Domande e risposte a settembre (e ottobre) - 5
di Dario Culot
Angeli, dsegno di Rodafà Sosteno
16. Un lettore mi sfida a fornirgli un fatto concreto, anche uno solo, che possa fargli credere razionalmente – e non solo ipotizzare e sperare – che esiste la risurrezione. Se non ci riesco, mi dice di adattarmi all’idea che tutto il cristianesimo è una pia illusione, visto che lo stesso san Paolo aveva detto che tutta la fede cristiana è vana se Gesù Cristo non è veramente risorto (1Cor 15, 14). Ma neanche lui è stato capace di fornire una prova concreta, oggettiva, per credere alla risurrezione.
Risurrezione non vuol dire renicarnazione, né tornare a questa vita dopo essere morti. Penso possa voler dire che si sente vivo, vicino a noi, ciò che ormai si dava per morto e sepolto. Bene. Guardiamo alla storia della Chiesa. Tutti sanno che un tempo c’era l’Inquisizione (il Sant’Uffizio di allora, oggi Dicastero per la dottrina della fede). Tutti sanno che gli eretici potevano finire sul rogo. A un certo momento l’Inquisizione è stata abolita dalla Chiesa. Perché? Forse perché aveva finalmente preso coscienza che bruciare sul rogo chi la pensava diversamente era anti-evangelico? No.
Semplicemente, in base all’evolversi della storia, a un certo punto la Chiesa ha perso l’appoggio del potere secolare (lo Stato) che assecondava le sue richieste (compreso quelle di bruciare chi contraddiceva o non credeva al suo insegnamento). La separazione fra Chiesa e Stato – già propugnata da Gesù (Mt 22, 21: “Date a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio”),- ha semplicemente privato la Chiesa dei mezzi per mantenere e realizzare la sua volontà di dominio e supervisione nella vita dell’intera società. Cos’è successo? È successo che gli umanisti del Rinascimento pian piano, fino ai filosofi dell’Illuminismo[1] sono riusciti a inculcare nella società il diritto della libertà di coscienza. Oggi questo diritto fa parte del patrimonio della cultura occidentale, ma la Chiesa è arrivata a riconoscerlo appena col concilio Vaticano II.
Pertanto, come argutamente ha osservato il compianto professor José Castillo, il gran paradosso, l’ironia suprema della storia, è che il sorgere moderno della laicità, dei diritti umani, della libertà di coscienza, cioè tutto ciò che è sorto fra il XVI e il XVIII secolo, è avvenuto innanzitutto contro la volontà della Chiesa, ma è avvenuto grazie a un ricorso implicito ed esplicito al messaggio originario del Vangelo. Detto in altro modo, gli insegnamenti più essenziali di Gesù, non sono giunti agli uomini attraverso la porta della Chiesa, bensì dalla finestra del Rinascimento e dell’Illuminismo. Durante questi ultimi secoli, mentre l’istituzione ecclesiastica aveva sepolto gli insegnamenti di Cristo sulla dignità umana e sulla libertà di coscienza con la sua pratica inquisitoria, essi risuscitavano nel mondo grazie agli umanisti, mentre l’essenza del messaggio era stata uccisa dall’istituzione ecclesiastica[2].
È successo più volte nella storia della Chiesa che, grazie ai laici poco credenti o non credenti, un qualcosa che si era dato per morto è tornato a vivere nel mondo: pensiamo a Pietro, diventato pure papa. Aveva seguito Gesù per tre anni ma non aveva capito molto. Ben dopo la morte di Gesù, attraverso la concomitante azione di Dio nell’azione della tovaglia scesa dal cielo con i cibi impuri, e del centurione romano pagano che lo aveva chiamato nella sua casa, improvvisamente per Pietro si è accesa una lampadina, e l’apostolo è giunto di colpo a una conclusione per lui assolutamente nuova: «Dio mi ha mostrato che non si deve evitare nessun uomo come impuro» (At 10, 28). Dunque è stato Dio stesso, non una sua conclusione, che gli ha insegnato questa verità. Sono i fatti (tovaglia e centurione) che hanno fatto capire a Pietro quello che prima aveva ascoltato cento volte dalla bocca di Gesù, senza capirlo: quel messaggio di Gesù sembrava morto per sempre. Invece Pietro, ben dopo la morte di Gesù, finalmente ha capito, e quello che ha capito è esattamente l’opposto di quanto insegna ancora oggi parte del magistero: non ci può essere divisione fra puri e impuri; o, se si vuole, fra degni di Dio e non degni di Dio, fra peccatori e non peccatori, per cui “tu che sei un peccatore devi starmi lontano; tu invece puoi avvicinarti”. Dopo la morte di Gesù, Pietro ha capito che nessuno, qualsiasi sia il suo comportamento (etico, sessuale, morale), può sentirsi escluso dall’amore di Dio.
