Incarnazione
di Dario Culot
Resurrezione, dsegno di Rodafà Sosteno
Mi è stato chiesto di spiegare, chiarozzo chiarozzo, il concetto di “incarnazione”, ma soprattutto a cosa poi serve concretamente questo concetto, non nella dottrina, ma nella vita cristiana di tutti i giorni.
Tenterò di rispondere, sperando di essere sufficientemente chiaro per farmi capire da tutti. Incarnazione non è un termine usato nei vangeli, ma creato dalla teologia e – com’è naturale,- sul punto, ormai, anche tra i teologi ci sono opinioni diverse. A me, da piccolo, era stata data questa spiegazione, che oggi non accetto più: l’incarnazione è la discesa del Figlio di Dio sulla terra, dove ha aggiunto la natura umana a quella divina preesistente, che ha continuato a mantenere. Dunque la persona divina, che già aveva natura divina, ha aggiunto a sé la natura umana.
Penso che ormai si può dare qualche spiegazione diversa.
Partiamo dal principio che Dio è Trascendente (art.37 del Catechismo). Ovviamente anche la “natura divina” e in genere tutto ciò che rientra nell’ampia sfera del “divino” fa parte dell’ambito trascendente. L'ambito della trascendenza non è un ambito necessariamente superiore, però è un ambito assolutamente distinto, diverso, al quale noi umani non abbiamo accesso. Non ci è possibile, non sta alla nostra portata[1]. Se fosse possibile, non sarebbe trascendente, ma immanente[2]. La caratteristica della trascendenza è dunque l'incomunicabilità[3]. Questo vuol dire che, nell’ambito umano immanente, Dio non può essere compreso, perché verrebbe circoscritto a un oggetto mentale elaborato dalla mente umana[4]. Se noi (dall’ambito immanente) cerchiamo di farci un’idea di Dio lo riduciamo dunque a un “oggetto” della nostra mente, che resta parziale e limitata. Un’idea su Dio, per quanto sublime essa sia (ossia per quanto la ammantiamo di “issimi”, cioè Essere perfettissimo, buonissimo, ecc.), resta pur sempre un “oggetto mentale”, una “cosa”. Però una cosa non è, e non può mai essere il Trascendente[5].
L’unica tipo di esperienza che, dall’ambito immanente, possiamo fare del Trascendente è limitata, come la nostra mente: ogni volta che amiamo ci rendiamo conto che il Bene che ci attira supera quello assai limitato che possiamo offrire; ogni volta che progettiamo la giustizia, sappiamo di non poter mai realizzare pienamente la Giustizia, sempre più esigente delle nostre modeste e parziali realizzazioni. Questa è l’esperienza della trascendenza che poi noi chiamiamo Dio[6].
La parte finale del prologo del vangelo di Giovanni (Gv 1,18), nella sua semplicità, è assai chiara su questo punto: «Dio, nessuno l’ha mai visto», per cui noi uomini non possiamo conoscerlo, non possiamo localizzarlo.
Dire allora – come abbiamo sentito dire spesso,- che una Persona divina, eterna, che viveva col Padre prima che l'uomo comparisse sulla terra, è discesa nel ventre di Maria assumendo a quel punto natura umana senza perdere quella divina, non ha senso. Infatti discendere significa tradurre spazialmente ciò che non è nello spazio. Dio non è nello spazio, per cui non può discendere[7]. Dio è, al più è presente, e opera dal di dentro di ogni creatura. Ma Dio non si può neanche localizzare[8]. Incarnazione significa allora non che Dio è disceso dal cielo entrando in un corpo umano, ma che Dio si è umanizzato in modo che possiamo conoscerlo solo nell’umano, solo a partire dall’umano, unico ambito per noi accessibile.
Dunque, la prima cosa che si può dire, è che parlare dell’incarnazione di Dio significa parlare dell’avvicinamento del divino all’umano,[9] per sua – non per nostra – scelta. Se non è Lui che, avvicinandosi, solleva il velo della trascendenza, noi possiamo cercare quanto vogliamo, ma la nostra ricerca non porta a nulla perché resta nell’ambito dell’immanente. Questa idea di avvicinamento, di vicinanza reale di Dio agli uomini, è stata espressa nei vangeli sinottici (Mt 1,18; Lc 1,35) col concepimento spirituale; in Paolo (Col 2,9; Fil 2,6s.) e Giovanni (Gv 1,14) col concetto d’incarnazione[10]. Entrambe significano che, per farsi capire nell’ambito umano, Dio si è manifestato in un uomo, cioè si è umanizzato.
