arendt, autrice del libro La banalità del male: “La morte dell’empatia umana è uno dei primi e più rivelatori segni di una cultura sull’orlo della barbarie.”. La difesa di ufficio di solito si staglia nel proverbiale: ma io che c’entro?
Cade bene a questo proposito il commento della professoressa Maria Elena Granata, esperta di cittadinanza attiva: “Io penso. Io sento. Io faccio. Io decido. Io comunico. Io mi sdegno. Io. Io. Abbiamo a cuore la salute, ma non ci mobilitiamo per la salute. Abbiamo a cuore la scuola, ma non ci mobilitiamo per la scuola. Abbiamo a cuore il benessere personale, ma non ci mobilitiamo per l’ambiente. Tutto inizia e finisce con la nostra persona, priva di reti, di relazioni, di contesto, di appartenenza”.
Eppure, esiste un “farmaco” non chimico a questa condizione: la vicinanza. Farsi vicini, ricevere vicinanza, promuoverla, vedersi, guardarsi negli occhi, incontrarsi, perdere tempo a parlarsi, magari persino a capirsi, ascoltarsi. Imparare gli uni dagli altri.
Se non si resta impigliati nella prigione dell’ego, la vicinanza crea le condizioni di una possibile risalita, come sta accadendo grazie al movimento Standing Together, dove confluiscono cittadini israeliani e palestinesi in marcia per rimuovere la valanga di odio che li divide, due i leader, lui israeliano, lei palestinese, convinti che la sicurezza dei popoli non abita nelle regioni della violenza sia dei terroristi sia di uno Stato.
E ogni giorno sta aumentando la gente che va in strada a camminare insieme.
A dimostrazione che una mossa anche minima può dare un segnale, specie se di mezzo ci sono oltraggi vistosi causati dalla perdita di umanità.
Ricordo infatti di aver visto un giovane triestino praticante di jogging, che correva in centro città con una scritta originale sulla maglietta: “Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Una frase famosa di Gandhi, profeta della non violenza, e non è davvero poco anche solo pensarlo e poi dirlo a tutti, scrivendolo su una semplice maglietta sportiva.