O, in tempi più recenti, con l’Enciclica Pacem in terris[3] papa Giovanni XXIII, partendo dal principio che Dio si muove nella storia, aveva raccomandato di guardare ai segni dei tempi, e aveva profeticamente visto questi segni nel movimento di emancipazione della classe operaia (§21), nel movimento di liberazione della donna (§22), nei movimenti di liberazione nazionali (§23, 24). Anche qui, nessuno di questi movimenti, che pur portavano alla promozione dell’uomo, era di matrice cristiana, ma erano tutti di matrice laica e spesso marxista (il diavolo, per la gerarchia ecclesiastica); eppure, lo stesso papa di allora aveva evidenziato che chiunque promuove i veri valori umani cammina verso il Regno di Dio (§ 25) e quindi cammina sulla stessa strada della Chiesa, anche se non necessariamente con la gerarchia della Chiesa.
Allora forse è vero che Cristo, anche se morto in croce, è rimasto sempre a fianco degli uomini: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). Ma se era morto, per rimanere vivo e poter dare nuova energia agli uomini, è dovuto risorgere.
17. Ho varie volte dimostrato preferenza per il relativismo, dicendo chiaramente di non credere alla Verità Assoluta. Ma se non credo alla Verità Assoluta non credo neanche a Dio, che è Verità Assoluta. E l’Assoluto necessariamente distrugge il relativo.
Cerco di spiegarmi meglio: non è che non credo che esista una Verità assoluta. Ciò a cui non credo è che noi esseri umani, imperfetti, riusciamo ad accedere e comprendere questa Verità assoluta. Esattamente come non possiamo comprendere Dio.
La ricerca critica, persistente e inquieta della verità, propria della scienza deve essere applicata anche alla teologia, perché l’idea che esista al mondo un’unica verità e che ci sia qualche essere umano che la possieda è indubbiamente una delle cause principali di tutto il male che c’è nel mondo (basta pensare alle guerre di religione scoppiate in Europa).
Ancora oggi la Dichiarazione Dominus Iesus §§ 4 e 5,[4] afferma che, contro il relativismo, è necessario ri-affermare il carattere definitivo e completo della rivelazione di Gesù Cristo: questo implica che bisogna credere che in Gesù Cristo è contenuta la rivelazione piena del mistero di Dio e che in Gesù Cristo è pienamente rivelato il disegno salvifico di salvezza per l'intera umanità. Non c'è e non ci sarà altro da aggiungere.
Non mi sembra che questa affermazione sia corretta, mentre mi sembra corretta l’obiezione sollevata dal prof. Dupuis, che non è piaciuta per niente alla curia Vaticana, sì che l’ha sollevato dall’incarico d’insegnante un anno prima che andasse in pensione, e questo ha contribuito a farlo morire di crepacuore. Per prima cosa c’è da dire che la rivelazione piena di Cristo è stata interpretata in seguito dalla Chiesa, ed è su questa interpretazione che oggi si basa l’insegnamento del magistero. Ma l’interpretazione della Chiesa, pur se indicata come irreformabile, è stata più di una volta sbagliata.