Anche dire che la Parola di Dio si è incarnata significa allora semplicemente che la parola di Dio è entrata nella nostra storia umana con l’uomo Gesù[11]. Nel cristianesimo, non un libro, ma un uomo in carne e ossa è stato Parola di Dio[12].
Cosa implica questo avvicinamento da parte del Trascendente verso l’immanente (concepimento spirituale di Gesù, oppure incarnazione)? Entrambi i concetti ci dicono che nella carne umana si è avuta la rivelazione della perfezione di Dio[13]. Naturalmente si tratta di una perfezione che la carne umana (limitata e quindi imperfetta) può assorbire e capire solo in parte, e non certo per intero. Quando si arriva al massimo dell’amore – come ha fatto Gesù - si raggiunge il massimo della condizione umana, e questa coincide con la condizione divina: l’uomo, a quel punto, è veramente immagine e somiglianza divina, come dice la Bibbia (Gen 1,26). Gesù è stato così tanto umano da esprimere al meglio il progetto che Dio ha per tutti gli esseri umani. E questo progetto si manifesta pienamente nella carne[14]. Insomma, in maniera abbastanza stupefacente, condizione umana e condizione divina non si escludono a vicenda. Intuiamo, allora, che fin da questa vita terrena c’è una certa comunicazione fra trascendente e immanente, che in astratto si negava.
Ora, anche se non capiamo appieno come ambito trascendente e immanente han potuto in qualche modo superare l’incomunicabilità, non dobbiamo preoccuparci: neanche gli apostoli sul monte della Trasfigurazione (dove Gesù ha messo in atto questa comunicazione fra i due ambiti) hanno capito gran che: si sono spaventati, sono caduti nel sonno e comunque hanno stracapito. E noi, dopo duemila anni, come gli apostoli, preferiamo sederci sul bordo della strada: “Si sta così bene qui!” (Mt 17,4); preferiamo addormentarci, magari pensando di essere già arrivati al traguardo, mentre se prendiamo Gesù come icona da imitare, vediamo che ci attende un lungo e faticoso cammino al servizio degli altri. Insomma, è facile essere dei sedentari spirituali, mentre il Trascendente (visto in Gesù) ci ha chiesto di vivere con amore le responsabilità quotidiane. Incoraggiare, seminare con naturalezza attorno a noi solo semi di bene senza neanche chiedersi il perché, vivere la carità senza calcoli tutti i giorni,[15] costa ovviamente fatica, ma solo questo ci fa camminare nel servizio degli altri, ci fa crescere nella nostra spiritualità, pur rimanendo sempre nell’ambito immanente.
A questo punto possiamo anche intendere l’importanza per noi dell’incarnazione. Per prima cosa l’incarnazione dovrebbe farci capire che a Dio si accede solo attraverso l'umano. Non cercando di scalare il cielo, non conoscendo approfonditamente delle dottrine metafisiche, perché - come ha ricordato papa Francesco,- «Dio è nella vita di ogni persona»[16]. Non esiste allora per l’uomo un rapporto con Dio che NON passi attraverso il rapporto con gli altri uomini.
In altri termini, poiché dire che Dio si è incarnato equivale a dire che si è umanizzato, sì che il punto d’incontro con Dio non è il divino, ma solo l’umano,[17] se effettivamente Dio lo incontriamo solo nell’umano, Gesù non è venuto a salvarci al fine di divinizzarci, ma per liberarci dalla nostra disumanità. Detto ancora con altre parole, Gesù è il rappresentante completo di ciò che è pienamente umano. E il minimo comun denominatore che accomuna indistintamente tutti gli esseri umani, ciò che li rende tutti uguali, è per l’appunto la nostra umanità, al di là di ogni credenza religiosa, di ogni cultura, di ogni razza (oggi si preferisce dire etnia). Conseguentemente Gesù è patrimonio dell’intera umanità, al di là della religione cristiana. Stante la trascendenza di Dio è invece impossibile incontrarlo nel sacro; si può farlo solo nell’immanenza del profano. Perciò si può essere seguaci di Gesù solo a livello orizzontale in questo mondo, non in senso verticale cercando di scalare il cielo, che per noi resta irraggiungibile.
