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Cristianesimi, femminismi e queerness: un incontro tra identità, relazione e spiritualità
Lunedì 18 novembre, al Teatro Qoelet di Bergamo, si è svolto un incontro dal titolo Cristianesimi, femminismi e queerness, condotto dalla filosofa, teologa e life coach Selene Zorzi. Durante l’evento, Zorzi ha esplorato come queste tre dimensioni possano dialogare, superando le apparenti contraddizioni e offrendo prospettive innovative sul rapporto tra fede, identità di genere e diversità.
Un tema cardine dell’incontro è stato il significato del termine genere, del quale la relatrice ha individuato almeno quattro utilizzi principali:
1. Uso grammaticale: il genere come maschile, femminile o neutro nella lingua.
2. Antropologico-culturale: il genere come costruzione sociale che determina ruoli e aspettative rispetto ai sessi biologici. In questo senso, il "genere" non coincide con il “sesso”.
3. Ideologico: una visione che identifica il sesso con il genere, spesso usata per delegittimare gli studi di genere.
4. Ontologico: il termine “genere” applicato per identificare gruppi accomunati da caratteristiche simili, come nel caso del “genere umano”.
Selene Zorzi per disambiguare specifica il suo utilizzo del termine “genere”, il quale va inteso nel secondo senso, ovvero come lente per osservare come le società organizzano le relazioni tra i sessi.
Zorzi ha poi analizzato il concetto di identità, evidenziando come la Bibbia e la figura di Gesù offrano una prospettiva relazionale. L’identità, secondo questa visione, non è qualcosa di statico, ma si costruisce attraverso l’incontro con l’altro. “La Bibbia è una storia di identità che nascono dall'incontro con Dio e con l’alterità”, ha spiegato la teologa. Questo è evidente, per esempio, nella lotta tra Giacobbe e Dio, da cui Giacobbe esce trasformato, con un nuovo nome, Israele, e una ferita che segna la sua relazione con il divino.
Riprendendo la riflessione di Michela Murgia nel libro God Save the Queer, Zorzi ha affrontato la domanda centrale: Come conciliare la fede cattolica con il femminismo e il proprio essere queer? La risposta si trova in un’immagine di Dio che accoglie l’alterità e la diversità, piuttosto che respingerla come disordine. Questo Dio queer è un Dio relazionale, che contiene in sé la differenza e invita a uscire dagli schemi per incontrare l’altro.
Secondo Zorzi, la Bibbia stessa ci sfida a guardare la storia con occhi nuovi, offrendo una narrazione che sovverte le leggi dei potenti e dà spazio ai margini. Questo approccio queer permette di vedere Dio non come un’autorità distante, ma come una presenza relazionale e inclusiva.
Zorzi ha infine affrontato il tema del genere di Dio, ricordando che, essendo spirito, Dio non ha un sesso. Tuttavia, per comunicare l’esperienza di Dio, si ricorre a metafore che attingono a categorie, non solo maschili, ma anche femminili. Per esempio, nell’Antico Testamento, Dio è descritto anche con immagini materne, come nel caso del verbo usato da Mosè per “portare” il popolo, lo stesso verbo che indica il portare un figlio nel grembo. Il verbo kyophoréō, infatti, significa letteralmente portare in grembo o essere incinta. Dio è anche padre, ben diverso dal padre padrone, ma è un padre amorevole che sa cambiare idea. Pensiamo ad Esodo 32, episodio in cui Mosè intercede per il suo popolo, cercando di persuadere Dio a perdonare il popolo che con le seguenti parole: “Perché gli Egiziani dovrebbero dire: Li ha fatti uscire con malizia, per ucciderli sui monti e sterminarli dalla faccia della terra?” (Esodo 32:12). In questa e molte altre occasioni ci viene presentato un Dio che si lascia convincere e sa provare misericordia per il suo popolo. Misericordia che, in ebraico, è espressa con il termine רַחֲמִים (raḥamim), che deriva dalla radice רֶחֶם (reḥem), che significa grembo materno o utero.
Il Dio biblico, dunque, istituisce un regno della gentilezza, inclusivo che invita il popolo ad uscire dagli schemi di un maschilismo patriarcale, in direzione del nuovo e dell’inedito. L’intervento di Selene Zorzi si è concluso con una riflessione critica rivolta alla Chiesa contemporanea, troppo spesso focalizzata sulla conservazione della propria identità istituzionale, a scapito della relazione. Secondo la teologa, la vera missione della Chiesa dovrebbe essere quella di abbracciare la relazione come cuore del messaggio cristiano.