Ad es., quando nel XVI secolo si cominciavano a dissezionare i corpi e fare vera anatomia, coloro che seguivano ancora la scuola di Galeno dicevano che è sbagliato fare le autopsie sui morti, e gli uomini di Chiesa li seguivano su questa linea. Oggi non più. Allo stesso modo gli uomini di Chiesa sostenevano che sbagliavano gli astronomi quando sostenevano che è la terra a girare attorno al sole. Oggi non più. Ma, in altre parole, stando alla versione della Chiesa, la realtà era lei a sbagliare mentre la Chiesa era convinta di avere in mano la Verità Assoluta…
Inoltre ha obiettato, sempre giustamente, il gesuita Jacques Dupuis che nessuna spiegazione umana esaurisce per l'intero il mistero di Dio. Infatti, nessun testo sacro, aggiunge lo stesso autore, afferma il carattere definitivo e completo della rivelazione in Cristo, che cioè Dio è stato pienamente conosciuto attraverso la rivelazione in Gesù Cristo; quand'anche Cristo possedesse la pienezza della divinità questo non basterebbe per affermare che egli ha rivelato completamente il mistero divino,[5] posto che Dio resta trascendente (come riconosce lo stesso documento vaticano al successivo § 6), mentre l'uomo resta limitato, per cui l’Assoluto riesce a percepirlo a pezzetti, frammento dopo frammento; mai però completamente.
Anche se Gesù è per noi un modello, è chiaro che neanche lui può aver esaurito ogni possibilità della specie umana, perché Gesù è nella storia, fa parte della storia, sì che è inserito anche lui nei limiti del suo tempo e anche nel condizionamento culturale del suo tempo. La sua storia va coniugata con la fedeltà al Vangelo, cui anche noi siamo chiamati: nuove forme di umanità possono perciò e anzi devono ancora emergere in base al cammino storico che prosegue e non si ferma mai[6]. Ecco perché l’incarnazione non è terminata. Quindi la rivelazione divina, intesa come auto-espressione di Dio e non come un insieme di messaggi provenienti autoritariamente dall’alto, non è terminata con Gesù, ma neanche con la scomparsa dell’ultimo apostolo[7] o dell’ultimo santo. Il divino può continuare a manifestarsi in altri uomini d’oggi.
Faccio un esempio personale. Quando ero giudice tutelare ero rimasto molto colpito da questa storia: due signori, che avevano in affido una bellissima bambina nera di circa 5 anni, erano venuti da me perché si erano fatti vivi dei sedicenti parenti africani, i quali reclamavano i loro diritti su questa bambina, nata in Italia e mai vista prima. La madre (rammostratami in fotografia) era di una bellezza straordinaria (e la figlia sembrava seguire la madre): avrebbe potuto fare sicuramente la modella o la principessa; invece nel nostro Paese era stata una clandestina, senza lavoro stabile, e senza nessun appoggio. A un certo punto le era stato diagnosticato un cancro, e poiché in quel momento era da poco incinta, i medici le avevano detto che se non avesse abortito subito e se non si fosse sottoposta subito a interventi chirurgici e di chemioterapia avrebbe avuto ben poche possibilità di sopravvivenza. Questi signori affidatari, all’epoca volontari in ospedale, l’avevano conosciuta in quelle circostanze. Questa donna, musulmana e non cattolica, senza nessun appoggio, senza niente, aveva deciso in solitudine di portare a termine la sua gravidanza, e poco dopo aver dato alla luce la sua bambina era morta; prima di morire aveva però chiesto a quei due volontari, le uniche persone che conosceva qui in Italia, di occuparsi della sua bambina. La Chiesa, qualche anno fa, ha fatto santa una mamma italiana che pur di non abortire è andata incontro alla morte: anche lei aveva un tumore ma non si era fatta tempestivamente curare per non danneggiare l’embrione; era però circondata dall’affetto della sua famiglia, dei suoi parenti e conoscenti, e con la tranquillità – anche per il bambino che doveva nascere – di una buona situazione economica. Nessuno, invece, ha proclamato santa questa giovane musulmana clandestina, che non è stata battezzata e non ha mai fatto la comunione in vita sua. Credo fermamente, però, che ora questa Madonna nera sia in quel paradiso di quell’unico Dio che esiste per noi tutti.
Se neanche Gesù è l’Assoluto, parlare di lui come modello di umanità vuol dire chiedersi come noi oggi, vivendo la sequela di Gesù, possiamo far emergere all’interno della storia umana nuove forme di umanità, di fraternità, di condivisione, di giustizia, di pace: cioè quelle caratteristiche che corrispondono agli ideali che l’umanità sta perseguendo oggi, quindi al cammino che sta sviluppando nella storia[8]. Ecco perché insisto sulla relatività e non sull’assolutezza.