Ora, torniamo al concetto di avvicinamento: visto che Dio ha voluto farsi conoscere dagli uomini,[18] è stato Lui a doversi umanizzare: non sono gli uomini ad essersi divinizzati (non avrebbero neanche potuto farlo[19]). Stando sempre al prologo del vangelo di Giovanni, il Logos (la Parola) è la realtà trascendente[20]. Pertanto, è il Trascendente (Dio) che “si è fatto carne” (Gv 1,14), si è cioè abbassato al nostro livello umano per rendersi comprensibile, almeno un po’. Cioè si è “incarnato”, ossia si è umanizzato[21]. E così, umanizzandosi, l’inconoscibile Trascendente si è rivelato a noi, sicuramente in grado di comprendere ciò che è umano, ma incapaci di comprendere ciò che è trascendente.
Ma gli uomini, davanti a questa incarnazione (umanizzazione) di Dio, cosa hanno visto in realtà? Hanno visto Dio? No. Hanno visto un uomo, Gesù, nel quale Dio si è manifestato: non hanno visto (e quindi conosciuto) Dio in sé. Tant’è che Filippo, che vedeva l’uomo Gesù, gli ha chiesto di fargli vedere Dio; e Gesù gli ha risposto: «Filippo, chi ha visto me, ha visto il Padre» (Dio) (Gv 14,9). Noi non sappiamo niente di Dio se non quello che vediamo in Gesù. E cosa vediamo in Gesù? Vediamo il suo modo diverso di vivere, cioè un Gesù che è andato dappertutto facendo del bene e guarendo tutti (At 10, 38), senza essere minimamente attaccato al denaro e al potere: è lì, in quel modo di vivere, che troviamo Dio, anche se non lo vediamo. E se Gesù, manifestazione di Dio umanizzato, si è occupato in primo luogo degli altri (in particolare della salute e delle buone relazioni), vuol dire che il vero credente, colui che segue veramente Gesù, deve praticare un amore simile al suo verso gli altri,[22] come emerge in tutta evidenza nella parabola del buon samaritano (Lc 10, 30-37). Quindi se quello che noi cristiani dobbiamo fare in pratica è fare quello che fa Dio, e quello che fa Dio lo si vede in Gesù, la conseguenza è chiara: la nostra missione e il nostro compito, come cristiani, è umanizzarci. Siamo già umani, ma per umanizzarci di più occorre liberarci - per quanto possibile - della disumanizzazione che convive dentro di noi e che ci fa tanto danno[23]. A vedere quello che succede a Gaza, in Ucraina, in Sudan, e in tante altre parti del mondo, è piuttosto evidente che abbiamo ancora tanta strada da fare.
Da notare che, quando parla di Dio, Gesù non spiega mai chi è il Padre in sé, ma spiega solo come si comporta questo Padre[24]. Ecco perché non possiamo dire che Gesù è Dio (proprio perché non sappiamo chi è Dio, non possiamo riempire correttamente il contenuto della parola ‘Dio’), ma possiamo dire che Dio si comporta come Gesù,[25] perché noi possiamo vedere solo Gesù, mai Dio. Se infatti affermiamo che Gesù è Dio, significa che abbiamo già un’idea chiara di chi sia Dio. Invece, proprio questo non sappiamo e non possiamo sapere, perché come ha riconosciuto lo stesso papa Benedetto XVI,[26] possiamo solo accennare al Trascendente. E accennare non significa di certo conoscere[27].
Dunque il cristianesimo, con l’innovativa idea dell’umanizzazione di Dio (incarnazione) dice che – anche se nessuno può pensare di vedere Dio (Gv 1, 18) – lo possiamo trovare nell’umanità, nella debolezza della carne, perché lì si è manifestato al nostro livello di comprensione. Dobbiamo allora volare bassi, restando nel nostro ambito, guardando solo al modello umano Gesù, e non dobbiamo neanche più domandarci qual è il nostro rapporto con Dio, ma solo chiederci qual è il nostro rapporto con gli altri esseri umani: infatti non sappiamo come Dio si è rapportato con Gesù, mentre dalle testimonianze possiamo sapere come Gesù si è rapportato con gli altri esseri umani.
