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Tra già e non ancora
di Peter Ciaccio
Pastore delle chiese valdese e metodista di Trieste
Una delle tensioni più radicate nelle chiese è quella tra chi dice che siamo pronti e chi dice che non lo siamo ancora. Non è che una delle due posizioni abbia ragione e l’altra abbia torto a priori, anzi: è una delle tensioni più feconde, perché apre e non chiude il dibattito.
Questa tensione è presente sin dai testi scritturali. In Atti 8,26-40 troviamo la vicenda cosiddetta di Filippo e l’etiope, ma in particolare ci sono tre versetti che vorrei evidenziare, dal 36 al 38.
Filippo fa una sorta di catechismo sprint all’etiope, spiegando il testo di Isaia che stava leggendo e parlandogli di Gesù. Non sappiamo quanto tempo siano stati insieme, ma ragionevolmente non più di una mezza giornata. Così, nella narrazione irrompe una domanda del ministro etiope:
36 Strada facendo giunsero a un luogo dove c’era dell’acqua. E l’eunuco disse: «Ecco dell’acqua; che cosa mi impedisce di essere battezzato?» 37 [Filippo disse: «Se tu credi con tutto il cuore, è possibile». L’eunuco rispose: «Io credo che Gesù Cristo è il Figlio di Dio».] 38 Fece fermare il carro, e discesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco; e Filippo lo battezzò. (36-38).
In molte edizioni della Bibbia il versetto 37 è tra parentesi, perché è generalmente considerato un’interpolazione: eppure è sopravvissuto, è ancora lì nelle nostre Bibbie. Cosa significa?
Che, allo stesso tempo, è un’interpolazione, ma non è un intruso: il suo posto è lì, tra il versetto 36 e 38.
È probabile che la richiesta dell’etiope, ma soprattutto la risposta immediata di Filippo, abbiano scandalizzato i primi lettori. Ma come? Già battezzato? Senza neanche fare professione di fede? Forse, per “salvare” questo catechismo velocissimo, con la richiesta immediata e la risposta affermativa di Filippo, è stata inserita la formula liturgica del versetto 37.
A 1700 anni dal Concilio di Nicea, in un’epoca che è pronta a credere a tutto e a tutti, e un po’ meno pronta ad accogliere la fede in Gesù, questo testo può illuminarci, perché ci racconta come tenere insieme posizioni apparentemente inconciliabili e perché forse qualche porta in più dovremmo tenerla aperta, affinché alla richiesta dell’etiope di turno possiamo, anche indugiando quel poco che non faccia scandalo, rispondere come Filippo: prontamente.