18. Fare la comunione senza essersi prima confessati significa commettere peccato mortale: lo dice anche san Paolo quando scrive che “chiunque mangia il pane o beve il calice in modo indegno sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore; mangia e beve la sua condanna” (1Cor 11, 27-29). Ed è indegno e scandalosa mancanza di rispetto non inginocchiarsi quando si riceve la comunione.
Per quel che riguarda il “mangiare il pane”, è vero: questo ammonimento di Paolo è stato interpretato da tanti nel senso che chi è indegno, impuro, non può avvicinarsi alla mensa del Signore[9]. Credo però che chi pensa così sia male informato sul pensiero di san Paolo.
Non si deve estrapolare questa frase e interpretarla autonomamente, ma leggerla nel suo contesto, e allora si capisce subito come Paolo non minacci affatto le persone impure (tipo quelle che non si sono confessate) dall’avvicinarsi a Gesù. Al contrario Paolo rimprovera i Corinzi di non mangiare la vera cena del Signore quando si radunano in assemblea (usa il termine ecclesia, e si vede che il termine non ha alcuna valenza sacrale perché la riunione avveniva in case private), perché manca la comunità, manca la condivisione, e ciascuno mangia per conto suo; e così uno (il povero) ha fame quando l’altro (il ricco) è già satollo e ubriaco; perché allora – dice Paolo,- non stanno tutti a casa loro per mangiare e per bere in questo modo? «O volete gettare il disprezzo sull’assemblea di Dio e umiliare chi non ha niente? Che devo dire, lodarvi? In questo non vi lodo!» (1Cor 11, 22). Ecco lo scandalo che Paolo denuncia: ma che razza di comunione è questa, se alcuni ricchi mangiano a sazietà e si ubriacano mentre altri, che sono poveri, possono solo guardare? Dov’è la condivisione che deve essere alla base della cena eucaristica? La comunione non diventa indegna a causa dei difetti morali personali, ma perché non si condivide il pasto con gli altri[10]. Ecco perché chiunque mangia il pane o beve il calice del Signore in modo indegno sarà colpevole presso il corpo e il sangue del Signore, perché a quel punto, a differenza di Gesù che si è fatto pane per gli altri, il colpevole mangia il pane a ufo, rifiutandosi cioè di farsi pane per gli altri. Questa per Paolo è la condizione unica dell’eucaristia, e questa condizione è sicuramente valida ancora oggi. E invece sempre oggi, quante sono le persone che vediamo partecipare solerti all’eucarestia per i propri bisogni spirituali, ma poi vediamo anche che se ne infischiano degli altri? Se c’è questo egoismo spirituale l’eucaristia sarà la loro condanna, anche se la fanno tutti i giorni. Questo dice Paolo, che ammonisce dunque le persone pie e religiose che si accostano alla comunione, non i peccatori che hanno paura di accostarsi. Paolo non sta affatto sostenendo che l’impuro non può avvicinarsi alla mensa del Signore; afferma che l’eucarestia può diventare fonte di condanna, cioè di morte, quando uno pensa a nutrire sé stesso senza nutrire gli altri. Nella vita del credente ci vuole questo equilibrio, dobbiamo essere nutriti, ma per poi nutrire gli altri. Chi nutre soltanto sé stesso alimenta la parte biologica, ma non la parte vitale di sé stesso, che dovrebbe essere indistruttibile[11].