La grande novità di Gesù è dunque quella di aver portato Dio agli uomini (incarnazione); poi – col suo messaggio detto Buona Novella - ha fatto capire che l’amore di Dio è un dono gratuito per tutti, non un qualcosa che va meritato; ha anche fatto capire che non bisogna purificarsi per essere degni di avvicinarsi a Dio, ma basta accoglierlo per esserne degni ed esserne purificati[28]. In questo senso ha tolto “il peccato del mondo” (Gv 1, 29)[29] che impediva di capire che Dio ci ama e che impediva la pienezza della vita umana alla quale siamo destinati[30]. Gesù, dunque, non porta gli uomini a Dio, non li stimola a salire, perché con questo comportamento, visto invece da molte persone pie come l’unico veramente santo, moltissimi resterebbero indietro non riuscendo a tenere il passo dei santi. Gesù porta Dio agli uomini, in modo che nessuno sia escluso. Il salire separa facilmente; la compassione dimostrata da Dio in Gesù unisce anziché dividere[31]. Dobbiamo essere capaci di metterci uno di fronte all’altro e provare a guardare l’altro[32]. Dentro gli altri è dove possiamo scoprire Dio, senza dover salire a cercare Dio verso altezze per noi irraggiungibili.
La Chiesa, sacralizzando Dio, invita ogni uomo a salire per onorarlo degnamente, ma così corre il rischio di disonorare l’uomo. Invece umanizzandosi, Dio non ha espulso il sacro dal mondo, ma ha desacralizzato la divinità per sacralizzare tutta l’umanità. Gesù sacralizza l’uomo, perché ogni uomo è tempio di Dio. Non è sacra la vita, ma è sacro l’uomo, ogni uomo. E il cristiano dovrebbe trattare ogni uomo (anche quello che istintivamente vorrebbe respingere) come tempio di Dio[33]. Perciò è veramente dura essere cristiani.
Incarnazione significa allora umanizzazione di Dio ma al tempo stesso divinizzazione dell’uomo,[34] di ogni uomo, e questa resta una caratteristica unica propria del cristianesimo. Però, spiegata così, questa cosa non può essere digerita facilmente dalla religione, che preferisce battere tantissimo sul peccato e sull’offesa a Dio;[35] e le persone religiose, che vogliono diventare sante e salire verso Dio, continuano a interessarsi più al rapporto con Dio che al rapporto con i propri simili. Indubbio anche che la religione tiene lontane da Dio tante persone etichettate come peccatrici e indegne[36].
Invece l’incarnazione (l’umanizzarsi) implica che la cosa più importante nell’esistenza di ogni individuo è il rapporto umano con gli altri. Dio lo possiamo incontrare solo nel corretto rapporto con gli altri e nell'amore per gli altri (Rm 13, 3-8; 1Gv 4, 20)[37]. La religione, invece, insegna imperterrita che la cosa più importante è il rapporto di ciascuno di noi con Dio, sì che l’uomo deve spiritualizzarsi, sollevarsi fino a lasciare la materia, santificarsi, separarsi dagli altri che non vogliono o non riescono innalzarsi verso Dio. Invece con il racconto del buon samaritano (Lc 10, 25ss.), Gesù spiega chiaramente che più uno è umano, più si divinizza:[38] questo, per l’appunto, è il senso dell’incarnazione per come io l’ho capita. Solo nell’amore per l’altro si vede l’amore per Dio, tant’è che quando nella vita incontriamo una persona profondamente umana (come fa il ferito che, rianimato, vede il volto del samaritano, non certamente quello di Dio che non ha volto), in questa sua umanità (liberata dall' "in-umano") tutti noi scopriamo che esiste "il divino"[39]. Il sacerdote e il levita, invece, tutti protesi verso l’alto dei ciel, che temono di diventare impuri e sgraditi a Dio se si occupano del ferito, che per salvare la propri anima lascerebbero anche morire il ferito, danno un’immagine sinistra del Dio in cui credono: stanno togliendo definitivamente vita al ferito, che ancora poteva essere salvato.
