Suor Raffaella e il salto quantico (anche) per Rodafà
di Stefano Sodaro
Suor Raffaella Petrini - foto reperita in rete, si resta a disposizione per il riconoscimento di eventuali diritti
In attesa della libera fruibilità del video che riproponga, dopo il necessario montaggio, la registrazione dell’incontro di giovedì scorso a Trieste (“Trieste-Gerusalemme-Teheran. Pro/vocazioni e dia/loghi di pace”, con Miriam Camerini e Farian Sabahi), apprendiamo della nomina pontificia, appena ieri, di un’altra donna, una suora – Suor Raffaella Petrini –, a Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. In sostanza, Suor Petrini – laureata in Scienze Politiche e con un dottorato in Scienze Sociali conseguito all’Angelicum – sarà, dal 1° marzo, al vertice sia della funzione legislativa che di quella esecutiva (Commissione e Governatorato, per appunto) non certo della Chiesa Cattolica e neppure della Santa Sede, bensì della entità statale corrispondente al fazzoletto di terra indipendente e sovrano, successore simbolico degli Stati della Chiesa e istituito con i Patti Lateranensi del 1929, che si denomina “Stato della Città del Vaticano”, così concludendo l’annosa “Questione Romana”.
Troppe sono le suggestioni, gli stimoli di pensiero, le emozioni dopo l’incontro di giovedì scorso. Come una sorta di nota a piè di pagina, registriamo subito, qui, sommessamente - ma è mera osservazione, come dire?, “tecnico-grafica” (e dunque, di per sé, piuttosto fastidiosa), - che non è stata colta, neppure, in verità, dal moderatore che qui scrive, la valenza espressiva del trattino obliquo, inclinato in alto verso destra, che volutamente interrompeva le due parole “provocazioni” e “dialoghi”. Altro è scrivere, invero, “provocazioni” e “dialoghi”, altro scrivere “pro/vocazioni” e “dia/loghi”. Ma, a prescindere da simile puntiglio, un po’ cattivello – lo riconosciamo -, i contributi delle due relatrici, Camerini e Sabahi, sono stati di eccezionale spessore. Tanto per cogliere solo due dei numerosissimi spunti, è venuta in emersione una arricchente diversità di vedute sul tema dell’identità ed una sostanziale concordia, invece, nel non poter definire “genocidio” – per precise motivazioni etico-giuridiche – l’operazione militare israeliana a Gaza, bensì “crimine di guerra” e “violazione di diritti umani”.
Per tornare in Vaticano, la nomina della nuova Governatrice è per appunto – almeno nella interpretazione del sottoscritto – atto di “pro/vocazione” e “dia/logo”, nel senso, letterale, di una “vocazione”, una chiamata, a favore di (“pro”) qualcosa, o qualcuno e qualcuna, e di un ragionamento ed una parola (il “logos”) che attraversi (“dia”) qualche altra parola e/o qualche altro ragionamento.
La reazione delle sensibilità tradizionaliste è furibonda, alterando persino in alcune letture – assolutamente irricevibili a fronte di una rigorosa ermeneutica giuridico-canonistica – il senso, chiarissimo, delle previsioni della Legge Fondamentale dello Stato della Città del Vaticano, nella sua formulazione. In particolare dell’Art. 8, n. 1, e dei principi generali, sanciti dal Codice di Diritto Canonico, a norma del quale il Pontefice può dispensare da qualunque norma, anche da lui stesso emanata, purché non sia di (cosiddetto) “diritto divino”. E figuriamoci se l’ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano possa considerarsi di diritto divino…
I nostri sono furiosi e accampano assurde accuse di violazione di legge che sarebbero state commesse dallo stesso Papa.
Eppure recita il passo legislativo appena citato (Art. 8, n. 1, della Legge Fondamentale): “La Pontificia Commissione è composta da Cardinali, tra cui il Presidente, e da altri membri, nominati dal Sommo Pontefice per un quinquennio.” La norma, semplicemente, precisa, a scanso di equivoci, che il Presidente, qualora cardinale - ammettendo, cioè, che lo sia -, fa pienamente parte della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, ma non esclude affatto, quella stessa norma, che possa essere Presidente della Commissione anche chi non sia cardinale, tant’è vero che ne possono far espressamente parte anche “altri membri”. Fine delle speculazioni antipapali.
Nel caso di Suor Raffaella, la nomina ha una rilevanza ben concreta e molto meno simbolica di quanto possa risultare da un’analoga – ma solo analoga – nomina al vertice di un Dicastero della Santa Sede. Mentre infatti l’ordinamento della Santa Sede appartiene al diritto canonico, con le sue delicate dialettiche tra potestà d’ordine e potestà di giurisdizione, l’ordinamento vaticano è mera questione di esercizio di poteri statali, senza “sacralità” frammezzo. Lo spiega con grande efficacia la stessa Legge fondamentale, menzionata sopra, all’Art. 2:
Lo Stato della Città del Vaticano assicura l’assoluta e visibile indipendenza della Santa Sede per l’adempimento della Sua alta missione nel mondo e ne garantisce l’indiscutibile sovranità anche nel campo internazionale.
Lo Stato e il suo ordinamento sono distinti dalla Curia Romana e dalle altre Istituzioni della Santa Sede.
Le funzioni proprie dell’ordinamento statale sono esercitate dal Governatorato dello Stato della Città del Vaticano in conformità alle leggi e alle altre disposizioni normative.
Proviamo a commentare così: questa volta si fa sul serio.
Ruolo e funzione di Suor Petrini sono quelle di un Capo di Stato, per quanto vicario e delegato, con la sola eccezione della rappresentanza internazionale che invece appartiene alla Segreteria di Stato – che è Dicastero della Santa Sede e non dello Stato vaticano -. Un vero e proprio salto quantico nella parità di genere dentro il Vaticano.
A noi, de “Il giornale di Rodafà”, cosa importa, però, di tutto questo?
La questione delle donne nelle religioni, nelle Chiese, “attraverso” (“dia”) le stesse chiese e religioni e a favore (“pro”) di una vocazione ad uscire dagli stereotipi culturali è una grande, enorme, questione, che ci agita e ci inquieta fin dalle origini della nostra storia nel lontano 2009.
Ci chiediamo, allora, se non sia arrivato il momento di dover fare anche noi “sul serio”, con investimenti economici e di mezzi di cui, ora, non disponiamo ma che dovremmo reperire, per continuare ad assicurare una qualità di scrittura che, grazie a tutte le nostre collaboratrici e a tutti i nostri collaboratori, è già di straordinario valore.
Ce lo ripetiamo, lo ripetiamo a noi stessi e stesse: è arrivato questo momento?
Intanto è domenica, tempo di ristoro e di riflessione.
Che sia buona, per tutte e tutti.