In questo senso, perfino le formiche, quegli esserini piccoli e per noi insignificanti (tranne quando invadono casa nostra) si dimostrano più cristiane di noi. Le formiche hanno due stomaci. Uno è per nutrire loro stesse. L’altro è per condividere. Quando rientrano nel formicaio rigurgitano il cibo del secondo stomaco per condividerlo con le compagne che non hanno potuto mangiare, per qualsiasi motivo. Se solo come cristiani avessimo sempre dimostrato altrettanta capacità di condivisione …
Allora è chiaro: non si tratta di una denuncia che riguarda la morale, come dimostra palesemente Gesù che ha sempre frequentato le persone impure in genere, i lebbrosi, la prostituta, l’emorroissa; si tratta di una denuncia che riguarda la mancata condivisione di quello che si ha e di quello che si è. Anche quello che agli occhi della religione veniva considerato un sacrilegio da punire, come ancora oggi la pensa il credente duro e puro, agli occhi di Gesù è un gesto di fede. “Va’ in pace, la tua fede ti ha salvato” (Lc 7, 50). Allora, purificare i lebbrosi significa esattamente il contrario di quanto predicato dagli integralisti, secondo i quali: “già dalla vita presente la Scrittura ci esorta a star lontano dagli empi e dai nemici di Dio, per cui possiamo avvicinare i peccatori a patto che non rechino danno alla nostra anima, che si mostrino pentiti dei loro peccati, e che con essi possiamo accordarci nel conseguimento di qualche obiettivo giusto e onesto”[12]. Insomma, visto che la legge non permette più ai puri e buoni di estirpare come zizzania i cattivi peccatori,[13] bisognerebbe per lo meno tenerli lontani ed escluderli dalla mensa eucaristica. Si pensi, in effetti, a come la Chiesa escluda dalla mensa eucaristica i divorziati risposati e i conviventi[14]. Facendo così pensano anche di essere veri seguaci di Gesù, perché la Bibbia diceva di dare al pio e non aiutare il peccatore; anzi, è bene negargli perfino il pane (Sir 12, 5). “Peccato” che per Gesù si debba fare esattamente il contrario: si devono avvicinare quelle persone che si sentono escluse, per la loro condotta morale, per la loro vita sessuale, o per tanti altri motivi, ma non per ammonirli; occorre, con il nostro amore, far capire a quelle persone che si sono auto-escluse da Dio perché si ritengono già condannate, che non è vero che sono escluse, perché Dio – a differenza della religione - non discrimina nessuno. Non esiste una persona una che possa sentirsi esclusa dall’amore di Dio[15]. Questa è la Buona Novella che si ricava dal fatto che Gesù andava a cercare i peccatori e mangiava con loro non aspettando che prima si fossero purificati e convertiti, ma quando erano ancora peccatori. E questo creava già scandalo nelle persone pie e benpensanti di allora.
Inoltre, è fondamentale ricordare che Gesù ha istituito l’eucaristia durante una cena, non in una cerimonia sacra. La cena è un momento di condivisione di un pasto, tanto che negli Atti degli apostoli non si parla di eucaristia ma di ‘spezzare il pane’ (At 2, 42; 20, 7). E si tratta di spezzare il pane soprattutto con i poveri e gli emarginati (Lc 14, 13s.: “se offri un pranzo invita i poveri e gli emarginati”), perché anche queste parole dette da Gesù sono chiaramente in stretto collegamento con l’eucaristia. E poiché nell’eucaristia Gesù consegna il suo corpo e il suo sangue, il sacramento vuole ricordarci cosa dovrebbe fare il vero seguace di Gesù: la consegna incondizionata di sé stesso e la solidarietà con tutti coloro che soffrono in questo mondo.
Giovanni, tralasciando apparentemente l’istituzione formale dell’eucaristia,[16] ma parlando del comandamento nuovo e della lavanda dei piedi (servizio con amore) dimostra a sua volta chiaramente che l’eucaristia non è un rito in cui si devono osservare regole severe, ma è una comunione di vita. Quindi tutte le incrostazioni liturgiche che si vogliono conservare ad ogni costo (se prima ci si deve confessare, se si può masticare l’ostia, se l’ostia va presa in bocca o con la mano, e con la mano destra o con la sinistra, se l’ostia va presa in ginocchio, ecc.), aggiunte al nucleo dell’eucaristia (spezzare il pane insieme agli altri), mi sembrano inutili e vuote formalità che fanno poi perdere di vista il nucleo, il vero significato dell’eucaristia. E allora, quello che, a mio giudizio, dovrebbe essere messo ben in chiaro, è che mangiare il pane e bere il vino dell’eucaristia in maniera formalmente ineccepibile, ma senza impegnarsi in quello che rappresenta il comandamento nuovo dell’amore reciproco, equivale a emarginare il Vangelo, a falsare l’eucaristia, e quindi a distorcere la condizione del discepolo di Gesù. Infatti è solo dall’esternazione dell’amore reciproco, non dall’inginocchiarsi e dal prendere l’ostia direttamente in bocca, che si vede e si sa se una persona è discepola e seguace di Gesù[17].