Appare anche piuttosto chiaro che, per Gesù, il peccato è andare contro il bene dell’uomo e non contro la legge di Dio,[40] come invece fanno il sacerdote e il levita che, per non offendere Dio e non peccare, offendono l’uomo, ferito e bisognoso di cure. Come si vede dalla parabola, Dio invisibile diventa visibile solo attraverso i nostri gesti umani. Se non agiamo noi, per il bene degli altri, Dio non si vede. Dio non si sostituisce all’essere umano, ma ci interpella sempre così. E come ci ricorda sempre l’evangelista Matteo in un altro passo quando parla della fine del mondo (Mt 25, 31-45), non puoi mandare via gli altri, perché Dio è l’altro. Io-Dio, cioè l’altro, avevo fame, e tu non mi hai dato da mangiare; avevo sete, e tu non mi hai dato da bere. Dio non parla direttamente con noi, ci interpella sempre e solo attraverso altri esseri umani. Di nuovo, è veramente dura essere cristiani: facciamo fatica a vedere Dio quando uno straniero petulante c’insegue per strada per chiederci denaro o per venderci qualche sua cianfrusaglia. Quindi, fermarsi a parlare con lo straniero, chiedergli qual è il suo problema, come si chiama, quanti anni ha, che cosa sa fare, se ha bisogno di assistenza medica e così via, questo è un modo cristiano di comportarsi. Invece allungare con sufficienza una moneta senza guardarlo negli occhi significa implicitamente invitarlo a sparire, è un modo subdolo per sbarazzarsi comodamente del problema, lavandoci la coscienza[41]. Guardarlo poi senza parlargli, come fosse aria, o insultarlo, offende la dignità di quella persona, e così facendo non solo non ci comportiamo da cristiani ma offendiamo anche Dio, perché abbiamo offeso l’uomo, tempio di Dio.
Potendo noi esseri umani fare esperienza diretta e completa solo del rapporto con gli altri esseri umani, ricordiamoci che – stando al Vangelo - solo su questi rapporti con gli altri verremo alla fine giudicati (Mt 25, 31ss.). E in questi rapporti, solo il bene dell’uomo, non il bene dell’edificio tempio, non l’osservanza della legge, non l’adorazione di Dio, diventa allora il punto focale: tutto ciò che concorre al bene di quell’uomo concreto che si ha lì davanti può essere fatto e va fatto, a prescindere da quello che dice la legge (divina o meno). Tutto ciò che accresce la dignità di quell’uomo[42] è bene dell’uomo. E che Dio, fra l’osservanza delle (sue) leggi e il bene dell’uomo, preferisca il bene dell’uomo lo si ricava sempre dalla parabola del buon samaritano. Per cui adorare Dio e disinteressarsi degli altri è solo pratica religiosa: non è seguire l’insegnamento di Gesù.
Cercando allora di tirar le fila di questo discorso: se l’incarnazione è un invito a diventare sempre più umani,[43] non è nostro compito divinizzare l’umano, ma esattamente il contrario: umanizzare il divino: cioè far vedere agli altri, con le nostre azioni, che Dio esiste e ama tutti (come ha fatto il buon samaritano col ferito rapinato). Perciò la vera adorazione di Dio – per come ce l’ha spiegata Gesù, manifestazione di Dio,[44]- si fa relazionandoci al meglio con ogni essere umano (Mc 25,40) che incrociamo, proprio perché Dio si è umanizzato. Quindi dobbiamo passare dall’essere per noi stessi, all’essere gli uni per gli altri; dall’essere centrati sul proprio Io, all’agganciarsi all’esistenza di Gesù che è rivolta al tutto,[45] visto che Gesù è l’icona[46] visibile del Dio invisibile[47] (Col 1, 15). Come detto in altre occasioni, per essere veri cristiani è allora decisivo che il nostro “umano” si liberi dell’in-umano che c’è sempre in tutti noi, e in questo modo facciamo conoscere il “divino” che si rivela nella nostra umanità. È solo nell’umano che dobbiamo trovare Dio.
Come si vede, siamo ancora ben lontani dall’essere veri seguaci di Gesù.
In conclusione, mi sembra di poter dire: se intesa nel modo tradizionale, l’incarnazione è un fatto storico avvenuto duemila anni fa, che non ci tocca direttamente, perché resta un fatto fra Dio e Dio. Intesa come ho cercato di chiarire in questo articolo, riguarda invece la vita di ciascuno di noi, e ci carica di responsabilità. E penso anche che si possa definire vero cristiano solo colui che riesce a incarnare nella propria vita il Vangelo[48]. Ma se non dimostriamo coerenza fra ciò che diciamo di credere e come gli altri ci vedono vivere, vuol dire che non abbiamo incarnato il Vangelo nella nostra vita.
NOTE
[1] Come diceva Lutero (citato da Rudolf O., Il sacro, ed. SE, Milano, 2009, 150) nessuna sapienza umana è mai riuscita a scoprire che cosa e in qual modo Dio è in sé stesso e nella sua intima essenza. Ma quest’idea è molto più antica; già Platone, nel Cratilo (in http://www.ousia.it/SitoOusia/SitoOusia/TestiDiFilosofia/TestiPDF/Platone/Cratilo.pdf, 10), aveva sostenuto che degli dèi nulla sappiamo, né di loro, né dei loro nomi con i quali chiamano sé stessi.
[2] Il termine immanenza, l’opposto di trascendenza, deriva sempre dal latino e significa rimanere dentro, col che si indica ciò che sta all’interno dell’area che l’uomo può raggiungere e comprendere, essendo l’unica alla sua portata (cfr. Culot D, Gesù, questo sconosciuto, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2024, 139) .
[3] De Lubac H., Il mistero del soprannaturale, ed. Jaca Book, MI, 1978, 140: siamo su due piani sovrapposti senza comunicazione dal basso in alto, perché i due ordini sono incomunicabili.
[4] Castillo J.M., Declive de la religión y futuro del Evangelio, Desclée De Brower, Bilbao, 2023, 188.
[5] Idem, 116. Molti teologi cattolici invece ritengono che la ragione non sia incapace di oggettivare il Trascendente, ancorché non si possa esaurirlo.
[6] Molari C., Per una spiritualità adulta, ed. Cittadella, Assisi, 2008, 44.
[7] Panikkar R., Trinità ed esperienza religiosa dell'uomo, ed. Cittadella, Assisi, 1989, 104: “La discesa di Dio non può essere reale”.
[8] Molari C. Gesù, chi?, relazione tenuta a Trieste, il 27.2.2016, nella chiesa di S. Teresa del bambino Gesù.
[9] Theissen G., La religione dei primi cristiani, Claudiana, Torino 2004, 84.
[10] Ogni uomo è spirito incarnato o carne spiritualizzata (Panikkar R., Trinità ed esperienza religiosa dell’uomo, Cittadella, Assisi, 1989, 118).
[11] Lohfink G., Gesù di Nazaret, Queriniana, Brescia, 2014, 10.
[12] Maggi A., Pietro, un diavolo in paradiso, Padova, 20.8.2013, in: www.studibiblici.it/scritti/conferenze. Vilanova E., Storia della teologia cristiana, ed. Borla, Roma, 1991, 94 Nel Credo non si dice: “Credo che Gesù Cristo sia il suo unico Figlio”, bensì «Credo in Gesù Cristo». Quindi la fede non è adesione a una dottrina, ma è dinamismo, abbandono di sé a un altro, impegno personale davanti a quest’altro.
[13] Kasper W., Per la riformulazione di una cristologia spirituale in prospettiva trinitaria, in AA.VV., Teologia in discussione, ed. Guida, Napoli, 1989,49: il termine stesso di incarnazione non descrive la discesa sulla terra di un essere celeste, quanto la rivelazione nella carne della perfezione di Dio. Così Molari C., Teologia - Gesù è Dio?, “Rocca”, 15.12.1999, 49.
[14] Cristo rappresenta tanto la divinizzazione dell’Uomo quanto l’umanizzazione di Dio (Panikkar R., La pienezza dell’uomo, ed. Jaca Book, Milano, 2000, 157).
[15] Carozza G., Cuori attenti, “Famiglia cristiana” n. 30/2025, 79.
[16] Spadaro A., Intervista a Papa Francesco, “La civiltà cattolica”, n. 3918/2013,470.
[17] In tal senso anche Panikkar R., La pienezza dell’uomo, Jaca Book, Milano, 2000, 224: il luogo dell’Incarnazione è l’uomo, anzi la carne. Il luogo dell’uomo è la terra, anzi la chiesa-comunità nel suo cammino, e non certo la chiesa-istituzione. La meta di questo cammino è la pienezza dell'uomo e non il nulla.