Mi sembra perfettamente centrata l’osservazione del prof. Castillo: se - secondo san Paolo,- ciò che fa sì che l’eucaristia non sia valida è la divisione e gli scontri che si verificano fra i ricchi e i poveri nella Chiesa, ancora adesso una Chiesa divisa è una Chiesa incapace di celebrare messa, di fare memoria di Gesù, di vivere il Vangelo. La messa non è allora invalida perché manca un prete che la presieda, né perché si tralascia di rispettare questa o quella norma liturgia o canonica. La liturgia, il diritto e la teologia del ministero hanno la loro importanza nella Chiesa attuale[18]. Però c’è qualcosa di molto più serio e importante. Se noi cristiani non superiamo le nostre divisioni, le nostre disuguaglianze e i nostri scontri, soprattutto i conflitti interminabili fra ricchi e poveri, se il Vangelo non ci unisce, a cosa serve assistere a una messa che tranquillizza le nostre coscienze, ma al tempo stesso ci lascia con lo spirito in pace per continuare a tollerare e permettere che questa società continui con così tante separazioni e disaccordi?[19] Che importanza c’è nell’aver seguito perfettamente tutte le regole liturgiche?
Ha ben detto don Luciano Locatelli: vediamo troppo spesso celebrare eucaristie che addormentano le coscienze, eucaristie che rappresentano il trionfo della ritualità precisa e ben confezionata ma che non sanno toccare il cuore della vita. Eucaristie in cui ci si inginocchia per rispetto davanti alla “Presenza” ma che invece non educano a inginocchiarsi davanti alle “presenze quotidiane del Dio-con-noi”, schiacciato dentro un barcone malandato, lasciato solo in una corsia d'ospedale, abbandonato in una casa di riposo, scansato e allontanato perché “sporca” le nostre belle città, vittima inerme di guerre insulse e stupide.
E rimanendo sull’inginocchiarsi, oltre a quanto detto alla domanda sub 2 riportata al n.835 del mese scorso di questo giornale, aggiungo che dai tempi del concilio di Nicea (325 d.C.) la posizione originaria per l'eucaristia era quella eretta, perché il canone 20 imponeva di stare in piedi[20]. E si stava in piedi perché stare in piedi è segno di rispetto, come si sta in piedi davanti al giudice (non seduti, ma neanche in ginocchio). Inginocchiarsi è invece un segno di punizione, di penitenza, ma non di rispetto.
E allora concludo: lasciamo che ciascuno sia pienamente libero su queste scelte secondarie, senza criticarlo se si sente più a suo agio in piedi o in ginocchio, se prende l’ostia in mano o in bocca, ma soprattutto senza gloriarsi di essere più puri, più degni e più graditi a Dio perché ci si mette in ginocchio. Vediamo di non trasformare in ‘idoli’ le minuziose regole che la Chiesa ha imposto col tempo al sacramento eucaristico, visto che nessuna di queste regole si trova espressamente prescritta nel racconto dell’ultima cena. Soprattutto evitiamo di convertire la religione, la messa e il momento dell’eucaristia in un campo di battaglia. Mi sembra che sdegnandoci e giudicando negativamente gli altri su queste ‘piccolezze’ facciamo come cristiani quello che ci riesce con più facilità e meglio: ci dividiamo ulteriormente tra tradizionalisti e progressisti, fra puri e impuri, e diamo ragione alla conclusione cui era arrivato Gandhi, che aveva studiato il cristianesimo, ma poi vedeva come vivevano i cristiani: “Credo che mi sarei fatto cristiano, se non avessi visto come si comportano i cristiani”[21].
Insomma, quando passeremo finalmente dall’osservare tante regole a ribaltare la nostra vita, come ci chiede di fare il Vangelo?
NOTE
[1] L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità, che egli deve imputare a sé stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a sé stesso è questa minorità, se la causa di esso non dipende dal difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e di coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Semper aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Questo è il motto dell’Illuminismo (Kant, Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo?)
[2] Castillo J. M., Declive de la religión y futuro del Evangelio, Desclée De Brower, Bilbao, 2023, 203.
[3] Dell’11.4.1963, In www.vatican.va, quindi: Sommi pontefici/Papa Giovanni XXII/Encicliche.
[4]In www.vatican.va, quindi /Curia Romana/Congregazione Dottrina della Fede/Documenti dottrinali/Dichiarazione sull’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa - Dominus Iesus del 6.8.2000.
[5]DupuisJ., Perché non sono eretico, ed. EMI, Bologna, 2014, 70ss.
[6] Ricordo che Gesù ha detto che potremo fare opere anche più grandi di quelle che ha fatto lui (Gv 14, 12). L’incarnazione quindi prosegue generazione dopo generazione.
[7] Così Lenaers R., Benché Dio non stia nell'alto dei cieli, Massari, Bolsena 2012, 210. Contra: J. Daniélou, Trinità e mistero dell'esistenza, Queriniana, Brescia 1969, 63: “Il Cristo esaurisce in sé tutte le possibilità. Al di là di lui non c'è niente, né nel tempo, né nello spazio”. Come si vede, anche nel cristianesimo, da sempre ci sono persone che pensano in modo diverso.
[8]Molari C., Il Cristo modello di umanità, relazione 30.8.2015 tenuta a Trevi, per la settimana di spiritualità Mai senza l’altro – è tempo di nuove umanità, organizzato dall’Associazione Oreundici di Roma.
[9] Eusebio da Cesarea, Epistole, IX, 2. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, III, 79, 5.
[10] Gauthier R., Preghiere per le esigenze del cuore, ed. Cittadella, Assisi, 1998, 27.
[11] Maggi A., L’ultima trasgressione, incontro tenuto a Padova, maggio 2011, in www.studibiblici.it/Scritti/conferenze.
[12] Cavalcoli G., L’inferno esiste, ed. Fede&Cultura, Verona, 2010, 35.
[13] S. Tommaso, Summa Theologiae, II-II, 11, 3, in www.documentacatholicaomnia.eu: così pensava anche l’aquinate, il quale affermava che l’eretico merita la scomunica e anche di essere messo a morte.
[14] Sirboni S., Fallimento dell’ideale, “Famiglia Cristiana”, n.11/2012, 114.
[15] Maggi A., L’ultima trasgressione, incontro tenuto a Padova, maggio 2011.
[16] Quindi, per lui, lo stare in ginocchio o in piedi, masticare il pane o scioglerlo in bocca è un problema che neanche lo tocca.
[17] Castillo J.M., El Evangelio marginado, Desclèe De Brouwer, Bilbao 2018, 176.
[18] Idem, 184
[19] Idem, 185.
[20] Il canone 20 raccomandava “che non si debba, nei giorni della festa del Signore – cioè di domenica - e di Pentecoste, pregare in ginocchio. Poiché vi sono alcuni che di domenica e nei giorni della Pentecoste si inginocchiano, per una completa uniformità è sembrato bene a questo santo sinodo che le preghiere a Dio si facciano in piedi”. Allora non esisteva la messa giornaliera, per cui si parlava solo della domenica.
[21] Gandhi (siamo negli anni 1940) aveva avuto questa netta impressione: L’Europa di oggi rappresenta non lo spirito di Dio o il Cristianesimo, ma lo spirito di Satana, e i successi di Satana sono tanto più grandi quanto più esso appare sulle labbra col nome di Dio. L’Europa è oggi sono formalmente cristiana; in realtà venera mamona (Mahatma, a golden treasury of wisdom, ed. India Printing Works, Mumbai, senza anno, 7).
Pubblicato il volume di Dario Culot che ripropone in una nuova veste editoriale, ed in un unico libro, molti dei suoi contributi apparsi sul nostro settimanale: https://www.ilpozzodigiacobbe.it/equilibri-precari/gesu-questo-sconosciuto/