[18] Anche un hadith (detto islamico) ricorda che Dio in persona ha detto: “ero un tesoro nascosto, e ho amato essere conosciuto”; dunque anche secondo i musulmani, Dio ha creato l’umanità per essere conosciuto.
[19] Papa Francesco ha ricordato che il Vangelo è un Vangelo di pace e “in nome di nessun Dio è possibile dichiarare una guerra santa”. Quanti potenti, invece, usano il nome di Dio, come se avessero avuto un’autorizzazione celeste, per raggiungere i propri interessi terreni (immanenti)?
Ma sia ben chiaro: il Vangelo non promette che tutto filerà liscio e senza ostacoli. Anzi, spesso si debbono fare delle scelte difficili, e nessuna scelta è indolore. Per questo Gesù è arrivato a dire che è venuto a portare la divisione (Lc 12,49), perché perfino all’interno della famiglia può succedere che qualcuno rifiuti le proposte del Vangelo mentre un altro le accetta.
[20] Zumstein, J., El Evangelio según Juan, vol. I, Sígueme, Salamanca 2016, 67.
[21] Castillo J.M., Declive de la religión y futuro del Evangelio, Desclée De Brower, Bilbao, 2023, 217: Gesù è l’incarnazione di Dio, è l’umanizzazione di Dio. Dio si è rivelato all’umanità umanizzando sé stesso.
[22] Mateos J. e Camacho F., Il Figlio dell’Uomo, ed. Cittadella, Assisi, 2003, 271 s. Maggi A., Roba da preti, ed. Cittadella, Assisi, 2007, 128.
[23] Castillo J.M., Teologia popolare, III – La fine di Gesù, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2025, 78 e 87.
[24] Culot D., Gesù, questo sconosciuto, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2024, 76. Pensiamo alla parabola del buon samaritano (Lc 10, 21ss.) o del figliol prodigo (Lc 15, 11ss.): Dio si comporta come il samaritano o come il padre del figliol prodigo.
[25] Maggi A., Il figlio dell’uomo nel vangelo di Marco, X settimana biblica, Montefano 2003, in www.studibiblici.it.
[26] Ratzinger J., Introduzione al Cristianesimo, Queriniana, Brescia 163s.
[27] Vedi invece precedente nota 5: alcuni teologi pensano che con la metafisica sia possibile comprendere in maniera ragionevole chi è Dio. Da qui le definizioni di papa Pio X: Dio è l’essere perfettissimo Creatore e Signore del cielo e della terra.
[28] Maggi A., Il sabato è per l’uomo e non l’uomo per il sabato, in A partire dai cocci rotti, ed. Cittadella, Assisi, 2001, 44.
[29] Gesù ha tolto il peccato del mondo (così sta scritto nel vangelo: Gv 1,29), e non i peccati del mondo come si dice a messa.
[30] Dunque Gesù toglie, elimina il peccato del mondo che era precedente alla sua venuta; non espia con la crocifissione, in sostituzione degli uomini peccatori, i peccati commessi da tutta l’umanità, come ci hanno a lungo insegnato. Lo sforzo di Gesù è tutto teso a liberarci da un rapporto con Dio che impediva alla gente di scorgere l’amore di Dio (Maggi A., La follia di Dio, ed. Cittadella, Assisi, 2010, 30s.).
[31] Maggi A., Cos’è il peccato, incontro di Assisi 2013, in www.studibiblici.it./ quindi: Multimedia/Audio conferenze.
[32] L’altro può essere l’individuo più adorabile o il più insignificante, il più divertente o il più noioso, può avere idee che condividiamo o che detestiamo, può esser bellissimo come un adone, o brutto e sporco come un barbone. Dio ci parla comunque attraverso lui. Perché ciascuno di noi è un messaggio unico che Dio manda al mondo, una parola irrepetibile che ha pronunciato, e che non ripeterà mai più (Orlandi M., Giovanni Vannucci, custode della luce, ed. Fraternità di Romena, Pratovecchio (AR), 2004, 56).
[33] L’evangelista Giovanni dice che il Padre aveva “consacrato” Gesù, utilizzando la stessa parola (in greco il verbo hagiázō) (Gv 10,36) utilizzata dall’Antico Testamento per parlare della “consacrazione del Tempio”. Perciò il vangelo sta dicendo che “la persona di Gesù” sostituisce “l’edificio del Tempio”.
[34] Castillo J.M., Dio e la nostra felicità, ed. Cittadella, Assisi, 2008, 93.
[35] La presenza centrale del peccato che poi attiva la reazione salvatrice divina, permette di razionalizzare il male (Benedetto XVI, La gioia della fede, ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) , 2012, 36). L’ideologia del peccato, nata per dare una spiegazione del male all’insegna della ragione, indica come causa del male colui che ha peccato: in tal modo si colpevolizza ulteriormente l'uomo.
[36] Quanti ancora sono i credenti convinti che possiamo avvicinare i peccatori solo a patto che non rechino danno alla nostra anima, che si mostrino pentiti dei loro peccati, e che con essi possiamo accordarci nel conseguimento di qualche obiettivo giusto e onesto? Così, ad es., il domenicano Cavalcoli G., L’inferno esiste, ed. Fede&Cultura, Verona, 2010, 35.
[37] Castillo J.M., Vittime del peccato, ed. Fazi, Roma, 2012, 238s.
[38] Senza riferirsi alla parabola, giunge alla stessa conclusione il filosofo svizzero: la divinizzazione è nello stesso tempo l’umanizzazione più profonda (Hadjadj F., Come parlare di Dio oggi?, ed. Messaggero, Padova, 2013, 162).
[39] Castillo J.M., Teologia Popolare (I) – La Buona notizia di Gesù, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2024, 80s.
[40]Maggi A., Cos’è il peccato, incontro di Assisi 2013, in www.studibiblici.it/ quindi: Multimedia/audio conferenze.
[41]Dice altrettanto bene Carello R., Angelus, “Famiglia Cristiana”, n.15/2014, 15, che pagare è distruggere il ponte che mi lega alla responsabilità. Basta pensare a come il cliente che va con una prostituta, magari anche minorenne, si libera la coscienza pensando di aver pagato.
[42] Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo – Gaudium et spes §9 e soprattutto 12 e 27 – del 7.12.1965.
[43] Castillo J.M., Teologia Popolare (I) cit., 80.
[44] Come ha scritto il vescovo americano John Shelby Spong (J.S. Spong, Un cristianesimo nuovo per un mondo nuovo, Massari, Bolsena 2010, 155s. e 137), Gesù era una vita umana attraverso cui le persone sperimentavano la presenza di Dio; ma nessuna definizione di Dio equivale mai a Dio.
[45] Ratzinger J., Introduzione al Cristianesimo, Queriniana, Brescia, 2000, 243.
[46] I cristiani ortodossi hanno preso talmente sul serio il punto, che non hanno icone di Dio. Solo noi cattolici lo raffiguriamo come quel vecchio saggio con la barba. Gli ortodossi raffigurano Cristo visibile, ma mai Dio invisibile.
[47] Bianchi E., La religione che ri-vela (e non vela) Dio, in E se Dio rifiuta la religione?, Cittadella, Assisi, 2005, 181. Per gli ebrei il Tempio era l’icona visibile del Dio invisibile.
[48] Collin D., Il cristianesimo non esiste ancora, Queriniana, Brescia, 2020, 21s., 25 e 36: Esiste il cristianesimo di appartenenza che si basa su un’adesione più o meno convinta o su un senso di appartenenza diffuso e un cristianesimo di esperienza che si basa sull’esperienza di coloro che seguono il Vangelo. Un cristianesimo di appartenenza vive di identità e sicurezza, vendendo valori e riti; un cristianesimo di esperienza vive del rischio della fede. Il vero cristiano non ha per vocazione la mera conservazione del Vangelo, ma deve essere in grado di inventarlo con parole capaci di dire all’essere umano di oggi a quale vita egli è promesso.
Con altre parole, Carlo Molari dice che il cristiano deve tenere lo sguardo fisso su Gesù (che si definisce la porta delle pecore – Gv 10, 7), cioè assumere il suo Vangelo come criterio di vita essendo convinto che il suo Vangelo è cammino di vita (Molari C., Amare fino a morirne, Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), 2024, 192 e 195).
Pubblicato il volume di Dario Culot che ripropone in una nuova veste editoriale, ed in un unico libro, molti dei suoi contributi apparsi sul nostro settimanale: https://www.ilpozzodigiacobbe.it/equilibri-precari/gesu-questo-sconosciuto/